Gli hausmaler su porcellana: un fenomeno complesso e ancora poco conosciuto. Parte V.
Le altre botteghe boeme, i principali hausmaler su porcellana di Berlino, Höchst, Nymphenburg e Zurigo. I canonici hausmaler

di Alessandro Biancalana

Continua il viaggio nel mondo dei pittori a domicilio: ci troviamo sempre in Boemia dove è molto probabile abbia vissuto e operato un’altra figura di spicco tra gli hausmaler: Franz Ferdinand Mayer, o Mayr, forse boemo e attivo a Preßnitz (ante 1747- post 1776), oggi Přísečnice in Repubblica Ceca. Quasi nulla conosciamo della sua vita, essendo andati in larga parte distrutti, per un incendio nel 1811, i registri parrocchiali della chiesa di Preßnitz. Un solo riferimento a Mayer si è ritrovato nelle residue carte d’archivio: il “Pictor” Franz Mayr si era sposato con una certa Theresia Kampf il 26 luglio 1752 a Preßnitz, dove probabilmente risiedeva in quel periodo.
A ulteriore conferma della sua residenza, oltre al citato matrimonio, si è conservata una placca in porcellana di Meissen, già collezione Rothberger di Vienna, con l’albero genealogico della famiglia Kayser di Preßnitz [Figure 1 e 1a].

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Figure 1 e 1a. Placca in porcellana di Meissen. Albero genealogico famiglia Kayser di Preßnitz. Firma di Franz Ferdinand Mayer 1752. Victoria and Albert Museum, Londra.

Il 29 luglio 1776 Mayer viene ancora rammentato in quanto brucia la casa dove risiedeva a Preßnitz colpita da un fulmine e, quindi, è da ritenere che a quella data fosse ancora vivo.
Per il periodo antecedente vi sono solo illazioni che indicherebbero la presenza di Mayer in Sassonia, ma il pittore non risulta aver mai lavorato alla manifattura di Meissen, dove negli anni Quaranta vi era attivo un solo artista dal nome simile, ovvero Johan Friedrich Meyer (1680-1752), indicato da alcuni autori come il padre dell’hausmaler senza alcun tangibile supporto documentale. Non è da confondersi nemmeno con Jean Ghislain Joseph Mayer (1754-1821), pittore della manifattura di Tournai, che si firmava “J.J. Mayer”, né con il figlio di questi, che si siglava “A. J. Mayer”, né con suo fratello, Adrien Dominique Joseph Mayer (1765- ?) che usava come firma “A. D. J. Mayer”, entrambi pittori alla manifattura di Tournai (nota 1).
Risulta molto complicato seguire con precisione l’iter artistico del pittore boemo tali e tante sono le varianti del suo stile dove emerge come costante lo scarso utilizzo di colorazioni tono su tono, nonché le notevoli differenze qualitative nelle realizzazioni pittoriche attribuite a lui o alla sua bottega, che si è sempre detto aver avuto numerosi artisti al suo interno, senza poterlo documentare. Non si deve dimenticare che il Pazaurek nel lungo approfondimento dedicato alla sua figura lo definisce in maniera abbastanza dispregiativa come un “pittore contadino” (nota 2) non solo per le ritenute scarse capacità pittoriche, ma anche per la scadente attitudine ad interpretare gli stimoli del rococò [Figura 2], rimanendo legato a schemi barocchi espressi però, a suo dire, senza forza [Figure 3, 4 e 5].

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Figura 2. Teiera in porcellana di Meissen, 1740-45, attribuita a Franz Ferdinand Mayer. Collezione privata.

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Figura 3. Piattino in porcellana di Meissen, 1750 circa, attribuito a Franz Ferdinand Mayer. Mercato antiquario.

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Figura 4. Piattino in porcellana di Meissen, 1750 circa, attribuito a Franz Ferdinand Mayer. Mercato antiquario.

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Figura 5. Tazza e piattino in porcellana di Meissen, 1750 circa, attribuito a Franz Ferdinand Mayer. Mercato antiquario.

Per giustificare tali evidenti differenze, alcuni autori, come il Pazaurek appunto, hanno anche pensato all’esistenza di più pittori e non a un solo “Mayer” e addirittura creato una sorta di artisti cuscinetto per ricondurre sotto il nome del pittore boemo manufatti decorati in modo palesemente diverso: “il pittore delle rose” (rosenmalers), “il pittore dei cavalieri”(malers der Kavaliere) e “il pittore dei cavalli sfortunati” (malers der verunglückten Pferde) (nota 3).
Proprio le rose e i mazzi di fiori sono un’altra caratteristica di Mayer [Figura 6]: semplici, come nel piatto con le 4 rose sulla tesa e i bimbi al centro già raccolta Louis Jay a Francoforte (nota 4), oppure stilizzate o a tralci, particolarmente curate, come nella teiera già al Nurberg Bayerische Landes-Gewerbeanstalt (inv. n. 1414).

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Figura 6. Piatto in porcellana di Meissen, 1745-50 circa, attribuito a Franz Ferdinand Mayer. Mercato antiquario.

I ritratti sono poco utilizzati dagli hausmaler in genere e anche Mayer non si smentisce, salvo alcune eccezioni, come nella già citata placca con l’albero genealogico della famiglia Kayser, mentre spesso si trovano decorate architetture e giardini [Figure 7 e 7bis].

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Figura 7. Tazza in porcellana di Meissen, 1735-40 circa, attribuita a Franz Ferdinand Mayer. Mercato antiquario.

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Figura 7bis. Piatto in porcellana di Meissen, 1740-45 circa, attribuito a Franz Ferdinand Mayer. Mercato antiquario.

A Mayer vengono assegnate anche alcune realizzazioni particolari come la caffettiera in porcellana di Meissen con la Crocifissione e i minatori, forse proprio quelli della miniera di Preßnitz, già nella collezione del barone von Gasser a Monaco di Baviera [Figura 8].

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Figura 8. Caffettiera in porcellana di Meissen, 1760 circa, attribuita a Franz Ferdinand Mayer. Collocazione ignota.

Da non dimenticare poi che proprio a Mayer vengono da più parti oggi attribuiti manufatti decorati presumibilmente intorno al 1750-60 con scene di ussari e soldati in battaglia derivanti da incisioni relative o alle tre guerre di Slesia (tra il 1740 e il 1763) o alla Guerra dei Sette Anni (1756-1763) [Figure 9 e 9a].

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Figure 9 e 9a. Teiera in porcellana di Meissen, 1745 circa, attribuita a Franz Ferdinand Mayer. Collezione privata.

