La questione Cavanna. Seconda parte.

di Andrea Bardelli

Chiarito in un precedente contributo che i Cavanna lodigiani non c’entrano nulla con Palazzo Clerici (e Palazzo Stanga) [Leggi], è proprio su di loro che desideriamo concentrare l’attenzione.
L’opera principale che viene sempre loro attribuita è costituita dagli armadi e dagli scaffali della Biblioteca dei Filippini di Lodi, oggi Biblioteca Civica, che avrebbero eseguito nel 1765 [Figure 1 e 2].

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Figure 1 e 2. Lodi, Biblioteca Civica (già Biblioteca dei Filippini), particolari dell’arredo (Foto di Emanuela S. Carbone).

Concordano diverse fonti: sia quelle più note e autorevoli nell’ambito della bibliografia sui mobili lombardi (Colle, Il mobile rococò in Italia, Milano 2003, p. 370; Alberici, Il mobile lombardo, Milano 1969-Novara 1996, p. 119), sua quelle prettamente locali (Novasconi, Le arti minori nel Lodigiano, 1961). In genere si parla di “fratelli Cavanna”, ma, quando si tenta di specificare meglio, alcune fonti parlano di Giacomo e Gian Angelo, altre, quelle che sembrano le più accreditate, del solo Gerolamo Cavanna.
Tutto ciò fino al 2005, quando Alessandro Beltrami, carte alle mano, dimostra che gli armadi intagliati della sagrestia e della libreria dei “Filippini”si devono a un certo Oppizzio e non ai lodigiani Cavanna (Alessandro Beltrami, Note sul complesso settecentesco di San Filippo Neri a Lodi, in Arte Lombarda n. 144 2005/2 p.77-87).
La fonte del Beltrami è costituita da alcune note di un contemporaneo, padre Anselmo Robba, (MsLaud, A. Robba, Annotazioni circa varie cose in Lodi alla Fabbrica concernenti, dall’anno 1700 al 1757, XXIV A 7, fasc. 2, p.42).
Che si tratti poi di Francesco Oppizio emerge da un altro testo del Robba (MsLaud, A. Robba, Annotazioni dal 1750 al 1759, XXIV A £, p.16) che descrive la ricognizione del corpo di San Bassiano, patrono di Lodi, alla quale partecipano alcuni personalità tra le quali “Francesco Oppizzio [anche Oppizzo], falegname, non però di quelli da dozzina, ma bravo […]. Cittadino lodigiano”.
Il Beltrami non fornisce una data precisa per l’esecuzione degli armadi da parte dell’Oppizzio, ma l’arco di tempo considerato dalle carte di padre Robba (1700-1759) metterebbe in discussione anche la data del 1765 sopra riportata.
Sempre Beltrami a quel punto si chiede che peso dare agli intagliatori Cavanna di Lodi “privi di basi documentarie e privati di opere concrete”.
Giusto per non sottoscrivere completamente l’ipotesi che si tratti di persone inventate, egli cita lo Sciolla (G.C.Sciolla, Lodi, Museo Civico, Bologna 1977, p. 35-36 ) che segnala Girolamo Cavanna autore di miniature intagliate.
Nonostante le prove documentarie, la questione è tutt’altro che pacifica se, a tutt’oggi, il sito del Comune di Lodi afferma che “Nel 1765 furono terminati anche i grandi armadi in noce della sala che si alzano per ben 8 metri e le cui parti di ornato sono dovuti al Capanna, celebre intagliatore dell’epoca” [Vedi].

In questa confusione, esito ad aggiungere qualcosa di mio.
Tuttavia, potrebbe essere che l’Oppizzio abbia eseguito la parte di falegnameria (il Robba lo chiama “falegname”) e che gli intagli siano stati effettivamente eseguiti da Girolamo Cavanna (e fratello ?), circostanza questa che si verifica abbastanza spesso.
Cito ad esempio gli armadi di Giovanni Galafassi per la sagrestia capitolare della Cattedrale di Mantova (1715 circa) con intagli di Pietro Maioli (Bardelli-Biondelli, Tutti nobilmente lavorati. Arredi lignei della prevostura di Castel Goffredo. Una parrocchia mantovana tra Lombardia e Veneto, Castel Goffredo, Mn, 2008, p. 159).
Anche alla fine di questa seconda parte, proviamo a dissipare altri eventuali elementi di confusione di natura onomastica.
Esistono degli altri intagliatori Cavana, ma sono attivi a Milano nel XVI secolo. Sono gli autori del coro della chiesa di S. Marta a Milano, soppressa da Giuseppe II nella seconda metà del Settecento, composto da 35 stalli, un leggio, tre barelle [?] e una tavoletta della Confraternita di S.Marta, acquistato dalla prepositurale di san Zeno di Cassano d’Adda (19 stalli + tutto il resto), mentre 16 stalli sono stato ceduti alla parrocchia di Macallo (dove non risultano). Alla fine dell’Ottocento un crollo determina la perdita degli stalli ad eccezione di tre formelle che un artigiano cassanese, tal Biffi, provvede a incastonare nel coro ricostruito in stile cinquecentesco [Leggi].


Prima pubblicazione: Antiqua.mi, febbraio 2013

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