Dipinto seicentesco di autore ancora incerto e di iconografia svelata. Una storia di collezionismo a Vercelli

della Redazione di Antiqua

Nel decembre dello scorso anno ci giungono alcune immagini di un dipinto [Figura 1] corredate da alcune approfondite considerazioni svolte dal proprietario del dipinto stesso, appassionato collezionista, il quale suggerisce un’interpretazione del soggetto come San Domenico richiede l’intercessione alla Vergine per l’approvazione della regola monastica e un’attribuzione ad Antonio Mondino, attivo a Varese tra il 1610 e il 1633, allievo di Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone (1573-1626). Sull’iconografia e su questa attribuzione mediteremo nella seconda parte dell’articolo.

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Figura 1. Il dipinto in esame, olio su tela cm. 95 x 59, collezione privata, inedito.

Al Morazzone fa diretto riferimento un cartiglio applicato su retro [Figura 1bis] in cui si legge: “Acquistando una cornice antica (tagliata) dove racchiudeva una fotografia del vescovo Fissore (dal Vicario di Gattinara); dietro a detta cornice, piegato in 4, rinvenni detto quadro, che ripulito e restaurato dai fratelli Porta di Milano, fu poi giudicato trattarsi o si presume dell’autore Mazzucchelli detto Il Morazzone“.

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Figura 1bis. Cartiglio sul retro del dipinto di Figura 1.

Ettore Riccardi
Il cartiglio – su cui si legge, in verticale sulla destra, anche: “La cornice è una copia dell’originale” – è una carta intestata Ettore Ricciardi, Vercelli e reca un numero di serie, n. 1792, stampato in alto a destra; subito sotto, la scritta a penna, alternata a caratteri prestampati, che compone Vercelli, 4 ottobre 1921.
Non sappiamo chi abbia acquistato la cornice “antica” – rivelatasi poi una copia oppure sostituita con una copia – e vi abbia ritrovato il dipinto “piegato in 4”.
Possiamo solo supporre si tratti di Ettore Riccardi sul quale abbiamo condotto alcune ricerche, rintracciando un Ettore Riccardi, titolare di un magazzino all’ingrosso di pelliccerie, attivo in Corso Carlo Alberto a Vercelli nel 1922, come si può desumere da una fattura emessa a carico del Marchese di Gattinara in data 9 gennaio [Figura 2, nota 1].

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Figura 2. Fattura della ditta Ettore Riccardi, Vecelli 9.1.1922.

L’impostazione grafica della carta da lettera di Figura 1bis, presumibilmente una bolla di consegna, è molto simile a quella della fattura di Figura 2, quindi pensiamo proprio che si tratti dello stesso Ettore Riccardi (nota 2).

Altri particolari
Nel cartiglio riprodotto nella Figura 1bis e trascritto all’inizio, si legge che il dipinto si trovava ripiegato dietro una cornice contenente la fotografia del vescovo Fissore.
Per la cronaca, si tratta Celestino Matteo Fissore, nato il 2 giugno 1814 ed eletto vescovo di Vercelli dal 27 ottobre 1871 al 5 aprile 1889, data della sua morte (nota 3). Per quanto riguarda il “Vicario di Gattinara” da cui la fotografia pare pervenire, nella chiesa cattolica si intende solitamente per vicariato ciascuno dei distretti in cui è suddivisa territorialmente una diocesi; quello di Gattinara è un vicariato della diocesi di Vercelli.
Più interessante è il riferimento ai “fratelli Porta di Milano” che si occupano di restaurare il dipinto.
I fratelli Porta, infatti, avevano uno studio artistico specializzato in pittura e restauro in via Moscova 27 a Milano, come si ricava da una nota spese datata 4 maggio 1911 [Figura 3].
Uno dei due si chiamava Tolomone e, dalla testimonianza di un loro lavorante, risulta che la bottega fosse ancora attiva almeno all’inizio degli anni Ottanta del Novecento.

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Figura 3. Nota spese della ditta Fratelli Porta, Milano 4 maggio 1911.

Da altri documenti disponibili in rete apprendiamo che, per il restauro di una Madonna in trono e i Santi Pietro e Andrea di Ludovico Mazzolino (1480-1528), attualmente a Cremona presso il Museo Ala Ponzone, nel 1910 venne chiesto un preventivo ai fratelli Porti da parte di Ettore Modigliani (1873-1947), il quale, proprio in quell’anno, era diventato soprintendente alle Gallerie, ai Musei Medievali e Moderni e agli Oggetti d’arte di Milano (nota 5); nel 1928, i fratelli Porta forniscono un preventivo per il restauro di 79 dipinti antichi contenuti nel palazzo Falletti di Barolo a Torino (nota 6).

