La Venere alata nelle placchette in bronzo del Rinascimento

di Attilio Troncavini (*)

Lo studio di una rara placchetta raffigurante la Fucina di Vulcano [Figura 1] ha fatto nascere un dibattito su chi sia la figura alata che si vede sulla sinistra.

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Figura 1. Artefice fiorentino (Maestro delle storie di Orfeo?), La fucina di Vulcano, bronzo, diametro cm. 6, fine del XV secolo, Gazzada (Va), collezione Cagnola inv. PL.052 (foto Vivi Papi).

La placchetta è stata pubblicata per la prima volta, a quanto mi risulta, nel catalogo delle placchette del Museo del Bargello di Firenze dove compare in forma rettangolare come parte di una placchetta composita, attribuita ad artefice fiorentino influenzato da Bertoldo di Giovanni (1440 ca.-1491), eseguita tra la fine del XV secolo e l’inizio del successivo. La scena viene interpretata come la fucina di Vulcano intento a forgiare un caduceo per Mercurio e la figura nuda alata accanto a Cupido viene identificata con Venere (Toderi-Vannel 1996, p. 128 n. 230).
Nel catalogo delle arti decorative della collezione Cagnola, cui la placchetta appartiene, Mario Scalini la attribuisce al cosiddetto Maestro della “Leggenda di Orfeo”, sostenendo che l’immagine si dovrebbe interpretare come Mercurio che assiste Vulcano nell’atto di realizzare le ali di Cupido (Amore) che siede in grembo a una Vittoria o Fama (Scalini 1999 p. 93 n. 53).
Questa interpretazione è stata sostanzialmente avallata in occasione della mostra Il fascino dell’antico. Le placchette in bronzo della Collezione Cagnola (Gazzada, Va, 17 ottobre-30 novembre 2017), pur facendo notare come questa placchetta non sia compresa tra le dieci elencate da Emile Molinier nel 1886 sotto il nome convenzionale di Maìtre anonyme de l’histoire d’Orphée (Molinier 1886, II, p. 95-99, nn. 519-528).
Un supplemento di ricerca ha consentito di stabilire che la Venere alata esiste anche se è lecito considerarla un’invenzione rinascimentale (nota 1).
Wilhelm Bode, nei suoi numerosi contributi su Bertoldo di Giovanni rende nota una placchetta conservata a Londra presso il Victoria and Albert Museum raffigurante Educazione di Cupido (Eros) [Figura 2] dove si vede, a sinistra, Cupido che studia con Mercurio e, a destra, lo stesso Cupido presentato da una Venere alata a Vulcano che gli applica le ali (nota 2).

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Figura 2. Bertoldo di Giovanni, Educazione di Cupido (Eros), bronzo, Londra, Victoria and Albert Museum (immagine tratta da W. Bode, Florentiner Bildhauer der Renaissance, Bruno Cassirer, Berlino 1917, cap. X, Bertoldo di Giovanni, pp. 242-267, fig. 148 p. 267).

È interessante notare come proprio il Bode, pur accettando sostanzialmente il corpus di placchette del Maestro della storia di Orfeo riunito da Molinier, propone di identificarne l’autore proprio nel fiorentino Bertoldi di Giovanni (Bode 1920-21, pp. 25-29).
André Chastel cita la placchetta londinese e ne rende noto un altro esemplare a Venezia presso la Galleria dell’Accademia (cat. 1949 n. 574 p. 36) segnalando per primo come questa placchetta sia stata utilizzata da Vittore Carpaccio nelle Storie di Sant’Orsola, Il ritorno degli ambasciatori [Figura 3], conservata nella medesima Galleria (Chastel 1963, p. 82-83) (nota 3).

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Figura 3. Carpaccio, Storie di Sant’Orsola, Il ritorno degli ambasciatori, Venezia, Galleria dell’Accademia. La scena raffigurata nella placchetta è parzialmente riprodotta nel bassorilievo di destra.

Segnaliamo altre placchette dove compare una Venere alata.
La troviamo al centro della scena in una placchetta, attribuita ad artefice mantovano dell’inizio del XVI secolo e giustamente intitolata Vulcano forgia le frecce di Cupido. Venere è in piedi reggendo una freccia tra Cupido e Vulcano che batte sull’incudine [Figura 4].

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Figura 4. Artefice mantovano, Vulcano forgia le frecce di Cupido, bronzo, inizi XVI secolo, collezione Scaglia (Rossi 2011, IV.17 p492 tav. XXIV).

Una seconda placchetta, attribuita ad artefice padovano tra XV e XVI secolo, è nota in vari esemplari con il titolo Vulcano forgia le armi di Enea [Figura 5].

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Figura 5. Artefice padovano, Vulcano forgia le armi di Enea, fine XV inizi XVI secolo, collezione Buttazzoni inv. n. 21.

Una Venere alata porge al figlio Enea uno scudo mentre Vulcano batte sull’incudine; la scena unifica due momenti narrati nell’ottavo libro dell’Eneide di Virgilio: Vulcano che forgia le armi di Enea (Eneide, VIII, 439-453) e Venere che gliele consegna (Eneide VIII, 615 e ss.), quindi il personaggio alato non è la Vittoria come sostengono alcune fonti.
Enea regge un’asta in cima alla quale alcuni autori identificano un trofeo (Pope-Hennessy 1965, p. 93, fig. 329: “… and to the left stands Aeneas with a trophy over his right shoulder”), altri una corazza (Cannata 1987, p. 92-93, fig. 36: “… Enea, che reca la corazza appesa alla lancia”).
Torneremo sulla questione tra poco.
Un’altra celebre quanto rara placchetta, anzi una placca visto il diametro che supera i 42 centimetri, attribuita ad artefice mantovano della fine del XV secolo (L’Antico o Gian Marco Cavalli), mostra una Venere alata con in braccio Cupido tra Marte, accanto al quale si vede un amorino, e Vulcano intento a forgiare delle armi [Figura 6].

