Massivo Vezzosi, Domenico da Tolmezzo, Polistampa, Firenze 2011, 48 pagine formato 21 x 28, euro 12,00.
Se le mostre costituiscono l’occasione per sottoporre a restauro alcune delle opere destinate a essere esposte, il restauro di un’opera offre l’opportunità di realizzare delle buone pubblicazioni come questa, dedicata a Domenico da Tolmezzo, la quarta della collana Note libere.
É lo stesso curatore della collana, Massimo Vezzosi, antiquario e storico dell’arte a firmare il volumetto in cui si attribuisce a Domenico da Tolmezzo, nel secolo Domenico Mioni (1448-1507),
una scultura lignea che rappresenta san Giacomo e appartiene a un collezionista privato.
Domenico fu uno degli artisti del suo tempo più attivi in Friuli e i documenti gli attribuiscono almeno trentacinque pale d’altare, di cui, purtroppo, se ne conservano oggi soltanto otto.
L’attribuzione del san Giacomo si è resa possibile, dopo un restauro che ha consentito la rimozione di diversi strati di vernice fino al ripristino della cromia originaria, attraverso il confronto con le figure di san Giacomo realizzate per alcune pale di autografia certa.
Il piccolo volume è pressoché perfetto, sia dal punto di vista del testo che delle immagini, ma contiene un particolare motivo di interesse che ci piace segnalare.
Domenico da Tolmezzo firma nel 1479 una pala d’altare dipinta, detta di Santa Lucia, oggi conservata nel museo civico di Udine, che mostra un’adesione netta alle novità rinascimentali nella resa delle architetture di contorno e dei personaggi. In quel periodo, gli artisti erano spesso contemporaneamente pittori e scultori, anche se le loro opere contemplavano spesso il concorso di più mani. Domenico è maggiormente noto come scultore ed è proprio con riferimento alle macchine d’altare lignee che lo stesso eseguirà nei decenni successivi, ancora fortemente neogotiche, che si rileva un evidente contrasto stilistico con la pala di santa Lucia. Si pensi che il primo polittico intagliato da Domenico, quello di Zuglio, risale al 1481-1483, quasi quindici anni più tardi.
Come spiegare questo “apparente regressione”?
L’autore la giustifica in questi termini: la pala di santa Lucia non è piaciuta perché, forse, troppo innovativa rispetto al gusto attardato di una committenza, quella locale, che continua a prediligere il fasto del gotico, costringendo in seguito il nostro artista all’adozione di uno stile più popolare e meno aggiornato.
La questione può avere riguardato nello specifico Domenico da Tolmezzo, ma testimonia come un’opera tardo gotica possa seguire cronologicamente un’opera rinascimentale, con buona pace di chi, inevitabilmente, effettua la datazione delle opere non documentate su base prettamente stilistica.
© Riproduzione riservata