Gli hausmaler su porcellana: un fenomeno complesso e ancora poco conosciuto. Parte II (I “girovaghi”: Hunger, von Löwenfinck, Dannhöfer e Hitzig. Artisti itineranti o indipendenti?)
di Alessandro Biancalana
Nei primi convulsi anni successivi alla scoperta in Europa del segreto della formula della porcellana dura, l’arcanum, avvenuta a Meissen nel 1709 grazie agli esperimenti di Ehrenfried Walter von Tschirnhaus (1651-1708) e del giovane Johann Friedrich Böttger (1682-1719), nel mondo della porcellana si muovono personaggi che non sono hausmaler, o non lo sono in senso stretto, e che definirei “girovaghi”, o “artisti itineranti”. Prima di tornare a trattare dei veri pittori indipendenti, è su alcuni di questi personaggi che desidero soffermarmi, in quanto con la loro pittura sono stati interpreti e portatori di gusti e di mode attraverso l’intera Europa, indirizzando e favorendone la loro diffusione. Oltre ad avere una buona dose di insofferenza per trattenersi troppo a lungo in una manifattura, costoro a volte si spacciavano per conoscitori dei segreti di produzione di impasti e colori per ottenere lauti contratti, salvo poi dover rapidamente spostarsi per non essere costretti a dar conto dei loro insuccessi ai finanziatori, spesso regnanti e principi.
Numerose sono queste figure, ma chiarificatrici sono le vicende di Christoph Konrad Hunger, artista eclettico e irrequieto originario della cittadina di Weissensee in Turingia e attivo dal 1715 al 1748 (nota 1); apprende a Dresda l’uso dell’oro e degli smalti probabilmente dal famoso orafo Johann Melchior Dinglinger (1664-1731), che dal Baden-Württemberg si sposta a Dresda nel 1692 e già nel 1698 diviene gioielliere di corte. Nella sua bottega operavano quattordici collaboratori e i fratelli minori Georg Friedrich (1666-1720), enameller, Georg Cristoph (1668-1728), esperto tagliatore di pietre preziose, e lo scultore Balthasar Permoser (1651-1732), le opere del quale fungeranno anche da modello di riferimento per la creazione di statue in porcellana.
La nipote di Johann Melchior (cinque mogli e ventitre figli), Sophie Friederike (1736-1791), figlia di Johann Friedrich (1702-1767), a sua volta gioielliere di corte, collaborò in gioventù nella bottega di famiglia per divenire un’eccellente pittrice di miniature (nota 2), allieva di Adam Friedrich Oeser (1717-1799), a sua volta molto legato sia ad Anton Raphael Mengs (1728-1779) che a Johann Joachim Winckelmann (1717-1768).
Hunger definito “emailmaler” (nota 3), pittore a smalto, dopo essere stato a Meissen tra il 1715 ed il 1717 come doratore e pittore, andrà prima a Vienna assieme all’arcanista Samuel Stölzel (1685-1737) presso la manifattura di Claudius Innocentius Du Paquier (1679-1751), che li aveva convinti a lasciare Meissen, poi dalla fine del 1719 a Venezia, socio con i Vezzi (nota 4), in qualità di chimico probabilmente solo dei colori fino all’autunno 1724, quando viene licenziato in quanto “manchevole negli assunti intrapresi“, subendo anche un sequestro di vari oggetti, tra i quali un centinaio di “chicare” e numerosi colori (nota 5).
La presenza di tazze, le “chicare”, tra gli effetti personali di Hunger può far presupporre che questi abbia effettivamente decorato oggetti anche a Venezia, dopo Vienna e Meissen, tanto da contribuire a rendere difficile l’attribuzione di alcuni esemplari ai pittori “ufficiali” delle manifatture piuttosto che a qualche “indipendente” come anche lui era.
