Placchetta bifacciale di Ludovico Ariosto
dalla Redazione di Antiqua
Questa ricerca ha inizio con la lettura del saggio Le placchette del Museo Nazionale di Napoli di Antonio Filangeri di Candida (nota 1) in cui si parla, senza mostrarne l’immagine, di una placchetta bifacciale ovale, di 8 x 6,2 centimetri (numero di inventario 11098), raffigurante al recto un’immagine di Ludovico Ariosto e, sul verso, “Mercurio, Argo ed Io metemorfosata” (nota 2), classificata tra le “Placchette italiane de’ secoli XVI e XVII”.
Non è stato finora possibile sapere se la medaglia sia tuttora conservata a Napoli, né trovare l’immagine di un suo esemplare (nota 3). Da qui, il tentativo di una sua ricostruzione attraverso le informazioni disponibili.
Per quanto riguarda il recto (diritto), la fonte del 1899 lo descrive come “Busto di profilo a sinistra di Ludovico Ariosto. Barba incolta, chioma lunga e fluente: mantello con molte pieghe. Ai lati della figura le iniziali L. ed A.” e cita come riferimento: “Litta, Famiglie celebri d’Italia, fasc. Ariosto”.
Si riferisce evidentemente all’opera a dispense, nota anche come Famiglie celebri italiane, iniziata nel 1814 da Pompeo Litta Biumi (nota 4).
Ne troviamo un’immagine sfuocata [Figura 1] in una tavola, tratta dall’opera del Litta citata, che illustra un interessante articolo sullo scranno di Lodovico Ariosto conservato presso la Biblioteca di Ferrara (nota 5). Un’immagine “a fuoco”, la più simile alla precedente, è il ritratto dell’Ariosto attribuito ad Antonio Maria Crespi (1580-1630), conservato nella Pinacoteca Ambrosiana [Figura 2].
Figura 1. Ritratto di Ludovico Ariosto tratto da Famiglie celebri d’Italia di Pompeo Litta (fonte: blogspot.com).
Figura 2. Antonio Maria Crespi (attr.), Ritratto di Ludovico Ariosto, olio su tela cm. 60 x 51, Milano, Pinacoteca Ambrosiana, inv. 1374.
Per quanto riguarda il verso (rovescio), le informazioni sono più circostanziate: la scena è descritta compiutamente e, soprattutto, c’è un riferimento al volume di Prospero Rizzini sulle placchette dei Musei Civici di Brescia, edito dieci anni prima (nota 6) e, più precisamente alla placchetta ivi pubblicata al n. 236, tavola IV.
Anche grazie a una preziosa tavola di raccordo, l’abbiamo rintracciata nel volume di Francesco Rossi sulle placchette degli stessi musei bresciani pubblicato nel 1974 (nota 7) dove compare con il numero 249 nella tavola 101, descritta e commentata a p. 149 con un’attribuzione all’orafo Paul Hubner (doc. 1583 e il 1614) [Figura 3, nota 8].
Figura 3. Paul Hubner (attr.), Mercurio e Argo, bronzo cm. 8 x 6,4, Brescia, Musei Civici.
Antonio Filangeri riprende proprio da Rizzini la notizia, riportata anche da Rossi, che la scena di cui alla Figura 3 derivi da un’incisione di Pier Francesco Mola (1612-1666), fornendo come riferimenti: Bartsch, XIX, 206, 6 [Figura 4, nota 9].
Figura 4. Pier Francesco Mola, Mercurio e Argo, incisione, siglata fran. Mo. I. F.
Detto per inciso, non si comprende il rimando a questa stampa, dal momento che non ci pare di riscontrare alcuna affinità con la placchetta di Figura 3, se non – vagamente – per il soggetto, a parte l’incompatibile cronologia tra il Mola e la presunta epoca della placchetta medesima.
Sembra piuttosto di trovare qualche relazione tra la placchetta di Figura 3 e quelle con lo stesso soggetto conservata presso il Museo Nazionale di Ravenna e pubblicata da Luciana Martini nel 1985 [Figura 5].
Figura 5. Mercurio e Argo, bronzo cm. 8,8 x 11,2, scuola fiamminga, prima metà del XVII secolo, Ravenna, Museo Nazionale.
La figura di Argo, addormentato con il bastone tenuto di traverso è molto simile, così come la giovenca in cui Io è stata trasformata, anche se volge la testa nella direzione opposta, mentre Mercurio, diversamente che nella placchetta di Figura 3, si scorge appena dietro un albero.
Di questa placchetta non sono noti altri esemplari e la Martini la attribuisce ad artefice fiammingo della prima metà del XVII secolo, influenzato dai modi della scuola di Adam (1568-1627) e Paulus (1570-1614) van Vianen (nota 10).
Un altro possibile riferimento, soprattutto per il personaggio di Mercurio, è riscontrabile in una placchetta con lo stesso soggetto passata in asta da Bertolami nell’ottobre 2023 come un prodotto di scuola tedesca del XVII secolo [Figura 6].
Figura 6. Mercurio e Argo (particolare), rame argentato, cm. 11,5 x 18, Scuola tedesca del XVII secolo, Bertolami 31.10.2023 n. 53.