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Figura 6. Artefice mantovano (l’Antico o Gian Marco Cavalli), La fucina di Vulcano, diametro cm. 42 circa, mercato antiquario.

Non vi sono dubbi che la figura alata sia Venere poiché la scritta recita: CYPRIA MARS ET AMOR GAUDENT VULCANE LABORAS e Cypria è una denominazione tipica di Venere in quanto nata dalla schiuma del mare di Cipro.
Se non fosse per la scritta, sarebbe lecito individuare in Enea il personaggio sulla sinistra per le analogie figurative con la placchetta appena discussa (vedi ancora Figura 5): Venera sembra porgergli lo scudo, il personaggio è nudo e Vulcano gli sta fabbricando un elmo. Marte compare spesso nudo, ma non assiste alla fabbricazione delle proprie armi, quanto a quelle di altri, ad esempio di Cupido.
Ancora meno scontata è l’interpretazione di una placchetta, dove Vulcano non compare [Figura 7], anch’essa abbastanza diffusa e universalmente nota come Marte e la Vittoria (nota 4).

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Figura 7. Moderno, Marte e la Vittoria (?), cm. 7,2 x 5,6, New York, Metropolitan Museum, inv. n.1975.1.1345.

NOTE

[1] La Venere alata non compare nella scultura classica; alcune sculture alate note come “Veneri” raffigurano in realtà delle Vittorie. La più celebre è quella detta di Samotracia del Louvre.

[2] In una scheda piuttosto completa, relativa all’esemplare custodito a Firenze nel Museo Bardini, Fiorenza Vannel e Giuseppe Todari sembrano sostenere, con qualche riserva, l’attribuzione della placchetta al Camelio avanzata da Pope-Hennessy su The Burlington Magazine n. 105 del 1963. Oltre ai personaggi citati sopra, nella scena compaiono altri dei e una seconda Venere non alata (la prima da sinistra), ossia una venere terrena, secondo l’idea platonica della duplicità di Venere accolta dai neoplatonici (Vannel-Toderi 1998 p. 139-140).

[3] Chastel riferisce anche di una serie di placchette di Bertoldo ispirate alle allegorie di Amore, nelle quali Venere compare sempre alata, che non è stato ancora possibile identificare.

[4] Nella scheda assai circostanziata, relativa a uno dei due esemplari del Museo Civico di Belluno, Bertrand Jestaz, sicuramente una voce autorevole, scrive: “… L’identità delle figure, indicata dai loro attributi classici (le ali e la palma per la Vittoria, le armi per Marte) è certa, ma il significato della scena è oscuro” (Jetstaz 1997 p. 70-72 n. 49-49).

Bibliografia
-E. Molinier, Les bronzes de la Renaissance. Les plaquettes, catalogue raisonné, Parigi 1886.
-W. Bode, Bertoldo di Giovanni als Plakkettekünstler, in Berliner Museen: Berichte aus den preuzischen Kunstsammlungen, XLII, 1920-21.
-A. Chastel, Arte e umanesimo a Firenze nell’età di Lorenzo il Magnifico, Einaudi 1963.
-J. Pope-Hennessy, Renaissance bronzes; reliefs, plaquettes, statuettes, utensils and mortars from the Samuel H. Kress Collection, Phaidon Press Ltd. Londra 1965.
-P. Cannata, Piccoli bronzi rinascimentali e barocchi del Museo Oliveriano di Pesaro, Ente Olivieri Editore, Pesaro, 1987.
-G. Toderi-F.Vannel Toderi, Placchette secoli XV-XVIII nel Museo nazionale del Bargello, SPES, Firenze 1996.
-B. Jestaz in Le placchette e i piccoli bronzi. Le Sculture (catalogo del Museo Civico di Belluno, III), Cornuda 1997.
-F. Vannel-G. Toderi, Medaglie e Placchette del Museo Bardini di Firenze, Polistampa, Firenze 1998.
-M. Scalini, in AAVV, La collezione Cagnola. Le arti decorative, Nomos, Busto Arsizio (Va) 1999.
-F. Rossi, La collezione Mario Scaglia. Placchette, Lubrina, Bergamo 2011.

Questo articolo prende spunto dalla scheda relativa alla placchetta pubblicata nella brochure che ha accompagnato la mostra Il fascino dell’antico. Le placchette in bronzo della collezione Cagnola a cura di Andrea Bardelli e Eugenia Fantone (Villa Cagnola a Gazzada, Va, 17 ottobre-30 novembre 2017).
Ringrazio Michael Riddick (Renbronze) per aver sollevato la questione della Venere alata ed aver così stimolato l’approfondimento.
Per il commento alla placchetta di cui alla Figura 5 mi sono basato sulla scheda redatta da Sandro Ubertazzi a proposito dell’esemplare della sua collezione (inv. 0059).

(*) Prima pubblicazione: Antiqua.mi, maggio 2018, firmato in fondo A.B. (alias Attilio Troncavini)

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