L’ignoto ebanista (?) milanese Francesco Bianchi

di Andrea Bardelli

La tenace ricerca di pezzi firmati, attorno ai quali far progredire la ricerca su epoca, stile e provenienza della mobilia antica, ci ha fatto incontrare a un tavolo di notevole qualità di cui mostriamo una prima immagine [Figura 1].

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Figura 1. Tavolo da centro a uso scrittoio, impiallacciato in acero con intarsi in amaranto, cm. 83 x 59 h 77, secondo quarto del XIX secolo, mercato antiquario.

Il tavolo risponde perfettamente ai dettami decorativi del cosiddetto stile Carlo X, partito dalla Francia e sviluppatosi in Italia in prevalenza nelle regioni “di confine” ossia Piemonte e Liguria, molto meno in altri ambiti locali. Si tratta in ogni caso di uno stile che ha scarso seguito nel nostro paese, almeno nella sua più rigorosa accezione che prevede gli intarsi scuri su fondo chiaro. Una diffusione ben maggiore hanno i mobili in cui intarsio e fondo invertono il rapporto cromatico, ossia mobili intarsiati in legni chiari su una base scura anche se, convenzionalmente, si datano questi ultimi dal 1830 in poi, quindi in piena epoca Luigi Filippo (1830-1850 circa).
Lo stile Carlo X in senso stretto si afferma e si sviluppa lungo un arco temporale assai ristretto ossia per circa un quinquennio dopo il 1825, per poi tornare verso la fine del secolo. In qualche caso, i mobili in stile Carlo X prodotti nel tardo Ottocento si riconoscono perché i decori scuri sono talvolta eseguiti a china e non a intarsio, almeno nelle parti più difficili da eseguire come le gambe.
Non è il caso del tavolo di cui ci stiamo occupando, completamente intarsiato in amaranto su un’impiallacciatura in acero “occhiato”.
Anche questa è una curiosità che depone a favore della qualità del mobile e della sua stretta osservanza dei modelli francesi; non è infrequente riscontrare, nei rari mobili italiani di questo genere, l’esecuzione degli intarsi in noce su acero, ma anche su radica di poppo.
Siamo quindi in presenza di un tavolo-scrittoio databile al secondo quarto dell’Ottocento che saremmo stati tentati di definire francese oppure, in subordine ligure o piemontese.
Con una certa sorpresa, quindi, segnaliamo la presenza di un’etichetta in carta [Figura 1 a] su cui compare una scritta sbiadita, decifrabile solo in parte e con grande fatica come segue:
FRANCESCO BIANCHI
(18..) L’ANNO
(…) MILANO
Strada di S. Barnaba
(Nu)m. 4629 A

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Figura 1 a. Etichetta sul tavolo di Figura 1.

Per ironia della sorte, le larghe aspettative che si erano create per la presenza dell’etichetta, che dalla fine del Settecento in poi viene utilizzata come firma di una bottega, sono frustrate dal non riuscire a leggere alcune lettere e soprattutto la data.
Si leggono chiaramente Francesco Bianchi e Milano che forniscono alcuni termini certi da cui è partita la ricerca.
Diciamo subito che, per come è concepita l’etichetta, Francesco Bianchi potrebbe anche non essere l’esecutore del mobile, ma, ad esempio, solo un commerciante. Numerosi “magazzini di mobilia” svolgevano esclusivamente attività di rivendita di mobili, soprattutto di quelli prodotti altrove. Quindi, il mobile potrebbe anche essere stato prodotto in Francia.
Purtroppo, però, una ricerca piuttosto vasta, condotta sulle Guide di Milano di vari anni (dal 1827 al 1881) non ha permesso, indipendentemente dall’indirizzo, di identificare alcun Francesco Bianchi la cui attività fosse connessa alla produzione o al commercio di mobili. Con tale nome e cognome non risulta neanche uno spedizioniere, un’altra alternativa possibile, poiché anche questa categoria era solita contrassegnare con proprie etichette le merci che movimentava e i mobili erano sovente spediti da una parte all’altra per diversi motivi (nota 1).
A parte la decorazione, anche la forma è poco consona alla produzione lombarda per cui se il tavolo risultasse milanese si tratterebbe pressoché di un unicum. Il cosiddetto tavolo “a bandelle” è di origine anglosassone e trova ampia diffusione soprattutto a Genova, dove il gusto inglese viene introdotto dall’ebanista Henry Thomas Peter che vi insedia una propria ditta dal 1817 al 1852 (nota 2).
Nelle due immagini successive si possono vedere due esempi di tavoli scrittoio genovesi eseguiti “alla maniera” di Peters, il quale in genere stampigliava i mobili che uscivano dalla sua bottega [Figure 2 e 3].

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Figura 2. Tavolo scrittoio, 1830 circa, Genova, Pandolfini, 17 aprile 2018 n. 42.

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Figura 3. Tavolo scrittoio, 1840 circa, Genova, Cambi aprile 2014 n. 78.

Infine, mostriamo un tavolo eseguito proprio da Peters in perfetto stile Carlo X per Carlo Alberto di Savoia nel 1833 [Figura 4] e un tavolino da centro passato in asta con una probabile attribuzione a Napoli [Figura 5].

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Figura 4. Henry Thomas Peters, tavolo, 1833, Torino, Museo Civico di Palazzo Madama a Torino, deposito (fonte Rathschüler 2014, vedi ancora nota 2).

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Figura 5. Tavolo, 1825-1930 circa, probabilmente Napoli, Babuino ottobre 2002, II, n. 250.

Francia, Piemonte, Liguria, Milano … Napoli?
Impossibile al momento dire in quale contesto produttivo collocare il nostro tavolo. In attesa che l’identità di Francesco Bianchi sia svelata, contribuendo a sciogliere l’enigmatica situazione, godiamo alcune immagini di dettaglio del mobile che ci consentono di apprezzarne le qualità costruttive e decorative [Figure 1 b, c, d].

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Figure 1b-c-d. Dettagli del tavolo di Figura 1.

NOTE

[1] Nella Guida di Milano del 1827 (L’interprete milanese o sia Guida Generale del Commercio e dei ricapiti di Milano per l’anno 1827, Visaj, Milano 1827) risultano Bianchi Giuseppe, il quale compare sia come fabbricante di mobili, sia come intagliatore e doratore, sempre in contrada o vicolo della Rosa, sebbene con qualche incongruenza per quanto riguarda il numero civico e Bianchi Domenico, intagliatore, ma anche “anche disegnatore per ricami”, corso Porta Comasina 2126 (Intagliatori, corniciai e doratori a Milano nel 1827 (marzo 2016 [Leggi]); quest’ultimo è anche citato come pittore e decoratore attivo attorno al 1850 nel palazzo Poldi Pezzoli a Milano (Annalisa Zanni, Mobili e arredi, in AAVV, Museo Poldi Pezzoli. Ceramiche, vetri, mobili e arredi, Electa, Milano 1983, p.326-333-340).

[2] Antonella Rathschüler, Henry Thomas Peters e l’industria del mobile nell’Ottocento, Canneto Ed., Genova 2014.

Settembre 2021

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