Le placchette in bronzo del Rinascimento
di Attilio Troncavini
Le placchette in bronzo costituiscono un fenomeno che ebbe un grande sviluppo in Italia settentrionale durante il Rinascimento. Il genere decadde poi rapidamente nei secoli successivi (nota 1), salvo una breve ripresa in epoca neoclassica, per poi rifiorire verso la fine dell’Ottocento come fenomeno collezionistico erudito ed esclusivo.
Oggi sono in pochi a coltivare questo interesse. Tra i motivi è stata individuata la “scarsa frequentazione dei classici greci e latini che caratterizza la moderna educazione scolastica rende spesso impossibile decifrare gli episodi del mito o della storia antica raffigurati sui rilievi” (nota 2).
La prima definizione di placchetta (plaquette) è del 1878 e si deve a Eugène Piot in occasione dell’Expo di Parigi, secondo il quale si tratta di piccoli bassorilievi in bronzo utilizzati come elemento ornamentale per oggetti d’arte decorativa, armi e capi di vestiario. Spesso erano la copia di manufatti sbalzati in oro e argento dai maggiori orafi del Rinascimento (nota 3).
Oggetti quindi destinati a decorare cofanetti, l’elsa di spade, finimenti e berretti.
Figura 1. Maestro IO.F.F., Arianna all’isola di Nasso, cm. 5,76 (diametro), fine XV secolo, Torino, Palazzo Madama (1171/B), esposto nell’ambito di Voltapagina 6 (Legature preziose e placchette rinascimentali in bronzo), 2009.
Citiamo a quest’ultimo proposito, possiamo citare Andrea Alciati, un giurista passato alla storia per avere pubblicato nel 1531 la prima edizione degli “Emblemata” (nota 4), a proposito della quale egli dice: “Ho composto un libretto di epigrammi (…) donde pittori, orefici, fonditori possano realizzare quel genere di oggetti che chiamiamo stemmi e attacchiamo ai cappelli o portiamo quali insegne” (nota 5).
Sono proprio questi emblemi, costituiti da un’immagine enigmatica o simbolica accompagnata da un motto che aiuta a decifrarne il significato (lontani dalla nostra mentalità, ma in piena auge nelle corti rinascimentali), a fornire parte dei soggetti rappresentati nelle placchette.
Altre fonti iconografiche sono costituite dallo sterminato repertorio di soggetti classici, di stampo storico e mitologico, riesumati durante il Rinascimento.
Figura 2. Moderno (Galeazzo Mondella), Ercole e il leone nemeo, cm. 7,6 x 5,7, 1488 circa (F.Rossi (a cura di), Placchette e rilievi di bronzo nell’età di Mantegna, Skira, Milano 2006, p. 51 n. 26).
Ad esempio, è storicamente provato il collegamento tra placchette e le opere d’arte glittica romana, (cammei, gemme incise, ecc. (nota 6), nel senso che le prime erano fuse in bronzo per divulgare forme e soggetti delle seconde.
La maggior parte delle placchette in circolazione è però di soggetto religioso, come dimostra la loro grande diffusione in ambito ecclesiastico, sia come semplici immagini devozionali, sia come strumenti liturgici.
Figura 3. Andrea Riccio, Deposizione, cm. 11,8 x 16,7, 1515-1520 (F.Rossi (a cura di), Placchette e rilievi di bronzo nell’età di Mantegna, Skira, Milano 2006, p. 57 n. 34).
È quest’ultimo il caso delle cosiddette paci, tavolette istoriate, prevalentemente di bronzo e generalmente montate su un supporto per impugnarle, che il sacerdote presentava ai fedeli da baciare prima di distribuire la comunione. Infine, alcune placchette, di soggetto sia sacro sia profano erano utilizzate anche come elemento ornamentale nelle rilegature di libri.
Più in generale, sul piano iconografico, si registrano forti connessioni tra diversi materiali artistici rinascimentali, cioè tra medaglie, placchette, incisioni (particolarmente la xilografia che ebbe larga applicazione nelle edizioni a stampa) e ceramiche (nota 7).
