Versatoio triestino di epoca Impero e posate veneziane del XIX secolo
di Gianni Giancane
Per quanto riguarda il primo oggetto, un versatoio in argento, le fotografie che ho potuto esaminare non lasciano dubbi circa la sua provenienza [Figura 1].
Figura 1. Versatoio, argento, Trieste, 1825, collezione Stefano Finzi.
Un punzone, in particolare, consente di datarlo al 1825 e ad assegnarlo alla città di Trieste, come si evince dalla lettera L (L sta per Trieste, se fosse comparsa la lettera A avremmo parlato di Vienna) che sovrasta un cerchio tripartito; il numero 13 che si legge all’interno indica la “finezza” dell’argento, vale a dire la bontà della lega pari a tredici Lot (812,5/1000) [Figura 1a, punzone di sinistra].
Figura 1a. Punzoni del versatoio di Figura 1.
Al momento non siamo, purtroppo, in grado di identificare il merco dell’argentiere dalle iniziali P Z [Figura 1a, punzone di destra] che compare anche sul collo del versatoio [Figura 1c]; le ricerche effettuate nei miei pur nutriti database non hanno portato a conclusioni certe.
Figura 1b. Merco dell’argentiere sul versatoio di Figura 1.
Quanto all’oggetto, esso è un bell’esemplare, ancora di pieno gusto impero, dalla linea pura ed elegante ed acquisisce importanza più decisa per averne determinato la provenienza.
Sul mercato antiquario, infatti, non è consueto reperire oggetti in argento dell’area friulana e triestina nello specifico – a differenza di numerosi manufatti milanesi, torinesi, veneziani, fiorentini, romani, napoletani e così via – ovviamente riferibili al periodo storico in questione, ossia l’epoca Impero.
Di norma i versatoi, intesi come brocche per abluzioni, erano accompagnati, dal XVII secolo in poi, da un bacile, una coppa svasata, occasionalmente da un vassoio a pareti alte.
Il versatoio in questione era utilizzato nello specifico per mescere l’acqua o il vino sulle tavole nobiliari o della ricca borghesia, di rado come pezzo aggiuntivo ai set compositi per the o caffè.
In mancanza di altre suppellettili coordinate, lo si può lasciare “isolato”; al limite si potrebbe integrare con un sottocoppa, un piatto svasato di idonee proporzioni, ovviamente in argento, stilisticamente coevo e, possibilmente, della stessa area geografica.
Questo nel caso di esposizione in vetrina.
Qualora si volesse utilizzare il manufatto, effettuate tutte le obbligate operazioni di pulizia e sterilizzazione, non esistono vincoli restrittivi su oggetti aggiuntivi specifici, per quanto avrebbe più logicità intenderlo quale brocca d’acqua, in senso stretto, da versare in idonei calici di vetro (o cristallo) meglio se a stelo.
Un’ultima considerazione a proposito della pulizia: l’oggetto potrebbe essere sottoposto a una delicata rimozione delle macchie di ossidazione presenti e renderlo omogeneo e più leggibile, ma senza nessuna aggressività che lo renderebbe praticamente “nuovo”.
Gli altri oggetti sottoposti alla nostra attenzione sono alcune posate in argento [Figura 2], la cui analisi stilistico-formale suggerisce un contesto temporale tra il secondo ed il terzo quarto del XIX secolo, ma non consente di isolare facilmente specifiche aree geografiche di provenienza.
Pertanto, diventa risolutivo lo studio dei punzoni [Figura 2a e 2b].
Figura 2. Posate, argento, Venezia, 1812-1872, provincia di Udine, collezione privata.
Figura 2a. Dettaglio dei manici delle posate di Figura 2.
Figura 2b. Punzoni relativi alle posate di Figura 2.
Si precisa che il termine “punzone” dovrebbe essere riferito soltanto a quello di Stato (che normalmente certifica la bontà del titolo dell’Ag), mentre quello dei maestri argentieri dovrebbe definirsi merco (nota 1).
