Placchetta raffigurante il trionfo di Amore e una maiolica urbinate
di Attilio Troncavini
Nel suo celebre catalogo ragionato, in due volumi, pubblicato a Parigi nel 1886, Emile Molinier attribuisce alla Scuola di Donatello (1386-1446) una placchetta che intitola Trionfo dell’Amore (Trionphe de l’Amour), mostrandone un disegno [Figura 1]. La placchetta proveniva dalla collezione di Gustave Dreyfus (nota 1) e Molinier menziona anche gli esemplari dei Musei di Berlino e del Museo Nazionale di Firenze, l’attuale Museo del Bargello.
Figura 1. Trionfo dell’Amore, bronzo, cm. 7,6, Molinier 1886, II, p. 46 n. 78, ivi attribuita alla scuola di Donatello, Firenze, fine del XV secolo.
Sempre Molinier annota che questa placchetta ha ispirato l’autore della “porte de Crémone” al Museo del Louvre. Si tratta della famosa porta di Palazzo Stanga, vero “repertorio” di placchette rinascimentali [Figura 2]. In realtà, nella parte inferiore del pilastro sinistro è stato ripreso, neanche troppo fedelmente, il gruppo di putti che sorregge quello che Molinier definisce “une èspece de bouclier” (una specie di scudo) su cui, però non si vede Amore, ma un’altra placchetta (che non ci siamo ancora peritati di identificare) [Figura 3].
Figura 2. Portale in pietra, fine XV secolo, già Cremona, Palazzo Stanga, Parigi, Museo del Louvre.
Figura 3. Particolare di un’incisione raffigurante il portale di Palazzo Stanga.
Come è noto, Donatello, alla cui scuola Molinier riferisce la placchetta, era fiorentino, ma realizza alcuni dei suoi maggiori capolavori a Padova nel decennio 1443-1453.
La corretta identificazione della placchetta, sotto il profilo della provenienza, oscilla proprio, come vedremo, tra Veneto e Italia centrale.
Nel catalogo della Collezione Kress del 1965, John Pope-Hannessy offre una disamina piuttosto attenta della placchetta che attualmente si trova a Washington presso la National Gallery of Art in cui è confluita la collezione di Samuel Kress. Dal sito del museo statunitense ricaviamo che essa viene attualmente attribuita al senese Francesco di Giorgio Martini (1439-1502) [Figura 4 e 4bis].
Figure 4 e 4bis. Trionfo dell’Amore, bronzo cm. 7,72, Washington, National Gallery of Art, inv. 1957.14.135, ivi attribuito a Francesco di Giorgio.
All’epoca, Pope-Hennessy riassumeva la controversa questione attributiva e propendeva per collocare la placchetta a Venezia, ritenendo però corretta una datazione alla fine del XV.
A formare questa convinzione circa la provenienza devono aver contribuito i due ulteriori riferimenti che egli formula, dopo quello a palazzo Stanga: il Trono di Saturno del Museo Archeologico di Venezia, opera romana del I secolo d. C., proveniente dalla Basilica di San Vitale a Ravenna [Figure 5 e 6] e l’acquasantiera da lui attribuita alla bottega di Pietro Lombardo (1435 circa-1515) nella Basilica di san Marco, sempre a Venezia [Figure 7], che mostriamo anche in una fotografia d’epoca sormontata da una vasca di porfido [Figura 8].
Figure 5 e 5bis. Fregi frammentari del Trono di Saturno, marmo, cm. 60 x 70 circa, arte romana, I secolo d. C., Venezia, Museo Archeologico (da Ravenna, Basilica di san Vitale). Fonte: culturaveneta.it.
Figura 7. Acquasantiera, marmo, cm. 145 (altezza) x 53,5 (inferiore) 43,5 (superiore), XV-XVI secolo, Venezia, Basilica di San Marco. Fonte: culturaveneta.it.
Figura 8. Fotografia dell’Acquasantiera di Figura 7, già Collezione Ezra Pound, New York, Hamilton Collage Library.
A proposito dell’acquasantiera è opportuno osservare che la letteratura non è concorde sull’attribuzione alla bottega di Pietro Lombardo e che i putti che la decorano sono, a loro volta, derivati a quelli delle lastre conservate all’Archeologico di Venezia.
Quindi, sarebbe più corretto affermare che sia la placchetta, sia l’acquasantiera sono ispirate al Trono di Saturno, un’opera questa che ha profondamente influenzato l’intera cultura figurativa rinascimentale (nota 2).
Nel catalogo delle placchette del Museo del Bargello, pubblicato nel 1996, Giuseppe Toderi e Fiorenza Vannel Toderi, collocano la placchetta del Trionfo dell’Amore a Venezia alla fine del XV secolo, riesumando i riferimenti forniti da Pope-Hannassy al Trono di Saturno e all’acquasantiera di san Marco, qui assegnata a Pietro Lombardo senza esitazioni. Gli autori aggiungono però un significativo riferimento alla medaglia che il fiorentino Pietro Torrigiani (1472-1528) eseguì tra il 1509 e il 1519 per commemorare Federico da Montefeltro duca di Urbino, che riporta sul verso la stessa raffigurazione della placchetta sostituendo un’aquila alla figura di Amore.
Per quanto riguarda l’attribuzione, nella scheda che correda l’esemplare conservato al Metropolitan Museum di New York, qui riprodotto e denunciato come probabile fusione otto-novecentesca, si legge che il prototipo di deve al Filarete (Firenze 1400-Roma 1469), sconfessando l’attribuzione a Torrigiani [Figura 9].
