Le vedute della Gazzada del Bellotto. Parte I
di Paolo Trevisan

Questo contributo costituisce la sintesi di un lavoro più vasto e completo partito per discutere il punto da cui Bernardo Bellotto potrebbe aver dipinto le celebri vedute della villa e del borgo di Gazzada (Va) che oggi si trovano a Milano alla Pinacoteca di Brera [Figure 1 e 2].

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Figura 1. Bernardo Bellotto, Veduta di Villa Perabò, 1744, Olio su tela, Milano, Pinacoteca di Brera.

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Figura 2. Bernardo Bellotto, Veduta del borgo di Gazzada, 1744, Olio su tela, Milano, Pinacoteca di Brera.

Più precisamente si tratta di identificare i luoghi in cui Bellotto può essersi verosimilmente posizionato con una camera ottica e il materiale necessario per fare schizzi e disegni da utilizzare poi per la composizione dei suoi dipinti.
Come si può evincere dal confronto tra le due vedute poste una accanto all’altra, la linea d’orizzonte taglia le due opere allo stesso livello. Questo indica che i punti di vista dei due dipinti dovevano trovarsi alla stessa altezza.

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Confronto tra le Figure 1 e 2.

La veduta della villa
Iniziamo dalla veduta della villa, talvolta definita Villa Melzi d’Eril e ora correttamente Villa Perabò, poiché, quando nel 1744 Bellotto la ritrae, era di proprietà della famiglia Perabò che l’aveva fatta edificare all’inizio del Settecento. Solo nel 1838 fu venduta dai Perabò ai Melzi d’Eril, i quali a loro volta la cedettero ai Cagnola che le hanno dato l’attuale denominazione di Villa Cagnola.
L’ipotesi che avanzo è che Bellotto eseguì la veduta della villa e della parte sinistra del quadro dalla torre dei santi Cosma e Damiano [Figura 3] in località Schianno che oggi forma con Gazzada un unico comune (nota 1). Per quanto riguarda la parte destra, ossia lo scorcio del lago di Varese, dirò poi.

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Figura 3. Torre dei santi Cosma e Damiano, località Schianno (foto d’epoca).

Per informazione, la base della torre poggia infatti su una collina che in quel punto misura circa 390 metri sul livello del mare.
Nel 1744 l’aspetto della torre era completamente diverso. Nei primi anni del secolo scorso, Guido Cagnola, ultimo discendente diretto della sua famiglia, ne fece smantellare la parte superiore, per collocare al suo interno una cisterna dell’acquedotto.
Sull’aspetto originale della torre non abbiamo certezza, ma abbiamo ritrovato negli archivi del Comune di Schianno alcuni documenti del 1922, relativi alla delibera del consiglio comunale, che autorizzava l’abbattimento della vecchia torre e la sua ricostruzione per fare posto alla cisterna dell’acquedotto. La presenza della cisterna ne ha modificato gli spazi interni, consentendo oggi l’accesso alla sommità solo attraverso una piccola e ardita scala a pioli fissata alla sua parete interna
Su questa sommità, probabilmente per rendere la torre più simile ad un campanile, è stata costruita una cupola conica che, con la sua base circolare, occupa quasi tutto quello che nel 1744 avrebbe potuto essere un terrazzo, coperto da un tetto a falda inclinata come appare dall’ingrandimento del dipinto del borgo [Figura 4].

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Figura 4. Ingrandimento di un dettaglio della Figura 2.

Sulla terrazza di questa torre, il Bellotto avrebbe potuto accedere con la sua ingombrante camera ottica.
Ancora oggi dalla torre dei Santi Cosma e Damiano di Schianno è possibile individuare lo scorcio di paesaggio che l’artista scelse per ritrarre Villa Perabò.
Abbiamo messo a confronto il dipinto con l’immagine scattata dalla torre e abbiamo inserito graficamente le modifiche apportate da Bellotto [Figura 5].

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Figura 5. Sovrapposizione tra dipinto di Figura 1 (linea rossa) e la fotografia scattata dalla torre di Cosma e Damiano.

Come si può notare dall’elaborazione, la posizione della villa è identica. L’edificio attuale è parzialmente schermato da alberi, è sparito il belvedere che compare nel dipinto (vedi ancora la Figura 1) e gli antichi rustici sulla destra della villa sono stati sostituiti dal moderno edificio sede dell’Istituto Superiore di Studi Religiosi di cui la villa fa parte.
Inoltre, rispetto alla realtà, nel dipinto la cordigliera dei monti innevati è molto più bassa e sulla destra compare il lago di Varese.
Infine, Bellotto elimina il borgo che si vede a sinistra – e che pure esisteva con tanto di campanile come dimostra l’altra veduta – e sposta in primo piano, al centro del quadro, una casa che nella realtà si trovava e si trova tutt’oggi più a sinistra e più arretrata (in nero nell’elaborazione).
La casa in primo piano
E’ stato possibile individuare con esattezza a Gazzada la casa in questione grazie all’analisi degli intonaci cinquecenteschi e degli affreschi, rappresentanti un sole di San Bernardino tra due stemmi araldici. Tale costruzione corrisponde ancora oggi ad una porzione del fabbricato che si affaccia su via Italia Libera (allora via principale del villaggio) quasi di fronte alla chiesa di Santa Croce [Figure 6 e 7].