Ritornato probabilmente a Dresda, viene sottoposto ad una sorta di processo e il 15 luglio 1727 accetta di collaborare con la manifattura di Meissen per eseguire le dorature su tutte le stoviglie che gli sarebbero state consegnate (“vergoldung der porzellan geschirre soviel, als him geliefert wird“), forse chiamato ad affiancare Johann Georg Funcke (1701-1762) o sostituire l’appena defunto suo padre Georg Funcke (+ 1727) (nota 6). Il 13 marzo 1728, comunque, viene definito nei documenti della fabbrica come “Emailbemalungen mit Golddekoren” (persona che dipinge a smalto con decorazioni oro) assieme a Johann Georg Funcke, appunto, e Johann Jacob Gabel (1670 – ?) (nota 7) con la raccomandazione al Re di non farlo più andar via dallo Stato e di dargli un compenso adeguato di 300 talleri l’anno. Non doveva però dimorare a Meissen nella fortezza di Albrechtsburg, sede della manifattura, per la sua litigiosità, ma a Dresda dove tra il 1727 e l’inizio del 1729 costruisce a sue spese un fornetto per colori per eseguire molto probabilmente decorazioni a domicilio. Nel mese di luglio 1729 però abbandona nuovamente la Sassonia (vi sarà ancora nel 1732) per recarsi prima a Berlino e, poi, il 27 dello stesso mese a Stoccolma, dove è segnalato alla fabbrica di maiolica di Rörstrand; nel 1730 è a Copenhagen, dove, nel 1737, rivolge una istanza al re Cristiano VI di Danimarca (1699-1746) di privativa per la produzione di porcellana che però non sarà accolta.
Nell’agosto del 1732 Augusto il Forte (1670-1733) gli concede la grazia, ma Hunger non tornerà in Sassonia per l’improvvisa morte del re. Fà di nuovo la sua apparizione a Stoccolma nel 1741 dove riceverà la privativa per la fabbricazione di stampi per contenitori di zucchero e vasi di farmacia in argilla bruno-rossastra e ce ne lascia uno con la sua firma “Zucker form / Eerde / Stockolm / D 21. Apprill / b 1741 c. c. hunger“, oggi conservato al Gustavianum, Universitet Museet di Uppsala (nota 8); nello stesso anno andrà a Berlino e nel successivo ancora a Vienna. Nel 1743 ha un contatto con un diplomatico russo a Stoccolma per recarsi in Russia al servizio della zarina Elisabetta Petrovna (1709-1762) per sviluppare la manifattura di san Pietroburgo: stipulato un lauto contratto, nel mese di agosto del 1744 è a Tallinn e a dicembre giunge a Mosca accompagnato da suo genero, definito ottimo pittore, ma non identificato (nota 9). Dal 10 novembre del 1748, dopo un notevole numero di insuccessi e la minaccia di essere mandato in Siberia, non se ne hanno più notizie e pertanto è da ritenere che sia morto, molto probabilmente in povertà, tanto più che nell’autunno 1750 vi sono documenti a Dresda che sembrano riferirsi ad una sua eredità. Si è ipotizzato che nei suoi anni di lavoro come doratore a Meissen abbia lasciato come sua firma la lettera “H” in oro sui pezzi da lui eseguiti, ma non vi sono riscontri certi a questa tesi, anche perchè lui non era solo un doratore. La firma “Hunger. F.” [Figura 1 e 1bis] per esteso appare in una ciotola Du Paquier con figure cinesi di piccole dimensioni in oro a rilievo e tralci policromi e dorati databile attorno al 1717-18 proveniente dalla Collezione Karl Mayer di Vienna (nota 10), oggi al MAK di Vienna (inv. n. Ke 6908), e su un analogo becher con piattino (considerato di Meissen), già al Germanisches Nationalmuseum di Norimberga [Figura 2, nota 11].
Figura 1 e 1 bis. Ciotola manifattura Du Paquier con firma “Hunger F.”. 1717-18 circa. MAK Vienna.
Figura 2. Becher con piattino, manifattura di Meissen (?). 1715 circa.
