Un trumeau friulano a Praga
di Lucien Zinutti
E’ indubbiamente il trumeau friulano più importante che si conosca: la base fortemente sagomata a linea convessa sulla fronte e “a esse” sui fianchi, l’alzata a due porte a specchi con cimasa centinata e sovrastata da intaglio a traforo in legno dorato con inserti di piccole specchiere [Figura 1].
Figura 1. Trumeau, Friuli, prima metà del XVIII secolo, Praga, Uměleckoprůmyslové Museum.
Il Museo si trova a breve distanza dal Ponte Carlo e mi ero più volte ripromesso di rendergli visita per analizzare i sistemi ed i materiali da costruzioni di quel mobile, al fine di stabilirne con certezza la giusta collocazione geografica.
Il mobile viene dichiarato di manifattura tedesca in un volume pubblicato a Praga nel 1968 a cura di una serie di studiosi cecoslovacchi delle arti decorative, tradotto in italiano nel 1988 con il titolo Enciclopedia storica dell’antiquariato. E’ pure pubblicato nell’autorevole volume tedesco Die kunst des deutschen Moebels – Spaetbarock und Rokokò di Kreisler-Himmelheber, edito da C.H.Beck, dove viene definito, pur interrogativamente, come austriaco o boemo [Figure 2 e 3].
Figure 2 e 3. Kreisler-Himmelheber, Die kunst des deutschen Moebels – Spaetbarock und Rokokò, C.H.Beck, copertina e fig. 695.
Si tratta di un importante mobile scrittoio con alzata a specchi dell’inizio del XVIII secolo.
In gergo antiquario viene chiamato trumeau” termine derivato dalla parola francese che definisce quella boiserie con specchiera che arreda la porzione di muro tra due finestre nei saloni dei palazzi antichi. E’ il mobile più importante nell’ambito degli arredi nobiliari concepiti nel XVIII secolo; fu inventato agli albori del Settecento in Olanda e successivamente divenne, per l’aristocrazia dell’epoca, di gran moda per quasi tutto il resto del secolo, particolarmente in città d’arte con scambi culturali internazionali quale era Venezia. I pochissimi esemplari mossi anche nei fianchi furono realizzati, di solito, per commissioni auliche.
Il mobile in oggetto è un unicum nel suo genere; si conoscono esemplari simili, ma veneziani, tra cui uno estremamente pregevole conservato al museo di Cà Rezzonico a Venezia.
In Friuli risulta assolutamente ignoto un esemplare simile, interamente radicato e con fianchi sagomati, tanto che nelle varie pubblicazioni sui mobili friulani quali Nobiltà del Mobile Friulano di Tito Miotti (Udine 1990) non è presente alcun esemplare. Tra quei pochissimi ancora conservati presso le famiglie nobili, e considerando anche alcuni rari esemplari comparsi sul mercato tempo addietro, se ne conoscono alcuni con la sola fronte mossa.
Il trumeau in questione è di notevole qualità artistica e significato per il forte carattere ancora Luigi XIV espresso dalle decise mosse e per la pregiata impiallacciatura in radica di noce ferrarese. Racchiude all’interno del vano scrittoio una cassettiera composta da otto cassettini sagomati, centrata da uno sportello. Poggia su una corposa modanatura di base a zoccolo, centrata da intaglio fogliaceo e sostenuta da piedi scolpiti di spiccato estro friulano. Il mobile è in linea con i modelli veneti e veneziani, ma essendo friulano si differenzia per piccoli particolari presenti nel sistema di costruzione come, ad esempio, l’inchiodatura parziale con chiodi in legno e l’impiallacciatura con inserti in radica “aperta” non racchiusa da riserve filettate come allora avveniva per i modelli Veneti. Anche a Ferrara, come in Friuli, si usava impiallacciare i mobili a tutta radica, senza riserve, oppure si racchiudevano gli inserti entro una fascia a lisca di pesce senza filettatura. La manifattura ferrarese però usava il pioppo, con tavole disposte verticalmente negli schienali, a differenza di quella friulana che, per la costruzione degli impianti, impiega tavole di abete disposte in senso orizzontale. Anche le cassettiere all’interno del vano scrittoio dei mobili a ribalta ferraresi si differenziano da quelli friulani e veneti avendo un’altezza più pronunciata [Figura 1 bis].
Figura 1 bis. Interno della cassettiera, dettaglio del mobile di Figura 1.
Da notare la cimasa e i fregi laterali dorati che non esprimono assolutamente un linguaggio veneto-friulano, consono all’impianto del mobile; la prima impressione è che non siano coevi in quanto traspare un sapore ottocentesco nella loro plasticità (tesi, questa condivisa pure dal conservatore del museo).
Necessiterà un ulteriore esame, ossia analizzare il retro del mobile, che ancora non è stato staccato dalla parete, per appurare se quei fregi sono stati concepiti durante la progettazione del mobile stesso.
L’oggetto potrebbe essere stato abbellito in un secondo periodo, verso la metà dell’Ottocento in Germania o da un ebanista tedesco. Lo lascia supporre lo spirito di quell’intaglio prettamente tedesco senza alcuna inflessione italianizzante; la grande rocaille con cui culmina la cimasa è uno stilema ricorrente nelle boiserie delle varie residenze bavaresi, tratta da disegni decorativi del famoso architetto di corte François De Cuvillés.
Pure l’intaglio dei fregi laterali, così “costolato” con evoluzione a ventaglio, ricorda le opere di Johan Thomas Sailler presenti nella residenza di Monaco di Baviera [Figure 4 e 5].
Figura 4. J.T. Sailler, rocaille, particolare di una boiserie nella Residenza di Monaco di Baviera.
Figura 5. J.T. Sailler, commode, Monaco di Baviera, Residenza.
Nessuna attinenza col linguaggio di laguna, ma evidente fusione del Rococò francese e tedesco, caratteristica tipica dell’espressione Rococò bavarese.
Non possiamo quindi neppure supporre che questi fregi siano opera di maestri ebanisti friulani con una forte componente oltremontana, quale contraddistingueva Mattia Deganutti, giacché in queste opere emerge sempre una declinazione stilistica di derivazione veneziana.
L’Uměleckoprůmyslové Museum di Praga ha accolto e condiviso queste osservazioni. Il Dr. Fronek, conservatore del Museo, di cui apprezziamo lo spirito di collaborazione, precisa di aver avuto a sua volta sentore che quel mobile potesse essere italiano, e mi ringrazia mediante la seguente cortesi parole inviatemi per email “ … sono molto contento che lei abbia dato una conferma qualificata alle mie intuizioni…”,
Ora il Museo si accinge a cambiarne la didascalia, indicandolo come manifattura friulana della prima metà del XVIII secolo, e potrebbero rivelarsi altre curiosità sulla storia di questo stupendo capolavoro friulano, considerando che all’epoca esemplari simili venivano anche offerti quale dono diplomatico.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, dicembre 2012
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