Proprio in questo periodo si nota una prevalenza di fonti iconografiche riconducibili ad alcuni artisti di Augusta, come Johann Christoph Schmidhammer (+ post 1750), al quale si possono riferire anche alcune incisioni di soldati ungheresi a cavallo (nota 5) ripresi poi sulla porcellana [Figura 10].

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Figura 10. Servizio da tè e caffè in porcellana di Meissen, 1745-50 circa, attribuito a Franz Ferdinand Mayer. Mercato antiquario.

Già nel 1722 si vendevano a Tepliz in Boemia, oggi Teplice in Repubblica Ceca, porcellane bianche di Meissen o con il solo filetto rosso ferro, nero o bruno alla sommità, come pure le porcellane dipinte fuori dalla manifattura di Meissen da Johann Georg Mehelhorn il Vecchio (+ 1735) e dai suoi figli (nota 6).
La porcellana usata da Mayer all’inizio, se si eccettuano alcuni esempi sopracitati, è prevalentemente quella di Meissen che varia a seconda di quanto si riusciva a reperire: in primo luogo si va da quella del periodo Böttger [Figure 11 e 11 a], difficilmente oltre il 1740-45, a quella successiva, anche fino al periodo di direzione del conte Camillo Marcolini-Ferretti (1739-1814), quindi post 1774.

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Figure 11 e 11a. Ciotola in porcellana di Meissen, 1725 circa, decoro di Franz Ferdinand Mayer (?) 1750. Collezione privata.

Si conoscono oggi cinque manufatti firmati da Mayer.
Il primo pezzo risale al 1747 e appartiene a una serie di sette piatti, con scene di genere abbastanza semplici entro riserva mistilinea già nella collezione del barone L. de Zoubaloff a Mosca; esso riporta l’iscrizione “F. Mayer Cath. inv. et pinxit Ano 1747” (nota 7), senza indicare il luogo di esecuzione [Figura 12].

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Figura 12. Coppia di piatti in porcellana di Meissen, 1747 Franz Ferdinand Mayer. Già collezione del barone L. de Zoubaloff, Mosca.

La stessa semplicità decorativa si riscontra nei due piatti policromi con scene di feste contadine conservati al Museum für Angewandte Kunst di Colonia (inv. nn. E1191- E1192) (nota 8), che sono probabilmente da ascriversi alle prime produzioni di Mayer. Ancora una sua firma e la data di realizzazione si trovano in una ciotola già collezione Lanna a Praga (nota 9), oggi a Stoccarda al Landesmuseum del Württemberg: “Franc. Mayer, Civis et Pictor in Bresnitz” e l’anno “1766” presente all’interno della scena [Figure 13 e 13a]. Sempre nello stesso museo si trova una seconda ciotola che ne porta la sola paternità: “Mayer P:”.

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Figura 13 e 13a. Franz Ferdinand Mayer, ciotola in porcellana di Meissen, 1766. Landesmuseum del Württemberg, Stoccarda.

Notevoli le differenze che si riscontrano tra i primi oggetti che ho ricordato e gli altri due: nelle ciotole, infatti, sono presenti i ricchi ed elaborati fregi dorati, che contraddistinguono molti altri manufatti attribuibili a Mayer e che, quindi, potrebbero ascriversi, anche in relazione alla certa datazione di una delle due (1766), ad un secondo periodo della sua attività, che si esprime anche con la presenza di alcuni colori, come il viola, poco presenti nelle prime realizzazioni.
I fiori sono sempre simmetrici e l’impianto spesso calligrafico, come nel boccale appartenuto nel 1922 a Siegfried Drey di Monaco e venduto in asta il 23 e 24 marzo 1936 a Berlino da Paul Graupe [Figure 14 e 14a, nota 10].

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Figura 14 e 14a. Boccale in porcellana di Meissen, 1740 circa, attribuito a Franz Ferdinand Mayer. Collezione privata.

L’ultimo pezzo firmato è un vassoio ovale con una scena mitologica esitato da Christie’s nel 2000 a Londra: porta scritto in uno scrigno sopra un tavolo “Fr. Maÿer Pinxit” senza la data (nota 11).
Si può tentare di suddividere le decorazioni eseguite da Mayer almeno in tre fasi, forse addirittura quattro, anche se, come già detto, pur in presenza di temi similari, le realizzazioni sono profondamente diverse tra loro, passando da decori molto semplici ad altri ben più complessi e ben realizzati.
Dapprincipio lo stile decorative di Mayer tenta di evolversi verso il Rococò, più per rimanere collegato alle novità che per convinzione, tale è il suo legame con le fonti barocche precedenti.
Da un certo momento in poi, il tratto si fa più sciolto, specie quando le figure e i paesaggi hanno solo una fonte di luce, come nella splendida caffettiera decorata attorno al 1760 e a lui attribuita [Figura 15], apparsa nel 1923 sul mercato antiquario a Berlino, Kunsthandel Max Heilbronner, oggi al Kunstgewerbemuseum a Berlino (inv. n. 25,41), con ricche scene policrome di genere e la frase in latino: “ARTE MEA VIVIT NATURA ET VIVIT IN ARTE / MENS DECUS ET NOMEN CAETERA MORTIS ERUNT” (nota 12).

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Figura 15. Caffettiera in porcellana di Meissen, 1760 circa, attribuita a Franz Ferdinand Mayer. Kunstgewerbemuseum, Berlino.

Su piatti e tazze si cominciano a vedere con sempre maggiore frequenza le punte pentagonali fiorite in oro riempite con squame (zacher) che diverranno una caratteristica di Mayer, come pure i ricchi motivi calligrafici sulla tesa e nel cavetto dei piatti [Figura 16].

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Figura 16. Particolare della decorazione definita zacher.

Il terzo, infine, si può considerare il momento della maturità quando, riprendendo temi cari alle sue prime produzioni, tipo le rappresentazioni mitologiche come nel bowl che rappresenta con molta probabilità Venere e Amore, già collezione Blohm e prima Adalbert von Lanna a Praga [Figura 17, nota 13], e le scene pastorali di genere, Mayer riesce a renderle più precise e leggibili.
In questi anni padroneggia anche i colori, ampliando ulteriormente la gamma cromatica.

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Figura 17. Ciotola in porcellana di Meissen, 1735-40, attribuita a Franz Ferdinand Mayer. Già Collezione Lanna e poi Blohm.