A lui vengono attribuiti anche due becher di Meissen con figure in oro a smalto riprese dalle incisioni di Jacques Callot (1592-1635), già allo Schloss Raudnitz an der Elbe, oggi Roudnice nad Laben in Repubblica Ceca (nota 12); gli è riconducibile anche una Koppchen con piattino al Grassi Museum di Lipsia (inv. n. 1907, 523 a.b) (nota 13) ed altre decorazioni con dorature a smalto, come una tazza di Meissen segnalata al MAK di Vienna (inv. n. Kl. 14295-40) [Figure 3 e 4].
Figura 3. Becher. Meissen. 1715 circa, già Germanisches Nationalmuseum di Norimberga. MAK Vienna.
Figura 4. Tazza con piattino manifattura di Meissen. 1725 circa. Decorazione attribuibile a Hunger, 1727-29. Mercato antiquario.
Interessante è anche una tazza da brodo con decoro in oro a smalto della manifattura Du Paquier, oggi all’Iparművészeti Múzeum di Budapest (inv. n. 3973) (nota 14); sempre al suo periodo viennese si sono attribuite con non poche perplessità anche la decorazione di alcuni “Kaiserbecher mit deckel” (nota 15). È probabile che abbia lasciato tracce del suo passaggio anche a Venezia come pittore, decorando di fatto sempre nel suo caratteristico modo: figure asiatiche, in prevalenza, strani volatili, alberi in fiore, semplici tralci floreali, in oro a rilievo e contraddistinti dal celeste più o meno intenso e da altri pochi colori tipici degli smalti come il verde e il rosso [Figura 5].
Figura 5. Ciotola manifattura Vezzi. 1720-24. Già Earl Spencer House Collection, Althorp.
Molto difficile pensare però che il Duramano pittor [nota 16], figura non ben identificata tra i pittori della manifattura Vezzi e al quale nel passato sono stati attribuiti alcuni oggetti usciti dai forni veneziani, possa riconoscersi proprio nell’Hunger [nota 17]; d’altro canto, vi sono esempi di stoviglie della fabbrica veneziana a lui attribuite che riportano proprio allo stile dell’emailmaler Hunger [Figura 6].
Figura 6. Ciotola manifattura Vezzi (?). 1720-24. Mercato antiquario.
Gli viene attribuito anche un vasetto da toeletta in porcellana tenera della manifattura di St. Cloud, 1720 circa, con dorature a smalto, oggi al MET di New York (inv. n. 42.117.1a, b), che fa nascere qualche perplessità specie in relazione al soggetto raffigurato [Figura 7, nota 18].
Figura 7. Vasetto da toeletta. St. Cloud. 1720 circa; decorazione attribuita a Hunger. MET New York.
La stessa attribuzione, che mi suscita non pochi dubbi, era stata fatta per le decorazioni questa volta a figure cinesi policrome di grandi dimensioni di un rinfrescatoio da bottiglie con prese a forma di mascherone, databile 1725-30, sempre della manifattura francese di St. Cloud e al MET di New York (inv. n. 50.211.136) (nota 19).
Tracce certe vi sono anche della sua produzione in maiolica, come in un vassoio ottagonale datato 1733 della manifattura di Rörstrand, dipinto in monocromo blu e leggere dorature che rappresenta la Festa degli Israelliti ai piedi del Monte Sinai e firmato da Hunger unitamente a Philip Jacob Thelot (1682-1750) per esteso “Stockholm / Thelot: f. / Hunger / 1733”, oggi conservato all’Hallwylska Museet a Stoccolma (inv. n. XLVI:XI:E.d.01) [Figura 8].
Figura 8. Vassoio maiolica Rörstrand. 1733. Firmato da Hunger e Thelot. Hallwylska Museet Stoccolma.
