Una Sibilla senese e la sua interpretazione

della Redazione di Antiqua

Nella Collezione Cagnola di Gazzada (Va) si trova un dipinto di notevole qualità raffigurante un personaggio femminile da sempre noto come Sibilla [Figura 1].

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Figura 1. Francesco di Giorgio (attr.), Sibilla Cumana, fine XV inizio del XVI secolo, tavola trasportata su tela, cm. 95,5×43,2 (Collezione Cagnola, Gazzada, Va, Inv. DI.A.03 (foto di Lucia Laita).

La monografia dedicata ai dipinti della collezione, pubblicata nel 1998, lo intitola Figura di eroina classica, attribuendolo con un punto interrogativo a pittore senese dell’inizio del XVI secolo e relegandolo nella parte finale del volume, privo di una vera e propria schedatura, in attesa di “un più approfondito esame di laboratorio” (nota 1).
Il dipinto ha subito una genesi attributiva piuttosto complessa. Viene acquistato da Guido Cagnola (1861-1954) sul mercato antiquario inglese presso l’antiquario Thomas Agnew & Sons (nota 2) come opera di Bernardino Fungai (1460-post 1516), attribuzione confermata in più occasioni da Bernard Berenson (1865-1959) che lo vede la prima volta presso Cagnola nel 1909.
Tuttavia, nel 1914, Frederick Mason Perkins (1874-1955), storico dell’arte americano del Massachussets, amico e discepolo di Bernard Berenson, avanza alcuni dubbi, prima in una lettera scritta da Lastra a Signa a Guido Cagnola il 27 settembre 1913 dove si legge: “P.S. I have grave doubts as youy Sybil […] by Fungay”e, successivamente, in un articolo uscito sulla rivista Rassegna d’Arte, dove si fa riferimento alla cerchia di Francesco di Giorgio (nota 3).
Dello stesso parere si dichiara il Ciardi, autore di una precedente monografia sulla Collezione Cagnola, che attribuisce la Sibilla senza tentennamenti a Francesco di Giorgio (nota 4).
Nonostante questa lunga, ma crediamo doverosa premessa, scopo di questa nota è di stabilire chi sia la figura femminile rappresentata e come interpretare il dipinto dal punto di vista iconologico.
In primo piano si vede una donna con un libro nella mano sinistra che poggia sul ventre apparentemente gravido. Ci è stato fatto notare che l’acconciatura [Figura 2] è quella tipica delle dame senesi alla fine del XV secolo (nota 5).

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Figura 2.

Sullo sfondo, a sinistra per chi osserva il dipinto, si vede un castello medioevale con torri e un ponte che attraversa un corso d’acqua [Figura 3].
Sulla destra, in alto, un putto che suona la tromba [Figura 4] e, più in basso, la scena più enigmatica: un cavaliere con copricapo “alla turca” lancia una freccia, mentre un altro personaggio trattiene il cavallo e altri due escono da una costruzione ad arco in stile classico [Figura 5]. Ai piedi della figura principale, rispettivamente a sinistra e destra per chi guarda, si notano un covone e una sorgente d’acqua.

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Figura 3.

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Figura 4.

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Figura 5.

Secondo la nostra interpretazione, la donna raffigurata è proprio una Sibilla, più precisamente la Sibilla Cumana e il volume che regge è uno dei libri sibillini.
La Sibilla Cumana compare nel sesto libro dell’Eneide con il duplice ruolo di veggente, sacerdotessa di Apollo e guida di Enea nell’oltretomba. Nella quarta Ecloga, Virgilio lega la Sibilla Cumana alla profezia della nascita di un “puer” e dell’avvento di una nuova età dell’oro (nota 6).
Ancora oggi non si è concordi sull’identità del puer. C’è chi lo identifica con Asinio Gallo, figlio di Asinio Pollione, console nel 40 a.C., al quale è dedicata l’ecloga, qualcuno ha pensato a un altro figlio di Asinio Pollione, altri a un figlio di Ottaviano e altri ancora allo stesso Ottaviano, ipotesi quest’ultima sostenuta da Ottaviano medesimo, il quale tendeva a farsi accreditare come l’iniziatore della nuova era tanto attesa (nota 7).
Durante il Medioevo, si assiste alla “cristianizzazione” della Sibilla Cumana e alcuni autori cristiani come Lattanzio ed Eusebio di Cesarea iniziano a interpretare la quarta Ecloga come una profezia, identificando il puer con il Cristo è l’avvento dell’età dell’oro come l’inizio dell’era cristiana.
Se ne legge un significativo riflesso nella Divina Commedia, nell’incontro con Stazio in Purgatorio; Dante gli fa dire: “Secol si rinnova; Torna giustizia, e ‘l primo tempo umano; E progenie discende dal ciel nuova” (Purgatorio, 70-72), ossia gli stessi versi della quarta Ecloga virgiliana (… jam nova progenies caelo demittitur alto), ma Dante immagina che Stazio pensi alla nascita di Cristo.

