Ferdinando Dardanone, ebanista e/o mercante di mobilia nella Milano neoclassica

di Andrea Bardelli e Manuela S. Carbone

Ha destato un certo scalpore il fortunato ritrovamento di una firma su un cassettone passato in asta da Wannenes nel novembre 2021 [Figura 1].

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Figura 1. Cassettone neoclassico intarsiato, Milano 1787, Wannenes novembre 2021 n. 473.

La scritta, in cui si legge: “1787. Il. 17 Marzo Ferdinando Dardanone ai Servi Milano” [Figura 1bis] è stata reperita dopo la pubblicazione del catalogo d’asta.

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Figura 1bis. Particolare della scritta all’interno del cassettone di Figura 1.

Ne dà conto Cristina Corsi in un articolo intitolato Una Commode Neoclassica milanese in asta Wannenes, pubblicato sul suo sito [Leggi].
Il mobile appartiene a una famiglia da noi già studiata e convenzionalmente denominata “della lesena a cornucopia” (nota 1) e ha un gemello in un cassettone pubblicato in occasione della mostra Maggiolini & Co., tenutasi a Milano nel febbraio 2021, ivi attribuito all’ebanista GBM (nota 2).
L’autrice sviluppa il suo articolo demolendo il metodo attributivo basato su semplici congetture a beneficio di un approccio in cui solo i documenti, ivi incluse le firme autografe apposte sui mobili, purtroppo rare, consentano di dare ad essi una paternità certa.
Le va riconosciuto il merito di aver pubblicato anche un altro mobile [Figura 2], passato sul mercato antiquario nel 2014, ora in collezione privata, sul quale ricompare, all’interno di una scritta, il nome di Ferdinando Dardanone. Così si legge nella scritta, come riferito nell’articolo: “1780 De 18 xebre Si fano Nella fabricha / di Ferdinando Dardanone / Merchante di Mobilli sul / Cantone di S. Pietro al orto / In porta orientale vicino à S. M.ia / de Servi In Milano al No 609 Gilardo Arosio Giovine / di Botega del So. o Sa. (?) N … o M. (?)” (nota 3).

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Figura 2. Cassettone neoclassico intarsiato, Milano 1780, mercato antiquario.

Si ha in questo modo la definitiva conferma che a questa “bottega” appartengono mobili abbastanza diversi.

Erano già stati da noi identificati con un metodo di tipo attributivo e associati alla famiglia “della cornucopia”, cinque diversi cassettoni.

Il primo [Figura 3], in virtù dello stesso decoro della lesena “a foglioline” che compare in molti esemplari della serie in alternativa alla cornucopia, un secondo [Figura 4] per evidenti analogie con il precedente, soprattutto per quanto riguarda il medaglione centrale, un terzo [Figura 5] per lo stesso nel decoro del primo cassetto condiviso con il mobile di Figura 2, un quarto [Figura 6] per essere pressoché sovrapponibile, a parte il decoro del primo cassetto, allo stesso cassettone di Figura 2 e, infine, un quinto [Figura 7] per lo stesso decoro sul primo cassetto del mobile precedente, oltre che per lo stesso piede (nota 4).

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Figura 3. Cassettone neoclassico intarsiato, Milano, fine del XVIII secolo, mercato antiquario.

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Figura 4. Cassettone neoclassico intarsiato, Milano, fine del XVIII secolo, mercato antiquario.

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Figura 5. Cassettone neoclassico intarsiato, Milano, fine del XVIII secolo, mercato antiquario.

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Figura 6. Cassettone neoclassico intarsiato, Milano, fine del XVIII secolo, Boetto asta non identificata.

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Figura 7. Cassettone neoclassico intarsiato, Milano, fine del XVIII secolo, collezione privata.

È questa l’occasione per includere un tavolino ben noto alla critica, appartenete alle collezioni del Castello Sforzesco di Milano [Figure 8 e 8bis] che Enrico Colle ha attribuito alla bottega di Giuseppe Maggiolini. Questo tavolino “… reca un intarsio al centro del piano raffigurante un tondo con un trofeo di strumenti musicali e le cifre CD” (nota 5), dove la “D” potrebbe corrispondere a Dardanone, ma la C sarebbe spiegabile solo con un altro membro della stessa famiglia.

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Figure 8 e 8bis. Tavolino neoclassico intarsiato, Milano, fine del XVIII secolo, Milano, Castello Sforzesco.

