Marco Tanzi, Arcigotissimo Bembo, Officina libraria, Milano 2011, 150 pagine formato 17 x 24, euro 20,00.

Il volume sui Bembo, famiglia di pittori cremonesi attivi all’inizio del XV secolo, e in particolare su Bonifacio, è sicuramente di grande interesse per chi si occupa della specifica materia. Il testo si occupa di due serie di opere esemplari di Bonifacio che si trovano a Cremona: quelle della chiesa di sant’Agostino e la Madonna in trono della Cattedrale (attualmente al Museo Civico Ala Ponzone).
Non è però dei contenuti del volume che desidero parlare – non sono un esperto e credo che la maggior parte di chi si occupa della questione sarà comunque interessato a leggerlo – quanto di un certo modo di fare critica d’arte che trovo alquanto discutibile.
Tanzi è uno degli autori, insieme a Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, del volume sul Rinascimento in terra Ticinese che, se non inaugura, possiamo dire consacri un certo stile.
Essi scrivono rivolgendosi al lettore in modo confidenziale e senza inibizioni, rischiando, nel primo caso, di apparire forzatamente understatment e, nel secondo, di risultare arroganti, ma, come i veri primi della classe che possono risultare antipatici ai più, sono terribilmente bravi (sarà poi così vero?). In ogni caso, da un lato, si atteggiano a vittime del sistema, dall’altro se la prendono con  gli altri – studiosi e istituzioni – senza andare troppo per il sottile.
La sensazione è che tentino di creare una sorta di egemonia culturale, un pensiero unico, contro il quale sembra impossibile opporsi, pena un feroce attacco o, peggio, lo scherno.
Nel caso del libro in questione a fare le spese è Mario Marubbi, direttore del Museo Civico di Cremona e persona con un curriculum scientifico di tutto rispetto, reo di aver espresso opinioni difformi da quelle di Tanzi, da parte del quale subisce un attacco di quelli duri.
Viene subito da domandarsi come mai i due non si siano incontrati in un prato e non se le siano date di santa ragione – ovviamente in senso metaforico – senza ammorbare i lettori con i loro screzi.
Riteniamo inoltre che, al di la di un certo eccesso di aggressività nei confronti di un collega, l’atteggiamento di Tanzi manchi di rispetto nei confronti dei lettori anche da un altro punto di vista: si suppone, infatti, che i lettori, anche i meno sofisticati, siano in grado di giudicare purché gli vengano forniti gli strumenti per farlo. In altri termini, come lettore, mi interessa che mi venga spiegato in modo esauriente dall’autore il suo punto di vista, che mi riservo di valutare se convincente o meno, mentre assai poco mi interessa il suo personale giudizio, al di la del tono acrimonioso sempre sgradevole, su chi la pensa diversamente.
Indurre i lettori a schierarsi prendendo le parto dell’uno e dell’altro, tra l’altro attraverso uno strumento come la pubblicazione di un libro che nega il diritto di replica contestuale, non aiuta lo sviluppo delle conoscenze.
Osserviamo infine che una certa spocchia non aiuta a farsi comprendere, quando, ad esempio, Tanzi annuncia (p. 11) il resoconto di un fatto “davvero divertente”, riportandolo poi in latino senza traduzione. Emblematico (Andrea Bardelli).

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