Ultime su Francesco Bianchi

di Andrea Bardelli

L’articolo pubblicato a settembre su Francesco Bianchi, il cui nome compare su un’etichetta apposta su un tavolo in stile Carlo X [Leggi], ha suscitato l’interesse dei nostri visitatori. Alcuni hanno suggerito la possibilità che si possa trattare di Francesco Bianchi, attivo a Lucca nella prima metà dell’Ottocento come pittore e ornatista.
Nato nel 1803 a Lucca, è probabile che la sua formazione sia avvenuta presso qualche artista locale.
Nel 1830, grazie all’interessamento del pittore Michele Ridolfi di cui fu allievo, si recò a Bologna per studiare alla Pontificia Accademia di Bologna dove ebbe Antonio Basoli (1774-1848) come insegnante di disegno. Si recò anche a Roma, Ferrara e Mantova per studiare le opere degli antichi maestri, prima di tornare a Lucca nel 1834, dove svolse tutta la sua carriera e dove morì nel 1880 (nota 1).
Sicuramente Francesco Bianchi ebbe a che fare con la produzione di arredi lignei (nota 2).
Già Demetrio Carlo Finocchietti, all’indomani della mostra di Parigi del 1867, scrive che “Carlo Lucchesi e Francesco Bianchi furono i soli espositori” e parla di “un elegante tavolino intarsiato” (Finocchietti 1869, p. 33-34). Non viene specificato il rispettivo ruolo nell’esecuzione del tavolino, ma sappiamo che Carlo Lucchesi è un ebanista attivo a Lucca con i fratelli Angelo e Giuseppe.
Nel 1838, i fratelli Lucchesi avevano realizzato alcuni mobili per il piano nobile di palazzo Mazzarosa a Lucca, proprio in collaborazione con Francesco Bianchi che aveva progettato i mobili e altri arredi, oltre ad aver eseguito personalmente le decorazioni murarie (Colle 2009, pp. 76, 77 ill. 53 e 54). Quindi, Francesco Bianchi si qualifica esclusivamente come designer.
Come riferisce ancora Enrico Colle, tra gli arredi di palazzo Mazzarosa troviamo anche “… mobili impiallacciati in noce con intarsi in agrifoglio secondo un disegno inusuale per la mobilia toscana dell’epoca” (Colle 2009, p. 80).
Possiamo senz’altro confermare, osservando uno di questi [Figure 1 e 1bis], ma non siamo in grado di dedurre a quale ambito “extra toscano” ci si possa riferire.

fratelli-lucchesi-francesco-bianchi-consolle-lucca-palazzo-mazzarosa

Figura 1. Consolle, Francesco Bianchi (progetto)-Lucchesi F.lli (esecuzione), Lucca, Palazzo Mazzarosa.

francesco-bianchi-progetto-consolle-lucca-palazzo-mazzarosa

Figura 1 bis. Schema della consolle disegnata da Francesco Fianchi (F. Anichini).

Desidero sottolineare che lo scopo principale di questo scritto è dimostrare l’eventuale rapporto di Francesco Bianchi con Milano in relazione al tavolo di cui si parlava nell’articolo citato in premessa.
La prima fonte che mette in relazione Francesco Bianchi con Milano è un testo del 1999 reperibile in rete almeno parzialmente. Si legge: “La formazione nell’ambiente bolognese e milanese di Francesco Bianchi può spiegare la matrice culturale lombarda che si legge nelle soluzioni decorative adottate nel mobile” (Italy …, p. 252).
Poco oltre si parla di uno stipo, quasi certamente il mobile in legno tinto ebano con intarsi in avorio, pubblicato da vari autori, che si conserva a Palazzo Pitti a Firenze [Figura 2].

bottega-lucchese-francesco-bianchi-stipo-ebano-avorio-firenze-palazzo-pitti

Figura 2. Stipo, Francesco Bianchi (progetto)-bottega lucchese? (esecuzione), Firenze, Palazzo Pitti.

