Bassi, Bossi e Bianchi intagliatori

di Andrea Bardelli

Facciamo iniziare la nostra storia nel 1715 quando Carlo Bossi esegue due cantorie in legno intagliato per la chiesa di Sant’Ambrogio della Vittoria a Parabiago [Figura 1], per le quali esiste una perizia dall’architetto Carlo Federico Pietrasanta [Bertolli-Paciarotto-Spada 1991 p. 140].

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Figura 1. Carlo Bossi, cantorie in legno intagliato, dipinto e dorato, 1715, Parabiago (Mi), chiesa di Sant’Ambrogio della Vittoria (foto di Carola Ciprandi).

Al Pietrasanta (1656-1731 ca.) viene commissionato il campanile, terminato nel 1723, mentre pare spetti all’architetto Giovanni Battista Quadrio il progetto della chiesa, fatta costruire dai cistercensi accanto al monastero sulla base di un edificio preesistente e consacrata nel 1713 dopo cinque anni di lavoro (nota 1).
L’esecuzione delle due cantorie precede di poco la commissione dell’organo, ordinato nel 1716 dall’abate don Attilio Pietrasanta, forse parente dell’architetto, alla fabbrica d’organi Reina di Como (nota 2).
La stessa fonte sopra citata [Bertolli-Paciarotto-Spada 1991, p. 140] riferisce che le due cantorie per le “sono praticamente uguali a quelle eseguite nel 1726 da Carlo Bianchi e Francesco Bassi di Milano per la chiesa di San Giovanni a Busto Arsizio”. Quelle di Parabiago si presentano dipinte di bianco, mentre quelle di Busto Arsizio sono in legno naturale, ma il disegno è pressoché identico.
Della collaborazione tra Francesco Bassi e Carlo Bianchi nell’esecuzione delle cantorie bustocche [Figura 2] si era già a conoscenza (nota 3).

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Figura 2. Francesco Bassi e Carlo Bianchi, cantorie in legno intagliato e dorato, 1726, Busto Arsizio (Va), chiesa di San Giovanni.

Sul rapporto stilistico tra i due manufatti si possono fare varie ipotesi. Ad esempio, che la committenza di San Giovanni abbia espressamente indicato l’organo di Parabiago come modello, oppure che derivino da uno stesso disegno, forse riferibile al medesimo architetto.
Per quanto riguarda il primo aspetto, accedeva abbastanza di sovente che il contratto stipulato con l’artefice prevedesse che il manufatto fosse realizzato in conformità a opere già eseguite dallo stesso, assai più raramente se si trattava di opere fatte da altri.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, sappiamo che le cantorie di San Giovanni a Busto Arsizio erano state commissionate per conto della Fabbriceria dal canonico curato Benedetto Landriani, insieme ad altri lavori di completamento della chiesa. Egli potrebbe averne affidato la regia all’architetto Domenico Valmagini di Brusimpiano (Va), il quale nel 1723 aveva completato la facciata della stessa chiesa di San Giovanni [Bertolli-Paciarotto-Spada 1991 p. 76, 136].
Ciò ammesso e non concesso, non risulta che il Valmagini fosse in contatto con Giovanni Battista Quadrio o con il Pietrsanta, che era stato allievo del Quadrio, al punto da giustificare il passaggio di mano e lo sfruttamento di disegni di bottega.

Il legame tra le cantorie di Parabiago e di Busto Arsizio potrebbe forse allora risalire a contatti tra i rispettivi artefici. Per provarlo dobbiamo rifarci a qualche decennio prima e precisamente al 1676 quando un Francesco Bassi compare accanto a un Carlo Bossi nell’esecuzione di una cornice per una non ancora meglio identificata chiesa di Venaria. Abbiamo reperito la notizia in un testo del 1893 che riferisce:
Nel 1676 Francesco Basso e Carlo Bossi intagliatori e scultori in legno compievano i lavori loro affidati per la cornice della icona della chiesa della Venaria che era intagliata a foglie di quercia” [Claretta 1893, p. 14].
Tra il lavoro della Venaria (1676) e quello di Parabiago (1715) trascorrono quasi quarantanni, è quindi difficile pensare che Carlo Bossi sia lo stesso, così come per Francesco Bassi (Basso) documentato nel 1726 a Busto Arsizio.
Eppure, è altrettanto difficile pensare che la conformità delle cantorie di Busto Arsizio a quelle di Parabiago non sia scaturito da un legame tra i due artefici o le rispettive famiglie.

A proposito di famiglie, quella dei Bossi in particolare, la “pista” torinese ci porta almeno a citare l’intagliatore Luigi Bossi, attivo in Palazzo Reale a Torino dal 1736 e dal 1739 (fino al 1746 anno della sua morte) e stretto collaboratore dell’architetto Benedetto Alfieri per il quale realizza “alcuni degli interni meglio connotanti il linguaggio decorativo rococò piemontese” (nota 4).
Nonostante si parli di cantorie per organi, non ci sembra invece plausibile un nesso con la famiglia degli organari Bossi, di lontana origine ticinese, attivi principalmente a Bergamo e nella Bergamasca, sebbene proprio nella prima metà del Settecento Angelo I Bossi (1717 – 1748) trasferisca la ditta a Milano per seguire le commesse sul territorio milanese.
E’ certamente più probabile che vi fosse un legame, anche se di poco significato, con certo Benigno Bosso (Bossi), il quale nel 1714, un anno prima dell’esecuzione delle cantorie di Parabiago, riceve un pagamento per la fornitura di assi destinate alla fabbrica della chiesa della Beata Vergine a Busto Arsizio [Bertolli-Paciarotto-Spada 1991, p. 215].

