Diana al bagno dipinto fiammingo del XVII secolo
della Redazione di Antiqua
L’esame di questo dipinto dimostra, da un lato, le opportunità che il mercato antiquario offre di fare buoni acquisti, dall’altro, la difficoltà di giungere ad attribuzioni plausibili nel vasto e variegato campo della pittura fiamminga del XVII secolo.
Il dipinto in questione, raffigurante il bagno di Diana, alla quale si rivolge una ninfa alle sue spalle, è sicuramente di bella qualità, sia per quanto riguarda le figure in primo piano, sia per quanto riguarda lo sfondo [Figura 1].
Figura 1. Jan Van Balen (attr.), Diana al bagno (o due Ninfe al bagno), metà circa del XVII secolo, olio su tela cm. 50 x 40, Milano, collezione privata (foto di L. Laita).
Il dipinto è stato acquistato durante l’edizione di ottobre 2016 di Mercanteinfiere a Parma, venditore J. Ch. Poisson, Laurent Des Bois, come “Un peinture sut toile de la fin du XVII, debut de XVIII. Ecole flamade representant deus Nymphes”, verbalmente attribuito all’ambito di Daniël Vertangen.
Il primo confronto che viene spontaneo fare è con la celebre Diana al bagno di Antoine Watteau [Figura 2], rendendo verosimile l’ipotesi che il dipinto in esame costituisse una derivazione da Watteau e che quindi fosse da datare non prima degli inizi del XVIII secolo.
Ricordiamo per inciso che il dipinto di Watteau, ora a Parigi al Museo del Louvre, era conosciuto, almeno fino agli anni Settanta del Novecento, solo attraverso un’incisione in controparte di Pietro Aveline del 1729 [Figura 3] e alcune notizie circa versioni passate in asta e sul mercato antiquario (nota). Come è stato possibile verificare, infatti, il dipinto è stato acquisito dal Louvre solo nel 1977 dopo un primo tentativo infruttuoso avvenuto nel 1893.
Figura 2. Antoine Watteau (1684-1721), Diana al bagno (1715-1716), Parigi, Louvre.
Figura 3. Pietro Aveline (Parigi 1710-1760), Diana al bagno (da Watteau).
Esiste però la concreta possibilità che Watteau abbia tratto ispirazione e spunto dalla cultura fiamminga di cui era intriso.
Egli era infatti nato Valenciennes, fino al 1677 appartenuta alle Fiandre, e lì aveva svolto il suo apprendistato presso Jaques Albert Gerin, un pittore di tradizione fiamminga. Anche una volta recatori a Parigi nel 1702, una delle prime opere che ha occasione di studiare è il ciclo dei dipinti di Rubens sulla vita di Maria de Medico, oggi al Louvre.
Il problema è capire quale potessero essere stete le sue fonti iconografiche, con particolare riguardo alla Diana che si suppone abbia dipinto durante il secondo decennio del XVIII secolo.
Troviamo un riferimento abbastanza puntuale in un disegno del 1594 del tedesco Hans Rottenhammer (1564-1625), conservato in una collezione [Figure 4 e 4 bis], di cui possiamo mettere mettere a confronto un dettaglio con un disegno dello stesso Watteau, conservato alla Albertina di Vienna [Figura 5].
Figura 4. Hans Rottenhammer (1564–1625), Diana e Atteone (1595), disegno cm. 18,1 x 22,6, collezione privata.
Figura 4 bis. Dettaglio della Figura 4.
Figura 5. Antoine Watteau (1684-1721), Diana al bagno (1716 circa), disegno, Vienna, Albertina, Raccolta Grafica (Graphische Sammlung).
A parte questa digressione originata dal confronto con Watteau, la ricerca sulla Diana al bagno, riconosciuta fin dall’inizio come un dipinto di ambito fiammingo, è stata condotta in termini sia tecnico scientifici, sia storico artistici.
