Il mobile “Smith”
di Andrea Bardelli
Attorno agli anni Trenta dell’Ottocento, si diffonde in Italia meridionale la produzione di mobili piuttosto raffinati, connotati da intarsi di colore chiaro su fondo scuro e da tempo noti sul mercato come mobili “Smith”. Ma chi è questo Smith di cui tutti parlano?
Prima di tentare di rispondere a questa domanda, osserviamo più da vicino questi mobili. La loro principale caratteristica è costituita, come già accennato, da un’impiallacciatura in mogano o palissandro sulla quale “staccano” fittissimo motivi floreali in acero [Figure 1 e 2].
Figura 1. Coppia di poltrone lastronate in mogano con intarsi in acero, Napoli 1830 circa, Farsetti novembre 2008.
Figura 2. Divano lastronato in mogano con intarsi in acero, Napoli 1830 circa, Finarte novembre 2009.
Essi ripropongono, come anche altri mobili prodotti in Piemonte e in altre regioni nella stessa epoca, lo stile Carlo X più classico (intarsi scuri su fondo chiaro) con rapporti cromatici invertiti.
Questo particolare gusto ha interessato tutte le principali tipologie in voga al momento: cassettoni, armadi, vetrine, specchiere, ma soprattutto sedili e console. Sedie, poltrone e divani, soggetti a una sostituzione più rapida rispetto ad altre tipologie, percepiscono immediatamente i dettami della moda, così come le console, immancabili negli arredi meridionali dell’Ottocento e autentico status simbol per il quale si imponeva un aggiornamento in tempo reale.Di mobili Smith si è sempre parlato molto, visto la frequenza con cui ricorrono sul mercato antiquario, ma poco o nulla si conosce a proposito del loro artefice o presunto tale.
La pista inglese
Alcuni fanno confusione con George Smith, proprietario di un grande laboratorio di ebanisteria a Londra e attivo tra il 1804 e il 1828, famoso per aver pubblicato nel 1808 un album di incisioni dal titolo “A Collection of Designs for Household Furniture”. Si tratta di un repertorio di mobili e arredi che riprendeva in parte i modelli pubblicati da Thomas Hope, reinterpretati con l’obiettivo di migliorarne le caratteristiche di confort e utilità. Conteneva 158 disegni, una sorta di compendio degli stili adottati dai fabbricanti di mobili nel periodo Regency.
Pare che a Gorge Smith si debba la diffusione in Gran Bretagna del tavolo da pranzo circolare e dell’ottomana. Moltissime tipologie di mobili inglesi corrispondono perfettamente ai suoi disegni, sebbene raramente sia possibile stabilire se furono fatti nel suo laboratorio o da altri artigiani che a tali disegni si ispiravano.
Ancora più difficile è stabilire il suo legame con Napoli e la Sicilia. Alcuni studiosi di arredi antichi si limitano a sostenere che i lavori di Gorge Smith – sia l’opera grafica sia i mobili – fossero molto conosciuti in Italia, soprattutto in quella meridionale. Ciò spiega come molti dei mobili di cui stiamo parlando siano identificati, presso i mercanti che li propongono, come “alla maniera di George Smith”.
E’ bizzarro come gli ebanisti napoletani costruissero mobili improntati al gusto degli scavi di Ercolano e Pompei avvalendosi dei repertori inglesi, piuttosto che delle fonti di prima mano. E’ noto, infatti, come re Ferdinando IV di Napoli fosse gelosissimo di queste scoperte archeologiche e che, fatte realizzare varie serie di stampe con le immagini dei reperti, le riservasse a se stesso e ad alcuni regnanti di altri paesi come dono “esclusivissimo”.
Tornando a noi, c’è chi sostiene, invece, che attorno al 1830-50 fosse attiva a Napoli una ditta Smith, presumibilmente legata a quella inglese.
Maria Damerini, in un articolo pionieristico (Kalos, numero 7, ottobre 1971) scrive:: “Viveva a Napoli e vi prosperava già da qualche tempo, un mobiliere di nome e di origine inglese e per questo caro alla corte, ma di carattere ben napoletano” ed è addirittura in grado di fornire l’indirizzo della sua bottega “non lungi da palazzo Lucchesi”.