Passando oltre, ancora il Filangeri riferisce che il medaglione di Ariosto era conosciuto con altri “rovesci”, tra cui Venere in atto di essere coronata e La caduta di Fetonte e cita, rispettivamente, il Molinier nn. 326 e 327 (nota 11).
La seconda placchetta è celeberrima, eseguita in diverse versioni e concordemente attribuita a Giovanni Bernardi da Castel Bolognese (1494-1553) [Figura 7, nota 12].
Figura 7. Giovanni Bernardi da Castel Bolognese, Caduta di Fetonte, bronzo, cm. 9 x 6,8, Washington, National Gallery of Art inv. 1957.14.515.
Una versione viene commentata dal Filangeri nel saggio del 1899 (ivi p. 246 n. 125), in quanto appartenente alla collezione del Museo Nazionale di Napoli, anticipando che questa placchetta funge da rovescio in alcune versioni della medaglia di Ariosto di cui ci stiamo occupando e di cui lui parla più oltre (p. 253 n. 149 come indicato in nota 1).
L’identificazione della prima placchetta citata da Filangeri, quella raffigurante Venere in atto di essere incoronata, è stata più contorta, anche perché non viene compresa nel repertorio di Donati (vedi ancora nota 12) e quindi non più attribuibile a Giovanni Bernardi.
Molinier ne fornisce questa descrizione: “A sinistra Diana, in piedi, vestita di una tunica fluente, con in mano un arco, riceve una freccia dalle mani di una donna alata che volteggia nel cielo e pone una corona sul capo di Venere, in piedi accanto a Diana e accompagnata da Amore. Sullo sfondo un fiume disteso, appoggiato alla sua urna. Legenda: DIGNIORI DICANDA” (nota 13).
A proposito di questa placchetta Molinier aggiungeva che, oltre a fungere da rovescio per il medaglione dell’Ariosto, così come la placchetta della caduta di Fetonte, poteva trovarsi riprodotta sul retro anche di una medaglia di Lipa Ariosta (nota 14) e che la stessa placchetta era incisa nel fascicolo Ariosto all’interno dell’opera Famiglie celebri d’Italia del Litta di cui abbiamo parlato all’inizio che Filangeri cita solo a proposito del ritratto di Ariosto sul recto della medaglia.
La descrizione fornita da Molinier corrisponde quasi esattamente a una placchetta appartenente alla collezione Mario Scaglia, classificata da Francesco Rossi come Diana e Venere, scuola emiliana (Parma?) della metà del XVI secolo. Non sembra di vedere il dio fluviale e non si legge la scritta che, per ora, non è possibile decifrare [Figura 8, nota 15].
Figura 8. Incoronazione di Venere, scuola emiliana (Parma?), metà XVI secolo, collezione Mario Scaglia.
Conclusione
Il medaglione a suo tempo conservato presso il Museo Nazionale di Napoli, citato da Antonio Filangeri di Candida in un saggio del 1899 senza mostrarne l’immagine, potrebbe essere costituito, sul recto, da un ritratto dell’Ariosto simile a quello proposto nelle Figure 1 e 2 e, sul verso, dalla scena con Mercurio e Argo (e Io trasformata in mucca) di cui alla Figura 3. Altre versioni dello stesso medaglione recano sul verso le scene della caduta di Fetonte di cui alla Figura 7 e dell’incoronazione di Venere di cui alla Figura 8.
Tutti gli indizi, ad eccezione della placchetta di Figura 3 attribuita a Hubner sembrano ricondurre le medaglie di Ariosto con le diverse versioni del rovescio all’ambito emiliano degli inizi del XVII secolo.
NOTE
[1] In Le Gallerie Nazionali Italiane, volume IV del 1899, pp. 210-262 (ivi p. 253 n. 149).
[2] Ivi p. 253 n. 149.
[3] Le collezioni del Museo Nazionale sono confluite nel Museo Archeologico Nazionale, ma la medaglia viene segnalata da Francesco Rossi a Capodimonte (identificata con un non meglio specificato n. 149); la notizia è contenuta nel catalogo delle placchette dei Musei Civici di Brescia di cui diremo a breve (vedi oltre nota 7). Nessun riscontro, a fronte di una nostra richiesta, da parte dei musei competenti.
[4] Si veda la voce Famiglie celebri italiane in Wikipedia [Vedi]; alla famiglia Ariosto è dedicato il fascicolo 61, dispensa 109 edito nel 1845 [Vedi].
[5] Leggi
[6] p. Rizzini, Illustrazione dei Musei Civici di Brescia. Placchette e Bassorilievi, Brescia 1889.
[7] F. Rossi, Musei Civici di Brescia. Placchette. Secoli XV-XIX, Neri Pozza, Vicenza 1974.
[8] Di Paul Hubner si sa che era originario di Forchheim in Baviera, ma attivo ad Augsburg negli anni tra il 1583 e il 1614. La collezione bresciana possiede un pendant raffigurante Giove e Io [Rossi, op. cit. p. 148 n. 248 tav. 101) [Figura A].
