Placchetta in bronzo di Cristo davanti a Pilato

di Attilio Troncavini

Non sempre la ricerca approda a conclusioni certe, tuttavia il suo iter può fornire spunti degni di essere condivisi.
È il caso di una placchetta in bronzo [Figura 1 e 1 bis] che ritrae in modo abbastanza fedele il momento descritto nel Vangelo secondo Matteo in cui Cristo viene consegnato ai suoi aguzzini per essere flagellato, mentre Pilato si lava le mani (nota 1). Negli altri tre vangeli canonici non si fa cenno al lavaggio delle mani.

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Figura 1 e 1bis. Cristo davanti a Pilato, bronzo mm. 154 x 110, Italia Settentrionale, collezione privata (acquistato presso la casa d’aste Viscontea in data 30.11.2017, n. 317, ivi identificata come manufatto del XIX secolo).

Un titolo più appropriato sarebbe quindi Cristo consegnato ai suoi flagellatori perché l’incontro con Pilato si è in realtà già concluso, ma Cristo davanti a Pilato è quello maggiormente condiviso in opere che rappresentano la scena in cui Cristo viene condotto via.
La placchetta è poco diffusa e quindi poco nota. Francesco Rossi ne pubblica un esemplare nel catalogo della collezione dei Civici Museo di Brescia come opera lombarda della seconda metà del XVI secolo, scrivendo testualmente: “Placchetta di spiccati motivi nordici, nei tipi umani e nella foggia delle armature: non è escluso però che si tratti di opera italiana ispirata a incisioni tedesche. Un esame approfondito è reso impossibile dalle cattive condizioni di conservazione e dalla fattura veramente mediocre, tanto da far pensare si tratti di una replica relativamente recente” (Rossi F., Musei Civici di Brescia. Placchette. Secoli XV-XIX, Neri Pozza, Vicenza 1974, p. 126 n. 212, illustrazione n.85).
Partiamo da questo secondo aspetto. La nostra placchetta pare in migliori condizioni rispetto a quella bresciana, di cui non è stato possibile visionare il retro, al punto da pensare che siano derivate dalla stessa fusione. Si tratta di una fusione in terra che possiamo eventualmente ipotizzare ricavata da un esemplare più antico mai rintracciato. È possibile che possa trattarsi di un falso di fine Ottocento, creato per soddisfare la richiesta del mercato dei collezionisti che si stava formando, ma i falsi sono in genere molto più curati.
Ciò premesso, qui preme esaminare la placchetta dal punto di vista delle fonti iconografiche che possono averla ispirata e del contesto territoriale in cui può essere stata prodotta.
Nel già citato catalogo del 1974, Francesco Rossi la accosta per ambito ed epoca a una placchetta intitolata Ecce homo, di dimensioni minori (mm. 121 x 87), impaginandole, forse non del tutto casualmente, una accanto all’altra (Rossi F., op. cit., p. 125-126 n. 210-2112, illustrazioni n.84-85). Di questa seconda placchetta ci siamo occupati in ripetute occasioni (nota 2).
Poiché diversi esemplari della stessa sono segnalati in ambito cremonese, Rossi la accosta in modo convincente “… alla scuola del Boccaccino e dei Campi, attivi appunto anche a Cremona e non di rado influenzati da stampe tedesche”.
Perché non fare la stessa ipotesi per la placchetta del Cristo davanti a Pilato?
Nell’ambito delle incisioni di matrice tedesche, il riferimento obbligato è a Dürer, il quale produce molti soggetti sul tema della Passione. Due xilografie, in particolare mostrano due momenti successivi: quello in cui Cristo viene condotto davanti a Pilato e quello in cui Pilato si lava le mani mentre Cristo viene allontanato [Figure 2 e 3].

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Figure 2. Albrecht Dürer, Cristo davanti a Pilato, xilografia (Milano, Raccolta di stampe Bertarelli, inv. Art. p. 10-38).