Si può forse individuare, infine, anche un quarto periodo della sua attività: quello della vecchiaia quando. attorno al 1770, perde quasi completamente i tipici ricchi impianti calligrafici sulle tese, rendendoli molto più essenziali. In questi anni decora manufatti della produzione di scarto di Meissen che vanno dal 1763 al 1774, quelli con il punto tra le else delle spade incrociate, con impianti ancor più semplificati, tanto che si sono spesso avvicinati a quelli eseguiti in un’altra bottega della quale presto parlerò, quella di Ferrner. Esempi di questa sua longevità pittorica si potrebbero vedere nel vassoio con scene di baccanti già al Landesgewerbemuseum di Stoccarda (nota 14), come pure in un bowl con scene di soldati in una raccolta privata, entrambi in porcellana di Meissen periodo Marcolini, in quanto presentano tutte le caratteristiche del pittore di Preßnitz [Figura 18].

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Figura 18. Ciotola in porcellana di Meissen, 1784-1813, nei modi di Franz Ferdinand Mayer. Collezione privata.

Ancor più oscure di quelle di altri artisti hausmaler sono le vicende di F. J. Ferner, del quale conosciamo solo il nome per un paio di sue firme: “F.J. Ferner pinxit” su un becher alla Porzellansammlung di Dresda (nota 15) e “Ferner inve.” su una ciotola già collezione von Dallwitz (nota 16), entrambi i manufatti identificano con una certa precisione lo stile di questo fantomatico artista.
Di lui non si sa esattamente nemmeno dove avesse la bottega: si presuppone che potesse essere in Turingia per alcune dediche presenti su oggetti a lui attribuibili.
Improbabile, ma pur sempre possibile, è un suo legame con la famiglia degli scultori Ferner, tra i quali spicca Anton Ferner (1703-1788), titolari di una avviata bottega in Val Passiria; essi si distinguevano per l’ampio uso della rocaille e di motivi a forma di fiamma e a goccia che ci hanno lasciato nelle loro numerose realizzazioni limitate però alle zone di residenza.
Il nostro F. J. Ferner dovrebbe aver iniziato a decorare attorno agli anni Quaranta del Settecento, come si deduce dalla presenza di dediche al committente e di data, che si ripeteranno anche successivamente, in oggetti a lui riconducibili.
La prima si riscontra su un piattino, oggi al British Museum di Londra (inv. n. AF3198), che porta la scritta con il nome della committente o della persona alla quale il dono era destinato: “Johanna Christiana Seltmannin Ao. 1744”, che potrebbe identificarsi con una Johanna Christiane Friederica Seltmannin di Künast, distretto Böhmisch Leipa, in Boemia, appunto [Figura 19].

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Figura 19. Piattino in porcellana di Meissen, 1740 circa, attribuito a F. J. Ferner. British Museum, Londra.

Su altra tazza conservata all’Uměleckoprůmyslové Museum di Praga appare ancora una probabile dedica ad un tal “Johann Michael Weiss” e la data “1746”.
Sotto questa, come pure in altre tazze che definirei “tipo Ferner” appare una “W” in rosso ferro (nota 17); non ne conosciamo, però il significato. Si tratta forse dell’iniziale del nome di un decoratore della bottega (?) o del luogo dove è stata dipinta (?). Si conosce anche un vassoio ovale di tipologia Ferner con la stessa lettera “W.” in blu sotto la base che, tuttvaia, essendo sotto smalto, non dovrebbe essere riferita al decoratore [Figure 20 e 20a].

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Figure 20 e 20a. Vassoio in porcellana di Meissen, 1745-50, attribuito a F.J. Ferner. Mercato antiquario.

Una teiera “scannellata”, riconducibile al suo stile con una “F” alla base del manico, si trovava della collezione Hans Hermannsdörfer di Mannheim (nota 18). Su questa tipologia di manufatto della manifattura di Meissen da parte di Ferner o della sua bottega [Figura 21] sono riprodotte anche figure di soldati che ci rimandano a quei decori simili attribuiti a Mayer.

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Figura 21. Lattiera in porcellana di Meissen, 1750 circa, attribuita. a F.J. Ferner. Mercato antiquario.

La disposizione delle figure pastorali, alberi, animali e piccole case avviene spesso, quando il manufatto lo consente, in maniera radiale e i vari elementi che compongono la decorazione sono spesso eseguiti in maniera ingenua, quasi naif [Figura 22].

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Figura 22. Porta tè in porcellana di Meissen, 1750 circa, attribuita a F. J. Ferner. Collezione privata.

Nella produzione di Ferner si trovano anche figure bibliche in rosso, verde chiaro, marrone, giallo e manganese, come quelle di Mosè e Davide in un bowl già collezione List a Magdeburgo [Figura 23, nota 19], come in altre ciotole di tipologie analoghe [Figura 24].

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Figura 23. Ciotola in porcellana di Meissen, 1750 circa, attribuita a F. J. Ferner. Già Collezione List, Magdeburgo.

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Figura 24. Ciotola in porcellana di Meissen, 1740 circa, attribuita a F. J. Ferner. Mercato antiquario.

I bordi sono a volte dorati in maniera pesante, espediente tecnico che serve a coprire il disegno sottostante; sugli oggetti sovra decorati sono per lo più presenti volatili, fiori e boccioli di rose policromi.
Alla bottega di Ferner si sono attribuiti anche manufatti lontani da quelle che si possono definire “tipo Ferner” come, ad esempio, la caffettiera in porcellana di Meissen del 1730 circa con figure grandi dipinte entro settori delimitati da tronchi d’albero, già alla Stadtlische Museum di Erfurt, oggi Anger Museum, che ci riporta, anche per la presenza di una ricca bordatura a fregi tipici del barocco austriaco, i Laub und Bandelwerke (nota 20), allo stile di Mayer e forse anche a quello di Metzsch (nota 21). Senza contare poi che anche la manifattura di Meissen aveva eseguito decori analoghi al suo interno [Figure 25, 26 e 27].

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Figura 25. Caffettiera in porcellana di Meissen, 1735 circa, attribuita. a F.J. Ferner. Anger Museum, Erfurt.

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Figura 26. Johann Friedrich Metzsch (?), teiera in porcellana di Furstenberg, 1755 circa. Collezione privata.

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Figura. 27. Porta tè in porcellana di Meissen, 1735 circa. Mercato antiquario.