Diverse sono le convulse vicende della breve vita di un pittore, presunto arcanista, che non si può definire un vero e proprio hausmaler e che ha lasciato una traccia indelebile nella storia della ceramica europea: mi riferisco a Adam Friedrich von Löwenfinck (1714-1754) (nota 20). Originario di Kalisch (Kalisz in Polonia) o di Biala in Slesia (oggi Bielsko-Biała in Polonia), è segnalato una prima volta a Meissen nel novembre del 1727 come “Malerlehrling” (apprendista pittore); lascerà precipitosamente Dresda per motivazioni non conosciute nel 1736 ed andrà a Bayreuth [Figure 9 e 10] dove si tratterrà solo poco tempo per poi trasferirsi ad Ansbach, per sfuggire, grazie all’aiuto datogli dal pittore Joseph Philipp Dannhöfer (1712-1790), all’arresto degli emissari del governo sassone.
Figura 9. Placca in maiolica manifattura Johann Georg Knöller, Bayreuth, 1736-37. Decoro attribuito a von Löwenfinck. Grassi Museum, Lipsia.
Figura 10. Vaso. Meissen. 1732-35. Decoro attribuito a von Löwenfinck. David Samling, Copenhagen.
Alla fine del 1737 si sposterà a Chantilly e dal 1741 al 1745 è segnalato a Fulda [Figure 11 e 12] e nello stesso anno a Weisenau; dal 1746 al 1749 a Höchst dove contribuì a fondare la manifattura di porcellane, mai prodotte fino al 1750 circa.
Figura 11. Vaso maiolica Fulda. 1741-45. Decoro attribuito a von Löwenfinck. Hetjens-Deutches Keramik Museum, Dusseldorf.
Figura 12. Piatto maiolica Fulda. 1741-45. Decoro attribuito a von Löwenfinck. Grassi Museum, Lipsia.
Finalmente, dopo un breve passaggio a Coblenza-Kesselheim con il progetto, fallito, di aprire una fabbrica di maiolica a Schönbornslust, si stabilisce a Strasburgo dove ad Hagenau fonda la sua manifattura di maiolica [Figura 13, nota 21].
Figura 13. Placca L’Adorazione dei Pastori in maiolica policroma di Fulda. 1741-45. Firmata da von Löwenfinck. MET, New York.
Dopo la morte nel 1754 di Friedrich Adam, la sua vedova Maria Seraphia Susanna Magdalena Aloysia Schick (1728-1805), figlia di Johann Philipp Schick (+ 1768), uno dei fondatori della fabbrica di maioliche di Fulda e sposata il 28 ottobre 1747, anche lei pittrice di maiolica, proseguirà nell’opera del marito. Ma non riuscirà ancora a mettere radici: coniugata in seconde nozze nel 1762 con un militare, Johann Daniel de Beckè, e nonostante gli undici figli avuti nei due matrimoni, si sposterà a Ludwigsburg dove avrà importanti incarichi nel dipartimento della maiolica di quella manifattura, come quello di condirettrice insieme al noto arcanista Joseph Jakob Ringler (1730-1804) al quale si deve la produzione della porcellana alla manifattura di Höchst.
Da segnalare che anche due fratelli di Friedrich Adam e cioè Carl Heinrich (1714-1754) e Christian Wilhelm (1720-1753) furono pittori di porcellana e maiolica: il primo “blaumalerei” (pittore del blu) a Meissen dal 1730 al 1735 e poi impiegato in varie fabbriche di maiolica; “blumenmalerei” (pittore di fiori) il secondo a Meissen dal 1734 al 1741 e successivamente occupato anche lui in diverse manifatture di maiolica (nota 22).
Pare sia stata l’ingombrante presenza di Johann Gregorius Höroldt (1696-1775) a determinare la fuga di Löwenfinck da Meissen e la sua insofferenza a sottostare ad altri, ma le sue geniali decorazioni policrome, che rompono gli schemi preesistenti, restano e ne fanno uno dei più importanti artisti nel suo campo
Risultano di grande qualità non solo gli “Exotische” o “Phantasische Welten“, i “Fabeltiere” (gli animali esotici o fantastici) (nota 23) in primo luogo, che saranno replicati a Meissen pure dopo la sua partenza ed ai quali è rimasto tale nome anche se eseguiti da altri pittori [Figura 14], ma ugualmente le sue figure di asiatici slanciati e finemente colorati, che ricordano anche quelli eseguiti da Ehrenfried Johann Stadler (1701-1740), pittore ufficiale a Meissen dal 1724 alla morte [Figura 15, nota 24], come anche le più comuni e meno fantasiose scene di campagne, architetture e porti [Figure 16 – 16 bis].
