Francesco Squinzi, intarsiatore di inizio Ottocento cercasi

della Redazione di Antiqua 

Il nome di Francesco Squinzi compare nel documento B intitolato Elenco dei premj distribuiti e delle menzioni onorevoli fatte a Milano ed a Venezia, dal 1806 al 1818 dopo il giudizio dell’I. R. Istituto, per invenzioni nelle manifatture diverse da quelle della seta, lana, cotone e tintura, in appendice al volume Sulle manifatture nazionali e tariffe daziarie: discorso popolare di Melchiorre Gioia (1867-1829), edito da Gio. Pirotta a Milano nel 1819 [Figura 1].

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Figura 1. Melchiorre Gioia, Sulle manifatture nazionali e tariffe daziarie: discorso popolare, Gio. Pironti, Milano 1819, frontespizio.

In particolare, Francesco Squinzi di “Confienza (Agogna)”, risulta aver ricevuto nel 1808 una menzione onorevole per “Un quadro diligentemente intarsiato rappresentante varj pezzi di architettura” (Documento B, tavola X).
Tra i premiati del periodo (1806-1818) compare anche Giovanni Maffezzoli di Cremona, il quale riceve una medaglia d’argento nel 1813 per “Due saggi di tarsia nel genere più arduo e nobile in cui a chiaroscuro si rappresentano figure umane, apprezzate assai nella diligenza, nel finimento, nella morbidezza per cui direbbesi che, massime nei panneggiamenti, anzi che intarsiati, possono sbagliarsi per lavori pittorici ad acquerello” (Documento B, tavola XIX) (nota 1).
È interessante questo confronto con Maffezzoli, allievo di Giuseppe Maggiolini e considerato uno dei più celebri ebanisti del suo tempo, che aveva fatto proprio degli intarsi di tipo architettonico la sua specialità, utilizzandoli spesso nella decorazione dei mobili [Figura 2].

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Figura 2. Giovanni Maffezzoli (attribuito), cassettone, pubblicato in G. Wannenes, Mobili d’Italia. Il Settecento. Storia, stili, mercato, Giorgio Mondadori, Milano 1984, tav. LI).

Nell’ Elenco … del 1819 compaiono altri due artefici del legno.
Il primo è Luigi Ripamonti di Milano, il quale riceve una menzione onorevole nel 1815 per “seggiole coperte di paglia colorata” (Documento B, tavola XXI) (nota 2).
Il secondo è Carlo Francesco Mattusi (qui identificato come Mettusi), anch’egli meritevole di una menzione onorevole nel 1816 per “una “intarsiatura in legno in varj colori” (Documento B, tavola XXV) (nota 3).
Il medesimo elenco, concepito nello stesso modo, è contenuto in Melchiorre Gioia, Opere minori, vol. 11, Giuseppe Gaggia, Lugano 1834.
La stessa notizia delle premiazioni di Francesco Squinzi nel 1808 e di Giovanni Maffezzoli nel 1813 compare dopo circa un decennio in Tecnologia, Annali universali di agricoltura, economia rurale e domestica; arti e di mestieri, edito a Milano nel 1828.
A pagina 304 del volume sesto si legge: “Altro uso frequente di legni, parte nazionali, parte stranieri, fassi [sic] con l’intarsiatura, e in questo genere di lavori singolarmente si distinsero anche con nuovi metodi e variate produzioni gli artisti Lombardi. Fino dall’anno 1808 erasi accordata la menzione onorevole a Francesco Squinzi di Confienza nella provincia di Novara, per un quadro diligentemente intarsiato, e a Giovanni Maffezzoli di Cremona per due quadri parimenti intarsiati con eleganti figure, nell’anno 1813”. Il testo è più articolato rispetto al semplice elenco del 1819 e vi compaiono altri nomi di artefici del legno (nota 4).
La principale differenza, con riferimento a Squinzi, riguarda la provenienza: Confienza in entrambe i casi, ma nel 1819 collegata ad Agogna, nel 1828 indicata “nella provincia di Novara”.
L’Agogna è un torrente che attraversa il comune di Confienza, attualmente in provincia di Pavia: nella stessa provincia esiste il comune di Castello d’Agogna che dista da Confienza circa 20 chilometri. Questi territori sono stati aggregati a Pavia solo nel 1859, mentre dall’inizio dal 1743 erano entrati a far parte dei domini dei Savoia ed è quindi plausibile trovare nell’Ottocento Confienza in provincia di Novara.
Chiarito ciò, Francesco Squinzi, la cui notorietà aveva certamente travalicato gli “angusti” confini della sua provincia, non ha lasciato altre tracce, tantomeno si conoscono, attraverso immagini, lavori da lui eseguiti (nota 5).
Quasi certamente è lui l’intarsiatore G. F. Sguinzi [sic] a cui fa riferimento Roberto Antonetto nella scheda relativa a un pannello intarsiato con scena architettonica eseguito dal vercellese Luigi Ravelli (1776-1858), pubblicata nel catalogo della mostra Genio e Maestria tenutasi presso la Reggia di Venaria a Torino nel 2018 [Figura 3].