Anche in altri oggetti si assiste a similitudini e vicinanze di impostazione e tratto con altri artisti come.
È il caso di una ciotola avvicinata a Ferner per la sovra decorazione dell’ornato Fels und Vogel di Meissen e per la scena interna che si sviluppa circolarmente, elementi tipici questi proprio dell’opera di Ferner [Figura 28].
Una brocca a elmo con le stesse figure miniate nella ciotola, proveniente dalla Collezione Lippe di Hannover e oggi al Grassi Museum di Lipsia (inv. n. 1925,49), si differenzia dal bowl solo per la presenza della Goldenspitzebordüre (bordo a pizzo dorato) al limite superiore, una caratteristica peculiare di Mayer [Figura 29, nota 22].
Sempre con le medesime raffigurazioni di Poseidone e le creature marine, si conosce una teiera globulare di porcellana a fiori di pruno a rilievo della manifattura di Meissen, circa 1730, apparsa sul mercato antiquario: quest’ultima non ha alcuna bordatura, né sovra decorazione [Figura 30, nota 23].

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Figura 28.  Ciotola in porcellana di Meissen, 1735-40 circa. Collezione privata. 

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Figura. 29. Brocca in porcellana Meissen, 1735-40 circa. Grassi Museum, Lipsia.

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Figura 30. Teiera in porcellana di Meissen 1730-35 circa. Mercato antiquario.

F.J. Ferner, dunque, più un sovra decoratore che un hausmaler vero e proprio, si caratterizza per un pressoché costante utilizzo di porcellana di Meissen difettata con decoro a fiori, con decoro Fels und Vogel in blu sotto vernice, facilmente reperibile al di fuori della fabbrica sassone, e oggetti, infine, della manifattura di Meissen marcati con il punto tra le else delle spade, quindi, successivi al 1763.
Sempre in quella che si può definire la tipologia Ferner, si trovano anche porcellane della manifattura di Berlino marcate con lo scettro e quindi non prima del 1763, ma anche di quella di Rauenstein in Turingia aperta nel 1783 (nota 24).
La situazione berlinese merita un approfondimento per i rapporti tra la corte e gli ebrei che vivevano in Prussia. Lo Schutzjuden era un apparato di norme che regolava in maniera stringente la vita e le attività degli ebrei; Federico II Hoenzollern il Grande (1712-1786) nel 1763 ampliò alcuni privilegi per gli ebrei, ma pretese la così detta “tassa della porcellana” con la quale le famiglie ebree, al fine di poter porre in essere svariati tipi di attività (comprare e vendere casa tra ebrei, ad esempio), erano costrette ad acquistare, per importi assai consistenti, porcellana della fabbrica imperiale di Berlino, come ad esempio manufatti bianchi (nota 25) o con decorazioni assai semplici, e di esportarla al di fuori dei confini prussiani; queste porcellane venivano anche fatte poi decorare dalle famiglie acquirenti fuori della fabbrica per poterle vendere a prezzi più alti e rientrare così dall’esborso (nota 26).
Segnalo, a tal proposito, un porta tè della manifattura di Berlino, databile tra il 1763 e il 1780, con un decoro di base Strohmuster in bianco e blu con una sovra decorazione a cineserie in schwarzlot (comune 30-40 anni prima) ed ancora una doratura pesantissima a coprire ciò che rimane visibile della pittura floreale blu originaria [Figure 31 e 31a]. Con una genesi di questo tipo, si potrebbe trattare anche di un oggetto legato alla tassa a carico degli ebrei prussiani.

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Figure 31 e 31a. Porta tè in porcellana di Berlino, 1763-80, sovra decorazione schwarzlot e doratura. Collezione privata.

Tra i decoratori non interni alla fabbrica che operano sulla porcellana di Berlino si segnala Benjamin Calau (1724-1785), sostanzialmente un ritrattista che vivrà a Berlino dal 1771 fino alla morte. Utilizzava una particolare tecnica pittorica encaustica che lui stesso descrive nel 1772 nel libro Ausführlicher Bericht, wie das Punische oder das Eleodorische Wachs aufzulösen; all’artista si attribuisce il decoro di una placchetta con la raffigurazione del re Salomone, già allo Schlossmuseum a Berlino (nota 27).
Al confine tra hausmaler e girovago è il pittore Andreas Philipp Oettner (1735 ca–1792). Le sue vicende mostrano una certa insofferenza ai lunghi periodi lavorativi nella stessa manifattura e temi decorativi vicini a quelli delle botteghe Ferner e, soprattutto, a Mayer (nota 28). Fu a Vienna fino al 1756, poi giunse a Nymphenburg dove dette dimostrazione di grande abilità, ma nel 1757 si spostò a Frankenthal fino al 1759; successivamente stette a Ludwigsburg dal 1759 al 1763, a Höchst dal 1763 al 1766, a Fürstenberg dall’11 febbraio 1767 alla fine del 1770, quando pare aver decorato un importante servizio di Weesp e infine di nuovo a Vienna dove morì.
In qualità di hausmaler gli sono attribuite anche opere su porcellana di Meissen, Loosdrecht e Weesp; dipinse prevalentemente composizioni floreali, scene della Commedia dell’arte, di genere alla Watteau, cineserie, paesaggi e battaglie [Figura 32].

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Figura 32. Andreas Philipp Oettner, lattiera in porcellana di Höchst, 1763-66. MET, New York.

Le sue figure risultano a volte abbastanza infantili. Voglio qui segnalare una tazza e piattino di Höchst, dipinte con soldati a cavallo e a riposo, che molto si avvicinano a quelli del bowl di Meissen (periodo Marcolini) del quale prima abbiamo parlato (vedi ancora Figura 18). Sotto la tazzina vi sono incusse le lettere “IN”, assai comuni nella porcellana della manifattura di Höchst, mentre nulla sotto il piattino [Figure 33 e 33bis].

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Figure 33. Tazza e in porcellana di Höchst, 1765 circa, attribuita ad Andreas Philipp Oettner. Collezione privata.

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Figura 33bis. Piattino in porcellana di Höchst, 1765 circa, attribuito ad Andreas Philipp Oettner. Collezione privata.

Alla fabbrica di Höchst sono legate le vicende anche di un altro rinomato pittore e arcanista girovago, Louis Victor Gerverot (1747-1829). Figlio di Victor Gerverot (1708-1752), un musicista del re di Polonia Stanislao I Leszczyński (1677-1766), nacque a Lunéville e ancora diciassettenne è ricordato nel 1764 come pittore di fiori alla manifattura di Sèvres, che lascerà l’anno successivo per trasferirsi a Niderviller dove dipingerà quelli che saranno una sua caratteristica peculiare: gli uccelli di fantasia. È segnalato poi a Ludwigsburg, Ansbach con qualche difficoltà nel reperire manufatti a lui riferibili, Kassel nel 1766, Fürstenberg in qualità di pittore di uccelli e fiori, Frankenthal nel 1768, Weesp come arcanista dal 1769, Loosdrecht fino al 1772, Höchst dall’aprile 1771 fino a metà 1773. È segnalato a Schrezheim dal 1773 al 1775, sicuramente come arcanista, ma anche come pittore di porcellane bianche di Ansbach-Bruckberg e di Höchst, come lui stesso afferma in una lettera al direttore della manifattura di Fürstenberg [Figure 34 e 34a, nota 29].