Sotto il profilo tecnico, le placchette sono da inquadrare nell’ambito delle produzioni seriali con tirature circa 20 pezzi per ciascuna. Sono rarissimi casi di pezzi unici, ossia di placchette create come espressione artistica senza finalità di natura applicativa, per i quali si è soliti parlare di “piccoli rilievi”.
Per contro vi possono essere varie e successive edizioni sulla base di nuova matrice ottenuta per calco da una placchetta esistente, talvolta fuori dal controllo dell’autore della prima tiratura.
La funzione delle placchette quale veicolo di diffusione di idee figurative è ben sintetizzato come segue: “… sussidio della memoria per l’erudito studioso del mito o della storia antica, di modello iconografico per gli artisti, di immagine sacra portatile per il devoto” (nota 8).
NOTE
[1] F. Rossi, Musei Civici di Brescia. Placchette. Secoli XV-XIX, Neri Pozza, Vicenza 1974, p. XIII.
[2] D. Gasparotto, “Des petits bas relief où s’agite sans peine une foule ardente”. Conoscitori, collezionisti di medaglie e di placchette dall’Otto al Novecento, in A. Di Lorenzo-F. Frangi (a cura di), La raccolta Mario Scaglia. Dipinti, sculture, medaglie e placchette (catalogo mostra Milano, Poldi Pezzoli), Silvana Ed., Cinisello B. (Mi) 2007, p. 29.
[3] “piccoli bassorilievi in bronzo che sembrano avuto per scopo quello di conservare il ricordo delle opere dei maggiori orafi del Rinascimento italiano: paci, fermagli e bottoni per i mantelli e le vesti, ‘insegne’, imprese o medagliette che si cucivano sulle berrette; ornamenti che si attaccavano alle armature e ai cinturoni o che si appendevano ai finimenti dei cavalli in occasione delle cerimonie; infine, bassorilievi che ornavano dei cofanetti, delle saliere e dei calamai; tutte cose che eseguivano in argento o in oro lavorato a sbalzo e cesellato con la più grande delicatezza. Da queste belle opere si traevano delle impronte in zolfo, oppure le si colavano in bronzo, per conservarne la memoria e per servire da modello e da esempio” (F. Rossi, Una rarità della collezione Scaglia: la raccolta di placchette rinascimentali, in A. Di Lorenzo-F. Frangi, op. cit., p. 19, versione originale in francese; traduzione in Gasparotto 2007, p. 32).
[4] Andrea Alciati o Alciato, Viri Clarissimi D. Andreae Alciati Iurisconsultiss. Mediol. Ad D. Chonradum Peutingerum Augustanum, Iurisconsultum Emblematum Liber, Heinrich Steyner, Augusta (Germania) 1531. Questa prima edizione non autorizzata fu compilata a partire da un manoscritto di poesie latine che Andrea Alciato aveva dedicato al suo amico Konrad Peutinger e fatto circolare tra i suoi conoscenti. L’edizione del 1531 fu presto seguita da un’edizione del 1534, autorizzata dall’Alciati, pubblicata a Parigi da Christian Wechel, tale edizione uscì con il titolo Andreae Alciati Emblematum Libellus.
[5] G. Pedullà, L’apparenza non inganna (recensione per l’edizione Adelphi 2009 de Il libro degli emblemi di Andrea Alciato, Domenica Sole 24 ore, 6 dicembre 2009.
[6] Rossi 1974, p. XIII.
[7] C. Ravanelli Guidotti, Medaglie, placchette, incisioni e ceramiche: un itinerario iconografico attraverso i materiali del Rinascimento, in AAVV, Piccoli bronzi e placchette del Museo Nazionale di Ravenna, Ravenna 1985, p. LIII e ss.
[8] Gasparotto 2007, p 30.
Prima pubblicazione: 18 febbraio 2010 (con il titolo Le placchette in bronzo)
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