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Figura 3. Luigi Ravelli, pannello intarsiato, firmato sul retro “Luigi Ravelli Fe. Vercelli”, Torino, Palazzo Madama, Museo Civico d’Arte Antica, inv. 332.

Antonetto scrive che il pannello è una “… replica con varianti e di minore qualità di una composizione firmata e datata «ravelli. F. 1796», in collezione privata, probabilmente di Ignazio Ravelli” (nota 6) e prosegue “Il soggetto fu utilizzato anche da un altro intarsiatore in un pannello apparso qualche anno fa sul mercato antiquario con firma «G.F. Sguinzi» in coppia con un altro raffigurante il Pantheon e segnato «Michele Luchetti di Novara»” (Genio e Maestria, 2018, pp. 8-9 n. 69).
Non lo possiamo affermare con sicurezza, ma è anche possibile che il pannello intarsiato da Squinzi, replica di quello di Figura 3, sia quello premiato con menzione onorevole nel 1808.
Sull’intarsiatore Michele Luchetti non è stato possibile acquisire ulteriori informazioni. In attesa di futuri approfondimenti, resta testimone, insieme a Squinzi, di una possibile “scuola” di intarsio architettonico novarese che si colloca tra quelle dei vercellesi Ravelli e del cremonese Maffezzoli.

NOTE

[1] Su Giovanni Maffezzoli (1776-1818), il quale gode di un’ampia letteratura, si rimanda all’articolo L’Attilio Regolo di Giovanni Maffezzoli (luglio 2014) [Leggi], che tratta di una serie di tavole intarsiate. I due quadri intarsiati con eleganti figure, premiati con la medaglia d’argento di cui sopra potrebbe essere quelli raffiguranti Socrate che beve la cicuta e Gli Argonauti, entrambi su disegno del pittore cremonese Giuseppe Diotti 1779-1816), di cui parla l’articolo. Su veda anche l’articolo Imitatore del Maffezzoli e un GBM inedito (febbraio 2022) [Leggi].

[2] Egli risulta censito nella pubblicazione L’interprete milanese o sia Guida Generale del Commercio e dei ricapiti di Milano per l’anno 1827, edito a Milano da Visaj, sia come “intagliatore di caratteri per mostre, ecc. e fabbricante di mobili” in borgo san Pietro in Gessate 159, sia come fabbricante di mobili allo stesso indirizzo. Si rimanda agli articoli Intagliatori, corniciai e doratori a Milano nel 1827 (marzo 2016) [Leggi] e Falegnami e mobilieri a Milano nel 1827 (giugno 2016) [Leggi].

[3] Si rimanda all’articolo Notizie contrastanti sull’ebanista neoclassico Carlo Maltusio (a cominciare dal nome) (aprile 2023) [Leggi].

[4] Nel testo (vedi trascrizione in Appendice) compare l’intagliatore Antonio Perazzoli da Lodi, figura che ci proponiamo di approfondire.
Oltre a quelli di Giovanni Maffezzoli, Luigi Ripamonti e Carlo Francesco Mattusi (qui identificato come Matussi), di cui abbiamo già parlato, compaiono altri nomi noti, come quello di Giovanni Mascheroni (vedi Falegnami e mobilieri a Milano nel 1827 (giugno 2016) già richiamato a proposito di Luigi Ripamonti in nota 2) e Paolo Moschini (per il quale si rimanda a Un tavolino neoclassico di Paolo Moschini (novembre 2022) [Leggi].
Un testo identico è ripreso in Nuovo Dizionario universale e ragionato di agricoltura … compilato per cura di Francesco Gera, Volume 3, Venezia, Giuseppe Antonelli 1853, pp. 75-76 (con una diversa numerazione dei paragrafi); curiosamente, la data 1824, riferita a Luigi Ripamonti, è stata cambiata in 1834 (per errore o per rettifica).

[5] Una laconica notizia “Squinzi Giovan Francesco (XIX secolo). Ebanista-intarsiatore. Documentato nel 1810” è contenuta nel meritevole dizionario curato da Paolo Cesari (rif.
2006: “Giovan Francesco Squinzi”, AbacuSistemArte, a cura di Paolo Cesari, cod. 67019).

[6] Il pannello del 1796 attribuito a Ignazio Ravelli è stato pubblicato dallo stesso Antonetto in R. Antonetto, Il mobile piemontese nel Settecento, Allemandi, Torino 2010, vol. 1, p. 321 n. 3.

Saremmo grati a chiunque ci fornisse informazioni su Francesco Squinzi e su Michele Luchetti (eventualmente Lucchetti).
Si ringrazia Claudio Cagliero per la collaborazione.