Tuttavia, una serie di indagini svolte, contrassegnate dall’assoluta mancanza di riscontri oggettivi e documentali, lascia perplessi sulla possibilità che una bottega Smith sia esistita e abbia operato a Napoli senza lasciare alcuna traccia.
Alla fine è prevalsa l’opinione che i mobili “Smith” meridionali siano semplicemente ispirati ai disegni pubblicati su “Collection”, almeno per quanto riguarda le forme. Per quanto concerne il decoro, invece, l’intarsio fitto e calligrafico che li caratterizza non trova diffusi riscontri nella produzione Regency inglese (né di Smith, né di altri), mentre corrisponde quasi perfettamente a quanto prodotto in Spagna durante l’epoca di Isabella II, regina di Spagna dal 1833 al 1868 e, guarda caso, nipote per parte di madre di Francesco I re delle Due Sicilie.
Senonché, una console avente le caratteristiche formali e decorative proprie dei mobili napoletani di cui si discute [Figure 3] è apparsa nel 1990 a un’asta di Chistie’s con un’attribuzione non meglio specificata a G. Smith, confortata dalla presenza di un bollo con incusse le lettere GS [Figura 3 bis].
Foto 3 e 3 bis. Console lastronata in mogano e intarsiata in acero e particolare della firma, Napoli 1840 circa, Christie’s maggio 1990.
Questo modo di contrassegnare i mobili è abbastanza tipico dell’ebanisteria inglese, come dimostrano, ad esempio, i mobili eseguiti dall’ebanista inglese Peters attivo a Genova.
Questa scoperta ha riportato in auge l’ipotesi di un ebanista Smith attivo a Napoli, poiché la console in questione, proprio per alcune affinità con la coeva mobilia spagnola, non può essere certamente di provenienza inglese.
La pista tedesca
Un soluzione abbastanza soddisfacente al mistero pare giungere qualche anno più tardi. Nel maggio 2006, infatti, alla vigilia dell’asta di Porro tenutasi a Milano, viene esposta una scrivania napoletana intarsiata alla maniera Smith [Figura 4].
Foto 4. Scrivania lastronata in palissandro con intarsi in acero, Napoli 1830 circa, Porro maggio 1996.
Confermando la mancanza di prove sull’esistenza di un ebanista Smith a Napoli, viene fatto per la prima volta il nome di un certo Girolamo Schmidt, precisando che lo stesso avrebbe eseguito “mobili di lusso” per lo più in mogano o in acero con intarsi in palissandro per il palazzo Ruffo della Scaletta nel 1838, nonché gli arredi in mogano che rivestivano le pareti del Gabinetto di scienze fisiche di Ferdinando II in Palazzo Reale nel 1841 e parte degli arredi di servizio della regina madre. In questi stessi termini si era espressa Chiara Garzya nel suo volume “Interni neoclassici a Napoli” del 1978, ripresi recentemente da Enrico Colle (“Il mobile dell’Ottocento in Italia, 2007), il quale non fa alcun cenno a Smith, ma inserisce Schmidt proprio nel novero degli artefici che si sono prodotti nell’esecuzione di mobili intarsiati a fondo scuro di cui stiamo parlando.
I conti potrebbero tornare: né l’ebanista inglese George Smith, né un suo omonimo hanno mai operato direttamente a Napoli. E’ invece esistito un ebanista Girolamo Schmidt che, durante la prima metà dell’Ottocento, realizzava mobili in quello stile che la vulgata ha sempre definito “Smith”. Forse era il più celebre, al punto di meritare di dare ad essi il suo nome, sebbene storpiato.
E’ quindi probabile sia sua la console di Christie’s con impresse le cifre GS. Inoltre, potrebbe benissimo aver avuto bottega nei pressi di “palazzo Lucchesi”, poiché i Lucchesi Palli abitavano a palazzo Giroux, ora Chiaia hotel, poco distante sia da palazzo Reale, dove aveva sede il Gabinetto di scienze, sia da palazzo Ruffo ubicato in Riviera di Chiaia 202.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, maggio 2011
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