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Figure 34 e 34a. Louis Victor Gerverot, tazza in porcellana di Höchst, 1771 circa. British Museum, Londra, inv. n. Franks 183.

I pezzi di Höchst presentano a volte una sigla sopra la marca della manifattura, cosa che non sarebbe mai stata permessa, se la decorazione fosse avvenuta in manifattura [Figure 35 e 35a].

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Figure 35 e 35a. Porcellana di Höchst, sigle apposte da Louis Victor Gerverot.

Rammento che dai documenti si rileva che anche a Rotterdam, tra il 1764 e il 1771, la società Danzer & Cie importava porcellana bianca di Höchst e che, quindi, anche questa veniva usata senza alcun problema dagli hausmaler (nota 30).
Gerverot, nel frattempo, continua a peregrinare in Europa e nel 1786 va in Inghilterra, nello Staffordshire, per produrre una pasta dura alla John Turner’s Lane End Factory, ma, dopo una serie di fallimenti, nel 1788 torna sul continente. Dopo aver fondato a Colonia una fabbrica di terraglia e averne seguito i primi passi fino al 1792, dal 1795 al 1814 sarà direttore della manifattura di Fürstenberg e dal 1816 al 1826 direttore della fabbrica di maiolica di Wrisbergholzen (nota 31).
Si è detto che anche Joseph Angele (1716-1792), Figurenmaler (pittore di figure) alla manifattura di Höchst dal 1757 (nota 32), possa aver utilizzato porcellana bianca della manifattura dove operava per dipingere a domicilio, in ragione della circostanza che sono conosciuti alcuni oggetti con la sua firma. Tra questi una tazza con piattino a paesaggi monocromi in viola recentemente apparsa sul mercato antiquario [Figura 36].

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Figura 36. Joseph Angele, tazza con piattino in porcellana di Höchst, 1770 circa. Mercato antiquario.

Come già abbiamo visto nel primo dei saggi dedicati al fenomeno degli hausmaler, la porcellana della manifattura di Nymphenburg viene utilizzata da alcuni decoratori indipendenti di Augsburg tra il 1765 ed il 1770 per eseguire ornati a cineserie in oro sullo stile delle botteghe della città.
Si conoscono infatti sei pezzi di un solitaire (vassoio, caffettiera, teiera, lattiera e una tazza con piattino) con figure cinesi in oro graffito, custodito oggi al Bayerische Nationalmusem di Monaco di Baviera, inv. n. B525a-f), opera forse dell’incisore Johann Jakob Haid (1704-1767), già vicino a Bartholomäus Seuter (1678-1754), che potrebbe aver forse continuato l’esperienza dei Seuter anche con l’apporto del figlio Johann Elias Haid (1739-1809), incisore, editore e miniaturista, che nel 1754-55 è a Neudeck ab der Aue, ampliando così lo spazio temporale di esecuzione di questo particolare stile decorativo delle cineserie in oro su porcellana bianca (nota 33).
Ma l’utilizzo di manufatti bianchi da parte degli hausmaler non si limita a questo ornato.
A Monaco, sono gli artisti di secondo piano che in qualche modo avevano anche operato all’interno della fabbrica a dar vita al fenomeno dei pittori a domicilio.
Georg Christoph Lindemann, probabilmente di origini sassoni, e forse attivo a Meissen prima del 1755, si sposterà alla manifattura di Neudeck ab der Aue, la futura Nymphenburg, della quale sarà pittore di paesaggi campestri dal 1758 al 1760, anno fino al quale rimarrà a Monaco anche il suo allievo Joseph Konig. Da quel momento, lavorerà probabilmente come hausmaler, poiché nel 1778 viene denunciato per questa attività allora vietata (nota 34).
Non è certo se sia andato presso la manifattura di Höchst ed infine alla manifattura Peterinck a Tournai, o se abbia soltanto decorato manufatti di queste fabbriche [Figura 37 e 37a].

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Figure 37 e 37a. Georg Christoph Lindemann, piatto in porcellana di Tournai, 1770 circa. British Museum, Londra, inv. n. Franks 318.

Georg Christoph Lindemann ci ha lasciato alcuni pezzi firmati, tra i quali una tazza biansata, già collezione Reynolds a Londra siglata “G C / LINDE / MANN”, e altri a lui attribuibili come una caffettiera del 1757 in porcellana di Nymphenburg con scene di mercanti e di porto (nota 35).

A lui si attribuisce anche la decorazione, attorno 1760, di una figurina di Nettuno bambino, già nella collezione Georg Hirth di Monaco, oggi al Bayerische Nationalmuseum (inv. n. 17 / 242), da un modello di Franz Anton Bustelli (1723-1763), nonché un piattino con la pittura di una castello, sempre al Bayerische, e una piccola terrina del 1759 al Germanisches Nationalmuseum di Norimberga.
Una placca in porcellana di Höchst raffigurante una scena di genere è al Musée National de la Céramique de Sèvres (inv. n. 3532). Infine, un servito da tavola in porcellana di Tournai è apparso sul mercato antiquario a Francoforte molti anni or sono (nota 36).
Non sappiamo se vi sia parentela con Christian Philipp Lindemann (1700-1751) e con il figlio di questi Christian Traugott Lindemann (1731- 1784). Il primo pittore a Meissen dal 1733, ma anche incisore su rame a Norimberga, Augsburg e per la stessa manifattura di Meissen attorno al 1748; è segnalato anche a Ratisbona e in Italia.
Il figlio è pittore a Meissen dal 1748; si sposa nel 1756 e fino al 1770 appare tra i lavoranti a cottimo per essere poi assunto e divenire uno tra i più rinomati pittori di fiori e frutta.
Franz Karl Rauffer (1727-1802), pittore, incisore, calligrafo originario di Ratisbona, lavora a Vienna prima di arrivare a Monaco dove esegue dal 1756 al 1758 piccoli lavori di rifinitura sulle porcellane a Neudeck. Divenuto hausmaler per la mancata assunzione almeno fino al 1779, comprava i colori all’interno della fabbrica (nota 37), ma dovette cessare la sua attività per una denuncia. Si spostò quindi a Vienna per tornare infine a Monaco e morirvi; di lui non conosciamo alcun pezzo.
Johann Adam Huber (nota 38), doratore alla manifattura di Nymphenburg che Pazaurek identifica nel monogrammista “IAH” o “JAH” (nota 39), del quale, oltre ad alcune brocche in maiolica, si conoscono alcuni manufatti siglati e datati. Uno di questi, con scena in cameiau oggi al MET di New York (inv. n. 59.208.28), porta la dicitura in marrone sotto la base a coprire parzialmente anche la marca di Nymphenburg incussa “I.A.H. / j778 / D.i7.8bh” [Figura 38 e 38a].