Nel nostro caso, il punzone definito comunemente “Mondo stellato” [vedi ancora Figura 2b in basso] rappresenta il “marchio di garanzia” per i grossi lavori a titolo 800/1000 in uso dal 1812 al 1861 in ambito Lombardo-Veneto e fino al 1872-73 nell’ormai Regno d’Italia; riporta il “globo terrestre con lo zodiaco e i sette trioni” (le sette stelle dell’Orsa), con il numero 2 certificante la bontà del titolo, in questo caso il secondo, pari appunto ad 800/1000 (nota 2).
L’altro punzone rappresenta un “Aplustre” [vedi ancora Figura 2b al centro] a forma allungata, tipico delle navi da guerra antiche, con ornamenti terminali rivolti a destra (si trovano anche rivolti a sinistra), ed è invece riferibile al Marchio territoriale di Venezia, nel Regno Lombardo-Veneto, in uso dal 1812 al 1872 (Donaver-Dabbene, op. cit., pag. 73).
L’ “incudine” [Figura 2c] era utilizzato, quale punzone per i lavori più piccoli (come nel nostro caso i manici dei coltelli) sui manufatti a 800/1000, nei tempi e nei luoghi già riferiti a proposito del “mondo stellato”; (Donaver-Dabbene, op. cit., pag. 72).
Figura 2c. Punzone relativo al coltello di Figura 2.
Il merco, associabile ad un maestro argentiere non identificato [vedi ancora Figura 2b in alto], rappresenta un animale (fantastico?) visto di fronte.
Pertanto, mentre il primo ed il terzo punzone stabiliscono la bontà del titolo (800/1000) definendone l’area generale (Regno Lombardo-Veneto e poi Regno d’Italia), il secondo (l’Aplustre) ne restringe l’ambito di realizzazione, assegnandolo, giusta legge di Eugenio Napoleone del 25 Dicembre 1810, alla “Circoscrizione di Venezia” che comprendeva a sua volta i Dipartimenti dell’Adriatico (capoluogo Venezia), del Piave (capoluogo Belluno), del Brenta (capoluogo Padova), del Tagliamento (capoluogo Treviso), di Passariano (capoluogo Udine).
Tuttavia, Belluno, Padova, Treviso e Udine avevano i loro punzoni territoriali (differenti dall’“Aplustre”) i quali dovevano essere apposti sui manufatti sempre dal Controllore dell’Ufficio di Garanzia di Venezia, bureau presso il quale i maestri argentieri provenienti dai dipartimenti dovevano portare (almeno secondo normativa) le loro opere per la bollatura (Donaver-Dabbene, op. cit., pag. 74-78; Ugo Donati, I Marchi dell’Argenteria Italiana, De Agostini, 1999, pag.15, 62, 106 e 197-200).
Nella realtà le cose erano più complicate: da un lato bureaux probabilmente non attivati, tipo quelli di Belluno e Treviso, dall’altro le grandi distanze, i pericoli degli spostamenti, ed altro ancora, situazioni queste che potevano comportare punzonature con l’“aplustre” anche per alcuni manufatti “extra-veneziani”.
Ciò nonostante, escluderei la provenienza delle posate dalle “Province” e le assegnerei a una bottega sita nel Capoluogo di Circoscrizione, ossia a Venezia.
Relativamente al merco dell’argentiere va detto che esistono, in realtà, due punzoni molto simili al nostro, dei quali uno in particolare, ma si riferiscono a bollature territoriali in quel di Bologna e nella prima metà del XVIII secolo (1739-1750), pertanto assolutamente non pertinenti (Ugo Donati, op. cit., pag.43, scheda 224) (nota 3).
NOTE
[1] A tale proposito si rimanda alla nota 8 dell’articolo Acetoliera romana. Giovacchino o Pietro Belli? [Leggi].
[2] Donaver-Dabbene, Argenti italiani dell’Ottocento, Volume Primo, Punzoni di garanzia degli Stati Italiani, Malavasi Milano, 2001, pag. 71).
[3] Per approfondimenti sulla tipologia di punzonatura presente sulle posate si rimanda all’articolo Particolari punzonature in area italiana. Individuazione e metodi di indagine [Leggi], nel quale si affronta l’utilizzo postumo ed improprio, dall’ultimo quarto dell’Ottocento fino ai primi decenni del XX secolo, della punzonatura qui analizzata.
Novembre 2021
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