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Figura 6 e 7. Porzione di fabbricato, Gazzada, via Italia Libera.

A livello della strada è tuttora possibile vedere la porta di sinistra di questo edificio dipinto dal Bellotto [Figura 8].

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Figura 8. Particolare di Figura 1.

Sul lato destro della porta sporge dal muro per circa 12 centimetri un sasso, che stava alla base della scaletta in pietra che conduceva all’altra porta che si vede nel quadro, oggi murata. È plausibile ritenere che questa costruzione, tuttora di proprietà della curia, fosse la canonica, poi inglobata in altri edifici nel 1788, data incisa sulla chiave di volta del portone di quello che, attualmente, è un cortile.
La vista del lago
Come già abbiamo evidenziato, Bellotto non riproduce la sommità della collina a destra della villa e fa invece vedere il lago di Varese. Dalla torre di Schianno si può anche godere della vista di uno scorcio di lago ma questa non coincide con quello raffigurato nella tela.
A Morazzone, comune limitrofo a Gazzada, si trova una torre detta del Roccolo [Figura 9], situata a 450 metri sul livello del mare, circa 50 metri più alta della torre dei santi Cosma e Damiano di Schianno.

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Figura 9. Torre detta Roccolo, Morazzone (Va).

Dal Roccolo di Morazzone si gode una vista del lago [Figura 10] che si sovrappone perfettamente con quella che ci mostra Bellotto, come è possibile constatare dall’elaborazione grafica [Figura 11]. Il lieve spostamento del monte Rosa risponde alle esigenze compositive dell’opera, così come quello della casa in primo piano di cui si è detto sopra (nota 2).

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Figura 10. Veduta del Lago di Varese dal Roccolo di Morazzone.

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Figura 11. Sovrapposizione tra dipinto di Figura 1 e veduta di Figura 10.

Una prima conclusione
Riassumendo, possiamo identificare due punti di vista di cui si è servito Bellotto per comporre la veduta della villa: uno collocato sulla torre dei santi Cosma e Damiano, da dove l’artista ritrae la villa e la parte sinistra del quadro, l’altro, il Roccolo di Morazzone, da cui viene visto il lago e da questa prospettiva nasce la modifica del profilo della collina (nota 3).
Il paesaggio che vediamo dipinto nella veduta di Villa Perabò riproduce quindi una realtà di comodo e raffigura solo quanto è necessario per esaltare la bellezza della dimora del suo committente. Bellotto sceglie, perciò, di rimuovere da quel che vede quegli elementi che, se dipinti fedelmente, avrebbero occultato la vista della villa, ovvero la chiesa, il campanile e le case circostanti. Come s’è detto, l’artista rimuove anche la sommità della collina che celerebbe buona parte del lago e dei piccoli borghi che lo circondano. In questo modo la composizione risulta equilibrata e la villa viene incastonata all’interno del suo splendido paesaggio: il Monte Rosa, il lago e l’antica canonica.

NOTE

[1] I pareri che si sono succeduti a riguardo sono discordi. Il Camesasca esclude che la veduta della villa sia stata presa dal campanile di Gazzada (troppo vicino), come pure da un “osservatorio […] sul colle tra Gazzada e Lozza” (comune limitrofo) [Camesasca 1974 p. 8]. Più di recente, la Kovalczyk scrive che la villa è vista dal borgo, ma parla di un fotomontaggio per rendere ciò che è impossibile vedere da un dato punto di vista [Kovalczyk 2016, p. 182 n. 60].

[2] L’opinione che il Roccolo di Morazzone fosse il punto di vista utilizzato da Bellotto per il suo dipinto è circolata a lungo in ambito locale. Vedi, ad esempio, Le Prealpi Varesine, pubblicazione del 1964 a cura dell’Automobil Club Italia con testi di Cesare Colombo e Piero Chiara , in cui, parlando del paese di Morazzone, si scrive: “Il Bellotto … vi si recò per dipingere la sua celebre veduta della Gazzada …” (p. 34).

[3] Camesasca pensava che Bellotto avesse preso la veduta del lago da una finestra collocata “… sul lato opposto a quello presentato dal dipinto” [Camesasca 1974 p. 8].

Bibliografia citata
Camesasca Ettore, L’opera completa del Bellotto, Rizzoli, Milano 1974.
Kovalczyk Bozena Anna, Bellotto e Canaletto. Lo stupore e la luce, Silvana, Milano 2016 (catalogo mostra presso Gallerie d’Italia).

Fotografie di Fausto Monti e Roberta Malaggi; grafica di Fausto Monti.
Ringrazio Elena Rapetti e Andrea Bardelli per aver collaborato alla stesura dei testi.

Alcune delle conclusioni dello studio qui riportate sono state anticipate, per concessione dell’autore, in una tesi di laurea scritta da Sara Midaglia dal titolo Conoscere per conservare. La Chiesa dei Santi Cosma e Damiano a Schianno (VA), Politecnico di Milano, A.A. 2017-2018, relatore prof. Giuliana Cardani, pp. 44-47.

Sullo stesso argomento: Le vedute della Gazzada del Bellotto. Parte II (Novembre 2019)[Leggi].