Figura 9. Medaglia di Federico da Montefeltro, bronzo, cm. 11,28, Washington, National Gallery of Art, inv. inv. 1957.14.1323, ivi attribuita al Filarete (da un originale di).
All’ambito urbinate ci riconduce un altro riferimento alla placchetta che possiamo considerare inedito. Si tratta di una coppa in maiolica raffigurante Giove e Semele che qui vediamo nell’esemplare conservato nel Museo d’Arti Applicate di Budapest [Figura 10, nota 3].
Figura 10. Xanto Avelli-Mastro Giorgio, Giove e Semele, maiolica, diametro cm. 26, Budapest, Museo d’Arti Applicate, inv. n. 4401.
Ci sembra che vi sia una certa attinenza tra i putti (in pietra) che reggono il giaciglio dove è adagiata Semele, qui ridotti a tre e maggiormente distanziati, e quelli che, nella nostra placchetta, sorreggono Amore.
Per altro, Molinier conosceva perfettamente questa coppa per averla pubblicata nel catalogo della Collezione Spitzer di cui egli cura la sezione Les Faïences italiennes, hispano-moresques et orientales, oltre alla sezione Plaquettes nello stesso volume (nota 4).
Conclusione: Venezia, Firenze o Urbino
Xanto Avelli era di Rovigo e si trasferisce nel 1516 a Urbino dove muore; potrebbe quindi benissimo aver conosciuto a Venezia la placchetta con il Trionfo dell’Amore, oppure il Trono di Saturno e l’acquasantiera in San Marco.
Ciò darebbe ulteriore supporto all’ipotesi di una provenienza veneziana della placchetta suggerita da Pope-Hannassy e dai Toderi.
Tuttavia, l’utilizzo della stessa immagine – a parte la sostituzione di Amore con l’aquila – nel verso della medaglia commemorativa di Federico da Montefeltro, eseguita da un artista fiorentino, sia esso Pietro Torrigiani o il Filarete, fa propendere per un’origine toscana della placchetta.
Perché non pensare, allora, come sostiene la scheda sul sito della National Gallery of Art, proprio a Francesco di Giorgio Martini, attivo a Urbino dal 1475 e per buona parte degli anni Ottanta del Quattrocento?
Optiamo per quest’ultima soluzione, seppur prudentemente.
Una curiosità finale: in un contesto completamente diverso, a distanza di circa 200 anni, il bolognese Carlo Cignani (1628-1719) utilizza lo stesso soggetto per un dipinto transitato sul mercato antiquario [Figura 11].
Figura 11. Carlo Cignani, Trionfo dell’Amore, fine XVII secolo, olio su tela, cm. 134 x 191, già mercato antiquario. Fonte: casa d’aste Hampel (Monaco di Baviera).
NOTE
[1] Sulla figura di Gustave Dreyfus, vedi: Alice S. Legé, Gustave Dreyfus, collectionneur et mécène dans le Paris de la Belle Époque, Officina Libraria, Milano 2019.
[2] È probabile che i rilievi siano giunti a Venezia entro la metà del Quattrocento e forse anche prima. Sull’argomento si rimanda alla scheda estesa sul sito culturaveneta.it: dati analitici/descrizione/notizie storico-critiche [Leggi].
[3] Il retro del piatto mostra due scritte sovrapposte: “De Giove e Semele” e “f. L. R.” in blu, “1529” e “M. o. Giorgio da Ugubio” in rosso che consentono di attribuire il decoro a Francesco Xanto Avelli (1487-1542) e il lustro a Giorgio Andreoli detto Mastro Giorgio (1465/70-1555) [Figura A].
Figura A. Retro del piatto di Figura 10.
Sul rapporto tra decorazione delle maioliche e lustro si rimanda all’interessante contributo La bottega di M.o Giorgio e il problema dei lustri a Urbino di Carola Fiocco e Gabriella Gherardi in Atti del Convegno Xanto: Pottery-painter, Poet, Man of the italian Renaissance, Londra, Wallace Collection, 23-24 marzo 2007, pubblicati in Faenza, bollettino del Museo internazionale delle ceramiche in Faenza, XCIII, 2007, IV-VI, p. 299 [Leggi].
[4] La perfetta sovrapponibilità tra le scritte sul retro del piatto (vedi qui sopra Figura A) e il disegno delle stesse pubblicato nel catalogo Spitzer [Figura B] fa ritenere che l’esemplare del museo di Budapest provenga proprio dalla suddetta collezione.
Figura B. Scritta (rielaborazione) tratta da La Collection Spitzer, Vol. IV, p. 30 n. 40.
Tutti i sei volumi della Collezione Spitzer conservati presso la Biblioteca d’Arte del castello Sforzesco di Milano, sono stati meritoriamente digitalizzati a cura Biblioteca Digitale Lombarda (BDL) e sono disponibili sul relativo portale [Vedi].
Bibliografia citata
-E. Molinier, Les bronzes de la Renaissance. Les plaquettes, catalogue raisonné, Parigi 1886 VOLL. I e II.
–La collezione Spitzer, Parigi-Londra 1892.
-E. F. Bange, Die Italianischen Bronzen der Renaissance und der Barock, 2 Teilen, Reliefs un Plaketten. Staaliche Museen zu Berlin. Beschreibung der Bildwerke der Christlichen Epochen, Berlino-Lipsia 1922.
–J. Pope-Hannessy, Renaissance bronzes from the Samule H. Kress Collections. Relief, plaquettes, utensils and mortars, Phaidon, Londra 1965.
-G. Toderi-F. Vannel Toderi, Placchette secoli XV-XVIII nel Museo nazionale del Bargello, SPES, Firenze 1996.
Maggio 2024
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