Porcellane di Meissen in un’allegoria delle “4 stagioni”
di Cristina Campanella
Serie di candelieri figurati con l’allegoria delle “4 Stagioni” in porcellana policroma e dorature: l’estremità di ogni singolo gruppo ospita una bobèche modellata in forma di corolla floreale stilizzata con funzione di porta candela, atta a contenere l’estensione opzionale a due bracci per la trasformazione in candelabro [Figure 1 a-h].
Figure 1 a-d. Manifattura di Meissen, candelieri figurati con l’allegoria delle “4 Stagioni”, porcellana, verso il 1765 (modelli del 1749 e 1757, probabilmente di Johann Joachim Kändler e Friedrich Elias Meyer), altezza max. 34-36 cm; 28.5-30.5 cm escludendo l’accessorio, mercato antiquario.
Figura 1 e-h. Marchi relativi, rispettivamente, ai candelieri di Figura 1 a-d.
Con la scoperta della porcellana europea a Meissen all’inizio del Settecento e l’ideazione dei primi grandi servizi da tavola si assiste alla creazione di tutta una serie di oggetti assortiti da completamento e ornamento, tra cui i candelieri. La porcellana rende questi apparati del tutto nuovi per l’epoca e altamente desiderabili, anche rispetto agli equivalenti in metalli nobili, ai quali si sostituiscono con enorme successo in virtù della loro preziosità materica per la quale fu addirittura coniato il termine di oro bianco.
L’integrità di questo insieme ne fa una rarità. Non sono ad oggi noti nuclei completi in collezioni pubbliche o private e prevalentemente solo il mercato internazionale ne ha registrato la sporadica apparizione in tempi relativamente recenti, unitamente a qualche proposta parziale [vedi Figure A-G in calce al testo].
Tale repertorio è conosciuto tramite la pubblicazione di alcuni elementi (L. e Y. Adams, Meissen Portrait Figures, 1987, p. 84; cfr. anche L. Mitchell, Meissen Collector’s Catalogue, 2004, S. 121), di cui la prestigiosa raccolta museale di “Villa Cagnola” a Gazzada (Varese) custodisce raffinate versioni dell’Inverno e dell’Estate (v. AA.VV., La Collezione Cagnola – Le Arti Decorative, 1999, n. 46, Tav. VIII). Va sottolineata in questo caso la sostituzione dell’originaria bobèche in porcellana con altra in metallo dorato, come mostra la riproduzione in catalogo. La struttura di sostegno è infatti predisposta con un piccolo foro all’apice per l’adattamento della bobèche tramite perno a vite e non è raro riscontrare casi che nel tempo hanno subito danni, riadattati con sostituzioni di varia natura sia in porcellana che in metallo. Assegnati alla produzione del 1750-60, gli esemplari di Villa Cagnola si discostano dai nostri per pochi dettagli formali, tra cui un diverso aspetto del fondo della base, che da una recente verifica risulta essere piatto e non vetrificato, mentre la marca con le caratteristiche spade incrociate appare in posizione esterna sul basamento a volute rocaille.
La serie in esame mostra invece la marcatura sinteticamente tracciata all’interno del fondo, che è concavo e vetrificato, ossia ottenuto da un procedimento tecnico alternativo di realizzazione del pezzo. L’Estate, in particolare, evidenzia la compresenza di un punto tra le else delle spade.
La questione della conformazione della marca in rapporto all’epoca di realizzazione dei manufatti di Meissen è stata a lungo oggetto di dibattito da parte della critica di settore e ingenera talvolta dubbi e perplessità, che suggeriscono cautela e soprattutto inducono a non considerare tale indice quale presupposto per la datazione di un pezzo.
In merito alle plastiche, i fondamentali studi di Reiner Rückert segnalano che dapprima il simbolo delle spade compare saltuariamente sul fondo piatto non vetrificato e poi con regolarità intorno al 1745-50, dipinto in blu sotto vernice esternamente sulla base, oppure lateralmente sul fondo concavo vetrificato, per lo più di piccole dimensioni e semplificato nel tratto. Più genericamente, nel periodo compreso tra il 1763 e 1774 tra le else delle spade appare spesso un punto, particolare tuttavia rilevato anche in produzioni risalenti agli anni Trenta del Settecento; a seguire e fino all’inizio dell’Ottocento tra le else viene apposto un asterisco, ma non si hanno notizie certe circa la data di introduzione. Pur non potendo stabilire regole precise è provato che le spade sono dipinte con minore accuratezza sui pezzi databili dalla metà del Settecento in avanti e non di rado sono più grandi (R. Rückert, Meissener Porzellan 1710-1810, 1966, p. 38).