Nel 1994, Simone Chiarugi lo attribuisce a bottega lucchese (Chiarugi 1994, p. 236-237 fig. 305), d’accordo con Alvar Gonzales Palacios che aveva ravvisato qualche somiglianza con un mobile recante l’etichetta dei Fratelli Lucchesi, passato sul mercato antiquario (Gonzales Palacios 1986, p. 245). Lo stesso Charugi cita Giuseppe Cirillo e Giovanni Godi (Cirillo-Godi 1983, p. 212, n. 583) e Colle nel 1992 (nota 3), i quali lo attribuiscono ad ebanista lombardo sotto l’influenza di modelli incisi da Antonio Basoli e creazioni di Pelagio Pelagi, e specifica che gli influssi dei due artisti bolognesi potrebbero essere giunti in Toscana con Francesco Bianchi.
Più precisamente, Cirillo e Godi (op. cit.) parlano di un mobile “Forse viennese, verso il 1830; oppure italiano, lombardo?”.
Nessuno fa esplicito riferimento a Milano, tantomeno a una formazione milanese di Francesco Bianchi e quindi una sua permanenza nel capoluogo lombardo (nota 4).
Credo quindi sia frutto di una svista, a meno che non mi sia sfuggito qualcosa, quanto sostenuto da Emilia Daniele nel suo testo del 2007 sulle dimore di Lucca, in cui scrive: “Francesco Bianchi … si era specializzato nella progettazione di mobili e nella decorazione di interni, anche a seguito di soggiorni a Ferrara, Milano e Roma …” (Daniele 2007, p. 79 nota 15).
Da tutto quanto precede, possiamo concludere che non vi sono prove della permanenza a Milano del Francesco Bianchi lucchese e che quindi non è a lui che si riferisce l’etichetta apposta sul tavolo citato all’inizio, che lo vorrebbe attivo in Strada di S. Barnaba a Milano.

NOTE

[1] Queste notizie sono tratte dall’elenco degli artisti lucchesi [Vedi]; nella scheda dedicata a Francesco Bianchi si fa riferimento al seguente testo: Franco Anichini-Bianca Maria Sciré, Francesco Bianchi, il Diavoletto: l’immaginifico pittore a muro dell’Ottocento lucchese, Pacini Fazzi, Lucca 2012.

[2] Come riferito da alcuni degli autori citati in bibliografia (S. Chiarugi ed E. Colle), a Lucca operava un altro Francesco Bianchi, appartenente a una famiglia di doratori di cui faceva parte il fratello Salvatore o Salvadore.

[3] Non siamo riusciti a reperire e a verificare il testo di Colle in questione.

[4] Si parla di Milano, con riferimento a Francesco Bianchi, in una fonte ottocentesca, ossia il Diario del quinto congresso degli scienziati italiani che si tenne a Lucca nel 1843 (Diario 1843, p. 4). Si legge che la sala dove si svolge il congresso, tra l’altro presieduto da Antonio Mazzarosa, committente di Francesco Bianchi, era stata decorata dallo stesso Bianchi e di lui si scrive: “… che nell’arte dei pitturare a tempera abilitavasi, non ha guari [sic per uguali] a Bologna e a Milano”. In questo caso, a parte affermare che si tratta di un pittore (e non di un ebanista), credo che Milano possa essere stata citata in modo generico come una delle capitali dell’arte all’epoca.

Bibliografia
-Diario della quinta unione degli scienziati italiani convocati in Lucca, 1843.
-D. C. Finocchietti, Delle industrie relative alle abitazioni umane con notizie monografiche sul mosaico, e sulla scultura e tarsia in legno, Pellas, Firenze 1869.
-Italy. Ufficio centrale per i beni ambientali, architettonici, archeologici, artistici e storici, Gangemi, Roma 1999.
-G. Cirillo-G. Godi, Il mobile a Parma fra barocco e romanticismo, Banca del Monte di Parma, Parma 1983.
-A. Gonzales Palacios, Il tempio del gusto (Il Granducato di Toscana e gli Stati Settentrionali), Longanesi, Milano 1986.
-S. Chiarugi, Botteghe di mobilieri in Toscana (1780-1900), Spes, Firenze 1994.
-E. Colle, Il mobile a corte a Lucca, Pacini Fazzi, Lucca 2005.
-E. Daniele, Le dimore di Lucca: l’arte di abitare i palazzi di una capitale dal Medioevo allo stato unitario, Alinea Editrice, Firenze 2007.
-E. Colle, Il mobile lucchese, Pacini Fazzi, Lucca 2009.
-Franco Anichini-Bianca Maria Sciré, Francesco Bianchi, il Diavoletto: l’immaginifico pittore a muro dell’Ottocento lucchese, Pacini Fazzi, Lucca 2012.

Un particolare ringraziamento a Nicoletta Serio, a Bianca Maria Sciré e a Franco Anichini per l’aiuto prestato.


Gennaio 2022

© Riproduzione riservata