L’analisi scientifica, condotta dal prof. Gianluca Poldi, non ha potuto riscontrare dati oggettivi che permettano di assegnare con sicurezza il dipinto alla seconda metà del XVII o alla prima metà del XVIII secolo. Tuttavia, l’analisi dei pigmenti ha rivelato che si tratta di pigmenti in uso nel XVII secolo, come pure nel seguente (per quanto nel XVIII secolo, per il giallo, al giallorino di piombo e stagno, con aggiunte di ocra, qui utilizzato, si preferisca, in genere, il giallo di Napoli a base di piombo e antimonio). Sicuramente non è stata riscontrata la presenza di pigmenti di sintesi impiegati dal XVIII secolo in poi (quali il blu di Prussia). L’analisi artistica è stata condotta sulla base di alcuni suggerimenti forniti da Roeland Kollewijn, esperto pittura antica, fiamminga in particolare, il quale aveva indicato come riferimento l’ambito di Jan Breughel e Jan van Balen (comunicazione personale del 16 dicembre 2016).
Troviamo un confronto abbastanza puntuale in un dipinto raffigurante un Bagno di Ninfe eseguito da Jan Breughel il Vecchio e da Hendrick Van Balen [Figura 6]; si noti non solo la posizione del personaggio principale, che porta entrambe le braccia al polpaccio, ma anche la movenza della Ninfa sulla sinistra e lo sfondo con lo squarcio di cielo tra gli alberi.
Figura 6. Jan Breughel il Vecchio (1568-1625)-Hendrick van Balen (1575-1632), Bagno di Ninfe, Buenos Aires, Museo Nazionale di Belle Arti.
Figura 1 bis. Dettaglio della Figura 1.
Figura 6 bis. Dettaglio della Figura 6.
Queste due risultati ci autorizzano a pensare che la “Diana al bagno” di cui alla Figura 1 sia da attribuire proprio alla bottega del figlio di Hendrick, Jan van Balen (1611-1654) e da datare quindi attendibilmente alla seconda metà del XVII secolo.
Si potrebbe anche dedurre che il soggetto rappresentato non sia il bagno di Diana, ma quello di due Ninfe.
A supporto di quanto appena enunciato e come dimostrazione della vitalità del tipo iconografico, mostriamo un dipinto di Louis Boullogne II, nel quale vediamo nella stessa posizione una Ninfa mentre Diana compare al centro della scena in una posizione del tutto diversa [Figura 7].
Figura 7. Louis Boullogne II (1654-1733), Diana (al bagno), 1707, Tours, Museo di Belle Arti.
In realtà, il soggetto raffigurante Diana o una Ninfa al bagno è molto rappresentato nella pittura barocca e in esso si sono cimentati diversi pittori che in questa sede non possiamo enumerare.
Difficile pensare che alla base di ciò si trovi la pittura fiamminga, quanto piuttosto che i prototipi vadano identificati, come spesso accade, nell’arte antica. A titolo puramente esemplificativo citiamo una celebre scultura in marmo di una Ninfa, parte del gruppo L’invito alla danza [Figura 8] che si trova alla Galleria degli Uffizi di Firenze.
Figura 8. Ninfa, marmo, Roma I sec. d.C., Firenze, Galleria degli Uffizi, n. Inv. 190.
Nota
L’opera completa di Watteau (a cura di E.C. Montagni), Classici dell’Arte n. 21, Rizzoli, Milano 1968, n. 113).
Per quanto riguarda l’incisione di Aveline: Notizie degli intagliatori con osservazioni critiche raccolte da varj scrittori ed aggiunte a Giovanni Gori Gandellini dal padre maestro Luigi de Angelis: del proseguimento dell’opera fino ai nostri giorni, Volume 5, Onorato Porri, Siena, 1809.
Ringraziamenti
Si ringraziano per la collaborazione Roeland Kollewijn (senior expert Vasaris, Milano), Cristina Geddo (storica dell’arte), Gianluca Poldi (specialista in analisi scientifica e diagnostica non invasiva di opere d’arte), Lorenzo Bruschi (Vasaris), Silvia Malaguzzi (storica dell’arte, autrice della monografia su Watteau pubblicata in Artedossier n. 239 gennaio 2017), Massimiliano Simone (storico dell’arte e museologo).
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, ottobre 2017
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