Incisione firmata da Annibale Carracci
della Redazione di Antiqua
Emerge da una collezione privata un’incisione firmata Anibale Caracci in basso a sinistra (Figura 1 e 1 bis). L’iconografia è incerta e proprio la corretta identificazione del soggetto rappresentato costituisce il fattore di maggior interesse.
Figura 1 e 1 bis. Acquaforte firmata Annibale Caracci [sic], cm. 29 x 29.
Di Annibale Carracci sono note 21 incisioni a stampa di cui 11 datate dal 1581 al 1606, 16 basate su suoi disegni e 5 riproducenti disegni di altri artisti.
Annibale non firma mai per esteso e la maggior parte dei soggetti sono religiosi. Tra quelli profani, il più celebre è noto come Giove e Antiope, talora interpretata come Venere insidiata da un Satiro.
L’esemplare conservato a Milano nella Raccolta Bertarelli (art. cart. p. 6-73) è firmato A.C. 1592.
Nella stessa raccolta troviamo un’acquaforte raffigurante Diana e Atteone (art. cart. p. 6-74) firmata A. Carr. e una Leda e il Cigno (art. cart. p. 6-75) firmata Anib. Caracci, entrambe solo attribuite.
Non pare di riscontrare particolari affinità, anche in termini di qualità, tra l’incisione in esame e quelle di Annibale Carracci o a lui attribuite, d’altro canto lo scopo dichiarato non è quello di verificarne la paternità quanto il soggetto.
Vediamo un uomo in arme con in mano una torcia affiancato da una donna a seno nudo reggente anch’essa una torcia; tra i due, in posizione sottostante, si intravede un personaggio che si copre parzialmente il volto con l’avambraccio; dietro di loro si vedono delle persone che banchettano e sullo sfondo le mura merlate esterne di una città.
Diremo subito che la ricerca non ha condotto a una soluzione soddisfacente, quindi le soluzioni qui di seguito enumerate hanno carattere di proposta.
Enea e Venere
In prima battuta viene spontaneo pensare che i due personaggi siano Enea e la madre Venere, così come li vediamo spesso accomunati in varie raffigurazioni: lui vestito dell’armatura che Venere gli ha fatto forgiare da Vulcano, lei a seno scoperto.
I due appaiono anche in una scena del fregio affrescato da Ludovico, Agostino e Annibale Carracci in una sala di Palazzo Fava a Bologna (Figura 2).
Figura 2. Ludovico, Agostino e Annibale Carracci, Storie di Enea (particolare), affresco, Bologna, Palazzo Fava.
La scritta che vi compare recita: AT VENUS AENEAM CERTANTEM EX IGNAE RECEPIT, ossia “ma Venere trasse dal fuoco il combattente Enea”, riferendosi al momento in cui Venere dissuade Enea dal buttarsi nella lotta e gli rammenta la necessità di salvare la sua famiglia.
Non risulta che l’esametro appartenga all’Eneide. Per amore di precisione, la versione corretta dell’esametro sarebbe con IGNE e non IGNAE, così come riportato nell’incisione che ne trae Giuseppe Maria Mitelli (Bologna 1634-1718) nel 1663.
Nell’incisione che stiamo esaminando, il personaggio femminile identificabile con Venere sembra effettivamente mostrare all’uomo in arme una via d’uscita, ma alle loro spalle non sembra stia infuriando una battaglia, le mura merlate sembrano racchiudere la città all’interno e men che meno si giustifica il personaggio ai loro piedi nonostante il suo gesto sembri indicare spavento.
Giasone e Medea
Sempre seguendo il filo che lega l’incisione ai Carracci, una seconda ipotesi potrebbe essere quella di identificare nei due personaggi Giasone e Medea.
Li vediamo infatti raffigurati in un altro ciclo di affreschi eseguiti da Ludovico, Agostino e Annibale Carracci per Palazzo Fava e portato a termine nel 1584. Ci si riferisce in particolare alla scena in cui Medea si innamora di Giasone e gli consegna in un’ampolla l’unguento magico che lo renderà invulnerabile (Figura 3).
Figura 3. Ludovico, Agostino e Annibale Carracci, Storie di Giasone e Medea (particolare), affresco, Bologna, Palazzo Fava.
Nell’affresco vediamo alle loro spalle il banchetto offerto a Giasone e ai suoi compagni da Eete padre di Medea, lo stesso banchetto che pare di scorgere nell’incisione. Vi compare anche Cupido bendato che unisce le mani dei due amanti in cui si può difficilmente identificare il personaggio che si para con il braccio.
Si potrebbe allora far riferimento a un successivo episodio della saga in cui Giasone, sempre assistito da Medea, trafuga il vello d’oro sottraendolo a un drago (Figura 4), per poi fuggire insieme a Medea portando con loro “in ostaggio” il di lei fratello Absinto.
Figura 4. Beaumont Claudio Francesco (1694-1766), Giasone e Medea, olio su tela, cm. 81 x 99, già Londra, Christie’s 7 luglio 2009 n. 62.
Potrebbe essere lui il personaggio ai loro piedi e l’espressione di terrore potrebbe essere presaga di quanto gli sta per accadere; Medea infatti lo uccide per ritardare il passo di Eete che si era posto al loro inseguimento. Quindi l’incisione potrebbe rappresentare due momenti successivi della vicenda di Giasone e Medea: il loro innamoramento dopo il banchetto e la successiva fuga.
Marte e Venere
L’ultima ipotesi è che i due personaggi siamo Marte e Venere, spesso accomunati. La fiaccola accesa, qui retta da entrambi, è riconosciuta come attributo di Venere in quanto simbolo di amore.
Potrebbero essere stati raffigurati più o meno con lo stesso significato espresso da Rubens nel dipinto intitolato Le conseguenze della guerra e conservato a Palazzo Pitti a Firenze (Figura 5).
Figura 5. Rubens Pietro Paolo, Le conseguenze della guerra, 1637, olio su tela cm. 206 x 342, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina a Firenze.
Le fiaccole potrebbero significare l’intenzione di appiccare il fuoco e far scoppiare la guerra, proposito intuito dal personaggio misterioso, mentre alle loro spalle la vita si svolge inconsapevole.
Nel dipinto di Rubens, tuttavia la scena si svolge in modo assai drammatico e Venere fa di tutto per dissuadere Marte mentre viene trascinato dalla furia Alecto.
Nota (3.7.2020)
In calce all’articolo pubblicato su Antiqua.mi veniva specificato che le tre ipotesi lasciavano la soluzione ancora aperta e chiunque avrebbe potuto contribuire con proprie idee o nuove ipotesi scrivendo alla Redazione di allora.