Nonostante i dettagliati archivi di Meissen siano stati approfonditamente studiati, la perdita di preziosi rapporti di lavoro relativi alla produzione tra il 1748 e il 1764 impedisce di comprovare la paternità di svariati modelli, tra cui i nostri.
Un primo registro risale al 1731; nel 1749 Christian Heinrich Kändler venne incaricato di stilare una lista dei modelli, che apparentemente numerò iniziando da quelli detti figurati secondo un’elencazione cronologica progressiva delle figure e dei gruppi. La devastazione procurata dalla famosa “Guerra dei Sette anni”, che si protrasse dal 1756 al 1763, fu causa di gravosi dissesti anche per la manifattura: dopo la riapertura al termine del conflitto il formatore Petri venne designato alla verifica dei modelli ancora disponibili. Non è chiaro, tuttavia, se egli abbia corretto il registro di C.H. Kändler o come operò, perché risulta oggi impossibile ricostruire il sistema di numerazione da lui adottato, che ha inoltre evidenziato alcune incongruenze. Dal luglio 1764 in avanti la continuità di registrazione prosegue con mutata metodologia, che prevede ora l’associazione di una lettera ai numerali. Dopo il 1763 si comincia inoltre ad introdurre la pratica di indicare il numero dello stampo di riferimento alla base delle plastiche. Tale prassi non diviene immediatamente sistematica e comunque costituisce un indizio utile per risalire unicamente all’originaria datazione di creazione del modello e talvolta del suo autore (R. Rückert, op. cit., pp. 21 e 42; R.E. Röntgen, The Book of Meissen, 1996, p. 283).
Indagini allargate a molteplici repliche ottocentesche della medesima serie allegorica del nucleo in esame e invariabilmente contrassegnate sul fondo con numerali incisi ne riconducono di fatto l’origine agli anni 1749 (Autunno 1190 – Primavera 1197 – Estate 1255) e 1757 (Inverno 2547).
Tale prolificità, in rapporto alle esigue testimonianze settecentesche, offre la conferma della rilevanza artistica attribuita al modello per la lunga persistenza nel repertorio produttivo, noto anche attraverso alcuni cataloghi di vendita della manifattura stessa (L. Mitchell, op. cit.). In termini di massima possiamo indicare che nel XIX secolo e anche oltre Meissen si allinea puntualmente al gusto dell’horror vacui, tipico dello storicismo, continuando ad attingere al ricco repertorio dei suoi più celebri temi del passato, che vengono rielaborati con crescenti eccessi formali secondo le tendenze del momento. Le proposte che seguono ne sono un esempio e rivelano contaminazioni di stili risultanti dall’associazione dell’originario impianto dei gruppi figurati ad una diversa base, ripresa in maniera semplificata da quelle di gusto neoclassico in uso nel tardo Settecento. A ciò si unisce l’ormai pressoché totale copertura policroma del corpo ceramico, dove prevalgono le tinte tenui di gusto borghese quali il rosa, l’azzurro e il verde, associate a moderne dorature in soluzione [Figure 2 e 3].
Figura 2. Autunno e Primavera, XIX secolo, Christie’s, Londra S. K., asta 4887, 3 aprile 2012, lotto 705.
Figura 3. Estate e Inverno, XIX secolo, Christie’s, New York, asta 2034, 21 ottobre 2008, lotto 126.
Il più celebre artefice della produzione plastica a Meissen è Johann Joachim Kändler (1706-1775), che lavora in qualità di modellatore dal 1731 e viene elevato a capo del reparto di scultura dal 1733, affiancato da altri rinomati artisti, fra cui Johann Friedrich Eberlein (1696-1749) operante dal 1735, Johann Gottlieb Ehder (1716/7-1750) dal 1739, Peter Reinicke (1715-1768) dal 1742, Friedrich Elias Meyer (1724-1785) dal 1748, ma che nel 1762 lascia Dresda per trasferirsi a Berlino. A quest’ultimo si attribuisce l’introduzione delle basi impreziosite da volute a rilievo di gusto rocaille, che costituiscono una rottura di stile dall’impronta barocca che caratterizza le opere tra il 1730 e 1740. La transizione però non è netta e alcuni modelli continueranno ad essere riproposti nel tempo con minime varianti.
