Ritratto inedito di Paolo Aresi

della Redazione di Antiqua

Quello che presentiamo è il ritratto inedito e, per quanto ne sappiamo, unico di Paolo Aresi (o Arese), vescovo di Tortona, eseguito ad olio su tela nel 1645.

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Il dipinto reca in alto a destra, sormontata da stemma, la scritta in latino “Paulus Aresius + Derthonensium – Epus – MDCXLV” (Paolo Aresio Vescovo di Tortona, epoca 1645).
Si tratta di un’opera “di discreta qualità pittorica caratterizzata da un buon disegnato ed equilibrato cromatismo. Per taluni aspetti compositivi e di impostazione, nonché per particolari affinità stilistiche solitamente ravvisabili nella pittura di artisti gravitanti tra Milano e Bergamo, è opera accostabile ad artista lombardo, da individuarsi” (O. Colombo, Comunicazione del 26.6.2003).

Di nobile casato milanese, al secolo Cesare Aresi, nacque nel 1574 a Cremona dove il padre, conte Marcantonio svolgeva la carica di podestà.
Il 6 gennaio del 1589 entrò nell’ordine dei teatini di sant’Antonio di Milano e il 24 giugno del 1590 cambiò il suo nome in quello di Paolo. Invitato a insegnare teologia e filosofia a Napoli, vi venne ordinato sacerdote il 19 ottobre del 1598.
Fu un importante teologo e filosofo, ma anche un grande erudito con notevoli competenze anche in campo scientifico, autore di innumerevoli testi. Si dedicò molto all’insegnamento e fu era assai noto come oratore e predicatore.
Si ricorda un suo discorso a Genova per l’incoronazione del doge Alessandro Giustiniani (1611) e quello per la morte di Filippo III di Spagna (1613), nonché per quella del cardinale Federico Borromeo (1631) in Duomo a Milano. In data 10 novembre 1625 fu chiamato di nuovo a Genova per celebrare in san Siro il primo anniversario della beatificazione di Andrea Avellino.
Nella sua vita ebbe diversissimi incarichi in varie città italiane (Verona, Piacenza, Pavia), ma il più importante gli fu assegnato mentre dimorava a Torino, dove era divenuto il confessore di Isabella di Savoia, quando, il 20 luglio 1620, papa Paolo V lo nominò vescovo di Tortona, carica che tenne fino alla morte.
Durante questo periodo si prodigo molto, ad esempio riprendendo l’iniziativa di perorare, presso il nuovo re di Spagna Filippo IV, la causa dell’Episcopato perché la sede vescovile di Tortona venisse ripristinata nel “primus, continuatus, ac pacificus possessus” di quel dominio, senza prestare alcun servizio feudale, né formulare un giuramento formale di fedeltà. Non ottenne apprezzabili risultati, se non quello (1621) di poter continuare a servirsi del sale imperiale; per il resto, l’Episcopato si dovette assoggettare alle leggi ordinarie del governo di Milano (Gian Michele Merloni, Splendori e tramonto del potere temporale dei vescovi di Tortona, Cassano Spinola 1993, p. 106)
Visitò ogni tre anni la Diocesi e celebrò nel 1623 il sinodo diocesano pubblicandone gli atti (Constitutio synodalis Derthonae, Tortona 1623).
Si prodigò durante la peste del 1630 e nei i due assedi di Tortona a opera dei francesi (1642) e degli spagnoli (1643) durante la guerra dei Trentanni.
Morì settantenne in odore di santità a Tortona il 14 giugno del 1644, un anno prima della data indicata nel dipinto e dopo che Urbano VIII ebbe assecondato la sua domanda di essere esonerato dall’ufficio pastorale. Le esequie furono celebrate nella chiesa di Sant’Antonio a Milano e l’orazione funebre fu recitata da Giuseppe Cicala (G. Cicala, Oratione detta in S. Antonio di Milano nelle esequie di Mons. Paolo Aresi vescovo di Tortona, teatino, Milano, Rolla in Porta Romana, 1644).

Bibliografia
Salvo i riferimenti indicati nel testo, la maggior parte delle notizie sono state tratte dalla voce Arese Paolo redatta da F. Andreu in Dizionario Biografico degli Italiani).

Opere
Ad uso degli studiosi di teologia e dei bibliofili, piuttosto che degli amanti dell’arte, pubblichiamo un elenco delle principali opere di Paolo Aresi
Imprese sacre
È la sua opera principale, costituita sette volumi che ebbe numerose edizioni presso diversi editori (Venezia, Genova e Tortona, tra il 1630 e il 1649; alcune fonti anticipano la data al 1624, altre addirittura al 1621). Contiene uno sfoggio di erudizione sui più svariati soggetti sacri, letterari e scientifici che gli meritarono l’appellativo di Trismegisto (oratore, filosofo, teologo).
Ogni impresa consiste di una figura allegorica (il sole rappresenta Dio, la pantera l’Eucarestia, la nuvola la Vergine Madre) e di un motto. Ogni impresa ha poi tre discorsi: uno sopra l’impresa stessa, l’altro sulla dottrina da essa significata, il terzo sul motto.
Come riferisce Cesare Cantù (C. Cantù, La Lombardia nel secolo XVII,  Parte I, storia della condizione generale della Lombardia), a difesa delle proprie prediche contenute nei sette volumi delle Imprese sacre, scrisse ” (Milano, 1626) e La retroguardia di sè stesso (Tortona, 1624)” che, a loro volta, ebbero diverse edizioni.
Altre opere
L’Arte di predicare bene, Venezia 1611; edita più volte anche nel compendio del confratello G. Morandi (Roma 1664) che raccoglie le lezioni rivolte ai suoi chierici durante i corsi estivi.
De generatione et corruptione disputationes, Milano 1617.
De aquae trasmutatione in sacrificio Missae, Tortona 1622-Anversa 1628.
Guida dell’anima orante, Tortona 1623.
Della tribolazione e dei suoi rimedi, Tortona 1624; più volte ristampato anche nella versione latina di P. Wemers (Discursus praediucabiles), Anversa 1647-52-57.
De vero sacri Cantici Canticorum Salomonis tum historico spirituali sensu, Milano 1640.
Panegirici, Milano 1644.
Velitationes sex Apoclypsum quibus … bona pars prophetiae Danieli exponitur et illustratur, aliisque divinae Scripturae locis lux immittutur, Milano 1647. L’opera contiene anche le due dissertazioni: De Christi libertate e In quo consistat ratio formalis peccati. L’edizione, uscita postuma, fu curata dal confratello P. Sfondrati, che vi premise la vita dell’Aresi.

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, marzo 2012

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