Figura di baccante in porcellana di Ludwigsburg
della Redazione di Antiqua
Una bella figura in porcellana raffigurante una Baccante [Figura 1] offre l’opportunità non solo per precisarne epoca e provenienza, ma anche per formulare alcune osservazioni di carattere filologico.
L’opera è stata eseguita nella manifattura di Ludwigsburg (Germania) alla fine del XVIII, come dimostra un confronto con una figurina del tutto simile [Figura 2], tranne che per alcuni dettagli come la corona di grappoli d’uva che cinge il capo della prima, databile al periodo 1780-1793.
Entrambe sono tratte da un modello di Johann Christian Wilhelm Beyer eseguito attorno al 1765.
Figura 1. Baccante, porcellana, Manifattura di Ludwigsburg (Germania), fine del XVIII secolo, collezione Corradi Dell’Acqua.
Figura 2. Baccante, porcellana, altezza cm. 20, Manifattura di Ludwigsburg (Germania), fine del XVIII secolo.
Entrambe sono tratte da un modello di Johann Christian Wilhelm Beyer eseguito attorno al 1765.
Il marchio non presenta quei caratteri di nitidezza che potrebbero fornire garanzie circa l’esattezza dell’epoca [Figura 1 bis], tuttavia sembra di leggervi la presenza di due C incrociate sormontate da una grande corona che consentono di datare il manufatto a un epoca anteriore al 1793 (nota 1).
Figura 1bis. Marchio, dettaglio della Figura 1.
Ciò che desta qualche curiosità, per come è stato rappresentato, è il soggetto: una Baccante.
“Così venivano chiamate le Donne, che andarono con Bacco alla conquista delle Indie, facendo dappertutto molti schiamazzi, e grida per pubblicarne le di lui vittorie. Durante la cerimonia de’ Baccanali, e Orgie, elleno correano vestite di pelli di Tigri, scapigliate, con Tirsi, e Facelle nelle mani, urlando orrendamente” (nota 2).
Qui però non vediamo gli attributi tipici della Baccante ossia la pelle di animale, eventualmente la fiaccola (facella) e il tirso, bastone rituale dei seguaci di Bacco (Dioniso), formato da un’asta di legno sormontata da una pigna e avviluppata da edera e pampini di vite. In genere la Baccante non veste pelli ferine, bensì una pelle di cerbiatto detta nebris, come si vede nell’immagine vascolare in cui il cerbiatto pare venga brandito piuttosto che indossato [Figura 3].
Figura 3. Baccante, frammento di cratere attico a figure rosse, 480 a.C. circa, Parigi, Museo del Louvre.
La nostra Baccante ha il capo coronato di pampini e grappoli d’uva, un richiamo a Bacco anche se la tradizione le vorrebbe cinte d’edera, ed è intenta a sgozzare un capra facendone sgorgare il sangue in un catino.
Tutte queste apparenti licenze ci hanno indotto a cercare confronti nelle fonti classiche, partendo dalla tragedia le Baccanti di Euripide. Troviamo il brano di riferimento ai versi 136-140 in cui si legge:
“Dolce sui monti, quando staccandosi di corsa dal Tirso, cade a terra, vestito della sacra nebride, bramando sangue di capri uccisi, delizia di carne crude, mentre va verso i monti di Frigia, di Lidia, colui che (ci) guida, è Bromio evoé (nota 3).
Il passo non è di facile interpretazione. Sembra di poter dire che sia Bromio, ossia Bacco-Dioniso, a dissetarsi del sangue del capro, tuttavia, non era mai il dio a compiere il sacrificio, ma qualcuno per lui.
Si potrebbe quindi pensare, anche se non esplicitato, che sia una Baccante a sacrificare il capro offrendolo al dio perché si disseti del suo sangue e si delizi della sua carne.
Questo giustificherebbe il soggetto della figura in porcellana, attribuendo al suo ideatore un un’interpretazione oltremodo raffinata del verso originale.
Per contro, in nessun verso delle Baccanti di Euripide, una Baccante compie un sacrificio in modo rituale, piuttosto esse uccidono animali – ma si tratta di vitelle, giovenche e tori – smembrandole a mani nude.
Plausibilmente l’autore della figura di Baccante in porcellana deve essersi ispirato alla tragedia di Euripide del tutto liberamente. Pur nella sua semplicità, ciò rende il soggetto originale, anche perché, allo stadio attuale della ricerca, non è stato possibile identificare alcuna immagine (dipinti, rilievi, incisioni, altro) che possa averne costituito la fonte iconografica.
Più in generale, possiamo dire che la Baccante, in quanto soggetto tratto da una tragedia di Euripide, potrebbe rientrare nel clima culturale della Germania del tempo, ossia la seconda metà del Settecento.
Nella primavera del 1799 il poeta tedesco Friedrich Hölderling (1770-1843) traduce il prologo delle Baccanti di Euripide (nota 4), ma, ancor prima, il personaggio di maggior spicco in questo contesto è Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781). Scrittore, filosofo e drammaturgo tedesco, di religione protestante, Lessing aveva per Euripide una particolare predilezione. Egli si proponeva come il liberatore del teatro tedesco dagli influssi stranieri, convinto che i francesi avessero tradito lo spirito dei Greci. E’ nota inoltre la sua polemica contro Winckelmann (1717-1768) e contro il classicismo (nota 5).
NOTE
[1] II marchio rappresentato da una corona che sormonta la lettera L in corsivo caratterizza i manufatti prodotti a Luswigsburg tra il 1793 ed il 1795 circa. Dobbiamo allo studioso Gianni Giancane, che ringraziamo, le note tecniche di identificazione della porcellana e la segnalazione dei relativi confronti.
[2] Dizionario delle favole ad uso delle pubbliche scuole di Venezia, Giabattista Novelli, Venezia 1775, ad vocem.
[3] Traduzione di Eugenia Fantone, che ringraziamo. Bromio è uno degli appellativi di Bacco-Dioniso e significa “il rumoroso”, evoé è un’esclamazione di giubilo tipica delle Baccanti. E’ stato anche consultato: Euripide, Le Baccanti, a cura di Giulio Guidorizzi, Marsilio, Venezia 1989.
[4] Gentili Carlo, La filosofia come genere letterario, Pendragon, Bologna 2003, p. 190.
[5] D’Amico Silvio, Storia del teatro drammatico, I, Grecia e Roma-Medioevo-dal Rinascimento al Romanticismo, Garzanti, Milano 1960, p. 58 e p. 339.