La desolazione dei luoghi santi di Maarten de Vos
della Redazione di Antiqua
L’incisione intitolata La desolazione dei Luoghi Sacri [Figura 1] si presenta tanto interessante quanto complessa.
Figura 1. H.Wierix-J.Sadeler (da Maarten de Vos), Desolatio Sacrorum Locorum, incisione a bulino, cm. 21,1×26,6, Anversa (?), fine XVI secolo, Collezione Cagnola, Gazzada (Va).
Essa mostra una scena apocalittica nella quale compare in primo piano un gruppo di figure, sullo sfondo si vede una città in fiamme e un’orda di devastatori che l’abbandonano portando con se bottino e prigionieri, mentre nel cielo si scatenano fenomeni terribili come eclissi e cadute di stelle.
Del gruppo di figure fanno parte, da sinistra, un uomo in piedi con uno strano cappuccio in testa, un paio di occhiali, una lunga barba e un libro mentre si rivolge agli altri. Tra di loro si distingue un uomo seduto di spalle con l’aria assente e pensierosa, due donne che tentano di tranquillizzare dei bambini, due figure in piedi dall’aspetto preoccupato che sembrano reggere un fagotto e, all’estrema desta, una bambina seduta con le orbite vuote e le braccia incrociate sul petto.
Gli autori
Sotto la scena leggiamo, a sinistra al centro e a destra, leggiamo i nomi degli autori e precisamente:
M de Vo(s) inuentor
I.H.W. fecit
Sadleri excud
M de Vo(s) sta per Maarten de Vos (1532 – 1603), celebre pittore di Anversa che ventenne si trasferisce in Italia visitando Roma, Firenze e stabilendosi Venezia dove diventa allievo di Tintoretto, prima di rientrare in patria nel 1558.
La scritta inuentor (inventore) significa che è lui l’autore del soggetto rappresentato; spesso, infatti, le stampe erano tratte da dipinti o disegni. Nel caso specifico, è probabile che la nostra incisione sia tratta in controparte da un disegno firmato e datato 1582 [Figura 2].
Figura 2. Marteen de Vos, Desolatio Sacrorum Locorum, disegno firmato e datato 1582, ubicazione ignota.
La sigla I.H.W. dovrebbe celare Hyeronimis Wierix (1553 ca. – 1619), incisore a bulino anch’egli originario di Anversa che spesso si firmava, appunto IHW (nota 1) e fecit lo indica come esecutore dell’incisione.
Infine, Sadleri è il cognome italianizzato di Jan Sadeler (Bruxelles 1550 – Venezia 1600 ca.), anch’egli fiammingo e incisore a bulino (nota 2). Il termine excud (excudit) [da excudo = foggiare, comporre] può indicare, in questo caso, la persona che può aver completato l’incisione, oppure portato a termine il processo di stampa.
La traduzione
Ai piedi dell’incisione, ai lati del titolo Desolatio Sacrorum Locorum (La desolazione dei Luoghi Sacri), troviamo due iscrizioni in latino, complete ririferimenti, che dovrebbero fornire la spiegazione della scena rappresentata, evitando di addentrarci in difficili e insidiose interpretazioni.
La prima è tratta dall’AnticoTestamento e recita:
Et ciuitatem [civitatem] et sanctuarium dissipabit [dissipavit] populus cum duce venturo
et finis eius vastitas et post finem belli statuta desolatio.
Et usque ad consumationem et fine perseuerabit (perseverabit) desolatio.
Daniel 9
ossia
Il popolo con un capo che verrà distruggerà [dissipo = anche, distruggere] la città e il tempio
e la sua fine [avverrà] con devastazione e dopo la fine della guerra [sarà] decretata la desolazione.
E la desolazione persisterà fino al compimento [consummatio] e alla conclusione.
Si tratta di una trasposizione quasi integrale del brano di Daniele (9, 26) il quale si sta interrogando (siamo nel primo anno di Dario, figlio di Serse, durante la cattività babilonese) a proposito del numero di anni di cui il Signore aveva parlato al profeta Geremia nei quali si doveva compiere la desolazione di Gerusalemme. Gli appare allora (l’arcangelo) Gabriele che gli fornisce delle spiegazioni (Daniele 9, 24-27). Il significato della profezia di Daniele, nota come profezia delle 70 settimane, è piuttosto complesso. In estrema sintesi viene interpretata come una previsione della venuta di Cristo e della sua Passione e Morte. A noi interessa la dichiarazione contenuta in Daniele 9, 26-27 che annuncia la distruzione di Gerusalemme avvenuta nel 70 d.C. ad opera dei Romani.
Non sappiamo a che punto fosse il dibattito teologico alla fine del XVI secolo quando è stato ideata la scena raffigurata nell’incisione, quindi pensiamo che l’autore abbia voluto semplicemente dare una rappresentazione del passo di Daniele, adattandolo ai costumo dell’epoca, per collegarlo, in chiave altrettanto apocalittica, ai passi dei Vangeli di Marco e Luca (nota 3).
La seconda iscrizione, quella di destra, è tratta appunto dal Nuovo Testamento e recita:
Vae autem pregnatibus et nutrientibus in illis diebus.
Erit enim preβura (pressura) magna super terram et ira populo huic.
Et Ierusale(m) calcabitur a ge(n)tibus.
Tunc si quis nobis dixerit, ecce hic est Christus aut illi(s): nolite credere. Surget enim pseudochristi et pseudoprophete.
Luc. 2(1) Mar. 24.
ossia
Guai per contro alle (donne) incinte e (alle donne) che allattano in quei giorni.