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Figure 38 e 38a. Johann Adam Huber, boccale in porcellana di Nymphenburg, 1760-65. MET, New York.

Huber, incaricato dal 1769 di rincollare e ridipingere i pezzi rotti della Conditorei, restaurarli in poche parole, impianta un forno a muffola addirittura nel giardino della residenza degli Elettori e non si limita solo a tale attività (nota 40). Denunciato per questo più volte dal 1775 al 1780, riuscirà a proseguire nella sua attività almeno fino al 1791 per forti ed evidenti appoggi goduti all’interno della corte bavarese (nota 41).
Alcuni sono gli oggetti a lui attribuibili come la tazza con piattino al Grassi Museum a Lipsia (inv. n. 25.97) con figura mitologica e bordo con ricco fregio (nota 42). Sempre a Huber, o anche a Johannes Klein, si potrebbe anche attribuire un piattino databile tra il 1760-70 al MET di New York, inv. n. 1991.38, (1750-post 1807) [Figura 39], come anche un altro simile al Bayerische Nationalmusem di Monaco di Baviera (nota 43).

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Figure 39. Piattino in porcellana di Nymphenburg, 1760-65 attribuito a Johann Adam Huber o Johannes Klein. MET, New York.

Il Klein, originario di Wiesensteig, è già dipendente della manifattura di Nymphenburg a soli 15 anni; si sposa nel 1769, ma nel 1771 venne licenziato per difficoltà economiche della fabbrica. Pittore di buone qualità nella decorazione floreale, paesaggistica e figurativa, nonostante una ottima lettera di referenze non riesce a trovare lavoro e diviene un hausmaler. Nel 1807 è però ancora impegnato in fabbrica nella decorazione di parti secondarie del Blauen Service con paesaggi bavaresi eseguito in più momenti fino al 1816 per Massimiliano I Wittelsbach (1756-1825) e poi ripreso anche nel secolo scorso (nota 44). Firma anche qualche sua opera: alcune tazze con figurine policrome e allegoriche, ad esempio, con la sigla “JK” sotto la base, oggi al Bayerische Nationalmusem di Monaco di Baviera (inv. nn. B 195 a-b-c / B 705 a-b / B 642) (nota 45), molto simili a quelle dello Slezské Zemské Muzeum a Opava (nota 46). Un piattino, poi, con il matrimonio mistico di Gesù Cristo, sempre al Bayerische Nationalmusem di Monaco di Baviera è firmato “Joh. Klein” e datato “1791” (nota 47), a dimostrazione che il suo lavoro da hausmaler è continuato per molti anni nonostante le denunce.

Bartholomäus Weiss (1740-1814), figlio del pittore e incisore Franz Joseph Weiss (1699-1770), pur non avendo rapporti di lavoro con la fabbrica, ricevette già dal 1764 e per alcuni anni ordini per la pittura di vasellame e galanterie. Si dedicò poi all’incisione, lasciandoci numerose opere.
A lui si può attribuire una tabacchiera, già allo Schloss Museum di Berlino, con una scena galante ripresa da Watteau, firmata “B. Weiss” (nota 48). Rammento il sopracitato Johann Michael Weiss, al quale era stata dedicata una tazza attribuibile a Ferner, ma non credo vi siano relazioni e quindi si tratti solo di omonimia.
Si segnala poi il nome di un certo numero di artisti che, pur avendo avuto in qualche modo rapporti con la manifattura di Monaco, non si è in grado di stabilire se abbiano utilizzato la porcellana anche per le loro pitture a domicilio, in quanto la firma appare su alcuni manufatti, o se abbiano in qualche modo avuto solo relazioni lavorative dirette seppur marginali con la fabbrica.
Johann Carl Gerlach (1723-1783), miniaturista, è nel 1758 a Neudeck e l’anno successivo esegue quattro tabacchiere con il ritratto dell’Elettrice Anna Maria (nota 49). Sarà specialista dei colori ad Ansbach e poi pittore a Volkstedt, per andare poi Meissen nel 1786 (nota 50).
Samuel Baumeister, miniaturista e pittore araldico ad Augsburg, era anche molto abile nel raffigurare nidi di uccelli copiandoli direttamente dalla natura e realizzava disegni per orafi (nota 51). È attivo a Stoccarda attorno al 1750; di lui si ricordano nel 1763 due piatti e un rinfrescatoio da bottiglie (nota 52).
Nel 1764 Johann Georg Schrimpf è a Neudeck ab der Aue come aiuto pittore; questi successivamente si trasferisce prima a Ludwigsburg e poi a Kassel.

Johann Jacob Heinrich Haag, o Hag, esegue opere su porcellana di Nymhenburg dal 1770 al 1780 e su quella di Vallendorf tra il 1787 e il 1801; è a Limbach nel 1790.
Johann William Willand, dal 1756 al 1758 pittore di fiori a Nymphenburg, nel 1768 a Vienna e dal 1782 al 1793 assieme al figlio Franz Matthias Willand, hausmaler a Regensburg e Nymphenburg dal 1782 al 1786 (nota 53): entrambi utilizzano solo porcellana di Nymphenburg.
Esistono poi alcuni di manufatti, sempre di porcellana di Nymphenburg, siglati da ignoti hausmaler: “IS”, ad esempio, su una teiera con lo stemma del conte vescovo M. P. von Torring del 1788-1790 già nella Residenz a Monaco di Baviera (nota 54); e ancora “WR”, “EMW”, “NN” o “AX”.
Una differenza con le botteghe di Augsburg, della Boemia o con altri pittori a domicilio è subito evidente: gli hausmaler che utilizzano la porcellana di Nymphenburg per realizzare le proprie opere sono generalmente elementi che non hanno trovato spazio all’interno della manifattura e che, quindi, sono costretti a dipingere a casa per vivere. Anche per questo motivo, credo, a parte qualche caso, troviamo una qualità pittorica meno rilevante e abbiamo personaggi che lasciano poche tracce e, spesso, anche per brevi periodi, rendendo così meno agevole identificarne un eventuale percorso artistico.