Figura 14. Vaso manifattura Meissen. 1735 circa. Decoro Phantasische Welten attribuito a von Löwenfinck. Porzellansammlung, Dresda.
Figura 15. Vaso manifattura Meissen. 1727-30. Decorazione attribuibile a Stadler. Mercato antiquario.
Figura 16 e 16 bis. Ciotola. Manifattura Meissen. 1735 circa. Decoro attribuito a von Löwenfinck. MET, New York.
Indubbie furono poi le sue capacità di eseguire su maiolica non solo decorazioni analoghe a quelle tipiche della porcellana, ma di replicare anche alcune cromie del più prezioso e tecnicamente più funzionale materiale.
L’artista ci ha anche lasciato qualche pezzo siglato “F v L“, come il boccale con figure asiatiche policrome in terraglia smaltata eseguito a Bayreuth verso il 1736-37 ed oggi al MET di New York (inv. n. 974. 356.246) [Figura 17 e 17 bis, nota 25] e un grande vassoio in maiolica di Postdam a figure asiatiche in collezione privata a Berlino, già collezione Max Andrà (nota 26).
Figura 17 e 17 bis. Boccale terraglia smaltata Bayreuth. 1736-37. Particolare sigla di von Löwenfinck. MET, New York.
La sua firma “de Lowenfincken pinx.” appare anche sulla placca in maiolica di Fulda L’Adorazione dei Pastori, oggi al MET di New York (inv. n. 45.613). [Figura 13 bis].
Figura 13 bis. Firma "de Lowenfincken pinx." su placca in maiolica Fulda L'Adorazione dei Pastori. MET, New York.
Sulla porcellana, invece, gli è attribuita la sigla “L” che appare su una salsiera e su una coppia di rinfrescatoi di Meissen databili 1730-35 decorati con crisantemi e peonie stilizzate, oggi conservati la prima al Rijksmuseum di Amsterdam (inv. n. BK 1968.183) e i secondi alla Porzellansammlung di Dresda (inv. nn. PE8001 e PE 8004) [Figura 18, nota 27].
Figura 18. Sigla attribuita a Adam Friedrich von Löwenfinck su porcellane di Meissen.
Anche le vicende di Joseph Philipp Dannhöfer, o Danhöffer, sono emblematiche e si muovono nel solco di questo grande fermento che investiva l’intera Europa (nota 28): pittore alla manifattura Du Paquier dal 1725 circa e impiegato nella pittura di paesaggi, uccelli, rappresentazioni religiose e figure di asiatici, si sposta nel 1736 (nota 29) a Bayreuth e opera presso la manifattura di maiolica dal 1737 al 1744, dove riprende lo stile proposto a Vienna e dove potrebbe anche aver operato come hausmaler dipingendo pure porcellana prodotta a Meissen [Figure 19 e 20, nota 30].
Figura 19. Boccale. Manifattura di Meissen. Decoro attribuito a Dannhöfer. MET, New York.
Figura 20. Teiera. Manifattura di Meissen 1720-25, becher e piattino Bayreuth 1737-1744. Decoro attribuito a Dannhöfer. Già raccolta Ducret, Zurigo.
Dal 1744 al 1747 sarà nella fabbrica di maiolica di Abtsbessingen, poi in quella di Höchst fino al 1751, a Fulda una prima volta fino al 1753 ed una seconda tra il 1757 ed il 1758; ad Hanau tra il 1753 ed il 1757, fa una breve apparizione anche a Poppelsdorf nel 1758 per giungere a Ludwigsburg nel 1762 dove collaborerà fino alla morte come pittore forse sia di maioliche che di porcellane (nota 31), tranne qualche intervallo di breve durata (Ansbach nel 1770?).
