Libretti d’opera
della Redazione di Antiqua
I libretti d’opera provengono spesso dalla dispersione di collezioni appartenute a vecchi melomani, ritenute di nessun interesse in quella che oggi appare una corsa a disfarsi di tante vestigia del passato. Il tempo del rimpianto è ancora lontano, presi come si è dai problemi di spazio (per custodire le vecchie cose) e di tempo (per rivalutarle). Non è infrequente vedere nei mercatini dell’usato pile di dischi 78 giri, un tempo gelosamente custoditi nel mobile del giradischi, e ora abbandonati al degrado e venduti per pochi euro. La stessa sorte ingrata tocca ai libretti con i testi delle opere di Verdi, Puccini, Donizetti e altri autori del melodramma italiano.
Queste righe non pretendono di essere un invito alla loro salvaguardia, che si spera affidata a biblioteche e altri enti di conservazione, quanto piuttosto di fornire alcune osservazioni che inducano a trattarli con un certo discernimento.
Stiamo parlando di opuscoli, stampati quasi sempre senza sfarzo (per non dire al risparmio), la maggior parte dei quali pubblicati a partire dai primi decenni dell’Ottocento per oltre un secolo, legati da spago e più tardi da punti metallici e forniti di semplicissime copertine di carta colorata con pochi fregi.
Indipendentemente dal valore affettivo che si può assegnare a un libretto d’opera, ad esempio evocativo dell’opera della quale costituisce il testo, non tutti meritano di essere considerati allo stesso modo.
La principale distinzione che viene fatta dagli esponenti del mondo che in qualche modo ancora se ne occupa – principalmente bibliofili e storici musicali – è tra libretti pubblicati in occasione di una particolare rappresentazione dell’opera e libretti pubblicati dall’editoria “di massa” per prepararsi all’ascolto di successive edizioni oppure per seguire le serate attorno al giradischi, come avveniva prima dell’avvento della televisione.
I libretti pubblicati in speciali occasioni hanno la caratteristica di riportare una data e il nome dei vari cantanti che interpretavano i diversi personaggi. Va da se che quelli editi in occasione della prima di un’opera valgono più di tutti. Al di la di una loro precisa connotazione, essi costituiscono un documento utile agli storici (della musica) per ricostruire l’evento e il suo contesto. E’ inoltre presumibile pensare che, essendo destinati ai soli partecipanti all’evento, la loro tiratura fosse assai limitata [Figure 1, 2 e 3].
Figure 1, 2 e 3. Frontespizio e pagine iniziali del libretto di Salvatore Cammarano per il melodramma tragico Luisa Miller musicato da Giuseppe Verdi. Il libretto è stato stampato a Milano presso l’editore Giovanni Ricordi e si riferisce a una rappresentazione al Teatro di Intra nella primavera del 1853.
I libretti editi invece con finalità divulgative si limitano a riportare, accanto ai personaggi della storia i rispettivi ruoli (tenore, soprano, baritono, basso, ecc.). Questa seconda tipologia, proprio perché “spendibile” in più occasioni, veniva stampata in un numero decisamente maggiore di copie. In alcuni rari casi, i nomi dei cantanti, talvolta anche il luogo e la data, sono aggiunti a penna da chi ha partecipato a una certa serata, e questo può rappresentare un elemento di sicuro interesse.
Non è quindi l’epoca l’elemento di pregio e distinzione e anche la veste grafica, sempre sobria, persino dimessa, è la medesima, quindi non permette di distinguere d’acchito le due tipologie di libretti.
A parte questa che viene ritenuta, anche ai fini di una valutazione venale, una distinzione essenziale, vi possono essere altri due elementi di valorizzazione di singoli libretti, ma si esula dal campo musicale per addentrarci in quello delle peculiarità editoriali.
Il primo elemento è costituito dallo stampatore. Chi si dedica alla storia della stampa, come pure alla storia locale, può essere interessato al libretto in quanto prodotto in un certo contesto perché testimonia la presenza e la produzione di un certo editore a Parma, piuttosto che a Milano o Torino in una certa epoca.
Il secondo elemento riguarda unicamente libretti prodotti nei primi decenni del Novecento, quando all’invariabile edizione tipo opuscolo di diffusione popolare di cui si è detto, al massimo decorata con fregi ripetitivi, si sostituisce un prodotto editoriale più raffinato, con un formato talvolta diverso e soprattutto dotato di una copertina illustrata, nella cui esecuzione si cimentano vari illustratori, alcuni anche famosi, con uno stile che ricorda in qualche caso quello dei coevi romanzi d’appendice, ma non prive in altri casi di gradevoli soluzioni grafiche che anticipano quelle della nascente pubblicità [Figura 4].
Figura 3. Copertina del libretto per la Turandot di Giacomo Puccini su testi di Giuseppe Adami e Renato Simoni. L’editore è ancora Giovanni Ricordi, la data di pubblicazione è il 1926 e la copertina è di Giulio Cisari, un artista di cui parleremo presto su Antiqua.
Nota bibliografica
Un ritaglio dal Sole 24 ore piuttosto datato segnalava l’uscita del secondo volume, riguardante le lettere C e D, di un’opera monumentale: Claudio Sartori, I libretti a stampa dalle origini al 1800, Bertola & Locatelli, Cuneo, 1990-1992.
L’opera è stata completata in sette volumi, pagine 4384 complessive, formato 29,5×20,5. I primi cinque volumi contengono l’elenco di oltre 25.000 libretti d’opera a stampa, pubblicati fino a tutto il 1800. I due ultimi volumi comprendono 16 dettagliatissimi indici tematici: luogo di esecuzione, autori dei testi letterari, autori delle musiche, impresari, scenografi e affini, coreografi, costumisti, maestri d’armi, macchinisti, direttori d’orchestra, musicisti. balli; interpreti. Tiratura limitata di 1000 esemplari numerati.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, giugno 2014
© Riproduzione riservata