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Figura 3. Albrecht Dürer, Cristo davanti a Pilato, xilografia.

Come nella placchetta, in entrambe le incisioni Pilato veste un turbante e Cristo è attorniato da uomini in arme; la seconda è più pertinente alla scena raffigurata nella placchetta, anzi sembra la stessa scena ripresa da un’altra angolazione, a parte il fatto che Pilato, nella placchetta, è posto in posizione sopraelevata.
I nessi iconografici con le incisioni sono evidenti, ma non sono tali da poter sostenere che la placchetta ne sia stata ispirata.
Non passa inosservato nella placchetta un elemento architettonico come la volta arcuata a cassettoni che compare sulla destra. Inevitabile riferirsi al pulpito della Passione, eseguito per San Lorenzo a Firenze da Donatello dopo il suo rientro da Siena nel 1460 e il 1466, anno della sua morte, dove si rappresenta proprio un Cristo davanti a Pilato [Figura 4]. Questa scena appartiene a una scena più ampia dove Cristo si sdoppia comparendo anche di fronte a Caifa; il tutto è collocato in uno spazio unico diviso da una colonna e sormontato da due grandi archi a tutto sesto col soffitto a botte, secondo un’impostazione che ricorda il Miracolo della mula nell’altare del Santo a Padova (1446-1453).

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Figura 4. Donatello, Cristo davanti a Pilato, rilievo in bronzo (particolare), Firenze, San Lorenzo, Pulpito della Passione.

A dimostrazione della vitalità di stilemi che si potrebbero considerare superati, l’idea dell’arco viene ripresa da Antonio Campi, per voler restare in ambito cremonese, in un affresco raffigurante la Cena in casa del fariseo eseguito nel 1577, oltre un secolo di distanza quindi, per la cappella di San Giovanni nella chiesa di San Sigismondo a Cremona [Figura 5]. Da una ricerca iconografica condotta su larga scala è emersa un’incisione di Giulio Bonasone (nota 3) con lo stesso soggetto, che qui mostriamo capovolta in senso orizzontale per agevolare il confronto [Figura 6].
A parte la volta a cassettoni, qui ancora più simile a quella che si vede nella placchetta, non possiamo certo dire che Campi sia stato influenzato da Bonasone; inoltre, non è stato possibile appurare in questa sede eventuali legami tra i due artisti, anche se è probabile che Antonio Campi conoscesse l’opera del Bonasone, se non altro perché quest’ultimo ha inciso numerose opere di Giulio Romano e del Parmigianino che vengono considerati tra i maggiori ispiratori dell’opera del Campi.

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Figura 5. Antonio Campi, Cena in casa del fariseo, affresco, 1577, Cremona, San Sigismondo, cappella di San Giovanni.

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Figura 6. Giulio Bonasone, Maddalena ai piedi di Gesù in casa di Simone il Fariseo, acquaforte e bulino, Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, inv. PN 21411.

La stessa la ricerca iconografica ha permesso di identificare un curioso riferimento alla nostra placchetta in un’altra incisione di Giulio Bonasone raffigurante Cristo di fronte ad Anna, non Pilato come altrove indicato [Figura 7].

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Figura 7. Giulio Bonasone, Cristo davanti ad Anna, acquaforte e bulino, Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, inv. PN 1746.

Vi vediamo raffigurati due personaggi, presumibilmente due farisei (che possiamo vedere anche nell’incisione della cena a casa di Simone), le cui barbe e copricapi li fanno sembrare degli “gnomi”. Uno di essi sta facendo un gesto con le mani che in tempi moderni verrebbe interpretato in un modo inequivocabile quanto scurrile, ma che si crede possa indicare, nell’incrocio dei due indici, la richiesta di crocifissione. Nella placchetta, compaiono due personaggi molto simili, a uno dei quali è stato messo nelle mani un bastone, seminascosti sul lato sinistro in basso, come si può evidenziare nel confronto tra un particolare della placchetta [Figura A] e un particolare (rovesciato) dell’incisione [Figura B].