Non molti sono gli oggetti a lui riferibili con certezza: tra questi due placche di maiolica di Fulda databili attorno al 1752, già conservate al Musée Art & Histoire a Bruxelles, con raffigurazioni religiose in rosso porpora che portano la sua firma per esteso (nota 32); una fiasca con scene di tipologia analoga, San Giacomo Maggiore e gli Strumenti della Passione, in porcellana Du Paquier, oggi al British Museum (inv. n. Franks 264) è stata a lui attribuita pur con qualche dubbio [Figura 21 e 21 bis, nota 33].
Figura 21 e 21 bis. Fiasca. Porcellana Du Paquier. 1730 circa. Decoro attribuito a Dannhöfer. British Museum, Londra.
Duplice è l’importanza del pittore viennese, al quale sono attribuiti molto soggetti religiosi (Figura 22): essere molto probabilmente stato tra i primi, forse con von Löwenfinck, a portare a Bayreuth i decori con le figure cinesi in stile Du Paquier (nota 34), che nel passato sono state anche attribuite al brevissimo periodo viennese (1719 circa) di Höroldt, e di aver riproposto anche sulla maiolica i Laub und Bandelwerke, le ricche bordature a fregi tipici del barocco austriaco.
Figura 22. Placca in maiolica 1750 ca. Decoro attribuito a Dannhöfer. Già Raccolta Levi, Lucerna.
Maggiormente legato alle vicende italiane è Samuel Hitzig o Hirtz, Hietzig, Hietzio (1723-post 1761): “blumenmaler” e pittore di soggetti naturalistici (nota 35) è segnalato come apprendista pittore a Meissen nel 1741 dove rimarrà fino al 1745 (nota 36); lavorerà a Vienna dal 1749 (nota 37) fino al 1751 (nota 38) e successivamente si sposterà a Venezia.
Potrebbe trattarsi, quindi, di uno di quegli artisti giunti nella Serenissima Repubblica dalla capitale austriaca (nota 39), da Meissen e dalla Francia chiamati da Pasquale Antonibon (1712-1788) per tentare di produrre la porcellana a Le Nove, dove nell’ottobre del 1751 pare si trovassero già da un po’ di tempo (nota 40); tra loro forse c’era anche Johann Siegmund Fischer, o Fleischer (1726 ca-1758) (nota 41), originario di Dresda e segnalato prima a Meissen dal 1742 come pittore di “Landschaft und Seefarth” (paesaggi campestri e scene marine) e poi a Vienna tra il 1747 ed il 1751 (nota 42); fino almeno al gennaio 1753 (nota 43) a Nove, andrà a Napoli nel gennaio 1754 con la fama di grande “miniaturista” e pittore “al modo di Sassonia“, per divenire capo pittore alla manifattura di Capodimonte già nel 1754; è autore, fra l’altro, di parte della decorazione del Salottino di Porcellana della regina Maria Amalia (1724-1760) nella Reggia di Capodimonte.