Anche in altre manifatture si assiste a fenomeni analoghi, quella di Zurigo, per esempio.
Salomon Gessner (1730-1788), poeta e pittore, infatti, pur direttamente collegato alla fabbrica di Zurigo con diverse mansioni e attività anche direttive, dipinge con firma e data in colore grigio, forse da hausmaler nel 1765, un contenitore da tabacco con figure di contadini, conservato allo Schweizerische Nationalmuseum – Landesmuseum di Zurigo (nota 55): “Zürich 1765 / S. Geßner pinx.”.
Continuando in questo percorso, è da citare senza dubbio, almeno per la particolarità della sua opera, il Canonico August Otto Ernst von dem Busch (1704-1779), un altro hausmaler per diletto, anche se il termine di pittore a domicilio non è del tutto corretto, come si vedrà.
Nasce a Hildesheim, oggi nella Bassa Sassonia, dive diviene Canonico presso la Collegiata di Santa Croce. Definito “Glas und Porzellan-Radierer” (nota 56), incisore su vetro e porcellana, la sua è una tecnica molto peculiare in quanto incideva con la punta del diamante la porcellana non dipinta di Meissen per creare i contorni della composizione decorativa e, onde far risaltare le immagini e ottenere un disegno leggibile, passare poi nei solchi così ottenuti un pigmento a base di carbonio derivato dalla combustione di materie vegetali o sostanze minerali [Figura 40].

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Figura 40. August Otto Ernst von dem Busch, zuppiera in porcellana di Meissen 1750-55 circa. Mercato antiquario.

Non era questa una tecnica inventata dal Canonico, essendo giunta dall’Olanda e già utilizzata in zona nel secolo diciassettesimo, specie su vetro; sono proprio i vetri a fornire le prime testimonianze del Canonico Busch: nel Museo del Castello di Berlino esisteva un vetro inciso, definito spitzglass, con la sua firma “Busch” e la data 1748 e un vetro con impianto decorativo simile già allo Schloss Babelsberg nei pressi di Postdam siglato “Busch 1755” (nota 57).
La porcellana usata dal Canonico è quella difettata di Meissen prodotta attorno al 1750 spesso con le tese modellate con il Brühlsche Allerlei, solo raramente ne utilizza di precedenti. Le decorazioni spaziano dalle architetture, agli animali, alle piante e alle scene pastorali; molte delle sue opere, che non vennero eseguito con un fine commerciale, portano firma e data [Figura 41].

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Figura 41. August Otto Ernst von dem Busch, caffettiera in porcellana di Meissen 1750 circa. Roemer-Pelizaeus Museum von dem Busch, Hildesheim.

Rammento anche il piatto con un cane che cerca di prendere una farfalla del British Museum (inv. n. Franks 127) con la firma “Busch 1749”, un piatto al Victoria and Albert Museum di Londra (inv. n. C.117-1945) con la dicitura “Busch fecit 1763”, il vassoio decorato con rovine architettoniche firmato su una roccia “Busch Can. fecit / 5.7.1765”, presentato in asta da Bonham’s a Londra (nota 58) e una zuppiera con coperchio nella Hans Syz Collection, National Museum of American History (inv. n. 1979. 0120.08 a,b), siglata “Busch 1774.” [Figura 42, nota 59].

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Figura 42. Piatto in porcellana di Meissen 1745 circa, decorato da August Otto Ernst von dem Busch nel 1749. V&A, Londra.

Il Canonico Busch ebbe con molta probabilità un allievo in Johann Gottfried Kratzberg, Canonico della Collegiata di Santa Maria Maddalena a Hildesheim, che pare aver lavorato su vetro e porcellane della manifattura di Meissen e di Fürstenberg tra il 1773 e il 1784 (nota 60). Rammento come primo esempio della sua produzione il vaso a balaustro della manifattura di Fürstenberg, conservato al Kestner Museum di Hannover, che porta la sua firma e la data di esecuzione: “J.G. Kratzberg. Canon 1773.” (nota 61). A lui si attribuiscono alcuni oggetti in porcellana di Meissen con tipologie analoghe a quelle del Canonico von dem Busch [Figura 43].

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Figura 43. Johann Gottfried Kratzberg (attr.) (?), Coppia di tazze in porcellana di Meissen, 1740-45. Mercato antiquario.

Come ben si percepisce, il fenomeno dei pittori a domicilio è decisamente vasto e si presenta in modi diversi: non ci si limita all’uso della porcellana cinese, di Meissen e di Du Paquier, ma si utilizza anche quella di altre manifatture e gli autori hanno percorsi artistici diversi e sono di provenienze varie, anche al di fuori da quelle che ne sono considerate le culle.

NOTE

[1] JEDDING 1974, p. II/109.

[2] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 319.

[3] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 343.

[4] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 347, tav. 313.

[5] Germanisches Nationalmuseum Norimberga, Graphische Sammlung, Inv. n. HB 9483, Kapsel n. 1262.

[6] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 318.

[7] JEDDING 1979, p. 147.

[8] BEAUCAMP-MARKOWSKY 1980, pp. 149-150, catt. 88-89, tav. 24.

[9] RUDOLPH LEPKE’S 1911, II, lotto 1091, tav. 85.

[10] PAZAUREK 1971 (rist.), II, tav. 277.

[11] CHRISTIE’S 2000, lotto 439.

[12] PAZAUREK 1971 (rist.), II, fig. 312, tav. 31; BURSCHE 1980, p. 254, cat. 248.

[13] RUDOLPH LEPKE’S 1909, I, lotto 1559, tav. 103.

[14] PAZAUREK 1971 (rist.), II, fig. 307.

[15] PAZAUREK 1971 (rist.), II, fig. 329.

[16] PAZAUREK 1971 (rist.), II, fig. 330.

[17] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 369.

[18] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 360.

[19] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 369, fig. 349.

[20] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 362, fig. 336.

[21] Si veda teiera di impostazione simile attribuita a Metzsch in BIANCALANA 2021 B, fig. 37.

[22] GIELKE 1984, p. 162, cat. 240, tav. 66.

[23] STAHLBUSCH 2009, p. 38, cat. 28.

[24] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 370.

[25] DEUTSCH / FRIEDENBERG 1903.

[26] ZINBERG 1976, p. 5.

[27] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 401, fig. 371.

[28] REBER 1974, p. 11–46.

[29] JACOB-HANSON 2007, p. 15.

