Giuseppe Maggiolini. Il punto della situazione.

della Redazione di Antiqua

Trattando di mobili neoclassici lombardi, la “montagna” Maggiolini prima o poi andava scalata. Si rimandava di continuo sia perché i mobili di cui ci siamo occupati su Antiqua spesso non sono che deboli imitazioni dell’ineguagliabile qualità di quelli prodotti dalla bottega di Giuseppe Maggiolini, sia perché l’artefice di Parabiago ha il suo indiscusso profeta in Giuseppe Beretti, autore di numerose pubblicazioni e contribuiti vari sull’argomento.
Proprio basandoci principalmente sulle pubblicazioni di Beretti (nota 1), cui si aggiungono alcune schede pubblicate in occasione di passaggi in asta sui relativi cataloghi, la Redazione di Antiqua ha intrapreso la compilazione di un Archivio generale dei mobili di Giuseppe Maggiolini, schedando solo manufatti firmati oppure a lui attribuibili in modo convincente, in quanto accreditati dalla critica più competente e autorevole (nota 2).
Ci sono alcuni elementi della produzione di Maggiolini che possono consentire un’attribuzione solo attraverso un esame diretto e ravvicinato delle opere, dove diventa indispensabile la capacità di identificare le essenze lignee impiegate, valutare la tecnica e riconoscere la qualità sempre altissima.
Utilizzare lo stesso metodo impiegato per classificare le botteghe “minori”, ossia procedere ad aggregare famiglie di mobili sulla base di materiale fotografico, potrebbe condurre a risultati fuorvianti quando non a veri e propri errori.
Ed è proprio su questo aspetto che vorremmo concentrare l’attenzione attraverso alcuni casi.

Un doppio corpo di Mezzanzanica e uno di Maggiolini
Nel 1994 Giuseppe Beretti pubblica un doppio corpo e lo attribuisce, insieme ad altri mobili, a Cherubino Mezzanzanica, il quale, come è noto, ereditò la bottega da Carlo Francesco, figlio di Giuseppe Maggiolini [Figura 1]. Viene scritto: “Questi pezzi, pur riprendendo alcuni tra i più famosi modelli ornamentali di bottega, stupiscono per la ridondanza dell’insieme e per un’esecuzione assai grossolana” (Beretti 1994 p. 215). Due anni più tardi, lo studioso segnala un mobile pressoché identico, di esecuzione ben più raffinata e infatti firmato e datato 1791, anch’esso in collezione privata (Beretti 1996 p. 88) (nota 3). Risulta evidente come sarebbe stato impossibile attribuire correttamente i due mobili, firma a parte, se non attraverso un riscontro tecnico dal vero.

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Figura 1. Cherubino Mezzanzanica (attr.), Mobile a due corpi, collezione privata.

Maggiolini o Mezzanzanica?
Un caso simile riguarda un cassettone di Giuseppe Maggiolini già pubblicato da Alvar Gonzales Palacios (A. Gonzales Palacios, Il tempio del gusto. Il Granducato di Toscana e gli Stati settentrionali, Longanesi, Milano 1998, vol. I, p. 276, vol. II p. 294) e ripreso da Giuseppe Beretti che lo data agli inizi del XIX secolo [Figura 2], pressoché uguale per forma e decoro a un cassettone che lo stesso Beretti attribuisce a Cherubini Mezzanzanica come copia tarda del primo (Beretti 1994 p. 216 n. 291) [Figura 3]. Ancora una volta, un confronto “a distanza” avrebbe potuto far ritenere i due mobili usciti dalla stessa bottega nello stesso periodo.

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Figura 2. Giuseppe Maggiolini, cassettone, 1805 circa, già Sotheby’s Firenze.

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Figura 3. Cherubino Mezzanzanica (attr.), cassettone, collezione privata.