Vi sarà infatti una grande calamità sulla terra e ira nei confronti del popolo.
E Gerusalemme sarà calpestata dai pagani.
Allora se qualcuno ci dirà, ecco Cristo è qui oppure è lì: non credete.
Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti.
Queste frasi, non tutte e combinate in modo diverso, sono reperibili effettivamente nel Discorso Escatologio del Vangelo secondo Luca (Lc 21, (8)-23-24) e ne La vittoria finale del regno del Vangelo secondo Matteo (Mt. 24, 19-23-24).
Mentre nel brano riportato da Daniele, l’immagine rappresentata nell’incisione trova riferimenti piuttosto generici (scene di devastazione), qui i riferimenti sono più puntuali.
Ad esempio, la figura femminile seduta al centro della scena appare gravida e quella sulla destra tiene in braccio un bambino che potrebbe aver appena allattato (Vae autem pregnatibus et nutrientibus in illis diebus), la città sullo sfondo potrebbe essere Gerusalemme devastata dai pagani (Et Ierusale(m) calcabitur a ge(n)tibus) e infine il personaggio sulla sinistra, il più complesso da decifrare, potrebbe essere uno dei falsi profeti di cui si parla parla (Surget enim pseudochristi et pseudoprophete). Saremmo indotti a crederlo dall’atteggiamento da imbonitore con il quale pare rivolgersi agli astanti atterriti, dal libro e dagli occhiali potrebbero aiutarlo a presentarsi come saggio; anche l’abito crea confusione: sotto il mantello egli indossa un pettorale che sembra una corazza, ma potrebbe anche ricordare l’ephod della tradizione ebraica, per non parlare dello strano copricapo sormontato da una mezzaluna, quasi a suggerire forme di commistione tra simboli di varie confessioni religiose.
Per alcune immagini rappresentate nell’incisione, soprattutto per quanto riguarda il verificarsi di eventi celesti straordinari, troviamo riferimenti in altri brani di Luca e Matteo non riportati nelle scritte. Ad esempio: Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle (Lc 21, 25), oppure: Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, gli astri cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte (Mt 24, 29).
Iconografia
Passando dalle fonti letterarie a quelle iconografiche, non saranno sfuggite le pose michelangiolesche di alcuni dei personaggi rappresentati. Ad esempio, la figura centrale trova una certa corrispondenza nella Madonna del cosiddetto Tondo Doni [Figura 3].
Figura 3. Michelangelo, Sacra Famiglia (Tondo Doni), Firenze, Uffizi.
Inoltre, il vecchio seduto di spalle in primo piano e l’altra figura femminile ricordano i personaggi, spesso ritratti in copia che Michelangelo dipinge nelle Vele e nelle Lunette della volta della Cappella Sistina in Vaticano.
Un primo tentativo di interpretazione
La presenza di un testo in calce e i relativi riferimenti ai testi biblici consentono di decifrare l’immagine, ma non aiutano a interpretarla.
In soccorso potrebbe venire la biografia di Maarten de Vos al quale si deve l’invenzione del soggetto. Il pittore nasce di fede protestante, quindi si sarebbe tentati di dare all’immagine un significato anti papista: come già nel 70 d.C. i Romani distruggono il Tempio di Gerusalemme, così la Chiesa di Roma fomenta le guerre di religione che portano la distruzione in Europa (nota 5).
Si ringrazia mons. Eros Monti per il confronto su alcuni dei temi trattati in questo articolo e il sig. Franco Airaghi per il contributo fornito nella traduzione.
Rispetto alla pubblicazione originaria su Antiqua.mi (marzo 2014) l’articolo ha subito alcune modifiche (vedi nota 4).
NOTE
[1] G.Milesi, Dizionario degli incisori, Minerva Italica, Bergamo 1989, p. 344.[2] Milesi, op. cit., p. 284; altre fonti lo dice morto nel 1610 (Luigi Malaspina, Catalogo di una raccolta di stampe antiche, Vol. 3, ed. Gio. Bernardoni, Milano 1824, p. 68); altre ancora parlano di un Johan (italianizzato Giovanni) Sadeler (Anversa1572- Verona/Venezia 1596 ca.), membro di una delle più importanti famiglie di incisori fiamminghi, figlio di Egidio e attivo con il fratello Raffaello principalmente ad Anversa, in Germania e infine in Italia. Membro della Gilda di San Luca, una sorta di accademia degli artisti di Anversa, collabora con molti editori e la sua produzione è molto vasta: interessa soggetti sacri, ritratti e paesaggi.
[3] In realtà, il collegamento con Daniele si legge chiaramente proprio nel Vangelo secondo Matteo: Quando dunque vedrete l’abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo -chi legge comprenda (Mt. 24, 15).
[4] Nella prima stesura dell’articolo, antecedente al ritrovamento di un’immagine leggibile del disegno firmato e datato 1582, era stata fornita anche un’ipotesi di interpretazione di segno diametralmente opposto, per la quale si dichiarava di propendere, ossia che l’incisione rappresenti una critica proprio alla riforma protestante e al fenomeno iconoclastico da essa promosso. Nel 1579 vengono completamente distrutte le opere d’arte della Cattedrale di Anversa, città natale di Maarten de Vos, per altro avamposto cattolico in una regione prevalentemente protestante. L’immagine potrebbe far riferimento proprio a episodi come questi, tenuto conto che nel 1584 il pittore si riconcilia con la fede cattolica, divenendo anzi modello artistico di riferimento per i pittori contro riformati dei Paesi Bassi meridionali.