[30] TAFEL 2010, pp. 59-62.

[31] JEDDING 1974, p. II/67.

[32] JEDDING 1974, pp. II/3-4.

[33] Biancalana 2021 A

[34] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 381.

[35] PAZAUREK 1971 (rist.), II, tav. 357.

[36] JEDDING 1974, p. II/98.

[37] HOFFMANN 1923, II. p. 235

[38] JEDDING 1974, p. II/80.

[39] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 375, tavv. 351-352.

[40] HOFFMANN 1923, III, p. 658.

[41] Per un panorama delle sue firme, si veda HOFFMANN 1923, III, p. 664, tav. 460.

[42] DIETER 1984, p. 119, cat. 129, e p. 87.

[43] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 377, tav. 353.

[44] HOFFMANN 1923, III. p. 616.

[45] ZIFFER 1997, pp. 237-239, catt. 707-711.

[46] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 378, tav. 354.

[47] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 378, tav. 355.

[48] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 379, tav. 356.

[49] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 380.

[50] HOFFMAN 1923, II p. 329 e 347, III p. 585.

[51] NAGLER 1835, p. 326.

[52] HOFFMAN 1923 II p. 329 e 347, III 585.

[53] JEDDING 1974, p. II/128.

[54] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 380.

[55] PAZAUREK 1971 (rist.), II, tav. 2.

[56] JEDDING 1974, p. II/29.

[57] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 409.

[58] Fine European Ceramics, Catalogo Asta Bonham’s Londra 7 dicembre 2017, lotto 152.

[59] Una lista molto dettagliata in Herbert Dreyer, Der Porzellanmaler August O. E. von dem Busch.

[60] JEDDING 1974, p. II/91.

[61] JEDDING 1974, p. III/209, tav. 610.

Musei
Bayerische Nationalmusem, Monaco di Baviera
British Museum, Londra
Germanisches Nationalmuseum, Norimberga
Kestner Museum, Hannover
Kunstgewerbemuseum, Berlino
Landesmuseum del Württemberg, Stoccarda
Metropolitan Museum of Art – MET, New York
Museum für Angewandte Kunst, Colonia
Museo Nazionale della Ceramica Duca di Martina, Villa La Floridiana, Napoli
National Museum of American History, New York
Nurberg Bayerische Landes-Gewerbeanstalt, Norimberga
Residenz, Monaco di Baviera
Roemer-Pelizaeus Museum von dem Busch, Hildesheim
Schloss Babelsberg, Postdam
Schloss Museum, Berlino
Schweizerische Nationalmuseum – Landesmuseum, Zurigo
Slezské Zemské Muzeum a Opava
Uměleckoprůmyslové Museum, Praga
Victoria and Albert Museum, Londra

Bibliografia
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Calau Benjamin, Ausführlicher Bericht, wie das Punische oder das Eleodorische Wachs aufzulösen, Berlino 1772
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Nagler Georg Kaspar, Neues Allgemeines Künstler-lexicon: Oder, Nachrichten Von Dem Leben Und Den Werken Der Maler, Bildhauer, Baumeister, Kupferstecher, Formschneider, Lithographen, Zeichner, Medailleure, Elfenbeinarbeiter, etc …, Band I, A – Boe, Monaco di Baviera 1835
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Deutsch Gothard / Friedenberg Albert M., voce FREDERICK II, in Jewish Encyclopedia. A descriptive: record of the history, religion, literature, and customs of yhe jewish people frome the earliest times to the present day, 1903
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Casa d’aste Rudolph Lepke’s Kunst-Auctions-Haus Berlino. Catalogo d’asta Sammlung des Freiherrn Adalbert von Lanna, Prag (vol. 1), Berlino 9 – 16 novembre 1909
– RUDOLPH LEPKE’S 1911
Casa d’aste Rudolph Lepke’s Kunst-Auctions-Haus Berlino. Catalogo d’asta Sammlung des Freiherrn Adalbert von Lanna, Prag (vol. 2), Berlino 21 – 28 marzo 1911
– HOFFMANN 1921 – 1923
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Pakaurek E. Gustav, Deutsche Fayence und Porzellan Hausmaler, 2 Voll., Lipsia 1925 – ristampa Stoccarda 1971
– JEDDING 1974
Jedding Hermann, Europaisches Porzellan von den Anfangen bis 1800, vol. I, Monaco di Baviera 1974
– REBER 1974
Reber Horst, Der Porzellanmaler Andreas Philipp Oettner, in Keramos. Nr. 63 – 1974
– ZINBERG 1976
Zinberg Israel, A history of Jewish Literature, New York 1976
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Jedding Hermann, Meissener Porzellan des 18. Jahrs., Monaco di Baviera 1979
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Beaucamp-Markowsky Barbara (a cura di), Europaische Porzellan und Ostasiatisches export Porzellan, Kataloge Kunstgewerbemuseum der Stadt Koln, Vol. VI, Colonia 1980
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Bursche Stefan, Meissen Steinzeug und Porzellan des 18. Jahrhunderts Kunstgewerbemuseum Berlin, Berlino 1980
– GIELKE 1984
Gielke Dieter, Europaisches Porzellan im Museum des Kunsthandwerks Liepzig Grassi Museum, Lipsia 1984
– ZIFFER 1997
Ziffer Alfred, Nymphenburger Porzellan Sammlung Bauml, Stoccarda 1997
– CHRISTIE’S 2000
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-JACOB-HANSON 2007
Jacob-Hanson  Charlotte, Further findings on the life and career of Louis Victor Gerverot, in American Ceramic Circle Journal, Vol. XIV, Aprile 2007
– STAHLBUSCH 2009
Stahlbusch Till Alexander, Weisse Gold Meissen. Service un Geschirre, Regenstauf 2009
– TAFEL 2010
Tafel Alexandre, Holländische Hausmaler auf Höchster Porzellan, in Keramos N. 209 – 2010, pp. 59-62
– BIANCALANA 2021 A
Biancalana Alessandro, Gli hausmaler su porcellana: un fenomeno complesso e ancora poco conosciuto. Parte I. La nascita del fenomeno e le botteghe di Augsburg, in antiquanuovaserie.mi, gennaio 2021 [Leggi].
– BIANCALANA 2021 B
Biancalana Alessandro, Gli hausmaler su porcellana: un fenomeno complesso e ancora poco conosciuto. Parte IV. La Boemia e la Slesia. Bayreuth e i suoi molti interrogativi, in antiquanuovaserie.mi, ottobre 2021 [Leggi].

Febbraio 2022

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