Le commode di Ajaccio e “Carpani”
Avevamo già esaminato alcuni di questi mobili, all’apparenza del tutto simili [Leggi], ma ci pare opportuno riprendere il discorso in questo contesto.
Ci riferiamo a un cassettone che fa parte degli arredi della Maison Bonaparte ad Ajaccio in Corsica [Figura 4], tradizionalmente attribuito a Giuseppe Maggiolini (nota 4), anche perché risultante tra i mobili spediti da Milano ad Ajaccio da parte del cardinale Joseph Fesh (1763-1839), zio di Napoleone in quanto fratellastro della madre.
Giuseppe Beretti attribuisce invece il mobile a Giovanni Battista Maroni, alias GBM (nota 5).
Ai nostri fini sono di particolare rilievo le motivazioni. Scrive Beretti: “…  il mobile, con ogni evidenza, non presenta la medesima qualità delle opere di Giuseppe Maggiolini: il ductus dell’intarsio è ingenuo, a tratti il lavoro del traforo è grossolano, i legni non hanno la qualità di quelli impiegati nella bottega di Parabiago”.
La definitiva esclusione del cassettone dal catalogo di Maggiolini è stata sancita dalla ricomparsa in una collezione privata di una coppia di cassettoni, identificate con quelle commissionate a Maggiolini dalla famiglia milanese Carpani [Figura 5, nota 6].

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Figura 4. Giovanni Battista Moroni (attr.), cassettone, 1797 circa, Ajaccio, Maison Bonaparte.

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Figura 5. Giuseppe Maggiolini, cassettone (uno di una coppia), 1777 circa, collezione privata.

Ancora una volta, l’esatta attribuzione, oltre ad altre evidenze documentarie, poggia sull’analisi tecnica dal vero di mobili apparentemente identici.
A proposito dei mobili “Carpani”, scrive Beretti nell’articolo citato in nota 5: “Oltre alla perfetta aderenza al progetto, spicca la raffinatezza esecutiva dell’intarsio, della profilatura e la squillante tavolozza di scelti legni.”. E ancora: “Con ogni evidenza la commode di Ajaccio, anche al netto dello stato di conservazione, è dunque il lavoro di un abile imitatore che poté disporre di disegni e modelli sufficientemente precisi da permettergli di approntare una copia perfetta in ogni minimo dettaglio”.

Autenticità della firma
Quella che dovrebbe essere una prova decisiva, ossia la presenza di una firma, dovrà essere valutata con attenzione, soprattutto nel caso di Maggiolini che conta non solo numerosi epigoni, ma anche alcuni falsari.
Questa coppia di cassettoni, presentata dalla casa d’aste Semenzato in data 14 febbraio 1999, veniva qualificata dalla presenza della firma di Maggiolini [Figura 6 e 6 bis].
La non buona qualità delle immagini non consente di esprimere giudizi, ma la firma ha tutta l’aria di essere apocrifa e i due mobili – che nel decoro intarsiato sulla fronte ripropongono quello di una delle più celebri coppie di commode di Giuseppe Maggiolini, quella realizzata per la famiglia Sola-Busca, recentemente datata al 1797 circa (Maggiolini al fuorisalone 2015, n. 10) – sono stati del tutto ignorati dalla critica.

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Figura 6. Cassettone (uno di una coppia), Semenzato 14 febbraio 1999 (pubblicati in L’Esperto Risponde n. 16, maggio 1999, Edimarketing Milano).

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Figura 6 bis. Particolare della firma.

Il mobile successivo appartiene a un corpus di cui ci siamo già occupati su Antiqua nel dicembre 2020 [Leggi], ivi Figura 22, ed è passato in asta presso Cambi nel 2014 [Figura 7].

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Figura 7. Cassettone neoclassico lombardo, Cambi 12 marzo 2014 n. 80.

