Ancora a proposito di una ribalta firmata da Giuseppe Antonio Villa

di Andrea Bardelli

Nel marzo di quest’anno è stato presentato su Antiqua un cassettone a ribalta eseguito a Legnano (Mi) e firmato dal finora ignoto ebanista Giuseppe Antonio Villa [Figura 1, nota 1].

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Figura 1. Giuseppe Antonio Villa, cassettone a ribalta, 1772, mercato antiquario.

Riprendiamo il discorso al fine di contestualizzare meglio questo interessantissimo mobile.
La struttura è tipica della metà circa del Settecento, mentre è insolito trovare degli intarsi laddove, di regola, si collocano le classiche cornicette ebanizzate.
Si veda una ribalta che presenta una forma del tutto simile, anche se risolta in modo più spartano, soprattutto per quanto riguarda il corpo superiore [Figura 2].

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Figura 2. Cassettone a ribalta, Lombardia, metà circa del XVIII secolo, mercato antiquario.

Da un punto di vista decorativo, quindi, la nostra ribalta si rifà alla seconda metà del secolo quando i mobili acquistano linee più arrotondate e gli intarsi tendono a sostituire le cornicette nere, mantenendone talvolta il disegno.
Nel nostro caso, tuttavia, non si tratta dei più comuni intarsi “a nastro” (nota 2), quanto di intarsi “…a motivi sfilacciati che ricordano molto da vicino il decoro definito ‘pel de rava’ (pelle di rapa)”, come riportato nell’articolo citato all’inizio (nota 3). Un riferimento ancora più preciso sul piano decorativo è reperibile nei mobili di Giuseppe Colombo detto il Mortarino di cui mostriamo due esemplari [Figure 3 e 4].

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Figura 3. Giuseppe Colombo detto il Mortarino, cassettone, firmato: “Giuseppe Colombo, deto il Mortarino adì 5 novembre 1774”, Finarte marzo 1988 n. 93.

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Figura 4. Giuseppe Colombo detto il Mortarino (attr.), cassettone, Cambi 3.5.2016 n. 102.

Si veda, in particolare, il confronto tra l’intarsio sulla fronte del cassettone di Figura 1 con quello di Figura 4 [Figure 1a e 4a].

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Figura 1a. Dettaglio del cassettone di Figura 1.

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Figura 4a. Dettaglio del cassettone di Figura 4.

Desta un certo stupore trovare la stessa tipologia di intarsio su due mobili così diversi da un punto di vista morfologico: una ribalta di forma “arcaica” e un cassettone a gamba alta e di forme mosse che interpreta il gusto che si afferma dopo la metà del secolo. Se guardiamo alle date, la ribalta è stata eseguita nel 1772, mente il cassettone di Figura 3, anch’esso datato, è stato eseguito nel 1774.
La spiegazione è che ci troviamo di fronte a un mobile, la ribalta, decisamente ritardatario per quanto riguarda la forma, ma aggiornato nel decoro, a dimostrazione della lentezza con cui le soluzioni più innovative adottate dal Mortarino, che sappiamo attivo a Milano, penetravano in provincia.
Un caso analogo è riscontrabile in un altro cassettone a ribalta, del tutto inedito, che sappiamo provenire da una famiglia che ha sempre risieduto a Legnano e che pensiamo possa essere attribuito a Giuseppe Antonio Villa [Figura 5].

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Figura 5. Giuseppe Antonio Villa (qui attr.), cassettone a ribalta, collezione privata.

Ce lo fa ritenere l’identica impostazione costruttiva che possiamo apprezzare mettendo a confronto i fianchi [Figure 1b e 5a].

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Figura 1b. Dettaglio del cassettone di Figura 1.

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Figura 5a. Dettaglio del cassettone di Figura 5.

Anche l’intarsio, qui animato dall’insolita presenza di un uccello (una gru?) [Figura 5b], è paragonabile a quello della ribalta di Figura 1 (vedi ancora Figura 1a) e anche con quello del cassettone del Mortarino di Figura 4 (vedi ancora Figura 4a).

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Figura 5b. Dettaglio del cassettone di Figura 5.