La Corsi sostiene che i mobili di cui alle Figure 1 e 2 sono stati eseguiti dall’ebanista Ferdinando Dardanone, il quale svolgeva sia l’attività di capo di una bottega, sia quella di mercante di mobili.
Rispetto a questa affermazione ci sentiamo di avanzare alcune osservazioni.
La scritta sul mobile di Figura 2 identifica Ferdinando Dardanone come titolare di una “fabricha” e accenna a un “giovine di Botega” (nota 6); tuttavia, egli non compare tra gli artefici citati da vari documenti per aver vinto premi o per essersi distinti in qualche lavoro (nota 7). Strano non abbia lasciato tracce, ai suoi tempi, come ebanista riconosciuto di un certo valore.
Del secondo ruolo, quello di “merchante di mobili”, è stato invece possibile avere conferma nelle scarse note biografiche raccolte su di lui.
L’articolo della Corsi si limita a citare un non meglio identificato approfondimento di Roberto Antonetto (noto studioso del mobile piemontese), secondo cui Ferdinando Dardanone potrebbe essere un discendente del pittore Gaetano Dardanone (1688-1757) oppure del fratello Antonio.
Effettivamente potrebbe essere uno dei dieci figli, quattro dei quali morti in tenera età, che il pittore Gaetano Dardanone, il cui padre si chiamava Ferdinando, ebbe da Teresa Bellotti, sposata nel 1729.
Più precisamente, potrebbe trattarsi di Gian Francesco Ferdinando, battezzato il 12 settembre del 1737. Antonio Dardanone, invece, si sposò nel 1733 con Teresa Perelli ed ebbe sette figli.
Ferdinando Dardanone compare in più fonti come l’antiquario che, nel 1777, vendette all’abate marchese Carlo Trivulzio (1715-1789), collezionista d’oggetti d’arte, una coppa da vino in vetro del IV secolo d. C., nota come “diatreta Trivulzio”, oggi esposta presso il Museo Archeologico di Milano (nota 8).
A testimonianza dei suoi rapporti con i Trivulzio, Ferdinando Dardanone risulta nel 1803, quindi all’età di sessantasei anni, come affittuario di alcuni beni fondiari in Bresso (Mi) di proprietà del Pio Albergo Trivulzio (nota 9).
In conclusione, ciò che sembrava una svolta risolutiva lascia spazio a una serie di domande. Ferdinando Dardanone è l’artefice dei mobili, come sostiene la Corsi, oppure è solo un manager?
In questo secondo caso, chi sono allora gli esecutori materiali dei mobili? GBM oppure il monogrammista CD che sigla il tavolino del Castello Sforzesco di Milano (vedi ancora la Figura 8), oppure ancora il misteriosoSo. o Sa. N o M.”, presunto titolare della bottega che ha prodotto il cassettone di Figura 2?

NOTE

[1] Cassettoni neoclassici lombardi con lesena a cornucopia (settembre 2019) [Leggi].

[2] Contrariamente a quanto può apparire nell’articolo della Corsi, non mi sono mai sbilanciato a favore di GBM come possibile artefice dei mobili appartenenti alla “famiglia della cornucopia”, limitandomi a raggrupparli e a citare attribuzioni avanzate da altri studiosi su alcuni esemplari.
Per quanto riguarda GBM rimando ai numerosi articoli i cui ne ho parlato, l’ultimo dei quali è Imitatore del Maffezzoli e un GBM inedito (febbraio 2022) [Leggi].

[3] Lo stesso mobile era stato presentato in un’asta Boetto a Genova in data 11 febbraio 2014, lotto n. 423, ma la scritta veniva sintetizzata in catalogo come segue: “si fece nella fabbrica di Ferdinando Dardanone 18 dicembre 1786 in Milano”.

[4] Questo mobile è stato pubblicato da Graziano Manni come piacentino (G. Manni, Mobili antichi in Emilia Romagna, Artioli, Modena 1993 p. 169 n. 358; rif. a L. Bandera, Società e cultura nella Piacenza del Settecento: pittura, scultori in legno, arredamento, catalogo mostra, Piacenza 1979, p. 80 n. 49). Per completezza, segnaliamo un mobile pressoché identico con piano in marmo pubblicato da Giorgio Wannenes (G. Wannenes, Mobili d’Italia. Il Settecento. Storia, stili, mercato, Giorgio Mondadori, Milano 1984, p. 171a), già presentato nel catalogo della mostra mercato di Sabbioneta nel 1976 come mobile dell’Italia centrale.

[5] E. Colle, Museo d’Arti Applicate. Mobili e intagli lignei, Electa, Milano 1996, p. 337 n. 611.

[6] Una ricerca su Gilardo Arosio non ha prodotto per ora risultati. Tra gli artefici del legno che abbiamo censito, sono stati reperiti solo un Carlo Arosio e un Paolo Arosio, mercanti di mobili (anche loro) di Lissone, i quali cessano la loro attività commerciale nel 1893.

[7] Si veda, ad esempio: “Un elenco di intarsiatori in legno …” e “Mobilieri ed artisti” pubblicati in C. Alberici, Il mobile lombardo, Gorlich 1969 (De Agostini, 1996), p. 23-24.

[8] Scheda SIRBeC: [Vedi].

[9] Archivio del Pio Albergo Trivulzio. Amministrazione. Inventario, p. 379, classificazione 2.4.5. Bresso, segnatura definitiva 394,2.

Aprile 2022

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