Presumibilmente lo stesso mobile, anche se corredato da un piano in marmo meno importante, era già stato presentato da Farsetti nel 1992 insieme a un cassettone costituente una coppia e a due comodini en suite, sul fianco di uno dei quali compariva la firma “Giuseppe Maggiolini Parabiago” [Figura 8 e 8 bis]. La didascalia del catalogo informava che il gruppo era stato esposto alla Seconda Biennale di Antiquariato di Firenze a Palazzo Strozzi tra il 16 settembre e il 16 ottobre del 1961.
Anche in questo caso le immagini sono poco eloquenti, ma il fatto che i due comodini siano “scomparsi” dal mercato e soprattutto che i due cassettoni, sicuramente d’epoca, non siano attribuibili a Maggiolini (nota 7), fa ritenere che la firma fosse apocrifa.

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Figura 8. Comodino (uno di una coppia), Farsetti 16 maggio 1992 n. 105.

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Figura 8 bis. Particolare della firma.

Sicuramente falso è un cassettone di cui siamo in grado di mostrare sia la pretesa firma, sia lo schienale [Figura 9, 9 bis, 9 ter], quest’ultimo dimostra che la costruzione non è antica e comunque nulla a che vedere con l’impeccabile falegnameria della bottega di Maggiolini.
È stato pubblicato sul sito La Gazzetta dell’Antiquariato in una rubrica curata dal prof. Antonello Ferrero al quale si era rivolto un ingenuo appassionato che se l’era visto proporre a una cifra esorbitante.

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Figura 9. Cassettone neoclassico lombardo, La Gazzetta dell’Antiquariato, rubrica L’esperto, aprile 2020.

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Figure 9 bis e 9 ter. Firma e schienale del cassettone di Figura 9.

È da considerare falso anche un cassettone la cui fotografia è contenuta nell’archivio fotografico dell’antiquario Eugenio Imbert [Figura 10, nota 8], corredato sul retro da un appunto manoscritto in quel senso (FALSO!) che mettiamo a confronto con l’originale [Figura 11].

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Figura 10. Cassettone neoclassico lombardo, archivio fotografico Eugenio Imbert presso Antiqua.

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Figura 11. Giuseppe Maggiolini, cassettone, 1780-1795, collezione privata (foto tratta da G. Wannenes, Mobili d’Italia. Il Settecento. Storia, stili, mercato, Giorgio Mondadori, Milano 1984, p. 169d).

Alla fine di questo capitolo, mostriamo un particolare della fronte di un cassettone [Figura 12bis]. Si vede un intarsio raffigurante un profilo classico contornato da rami d’alloro e collocato al centro di un telo; sotto si legge la scritta “Giuseppe Maggiolini f. 1776”.

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Figura 12 bis. Particolare del cassettone di Figura 12 (vedi oltre).

Il particolare e il cassettone (che vedremo subito) sono stati pubblicati dalla studiosa Luisa Bandera Gregori in un autorevole articolo pubblicato sulla rivista Arte Viva nel 1998 (L. Bandera Gregori, Una fonte d’ispirazione per l’Albertolli e il Maggiolini: Jean Louis Clérisseau, mobili indediti [sic] della bottega di Parabiago, Arte viva 1998 n. 15-16 pp. 42.54).
Tuttavia, a parte l’effetto “T shirt”, l’intarsio sembra di una semplicità e ingenuità tale da non poter essere compatibile con la produzione di Maggiolini, tano meno quella del 1776.
La stessa considerazione si può fare mettendo a confronto il cassettone pubblicato da Luisa Bandera [Figura 12] con un mobile passato in asta da Sotheby’s a Londra nel 1996 (uno di una coppia), corredato da una esaustiva scheda in catalogo che lo attribuisce a Maggiolini alla quale contribuisce lo stesso Beretti [Figura 13]. Di fatto, il cassettone di Figura 12 non è stato più considerato dalla critica.

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Figura 12. Cassettone neoclassico lombardo (Bandera 1998, p. 46, figg. 11 e 12).

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Figura 13. Giuseppe Maggiolini (attr.), cassettone, Sotheby’s Londra, 13 dicembre 1996 n.187.

