I mobili “di confine”. Il caso dell’Alessandrino
della Redazione di Antiqua
Ad Angelo che è andato a vivere lì
Più volte, in queste pagine, soprattutto di recente, ci siamo interessati ai mobili “ibridi”, ossia quei mobili che presentano, simultaneamente, caratteristiche formali e decorative tradizionalmente riferibili a contesti territoriali diversi. In qualche caso, parliamo di zone abbastanza distanti, sia geograficamente, sia culturalmente (nota 1); in altri casi, di zone di confine in cui l’influenza di regioni limitrofe è maggiormente giustificabile.
Dopo aver esaminato, senza grossi risultati, l’eventuale rapporto tra alcuni cassettoni liguri e i prodotti dell’ebanisteria piemontese e lombarda, si era aperta la strada all’individuazione di alcuni esemplari che già si definivano “di confine” (nota 2).
Indotti ad approfondire la questione, abbiamo iniziato a indagare nell’Alessandrino, territorio emblematico perché la provincia di Alessandria confina a nord con Vercelli, a ovest con la città metropolitana di Torino e Asti in Piemonte, a est con la Lombardia (Pavia), a sud con la Liguria (città metropolitana di Genova e provincia di Savona), a sud est con l’Emilia (Piacenza).
È parso opportuno prendere le mosse dagli arredi ecclesiastici che legano più stabilmente la loro presenza ai luoghi di origine e talvolta sono accreditati da documenti d’archivio (nota 3).
Il primo a essere esaminato è un mobile che si trova nella sacrestia della chiesa della Madonna degli Angeli a Frassineto Po (Al), attribuito a bottega piemontese e datato all’ultimo quarto del XVII secolo [Figura 1].

Figura 1. Mobile da sacrestia, bottega piemontese, ultimo quarto XVII secolo, Frassineto Po (Al), chiesa della Madonna degli Angeli, (fonte: ICCD12224397).
Frassineto Po è vicino a Casale Monferrato (Al), ma ancor più vicino al fiume Po che separa il Piemonte dalla Lombardia. Eppure, il mobile corrisponde perfettamente al lessico piemontese come dimostra il confronto assai stringente con il cassettone pubblicato nell’articolo citato nella nota 2 (ivi nota 8, Figura D).
A scopo illustrativo, mostriamo un cassettone tipicamente piemontese passato in asta presso Meeting Art a Vercelli, sul quale si riscontrano le medesime cartelle mistilinee scavate nel massello a forte rilievo [Figura 2].

Figura 2. Cassettone, Piemonte XVII-XVIII secolo, Meeting Art, novembre 2023 n. 442.
Molto interessante è il secondo mobile, un arredo conservato nella sacrestia della chiesa di S. Maria Assunta a Pontecurone (Al), comune confinante con la provincia di Pavia in Lombardia [Figura 3].

Figura 3. Mobile da sacrestia, bottega lombarda (?) metà del XVIII secolo (corpo inferiore), bottega piemontese prima metà del XVIII secolo (alzata), Pontecurone (Al), chiesa di S. Maria Assunta (fonte ICCD12222626, ivi attribuito a bottega lombarda).
La scheda, pur lasciando intendere che si tratti di un mobile composito, lo attribuisce a una non meglio identificata bottega lombarda.
A nostro avviso, la parte superiore è inquadrabile nell’ambito della produzione piemontese, soprattutto per quanto riguarda la formella quadrangolare al centro della cimasa, mentre le cinque formelle collocate in verticale sulle ante rivelano una “maniera” piemontese che però è attecchita anche in altri contesti, sia in Lombardia (Mantova) che in Emilia (Piacenza).
Il corpo inferiore merita attenzione per le cartelle di forma ellittica, lievemente “bombate” all’interno e delimitate da cornicette che, su ciascuno dei lati corti, si rivoltano all’interno formando un piccolo fiore. Questa forma particolare trova riscontro, per altro non univoco, in una serie di mobili in massello che sono attualmente ancora in fase di studio, attribuiti, di volta in volta, al Piemonte, alla Liguria, alla Lombardia (Mantova) o all’Emilia (Parma), riconoscendone abbastanza concordemente la derivazione dal mobile provinciale francese.
Ne mostriamo due esemplari, assai diversi tra loro, per documentare questo particolare aspetto stilistico.
Il primo è un mobile di incerta attribuzione, già ritenuto assai poco plausibilmente toscano e successivamente piemontese [Figura 4].

Figura 4. Cassettone in massello di noce, Piemonte (?), inizio XVIII secolo, Pandolfini marzo 1999.
Il secondo, un cassettone a ribalta, proviene dal mercato antiquario dove è stato definito “ligure-piemontese”; nell’immagine si può apprezzare la leggera “bombatura” della parte centrale della cartella, in questo caso a forma di “8”, ottenuta scavando direttamente nel massello [Figura 5].

Figura 5. Cassettone a ribalta in massello di noce, Liguria o Piemonte (?), metà XVIII secolo, mercato antiquario (fonte: Anticoantico).
L’aver rilevato anche in provincia di Alessandria questa particolarità stilistica conferma nell’Alessandrino la confluenza di vari influssi.
Ulteriore riprova di questo coacervo di influenze, deriva dall’osservazione dell’elemento centrale che raccorda le cartelle ellittiche [Figura 3bis].