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Figura A. Particolare della Figura 1.

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Figura B. Figura B.  Particolare (rovesciato) della Figura 7.

Un altro elemento preso in esame è l’equipaggiamento degli armigeri, ma non si è riusciti collocare con precisione elmi, corazze e alabarde. L’epoca corrisponde a quella presunta della placchetta, ossia la fine del XVI secolo, ma non è stato possibile stabilire se si tratti di armi di produzione tedesca, fiamminga oppure riferibili all’Italia settentrionale (Milano o Brescia), oppure ancora se siano o meno di pura fantasia (nota 4). Tuttavia, anche in caso di successo, sarebbero rimasti molti dubbi ai fini trarne deduzioni circa la provenienza della placchetta e ciò per la presenza all’epoca di armi e armate straniere in Italia.
A suggello di questa affermazione e per rifarci all’ipotesi “Cremona” suggerita fin dall’inizio, mostriamo un capolettera di Cremona fedelissima di Antonio Campi (1585) che mostra l’ingresso di Filippo II a Cremona [Figura 8].

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Figura 8. Antonio Campi, Cremona fedelissima, capolettera, 1585, xilografia.

Proviamo a tirare alcune conclusioni.
Di questa placchetta non è stato possibile reperire fonti iconografiche che possano suggerirne la provenienza in modo attendibile. Abbiamo riscontrato riferimenti generici alle incisioni tedesche di inizio Cinquecento, un rimando alle architetture inventate da Donatello negli anni centrali del Quattrocento e rivitalizzate in piena epoca manierista, l’ipotetica ripresa di un dettaglio marginale di un’incisione di Giulio Bonasone.
Si respira una certa atmosfera “padana” condita di influenze nordiche e romane, ma si tratta di suggestioni, costruzioni basate su semplici rimandi e prive di solidi rapporti causa effetto che potrebbero addirittura rilanciare l’idea di un’invenzione ottocentesca, o meglio di un sapiente melange di elementi antichi, almeno a questo stadio dell’analisi in attesa che possano emergere nuovi e più convincenti confronti.

NOTE

[1] Matteo 27.24-26
24 Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell’acqua, si lavò le mani davanti alla folla: «Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!». 25. E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli». 26 Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.

[2] Placchetta della Presentazione di Cristo (aprile 2013) [Leggi].

[3] Su Giulio Bonasone, si veda il bellissimo saggio di Elena Rossoni, “Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore”. Ricostruzione del primo volume della raccolta di stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna, in Aperto n. 1, maggio 2008 [Leggi].

[4] Sono stati consultati: Pirovano Carlo, Museo Poldi Pezzoli, Armeria, I, Electa, Milano 1985; Allevi Piersergio, Museo d’Arti Applicate. Armi bianche, Electa, Milano 1999.
Si ringrazia il prof. Piersergio Allevi, studioso di armi antiche, per le sue comunicazioni in data 8 e 10 febbraio 2018. Da quest’ultima, ad articolo impaginato, traggo testualmente due interessantissime considerazioni, come segue:
“… nelle scene legate alla passione di Cristo o in altri episodi di Vecchio e Nuovo Testamento i ‘cattivi’ sono solitamente raffigurati in due modi.
1. Vengono riprodotti con armamenti tipici dei “nemici” di quel momento, perciò possono essere a seconda dei casi tedeschi, francesi, spagnoli, o più genericamente mercenari e soldati di ventura, fin anche slavi e/o turchi.
2. Sono rappresentati come all’epoca pensavano fossero abbigliati i legionari dell’antica Roma, con petti anatomici, elmi con cresta e cimiero, calzari aperti alti fino al polpaccio, ecc.”.

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, Marzo 2018

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