La datazione dei mobili di Maggiolini
In qualche caso, a essere in discussione non è l’attribuzione, ma la datazione. Prendiamo ad esempio un cassettone inedito presentato in occasione mostra milanese su Maggiolini del 2015 (Maggiolini al fuorisalone 2015, n. 14) [Figura 14].

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Figura 14. Giuseppe Maggiolini (attr.), cassettone, 1800-1084, collezione privata.

Si sarebbe tentati di datarlo al periodo austriaco per una serie di confronti, basati sul tipo di decorazione, con alcuni mobili di quel periodo (vedi ancora Figure 11 e 13). Deve essere invece datato al periodo francese, più precisamente tra il 1800 e il 1804 per l’analisi dei legni. “Le tarsia del fronte e dei fianchi sono stese su fondi di oscuro palissandro, materiale sconosciuto nella precedente produzione d’epoca arciducale che troviamo invece diffusamente impiegata nei mobili di questi anni”. E ancora: “Anche l’uso del legno di mogano, scarsamente impiegato nei mobili del periodo arciducale, compare in quelli di quest’epoca abbondante soprattutto nei fondi di fregi fulvo e cangiante come un velluto di seta” (Maggiolini al fuorisalone, cit.).

NOTE

[1] I testi presi come riferimento sono i seguenti:
-G. Beretti, Giuseppe Maggiolini, Malavasi, Milano 1994.
-G. Beretti, Officina Maggiolini, alcune scoperte e molti inediti, FIMA Antiquari n. 9 1996, pp. 82-89.
-G. Beretti, Laboratorio (Contributi alla storia del mobile neoclassico milanese), Inlimine, Milano 2005.
-G. Beretti -A. Gonzales Palacios, Giuseppe Maggiolini. Catalogo ragionato dei disegni, Inlimine, Milano 2014.
-AAVV, Maggiolini al fuorisalone, Inlimine, Milano 2015.
-AAVV, Maggiolini&Co., Anticonline, Milano 2020.

[2] Non è prevista la pubblicazione dell’Archivio che si configura come un work in progress, ma resta come base di studio a disposizione di chiunque.

[3] In realtà, nel 1996 viene mostrata la stessa immagine pubblicata nel 1994, forse perché non è stata consentita la pubblicazione del nuovo inedito. Nell’articolo del 1996, c’è un’inversione delle figure per cui il doppio corpo, richiamato come fig. 6 a p. 88, viene in realtà mostrato in fig. 5 a p. 84 con una didascalia pertinente a un secretaire richiamato come fig. 5 a p. 88, mostrato come fig. 6 a p. 85, corredato della didascalia del doppio corpo; comunque, al di là del pasticcio, non vi sono dubbi circa i mobili di cui rispettivamente si parla.

[4] Vedi ad esempio E. Colle, Le arti decorative, in Milano neoclassica (a cura di F.Mazzocca, A. Morandotti, E. Colle), Milano, Longanesi, Milano 2001, p. 581 e ss.

[5] Giuseppe Beretti, Il monogrammista G.B.M. Ovvero Giovanni Battista Maroni (1750-1816 ca.), 18 aprile 2019 [Leggi].

[6] La corrispondenza di un disegno di Agostino Gerli, appartenente al Fondo Maggiolini presso il Gabinetto dei disegni delle Civiche Raccolte d’Arte del Castello Sforzesco di Milano, Maggiolini recante la scritta Carpani, era stata alla base dell’iniziale attribuzione del cassettone di Ajaccio.

[7] Un bel secretaire appartenente allo stesso corpus è stato di recente pubblicato sul catalogo della mostra Maggiolini&Co. (2020) e ivi attribuito al cosiddetto “Maestro dei fondi verdi”.

[8] Su alcune fotografie appartenute a Imbert si rimanda all’articolo Eugenio Imbert, collezionista e antiquario. I fotografi. (maggio 2021) [Leggi].

Ottobre 2021

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