Figura 3bis. Particolare del mobile di Figura 3.
Esso trova un riscontro significativo in alcuni cassettoni delle serie “a cornicette nere”, tipicamente lombardi, per alcuni dei quali è stato possibile accertare la provenienza dall’ambito pavese [Figura 6, nota 4].

Figura 6. Cassettone, Lombardia, metà del XVIII secolo, Semenzato aprile 2002 n. 332.
Presso la chiesa di Pontecurone vengono segnalati altri mobili.
Iniziamo da un tipico mobile da sacrestia destinato ad accogliere i paramenti sacri, ora collocato nell’abside [Figura 7].

Figura 7. Mobile da sacrestia, bottega piemontese o emiliana, fine XVII secolo, Pontecurone (Al), chiesa di S. Maria Assunta (fonte: ICCD12222548, ivi attribuito a bottega lombarda).
In questo cassettone di forma arcaica l’unico elemento distintivo è costituito dal decoro delle formelle, un motivo fitomorfo piatto e frastagliato che, dal solo rilievo fotografico, per altro poco nitido, non è possibile sapere se intagliato nello spessore del massello oppure applicato (come sembrerebbe).
Questo decoro vanta una casistica abbastanza diffusa e poco circostanziata. Lo troviamo, ad esempio, su un cassettone pubblicato da Enrico Colle nel 1996 come mobile lombardo della metà del XVIII secolo [Figura 8].

Figura 8. Cassettone, Piemonte, XVIII secolo, Milano, Castello Sforzesco, Museo dei Mobili (in deposito), Colle 1996 p. 62 n. 51 (nota 5).
Pensiamo, invece, che quest’ultimo cassettone sia più affine al gusto piemontese, sia per la forma delle cartelle, sia per la loro disposizione con una più piccola al centro e due più allungate ai lati, sia ancora per l’intaglio lungo lo spigolo che rimanda al decoro delle lesene nel corpo superiore del mobile di Figura 1.
Troviamo però un decoro molto simile anche in un cassettone pubblicato da Carla Longeri e Susanna Pighi nel 2003 come piacentino [Figura 9].

Figura 9. Cassettone, Piacenza, XVII-XVIII secolo, Longeri-Pighi 2003 p. 73 n. 39 (nota 6).
Come si può evincere dal confronto tra questi due ultimi cassettoni, l’ebanisteria piacentina subisce l’influenza del Piemonte e la rielabora. In questo secondo caso, il mobile rinuncia alla formella centrale più piccola, di derivazione piemontese, a beneficio di uno spazio neutro (in cui alloggia la bocchetta per la chiave) – definito gergalmente “riposo” e diffuso in Lombardia e in Emila – connettendosi in maniera più diretta al mobile di Figura 7 che adotta, per il cassetto, la medesima soluzione compositiva.
L’ultimo mobile della chiesa di S. Maria Assunta di Pontecurone che esaminiamo è, ancora una volta, un arredo da sacrestia [Figura 10].

Figura 10. Mobile da sacrestia, bottega emiliana (Piacenza), inizio XVIII secolo (corpo inferiore), bottega locale XIX secolo (alzata), Pontecurone (Al), chiesa di S. Maria Assunta (fonte ICCD12222622, ivi attribuito a bottega lombarda).
Tralasciando il corpo superiore, privo di caratteri stilistici e ritenuto ottocentesco seppur in mancanza di una documentazione archivistica, la parte centrale del corpo inferiore trova diversi riscontri nella produzione profana, segnatamente in numerosi esemplari concordemente ritenuti di ambito piacentino [Figure 11 e 12].

Figura 11. Cassettone, Piacenza, fine XVII secolo (Longeri-Pighi 2003 p. 67 n. 29).

Figura 12. Cassettone, Piacenza, fine XVII secolo, mercato antiquario.
I cassettoni appena visti presentano diversi elementi che li rendono immediatamente riconoscibili come piacentini. Ci si riferisce al tipico piede del mobile di Figura 11, alla sequenza di piccole formelle sulle lesene e sotto il bordo anteriore del piano che li caratterizza entrambi, alla particolare forma della cartella sulla fronte del cassetto, del tutto simile a quella del mobile da sacrestia di Figura 10, sebbene con rapporto dimensionale invertito tra porzione centrale (più grande) e porzioni laterali (più piccole).
È ora la volta di esaminare un altro mobile a doppio corpo che si trova a Ovada (Al), grosso centro in prossimità del confine con la Liguria.
La scheda che lo riguarda (vedi la fonte indicata in didascalia) lo definisce di proprietà di un ente religioso senza specificarne l’ubicazione specifica. Mentre il corpo superiore è datato al XIX secolo, quello inferiore è stato eseguito da Giovanni Battista Camera nel 1768, come si può desumere sia dalla data incisa su un fianco del cassettone, sia da due note di pagamento dello stesso anno, conservate in archivio (nota 7).