Figura A. Paul Hubner (attr.), Giove e Io, bronzo cm. 8,2 x 6,5, Brescia, Musei Civici.
[9] Il riferimento è al diciannovesimo volume dell’opera Le peintre graveur di Adam Bartsch, pubblicato nel 1870 a Lipsia presso l’editore Johann Ambrosus Barth. L’immagine di cui alla Figura 4 è invece tratta dal volume 42 di The illustrated Bartsch edito a New York da Abaris Book nel 1981 (ad vocem Pier Francesco Mola).
[10] L. Martini, in AAVV, Piccoli bronzi e placchette del Museo Nazionale di Ravenna (catalogo mostra), Ravenna 1985 p. 119 n. 82.
[11] Il riferimento è a Emile Molinier, Les bronzes de la Renaissance. Les plaquettes, catalogue raisonné, 2 volumi, Parigi 1886. L’autore, senza mostrarne l’immagine come nella quasi totalità dei casi delle placchette classificate, le attribuisce entrambe a Giovanni Bernardi da Castel Bolognese.
[12] Il principale testo di riferimento è: Valentino Donati, Pietre dure e medaglie del Rinascimento. Giovanni da Castel Bolognese, Belriguardo, Ferrara 1989.
[13]
“A gauche, Diane, debout, vêtue d’une tunique flottante, tenant en main un arc, reçoit une flèche des mains d’une femme ailée qui plane dans le ciel et pose une couronne sur la tête de Vénus, debout près de Diane et accompagnée de l’Amour. Au second plan, un fleuve couché, appuyé sur son urne. Légende: DIGNIORI DICANDA” (Molinier, op. cit., p. 5 e 6 n. 326).
La scritta si può tradurre “da dedicare ai più degni”.
[14] Non è stato possibile rintracciare un’immagine di questa medaglia per cui riproduciamo letteralmente, qui di seguito i riferimenti bibliografici forniti da Molinier: Armand, Médailleurs italiens, t. II, p. 93, n” 21 et 23; Trésor de Numismatique et de Glyptique, Médailles italiennes, t. II, pi. xlii, n. 2.).
[15] Francesco Rossi, La collezione Mario Scaglia. Placchette, Lubrina, Bergamo 2011, VIII.33 (p315), p. 342-343, tav. LVI. La circostanza che non venga qui fatto esplicito riferimento alla placchetta classificata da Molinier al n. 326 ci ha impedito di giungere subito alla sua identificazione.
Post-scriptum 1
Ad articolo già impaginato, è stato possibile visionare a una copia del fascicolo Ariosto all’interno dell’opera del Litta, mediante l’attivazione del secondo link di cui alla nota 4 che per mesi risultava inaccessibile.
Ci è quindi consentito verificare l’efficacia del nostro tentativo di ricostruzione della medaglia di Ariosto. Possiamo ritenerci abbastanza soddisfatti: se il ritratto dell’Ariosto è diverso da quello “laureato” da noi ipotizzato, sebbene anch’esso contenuto nel fascicolo in questione, il rovescio con l’incoronazione di Venere, sul quale si era incerti, corrisponde alla placchetta sopra identificata. Qui vediamo il dio fluviale e la scritta DIGNIORI DICANDA [Figura B].
Figura B. Medaglione dell’Ariosto recante, in questo caso, sul verso l’incoronazione di Venere (Pompeo Litta, Famiglie celebri d’Italia, fascicolo Ariosto, particolare).
Post-Scriptum 2
Quanto segue ha dell’incredibile!
Tra il momento in cui l’articolo è stato predisposto e arricchito con il Post-scriptum 1 e quello in cui è maturata il tempo per pubblicarlo, siamo entrati in contatto con l’ottimo Studio bibliografico Malombra di Vicenza che risultava in possesso del volumetto di Gualtiero Medri intitolato I bronzi artistici del Civico Museo Schifanoia, utile ai fini di un articolo dal titolo Placchetta in bronzo con allegoria della bellezza, pubblicato su Antiqua a dicembre 2024 [Leggi].
Il titolare di Malombra, Giorgio Morandini, mi segnala, sempre di Medri, un altro volumetto sulle medaglie ariostee (Gualtiero Medri, Catalogo delle Medaglie Ariostee esposte nella Casa del poeta, VII maggio – XXIII MCMXXXIII, Industrie Grafiche, Ferrara 1933) che non viene citato nelle principali fonti bibliografiche relative alle placchette in questione.
Se l’avessimo scoperto prima, ci saremmo risparmiati la fatica!
Infatti, nella tavola I (figg. 1-3) e nella tavola II (figg. 4-5), sono raffigurate tutte le versioni della placchetta [Figure C e D], descritte alle pp. 8-10 sotto la voce Giovanni Bernardi.
Figure C e D. Tavole tratte da Medri 1933, op. cit.
A proposito dell’esemplare con Mercurio e Argo, nel ribadire quanto scriveva Rizzini a proposito della derivazione del soggetto da Pier Francesco Mola, Medri scrive: “Ciò vero, questa medaglia devesi ascrivere al secolo XVII, secolo in cui nacque ed operò il Mola”.
Gennaio 2025
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