L’iconografia
L’identificazione in San Domenico del personaggio principale sembrava giustificata dalla presenza, accanto alle sue ginocchia, del libro e del giglio, simbolo di purezza, ma anche della sua devozione alla Vergine. Tuttavia, la scena non rappresenta San Domenico, bensì San Giacinto Odrowąż (1185-1257), religioso polacco dello stesso ordine domenicano. Nell’arte barocca, il santo è spesso raffigurato in ginocchio mentre riceve la visione della Vergine che gli concede la sua intercessione.
Non vi sono dubbi che si tratti di San Giacinto per la compresenza di due suoi attributi caratteristici: l’ostensorio, sorretto da due angeli al centro del dipinto e, soprattutto, la statua della Madonna con Bambino che si intravede, in basso a sinistra, tra il fogliame. Infatti, secondo la tradizione, San Giacinto avrebbe messo in salvo una statua della Madonna fuggendo, camminando sulle acque del fiume Nistro (Ddnestr che scorre tra Ucraina e Moldavia) durante un’incursione dei Tartari (nota 7).
La tela in esame è stata certamente ridotta di dimensione, come si deduce dal “taglio” della mano sinistra di San Giacinto e da altri particolari (nuvole, angeli) che appaiono incompleti; non possiamo però affermare che in alto a sinistra ci fosse un’apparizione della Vergine alla quale il santo rivolge lo sguardo.

L’autore del dipinto
Assai più complesso risulta avanzare un’attribuzione del dipinto a un determinato autore.
Per questo abbiamo consultato vari esperti, giustamente restii a pronunciarsi sulla base di sole immagini fotografiche non professionali, anche perché è alquanto difficile orientarsi nell’ambito della pittura seicentesca lombarda in cui l’opera si colloca.
È opinione prevalente che siano da escludere sia il Morazzone, sia il suo allievo Antonio Mondino perché la composizione risente già del gusto barocco che si afferma attorno al 1650, inducendo a orientarsi verso un ancora anonimo pittore, possibilmente lombardo, che tenta di avvicinarsi alla maniera moderna dei fratelli Nuvolone, Carlo Francesco (1609-1662) e Giuseppe (1619-1703).

Possibili sviluppi della ricerca
Nel corso dell’indagine ci è stato fatto notare che non devono essere molti, in Lombardia, gli altari intitolati a San Giacinto Odrowąż. Può quindi darsi che in qualche archivio ecclesiastico salti all’occhio la documentazione relativa alla commissione di una pala raffigurante il santo, non più reperibile perché dispersa. Saremmo grati a qualunque studioso per un’eventuale segnalazione.

NOTE

[1] A Vercelli esisteva anche un negozio di pellicceria a cappelleria intestato a certo Riccardi Camillo con sede in Piazza Cavour 18 [Figura A].

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Figura A. Locandina della ditta Camillo Riccardi, inizi XX secolo, Litografia Maurer, Torta e Pecco Torino (fonte: VercelliAnticheImmagini).

Non siamo in grado di precisare la datazione, ma la litografia che ha stampato la locandina è la ditta Maurer, Torta e Pecco, fondata nel 1897 come Maurer, Torta e C. e indicata con la denominazione comprendente anche Pecco in un documento di inizio Novecento.

[2] Si ha inoltre notizia di una lite giudiziaria, databile tra il 1924 e il 1926, tra Ettore Riccardi, in veste di creditore e la contessa Corinna di Quinto Beglia. Gli atti sono conservati nell’Archivio di Stato di Vercelli, inventario dei documenti della famiglia Beglia Avogadro di Quinto [Vercellese] (Mazzo 28).

[3] Notizie tratte da diversi siti, tra cui: Vedi .

[4] La testimonianza è resa da Fredy Ripamonti, abitante di Albino (Bg), specializzato nel restauro di quadri e affreschi (Vedi).

[5] Vedi.

[6] Vedi.

[7] Vedi.

Si ringraziano tutti gli studiosi che hanno collaborato all’esame del dipinto: Federico Cavalieri, Vito Zani e, in particolare, Guerrino Lovato, scultore e iconografo, per l’identificazione di San Giacinto.

Settembre 2024
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