Nel Settecento i modellatori di porcellana raggiungono livelli di abilità talmente alti da fare della materia l’elemento culturale del secolo e per quanto attiene a Meissen si può asserire senza alcun dubbio che quelli del reparto capitanato da Johann Joachim Kändler sono pionieri di un’assoluta rivoluzione: la sua intuizione di arricchire la mensa associando al servito da dessert un apparato decorativo composto da apposite serie di piccole plastiche suscita immediato successo. Stupisce la genialità con cui egli sviluppa infaticabilmente una folta gamma di tematiche spaziando a tutto campo nelle cosiddette scene di genere con soggetti pastorali e galanti, personaggi della Commedia dell’Arte e della mitologia, venditori ambulanti e mendicanti, allegorie e così via, solo per citarne alcune. Si tratta in verità della naturale evoluzione dei trionfi di zucchero barocchi già in uso sulle mense seicentesche e di cui lo stesso Bernini fu a suo tempo un abile antesignano.
Alla luce di quanto fin qui delineato e in assenza di prove documentali circa la paternità della serie allegorica in esame, il percorso per la sua possibile individuazione deve basarsi esclusivamente sull’analisi comparativa con quanto di più affine prodotto in fabbrica sullo stesso tema, portando a indagare il repertorio di cui sopra.
Ciò ha evidenziato l’esistenza di tre versioni complete delle “4 stagioni” accertabili, di cui una eseguita da Eberlein prima del 1747 (U. Erichsen-Firle, Figürliches Porzellan – Katalog Kunstgewerbemuseum der Stadt Köln, 1975, pp. 124-5) e le altre realizzate da Meyer, la prima nel 1752 e la seconda nel 1760 (R. Rückert, op. cit., Tav. 241, nn. 988 e 991 rispettivamente; L. Melegati, Le porcellane europee al Castello Sforzesco, 1999, p. 109, Fig. 6 per un’intera serie riferibile all’edizione del 1760).
Si registrano ancora due diverse interpretazioni settecentesche, di cui anche il museo Stibbert a Firenze custodisce un esemplare per tipo dell’Inverno (A. d’Agliano, L. Melegati, Le porcellane europee della Collezione de Tschudy, 2002, nn. 105 e 122): nonostante il catalogo non ne faccia menzione possiamo sicuramente datare al 1770 l’origine di uno dei modelli (n. 122), in quanto facente parte di un ulteriore nucleo allegorico conosciuto nella sua interezza attraverso numerose riedizioni ottocentesche con i corrispondenti numerali incisi sotto la base.
E’ risaputo che la serie eseguita da Eberlein prima del 1747 fosse direttamente ispirata ai celebri avori tardo seicenteschi di Balthasar Permoser (1651-1732), a cui fanno sicuramente eco i pezzi dello Stibbert ed ugualmente la prima edizione di Meyer del 1752. Fatta eccezione per quest’ultima, in relazione a quanto esposto, i nostri esemplari non evidenziano particolari affinità: dall’indagine non emerge testimonianza alcuna di versioni assegnabili con certezza a Reinicke, Ehder o a Kändler, del quale preme però segnalare la paternità di alcune allegorie delle “4 stagioni” con putti singoli e in gruppo realizzate tra il 1741 e il 1750 (SKD Online Collection, Staatliche Kunstsammlungen Dresden, Inv. nn. PE 538 e PE 3933).
I candelieri in esame presentano elementi rocaille sia nel basamento che nella struttura concepita quale supporto al terminale della bobèche ed ogni gruppo è costituito da una figura con i relativi attributi allegorici, associata a un putto assiso: rispetto alla serie modellata da Eberlein i tratti fisionomici non corrispondono, mentre appaiono pressoché sovrapponibili quelli riscontrati nelle serie dei putti di Kändler sopra citate. Seguendo questa scia notiamo che ogni insieme è assai dinamico e molto curato nei dettagli che concorrono ad armonizzare la scena: se da un lato Eberlein rappresenta un valente accademico del gusto barocco, la vivida creatività di Kändler riesce a condensarne l’essenza nel potente impatto che le sue creazioni emanano per plasticità e colore, stemperandosi poi in tonalità più morbide in adeguamento al rococò, come nel nostro caso, che per concordanze materiche ed evidenze stilistiche possiamo datare alla produzione verso il 1765.