Figura 13. Camera Giovanni Battista, Mobile da sacrestia, 1768 (corpo inferiore); bottega locale, XIX secolo (alzata), Ovada (Al) (fonte: ICCD2341911).
Su Giovanni Battista Camera non è stato possibile acquisire alcuna informazione, per cui nulla sappiamo circa la sua formazione; possiamo immaginare che fosse un falegname locale e che basasse i suoi lavori sulla sua personale esperienza quando non su precise indicazioni della committenza. Per dare un’identità al mobile – in ogni caso fortemente superato rispetto all’epoca di produzione – dobbiamo basarci, come in precedenza, sull’analisi stilistica.
Tralasciando il corpo superiore, trattandosi di un’aggiunta ottocentesca, la fronte del cassettone corrisponde all’impaginazione di impronta piemontese già evidenziata: cartelle mistilinee di cui una centrale più piccola e due laterali allungate. Per quanto riguarda il fianco, il disegno della cartella si può reperire sulle ante degli armadi sia piemontesi, sia liguri [Figure 14 e 15].

Figura 14. Armadio, Piemonte, XVIII secolo, Semenzato maggio 2002 n. 54

Figura 15. Armadio, Liguria (Genova), inizio XVIII secolo, Cambi ottobre 2014 n. 769.
L’ultimo mobile che desideriamo esaminare è stato pubblicato da Winifred Terni De Gregori nel 1953 come “piemontese (?)“, specificando che gli intagli che lo decorano si trovano su mobili sia liguri, sia piemontesi, sia lombardi della zona della Valcamonica (nota 8); nella successiva edizione del 1960, l’autrice specifica – notizia per noi preziosa – che il cassettone a ribalta proviene da Tortona (Al) [Figura 16].

Figura 16. Cassettone a ribalta, Piemonte (Tortona), XVIII secolo, Terni De Gregori 1953 p. 164 n. 164.
Il piano della ribalta e il fianco parlano decisamente piemontese, così come le formelle sulla fronte, anch’esse ricavate nello spessore dal massello (sebbene impaginate senza una cartella centrale, più piccola, all’uso piemontese). Non riscontriamo un significativo riferimento ai mobili liguri e, quanto al collegamento con i mobili camuni, ci sarebbe da discutere.
Conclusione
È lecito parlare di un mobile tipicamente alessandrino? E ancora, possiamo definire piemontese un mobile eseguito da una bottega alessandrina sono perché oggi Alessandria è in Piemonte?
Probabilmente la risposta sarebbe no in entrambe i casi.
Abbiamo appena verificato che in alcuni mobili presenti sul territorio della provincia di Alessandria sono presenti influssi provenienti da tutte le regioni limitrofe.
Bisogna uscire dagli schematismi e iniziare a ragionare, sempre più spesso, in termini di mobili “meticci”, analizzandone le influenze provenienti da diverse realtà dove alcuni stilemi hanno avuto modo di consolidarsi producendo un’adeguata casistica.
NOTE
[1] Alcuni esempi di questa letteratura sono forniti dai seguenti articoli, solo per citare i più recenti: Intagli “genovesi” in Alto Adige (agosto 2024) [Leggi]; Mobili del Settecento tra Milano e Modena (luglio 2024); [Leggi]; Canterani con colonne tortili e intarsi in avorio; Veneto o Sicilia (maggio 2024) [Leggi]; Mobili intarsiati in stile Luigi XIV: Brescia o Modena (o Rolo) (novembre 2023) [Leggi].
[2] A proposito del complesso rapporto tra mobili di influsso ligure, piemontese e lombardo si rimanda all’articolo Canterano ligure Luigi XIV: ipotesi di commistioni con altre regioni (ottobre 2024) [Leggi].
[3] Per quanto riguarda i mobili da sacrestia, è probabile che siano stati tutti prodotti da botteghe locali, sebbene gli artigiani fossero soliti spostarsi. D’ora innanzi, pertanto, le definizioni di “bottega lombarda”, “bottega emiliana”, ecc. andrebbero intese come “bottega locale con influssi lombardi”, ecc.
[4] Per un esemplare facente parte della Collezione Cagnola a Gazzada (Va) è stata accertata la provenienza da Palazzo Botta a Pavia. Ci limitiamo a segnalare, senza trarre conclusioni, che un altro cassettone della serie è segnalato come lombardo nella Galleria di Palazzo Spinola a Genova (Fonte: ICCD8428572).
[5] Enrico Colle, Museo d’Arti Applicate. Mobili e intagli lignei, Electa, Milano 1996
[6] Carla Longeri-SusannaPighi, Il mobile piacentino, Tipleco, Piacenza 2003, p. 67 n. 29.
[7] La scheda riporta: “a Maestro Gio. Batta. Camera legnamaro per prezzo del banco nuovo della sacrestia – 103,7″; 18 giugno “per undeci serrature d’ottone per d.o banco 0.6”.
[8] W. Terni de Gregory, Vecchi mobili italiani, Vallardi, Milano 1953 e 1960 (edizione riveduta e ampliata).
Marzo 2025
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