Si potrebbe anche ipotizzare che Hitzig si sia spostato dalla Sassonia perchè voluto come collaboratore dai coniugi sassoni Natal Frederick e Maria Dorothea Hewelche, o Hewelcke, già commercianti a Dresda prima della Guerra dei Sette Anni, nella loro neonata fabbrica prima di Udine (1758), poi di Venezia (1761) (nota 44). Samuel Hitzig è, inoltre, da identificarsi con quel “Samuele il Sassone”, che si è a lungo ritenuto essere stato durante la sua permanenza a Doccia tra la fine del 1760 ed i primi mesi del 1761 l’inventore del “masso bastardo“, di un biscotto a pasta dura, cioè, unito a una vernice tenera tipica della maiolica (nota 45). Esiste la prova documentale del suo aiuto in manifattura Ginori solo per migliorare alcuni colori: “Prove di colori per il fornaciotto … col fondente nuovo di Samuel” (nota 46) e, dal momento che gli smalti teneri venivano già ampiamente utilizzati nel periodo di Carlo Ginori (nota 47), l’intervento del Sassone non si concretizzò nella scoperta di un nuovo tipo di porcellana, contraddicendo quanto riportato dall’abate Giuseppe Sandrucci, e limitando il suo apporto nel campo dei colori e di qualche altra formula, contenuta in quegli appunti o, meglio quelle “regole … chimiche” che ci dice di “aver dato in bocca tanto che in scritto” ad Anton Maria Fanciullacci (1735-1805) alla sua partenza per Roma (nota 48), dove sempre nel corso del 1761 fonderà con Filippo Cuccomos (1714 ca-1793) una manifattura molto enigmatica di porcellana a pasta dura (nota 49), che pare aver prodotto solo pochissime sculture a tema religioso (nota 50). Nel corso dell’anno 1762 risulta ancora a Roma in quanto indirizza al Segretario di Stato dello Stato Pontificio, cardinale Ludovico Maria Torriggiani (1697-1777), una supplica per veder riconosciuto nella privativa al Cuccomos il suo sostanziale apporto nella nascita e nello sviluppo della manifattura di porcellane a Roma: “Samuel Hietzio Sassone … come illuminato da Dio abiurò anno 1747 in Vienna la setta Luterana in cui era nato, e guadagnandosi il vitto col’arte delle sue mani impiegate nelle fabbriche di Porcellane e christalli si porte a Venezia …. e sia posto il nome del Supplicante … come l’authore dell’arte della Porcellana in Roma” (nota 51); da questo momento si perdono le sue tracce.
Molto difficile dire se Hitzig abbia dipinto qualcosa anche a Doccia stante la sua breve permanenza; posso ipotizzare soltanto che, trattandosi di un artista che eseguiva soggetti floreali, possa aver ornato qualche manufatto con iconografie legate ai “deutsche blumen” già propri di Meissen e Vienna, come ad esempio alcuni piatti in “masso bastardo” che sembrano ricopiare abbastanza fedelmente modelli di area tedesca, ma che potrebbero anche essere soltanto rimpiazzi per servizi di altre manifatture e, quindi, anche successivi al 1760-65 circa [Figure 24 e 25].
Figure 24 e 25. Tondini. Manifattura di Doccia 1760-65 circa. Raccolta privata.
Voglio sottolineare che, come risulta abbastanza chiaro, data la molteplicità e l’eterogeneità delle tipologie decorative espresse da questi artisti, risulta assai difficile una comparazione degli stili e, quindi, le attribuzioni vanno accolte con cautela, pure in presenza di monogrammi e sigle.
Le vicende personali e lavorative di personaggi come Hunger e von Löwenfinck ci dimostrano senza dubbio un notevole fermento nel panorama europeo delle arti decorative, tra le quali la porcellana aveva fatto il suo ingresso in modo decisamente fragoroso: il segreto della sua produzione, l’arcanum, fu visto come un punto di arrivo per gli alchimisti e molti di essi si sforzarono di conoscerlo appieno, sperando, forse, di trovare il sistema per produrre l’oro e per scoprire finalmente la mitica pietra filosofale.