Le plastiche di Reinicke riflettono in genere lo stile di quest’ultimo ma appaiono prevalentemente statiche, mentre quelle di Meyer interpretano appieno il gusto rocaille con leggiadria e grazia, ed è probabile che egli abbia partecipato con Kändler alla realizzazione dei candelieri. Tale tesi è avvalorata dal raffronto con un gruppo a tema mitologico creato congiuntamente dai due nel 1755 e raffigurante “Enea, Anchise e Ascanio in fuga da Troia”, dove emergono stringenti analogie nelle sembianze del nostro Inverno e del vecchio padre che l’eroe sorregge sulle spalle allontanandosi col figlio dalla città in fiamme (cfr. R. Rückert, op. cit., Tav. 242, n. 992; U. Pietsch, C. Banz, Triumph of the Blue Swords – Meissen Porcelain for Aristocracy and Bourgeoisie 1710-1815, 2010, nn. 403-404; vedi anche P. W. Meister, Porzellan des 18.Jahrhunderts, 1967, pp. 470-471).
Il catalogo dell’imponente mostra allestita nel 2010 a Dresda, in occasione del 300° anniversario di fondazione di Meissen, offre ulteriori e convincenti spunti: il primo è riferibile ad una serie di vasi con allegoria delle “4 stagioni”, che nell’insieme rivela dettagli plastici perfettamente coerenti con i candelieri e dove si riconoscono modelli dei putti di Kändler in un vibrante impianto con volute rocaille tipiche di Meyer (cfr. U. Pietsch, C. Banz, op. cit., n. 415). Forti similitudini sono ugualmente riscontrabili nelle figure femminili di un grande centrotavola composito raffigurante il “Parnaso con Apollo e le nove muse”, creato nel 1760-61 da Kändler e Meyer per il maestoso servito “Möllendorff” (cfr. U. Pietsch, C. Banz, op. cit., n. 400), dono di Federico II di Prussia al generale Joachim Wichard Heinrich von Möllendorff. Durante l’occupazione di Dresda sono registrate varie commissioni impartite da Federico il Grande alla manifattura di Meissen e secondo l’opinione autorevole del prof. Ulrich Pietsch, interpellato allo scopo e a cui va un sentito ringraziamento, questa tipologia di candelieri potrebbe rientrare nell’apparato da dessert associato al servito con “Preußisch-musikalischem Dessin” ordinato nel 1760 (U. Pietsch, C. Banz, op. cit, pp. 293-295; cfr. S. Wittwer, Interior Decoration and War Trophies – The Porcelain Table Services of Frederick the Great of Prussia, in “International Ceramics Fair & Seminar”, London 2009, pp. 36-47).
In chiusura si propone la visione delle uniche edizioni settecentesche attualmente rintracciate sul mercato e inquadrabili tra il 1760 e 1765 [Figure A-G]; tutti i pezzi del repertorio a seguire registrano invariabilmente le medesime dimensioni dell’insieme in esame e risultano marcati con il simbolo delle spade in blu sotto vernice con l’eccezione del primo nucleo (A), che su tre esemplari segnala la compresenza di un punto fra le else.
Solo uno dei candelieri è dotato dei bracci rimovibili, che indubbiamente costituiscono un accessorio supplementare e qui risultano parzialmente riadattati in un mariage (F). Se le due serie complete mostrano perfetta concordanza formale con la nostra nel particolare della bobèche, anche le varianti “C, F, G” risultano assai simili, così come quelle “D-E” sono ugualmente note su modelli a soggetto pastorale e mitologico ideati anch’essi verso la metà del XVIII secolo (cfr. R. Rückert, op. cit., Tav. 166, nn. 716-717; T. Clarke, A. d’Agliano, Le porcellane tedesche di Palazzo Pitti, 1999, n. 35).
Figura A. Serie completa, Christie’s, Amsterdam, asta 2484, 14-11-2000, lotto n. 192.
Figura B. Serie completa, World of Antiques, Inc., Los Angeles, asta dell’8-6-2013, lotto n. 270A.
Figura C. Autunno e Primavera, Christie’s, New York, asta 1329, 25-11-2003. lotto n. 367.
Figura D. Autunno e Primavera, Koller, Zurigo, asta A170, 15-9-2014, lotto n. 1804.
Figura E. Autunno e Estate, Northeast Auctions, USA, asta del 28/29-5-2011, lotto n. 415.
Figura F. Autunno, Babuino, Roma, asta 129, 4/6-3-2014, lotto n. 151.
Figura G. Estate e Autunno, Christie’s, Amsterdam, asta 2524, 30-10-2001, lotti 302 e 306. Gli altri esemplari sono invece riferibili per i lotti nn. 303 e 305 all’edizione di Meyer del 1760 (Estate e Inverno), mentre il lotto n. 304 alla serie ideata da Eberlein prima del 1747 (Estate).
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, agosto 2015
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