Alcune osservazioni in coda
L’articolo potrebbe terminare qui e sarebbe forse meglio perché quanto segue si avventura nel campo delle pure ipotesi. Proviamo a sviluppare un ragionamento teso a dimostrare i possibili influssi dell’ebanisteria piemontese nell’Alto Milanese.
Riprendiamo il cassettone a ribalta di cui alla Figura 5 mostrando la fronte del cassetto [Figura 5c] e mettendola a confronto con quella di un canterano della serie “a lambrecchini” [Figura 6] che studi relativamente recenti tendono a collocare in ambito pavese o novarese (nota 4).

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Figura 5c. Dettaglio del cassettone di Figura 5.

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Figura 6. Cassettone, Lombardia (Pavia?), primo quarto del XVIII secolo, mercato antiquario.

Se non ci fosse stato il confronto con la ribalta firmata da Giuseppe Antonio Villa, avremmo pensato che la ribalta di Figura 5 rientrasse nell’ambito dei mobili lombardi di influsso piemontese e che riproponesse, a fine Settecento, decori tipici della prima metà del secolo (nota 5).
Che l’influsso piemontese fosse penetrato già da tempo nell’Alto Milanese sembra dimostrato da una straordinaria ribalta recentemente ricondotta, addirittura, a Giuseppe Maggiolini [Figura 7, nota 6].

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Figura 7. Giuseppe Maggiolini, cassettone a ribalta, metà del XVIII secolo, mercato antiquario.

L’intarsio applicato su una struttura tipicamente lombarda con decoro a cornicette ebanizzate appartiene tradizionalmente al lessico dei mobili tra Valsesia e Verbano, corrispondenti rispettivamente alle province di Vercelli e di Novara. Pertanto, se la ribalta non fosse attribuita a Maggiolini in modo così autorevole, si sarebbe portati a pensarla un mobile “novarese” zona tradizionalmente ricettacolo di influssi congiunti lombardi e piemontesi (nota 7).
Un’ultima considerazione: Giuseppe Colombo, come già anticipato attivo a Milano a fine Settecento (nota 8), a parte il cognome che è uno dei più diffusi a Milano e in Brianza, era presumibilmente originario di Mortara, centro della provincia di Pavia, un territorio lombardo che subisce da sempre l’influenza dell’ebanisteria piemontese.
Ci si domanda se non possa essere stato proprio il Mortarino uno dei principali responsabili della diffusione di stilemi piemontesi in ambiti apparentemente distanti come l’Alto Milanese e la stessa Milano.

NOTE

[1] Si rimanda all’articolo Bureau lombardo datato 1772 e firmato Giuseppe Antonio Villa (marzo 2024) [Leggi].

[2] Sull’evoluzione di forme e decori nell’ebanisteria lombarda durante il Settecento si rimanda all’articolo Il cassettone lombardo alla veneta: no alla tedesca (luglio 2014) [Leggi].

[3] Sul mobile “pel de rava” si veda l’articolo Mobili “pel de rava” (dicembre 2014) [Leggi] e il successivo Mobili “pel de rava”: addenda al catalogo (marzo 2018) [Leggi].

[4] Si veda in proposito l’articolo Canterani a lambrecchini (giugno 2011) [Leggi].

[5] Sul complesso rapporto tra mobili collocabili tra Lombardia occidentale e Piacentino e mobili tra Brianza e Alto Milanese si vedano gli articoli Piacenza, Cremona o … Meda. Parte I (marzo 2017) [Leggi] e Mobili piacentini, cremonesi o … Parte II [Leggi].

[6] Giuseppe Beretti, Il giovane Maggiolini. L’invenzione del mobile neoclassico a Milano, InOpera, Milano 2023, p. 45 e ss. [Leggi recensione].

[7] Sulle possibili origini “novaresi” dei primi mobili di Maggiolini si vedano gli ultimi paragrafi dell’articolo Canterani a lambrecchini richiamato nella nota 4, in cui parla di un tavolino firmato da Maggiolini nel 1758 che lo stesso Beretti (op. cit.) mette in relazione alla ribalta di Figura 7.

[8] Vedi l’articolo “Legnamari” a Milano nella seconda metà del Settecento tra associazioni e libera iniziativa (15.11.2009) [Leggi].

Novembre 2024

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