NOTE
[1] BERGES 1966, pp. 202-205.[2] DEUTSCHE-BIOGRAPHIE.DE, voce Dinglinger, Johann Melchior.[3] PAZAUREK 1925, I, p. 143.[4] STAZZI 1967, pp. 37-38.[5] STAZZI 1967, p. 41.[6] RUCKERT 1990, p. 162.[7] BIANCALANA 2021.[8] BERGES 1966, p. 204.[9] RUCKERT 1990, p. 163.[10] SELBSTUERLAG AUKTIONSHAUS 1928, Catalogo d’Asta, tav. I.[11] PAZAUREK 1925, I, tav. 10.[12] PAZAUREK 1925, I, p. 147, tav. 117.[13] GIELKE 2003, p. 90, cat. 24.[14 CHILTON / LEHNER-JOBST 2009, p. 177 e p. 1293, cat 302.[15] SELBSTUERLAG AUKTIONSHAUS 1928, Catalogo d’Asta, tav. 2 – 2a / HAYWARD 1952, pp. 118-120 / DUCRET 1962, pp. 70-71, cat. 11.[16] MELEGATI 1998, p. 14.[17] Per le produzioni dei Vezzi, STRINGA 2007, pp. 262-276.[18] BERGES 1966, fig. 1.[19] BERGES 1966, fig. 2.[20] HUSELER 1957, II, pp. 274-277.[21] JEDDING 1974, I, p. II/174.[22] si veda un bacile da barbiere in maiolica da lui firmato all’Historisches Museum a Basilea in HUSELER 1956, I, p. 174, tav. 189.[23] PIETSCH 2014; gli animali fantastici erano già stati decorati anche a Vienna qualche anno prima (DUCRET 1962, pp. 74-75, cat. 13).[24] RUCKERT 1990, p. 194.[25 esiste l’attribuzione di un altro boccale sempre di Bayreuth in STÖHR 1920, p. 176, tav. 88.[26] 26 PIETSCH 2014, p. 244, cat. 147.[27] PIETSCH 2014, pp. 116-117, catt. 10-11.[28] HUSELER 1957, II, pp. 259-265.[29] SCHNORR von CAROLSFELD 1912, p. 102.[30] DUCRET 1962, pp. 282-283, cat. 109.[31] JEDDING 1974, I, p. II/41.[32] HUSELER 1956, I, p. 159, catt. 61-62 e III, 1958, 47, cat. 32/11.[33] HAYWARD 1952, p. 125.[34] HAYWARD 1952, p. 127.[35] WALCHA 1975, p. 111.[36] RUCKERT 1990, p. 158.[37] CAMPBELL 2006, II, p. 522.[38] MRAZEK / NEUWIRTH 1970, p. 39.[39] i pittori che si spostano da Meissen a Vienna nel 1747 sono cinque (RUCKERT 1990, p. 145), tra i quali Hitzig e Fleischer. Certa è la sua morte a Napoli per avvelenamento da funghi (STAZZI 1972, p. 99).[40] Nadir Stringa, in La Ceramica degli Antonibon 1990, p. 182.[41] su questo artista vi sono indicazioni divergenti: per alcuni autori Fischer e Fleischer non si identificano nella stessa persona (MRAZEK / NEUWIRTH 1970, p. 36), per altri (BRAUN / FOLNESICS 1907, p. 59) il Fischer di Meissen non è lo stesso di Vienna, che si segnala fino al 1770.[42] JEDDING 1974, I, p. II/55.[43] Nadir Stringa, in La Ceramica degli Antonibon, p. 182.[44] Alessandro Biancalana, Fabbrica Ginori e manifattura Cozzi: loro rapporti e legami tra similitudini e differenze, interrogativi e dubbi. Uno spunto per rivalutare le relazioni tra gli Hewelche e Geminiano Cozzi, in Geminiano Cozzi 2016, pp. 37-38.[45] BIANCALANA 2006, pp. 63-65.[46] AGL, XV, 2, f. 137, I, Manifattura di Doccia. Documenti vari, c. 714.[47] BIANCALANA 2006, p. 68.[48] AGL, XIV, 3, f. 1, Affari Diversi relativi all’Uffizio dell’Abbondanza, 1695 – 1778, cc. 355-356.[49] SANTUCCIO 1988, pp. 81-90.[50] ad esempio in La Collezione Cagnola, p. 301, catt. 142-43, tav. XL.[51] ASR, Camerale II, Commercio ed Industria, Busta n. 10; ringrazio Giuliana Santuccio per la segnalazione del documento.
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Referenze archivistiche
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– Rijksmuseum, Amsterdam
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– Villa Cagnola, Gazzada Schianno (VA)
Marzo 2021
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