Appendice

Trascrizione parziale del paragrafo §5 (pp. 303-305) degli Annali universali di Tecnologia, di agricoltura, di economia rurale e domestica; di arti e di mestieri, Milano 1828.
.5
Legni diversi
Uno dei primi usi del legno è quello dell’intaglio, al quale si presta per la sua durezza e per essere suscettibile di ricevere l’impressione di qualunque ferro tagliente. Un intero quadro con varie figure di considerabile grandezza, tolto da una stampa in rame, intagliato in legno a bassorilievo, fu presentato, nell’anno 1824, da Antonio Perazzoli di Lodi, e non potendosi riguardare questo lavoro né come invenzione, né come miglioramento dell’arte, ma soltanto come un tentativo fatto con molto studio e grandissima fatica su di un legno de’ più duri tra gli indigeni, gli fu aggiudicata la menzione onorevole. Altro uso frequente di legni, parte nazionali, parte stranieri, fassi [sic] con l’intarsiatura, e in questo genere di lavori singolarmente si distinsero anche con nuovi metodi e variate produzioni gli artisti Lombardi. Fino dall’anno 1808 erasi accordata la menzione onorevole a Francesco Squinzi di Confienza nella provincia di Novara, per un quadro diligentemente intarsiato, e a Giovanni Maffezzoli di Cremona per due quadri parimenti intarsiati con eleganti figure, nell’anno 1813. Ma nell’anno 1816, Carlo Francesco Matussi la menzione onorevole conseguì in Milano per vari nuovi colori nella intarsiatura coll’accoppiamento di vari legni introdotti; e nel 1822 Giovanni Mascheroni eguale premio procurossi coll’avere l’intarsiatura medesima di legno accomodata con cemento di diversi colori. Due uguali premi ottenne anche Luigi Ripamonti, negli anni 1822 e 1824, il primo per intarsiature lodevoli, ed altri lavori di frassino nostrale ridotto a bellissimo pulimento; il secondo, per un quadro i tarsiato in legno con figure di vari colori. Nel 1822, emulato aveva questi lavori, ed eguale premio ottenuto Paolo Moschini di Cremona per nobile lavoro d’intarsiatura, eseguito con legno di olmo, ridotto forse per la prima volta a nobile pulimento con colori imitanti la tartaruga. Né qui ristette l’industria del Moschini, ma nel 1826, la medaglia d’argento meritossi con altro nobile lavoro in legno parimenti d’olmo, a quest’uso coltivato e preparato, né sarà discaro che si faccia un qualche cenno di questa bella preparazione. Quell’industre artefice taglia l’olmo giovane nel luogo da cui partono i rami laterali verso la cima, è quindi continua a tagliarli di mano in mano che altri ne spuntano; in questo modo si forma una specie di tavola, la quale, tagliata e pulita con diligenza, presenta una quantità di zone concentriche, e di curiose ramificazioni, le quali invano si cercherebbero anche nelle radici, nei bitorzoli, o nei così detti gruppi di noce o di altri legni più duri.

Bibliografia citata
-M. Gioia, Sulle manifatture nazionali e tariffe daziarie: discorso popolare di (1867-1829), Gio. Pirotta, Milano 1819.
L’interprete milanese o sia Guida Generale del Commercio e dei ricapiti di Milano per l’anno 1827, Visaj, Milano 1827.
Tecnologia, Annali universali di agricoltura, economia rurale e domestica; arti e di mestieri, Editori degli annali universali, Milano 1828.
-M. Gioia, Opere minori, vol. 11, Giuseppe Gaggia, Lugano 1834.
-F. Gera (a cura di), Nuovo Dizionario universale e ragionato di agricoltura …, Venezia, Giuseppe Antonelli 1853.
-R. Antonetto, Il mobile piemontese nel Settecento, Allemandi, Torino 2010.
Genio e Maestria, catalogo mostra alla Venaria Reale, Allemandi, Torino 2018.
-P. Cesari, Giovan Francesco Squinzi, AbacuSistemArte, 2006.

Post scriptum
Sebbene concepita in tempo reale, abbiamo relegato in un Post scriptum questa “suggestione”, nel senso anglosassone del termine di suggestion (suggerimento).
A proposito di Michele Luchetti sopra citato, abbiamo rintracciato alcuni pannelli intarsiati raffiguranti il Pantheone in alcuni mobili neoclassici, per ora da noi classificati sotto un nome di fantasia, quello di “artefice prossimo a Maffezzoli”. Non abbiamo elementi per identificare questo artefice con Luchetti, per cui ci limitiamo a mostrare un comodino con il Pantheon intarsiato al centro dell’anta [Figura A], facente parte di una coppia passata sul mercato con un’attribuzione (guarda caso) al vercellese Ignazio Ravelli. A quest’ultimo e al figlio Luigi dedicheremo presto un approfondimento.

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Figura A. Artefice prossimo a Maffezzoli, comodini neoclassici intarsiati (uno di una coppia), mercato antiquario (ivi attribuiti a Ignazio Ravelli).

Maggio 2023

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