Possiamo anche ipotizzare un legame famigliare tra il Carlo Bossi attivo a Parabiago nel 1715 e l’intagliatore Giuseppe Bossi, il quale nel 1775 esegue gli stalli e gli armadi per la certosa di Garegnano a Milano “non senza qualche eco dell’arte ricca e capricciosa dei veneti Brustolon” (Anna Scaglia, Le opere d’intaglio barocche nelle chiese di Milano, Tesi, Università di Milano, Facoltà di lettere AA 1934-35, nota 125 p. XXIV). Nel 1778 Giuseppe Bossi viene utilizzato da Agostino Gerli per l’esecuzione di una serie di sedili per palazzo Greppi a Milano; si impegna altresì, insieme a un certo Michele Palladino, ad assemblare alcuni canapè venuti da Genova. (Giuseppe Beretti, Laboratorio. Contributi alla storia del mobile neoclassico milanese, Inlimine, Milano 2005, p. 33). Risulta all’epoca abitante in Viarenna, (Beretti, op. cit. p. 123), probabilmente in Conca di Viarenna o Via Arena a Milano.

Su Francesco Bassi non è stato possibile raccogliere altre notizie, sia quello attivo a Torino nel 1676, sia quello attivo a Busto Arsizio nel 1715 (a meno che non si tratti della stessa persona 39 anni dopo).
Per quanto riguarda la cronologia più antica (fine del XVII secolo) si avvalora tuttavia l’ipotesi di qualche connessione con un certo Antonio Basso, attivo con altri falegnami a Cusignana (Tv) all’inizio del 1695 al seguito dell’intagliatore “milanese” Antonio Imbonati e, possibilmente, anche con Carlo Giuseppe “Bazzo”, compartecipe alla realizzazione di un coro ligneo nella chiesa di San Bernardino dei Morti a Milano tra il 1666 e il 1667 (nota 5).

NOTE

[1] [Vedi].
Su Carlo Federico Pietrasanta, che non era milanese, bensì di Abbiatergrasso (Mi) [vedi]. All’interno del monastero, presso il falegname Calati di Canegrate (Mi), Giuseppe Maggiolini (1738-1814) pare abbia ricevuto le sue prime nozioni di ebanisteria.

[2] Si dovrebbe trattare più precisamente dell’organaro Giovanni Battista Reina sul quale non è stata reperita (almeno in rete) una bibliografia specifica.

[3] Ne abbiamo parlato a proposito di Giovan Battista Moltino, pagato a saldo il 30 aprile 1728 per la doratura delle medesime cantorie [Leggi]. Sappiamo inoltre che Carlo Bianchi (Bianco) sottoscrive nel 1728 gli atti di costituzione dell’università degli intagliatori e scultori in legno [Leggi].

[4] Laurenti Aurora, Boiseries e trumeaux. Pratiche operative, modelli ed esperienze di gusto negli allestimenti di Benedetto Alfieri, p. 129 [Leggi].
Un elemento di contatto appariva suggerito dal nome completo “Carlo” Luigi Bossi con il quale alcune fonti lo identificano erroneamente (AbacuSistemArte, 2006, a cura di Paolo Cesari, cod. 98472); il Bossi in questione si chiamava invece Giovanni Luigi.
Sebbene la stessa fonte citata all’inizio della presente nota ci informi che Luigi Bossi eseguiva anche lavori in pastiglia (impasto di gesso e colla), non riusciamo a ipotizzare alcun legame concreto con il Carlo Bossi autore di  raffinati stucchi rococò, eseguiti tra il 1750-53 per diverse delle sale del Piano Nobile della Reggia di Colorno su disegno dell’architetto François Antoine Carlier, e nemmeno con lo stuccatore Luigi Antonio Bossi, nato a Porto Ceresio in data 1 settembre 1731, il quale nel 1743 raggiunge lo zio Giuseppe Antonio in Germania con i fratelli Materno, Vespasiano ed Agostino. Dopo avergli insegnato il mestiere lo zio lo manda alla corte di Wurtemberg dove collabora con Giovanni Pietro Brilli, indi al castello di Stoccarda, e dal 1757 al 1759 a Ludwigsburg nella residenza del duca Carlo Eugenio. Lavora anche a Ellwangen.
Dal 1762 al 1768 è “stuccatore di corte”. Nel 1763 lavora al castello di Monrepos, l’anno successivo deve correre a Wurzburg al capezzale dello zio. Qui porta a termine i lavori rimasti incompiuti e si ferma sino al 1766. Torna nuovamente a Ludwigsburg e decora il castello Solitude. In seguito le sue notizie si fanno sempre più rare, nel 1770 è a Friburgo (in Brisgovia) dove decora il palazzo al n. 21 della Sazstrasse, nel 1772 è attivo a Stoccarda, poi di lui non si hanno più notizie (vedi ).

[5] Si rimanda a Ebanisti milanesi nella Marca Trevigiana (10.8.2009) [Leggi].

Bibliografia
-Claretta Gaudenzio, I Reali di Savoia, in Miscellanea di Storia Patria edita per cura della Regia Deputazione di Storia Patria, Vol. XXX, Bocca, Torino 1893.
-Bertolli F.-Pacciarotti G-Spada A., Chiese minori a Busto Arsizio: San Gregorio e Beata Vergine delle Grazie (Sant’Anna), Libreria Basilica, Busto Arsizio (Va), 1991.


L’autore ringrazia Carola Ciprandi, restauratrice in Parabiago (Mi).


Prima pubblicazione: Antiqua.mi, maggio 2017

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