Riprendendo il dipinto della Collezione Cagnola, tutto sembra tornare.
Va da sé che il libro appartiene da sempre all’iconografia delle Sibille. La possibilità che la figura femminile sia gravida sarebbe giustificato dal fatto che, dal Medioevo in avanti, la Sibilla Cumana assume talvolta, addirittura, le sembianze della Madonna. Ciò avviene, ad esempio, nelle sculture di Giovanni Pisano per il pulpito nella chiesa di Sant’Andrea a Pistoia (nota 8).
Il castello sullo sfondo dovrebbe rappresentare “la nuova era”, rispetto alla vecchia rappresentata dall’edificio classico ormai in rovina che si trova dalla parte opposta e di cui diremo tra breve. Il castello ha un aspetto decisamente medioevale e ciò sembrerebbe in contrasto con la presunta epoca del dipinto, a cavallo tra XV e XVI secolo, in cui dovrebbe dominare il classicismo rinascimentale. Tuttavia, non bisogna sottovalutare che è proprio è il Medioevo a consentire una lettura cristiana della Sibilla.
Spostandoci sulla parte destra, è facile identificare nel putto con la tromba sia l’annuncio delle profezia, sia l’Annunciazione.
Decisamente più complessa è la scena del cavaliere, ma è proprio questa a fornire una chiave di interpretazione del dipinto.
Il cavaliere è Giònata nell’atto di lanciare la freccia, un segnale che consentirà a Davide di salvarsi dalla volontà di re Saul di ucciderlo. Di questo episodio parla la Bibbia nel libro di Samuele (nota 9): re Saul era geloso di Davide e lo voleva uccidere e per fare questo lo attira a palazzo, ma suo figlio Giònata, amico fraterno di Davide, temendo il peggio, lo induce a rifugiarsi nel deserto attendendo una suo segnale, il lancio di una freccia dopo essersi accertato delle reali intenzioni di Saul. Se la freccia fosse caduta prima di dove si trovava, Davide avrebbe potuto tornare e incontrare Saul, se invece la freccia fosse caduta oltre, Davide avrebbe dovuto scappare lontano, come poi avviene. La scena che vediamo a destra della Sibilla ne è la rappresentazione letterale: Giònata a cavallo lancia la freccia e il ragazzo si prepara o meno a recuperarla.
Il significato è chiaro: David è ritenuto il capostipite di Gesù e il suo salvataggio consente la continuazione della sua progenie, quindi un salvataggio che consente la Salvazione dell’umanità.
Accanto a Giònata e agli altri personaggi compare un arco di forma classica con rilievi e un’iscrizione sull’architrave. L’edificio appare in rovina, con pietre cadute e vegetazione che lo avvolge. Essendo difficile pensare che in queste condizioni esso costituisca un omaggio al classicismo di fine Quattrocento, oppure evochi l’epoca augustea, è assai plausibile invece che stia a significare che il classicismo pagano era a quel tempo superato da una prospettiva cristiana.
Quanto alla scritta sull’architrave, nella sequenza di lettere, preceduta da una E o F appena a sinistra dello spigolo delle mura, non appare riconoscibile alcuna abbreviazione siglata per iniziali né di definizioni istituzionali, né di nomi. Le ultime lettere, separate da evidenti e marcati punti distinguenti potrebbero essere intese come pro-memoria o guida appena accennata di una citazione o massima o formula o preghiera, sempre che non si tratti di lettere casuali, architettonicamente decorative (nota 10).
Da ultimo, il covone e la sorgente d’acqua, simboli di abbondanza, sono un indice della prosperità propria dell’età dell’oro.

NOTE

[1] Boskovits Miclòs-Fossaluzza Giorgio, La collezione Cagnola. I dipinti, Nomos, Busto Arsizio, Va, 1998, p. 261.

[2] Lo si desume da un’etichetta applicata sul retro. La galleria è tutt’oggi attiva [Vedi ]. Alcune fonti parlano di un acquisto presso la Old Bond Street Gallery a Londra, Piccadilly, ma non vi è contraddizione in quanto l’antiquario Agnew & Sons era al 39 di Old Bond Street, Piccadilly W, Londra (Vedi ).

[3] S. Bruzzese-W. Rotelli, Lettere a Guido Cagnola dal 1892 al 1954, Morcelliana, Brescia 2012, p.87; F. Mason Perkins, Dipinti senesi sconosciuti o inediti, in Rassegna d’Arte, XIV, 1914, p. 104).

[4] Ciardi Roberto Paolo, La Raccolta cagnola, Edizioni di Comunità, Cremona 1965 n. 12 p. 32.

[5] Comunicazione verbale di Dora Sally, esperta di pittura senese, (Budapest, Museo di Belle Arti, Dipartimento Antichi Maestri), che ringraziamo.

[6] ” …. E’ arrivata l’ultima età dell’oracolo cumano: il grande ordine dei secoli nasce di nuovo. E già ritorna la vergine, ritornano i regni di Saturno, già la nuova progenie discende dall’alto del cielo. Tu, o casta Lucina, proteggi il fanciullo che sta per nascere, con cui finirà la generazione del ferro e in tutto il mondo sorgerà quella dell’oro: già regna il tuo Apollo. Sotto di te console inizierà la gloria di quest’era, o Pollione, e i grandi mesi cominceranno a trascorrere. Con te guida, se resteranno vestigia dei nostri delitti, esse saranno vanificate e le terre sciolte da perpetua paura. Egli riceverà la vita degli dei, egli vedrà gli eroi misti agli dei, ed egli stesso apparirà ad essi, e reggerà l’orbe pacato dalle virtù patrie” (Virgilio Ecloga IV).

[7] Su questo e altri aspetti connessi: [Vedi].

[8] [Vedi].

[9] 20 Io tirerò tre frecce da quella parte, come se tirassi al bersaglio per mio conto. 21 Poi manderò il ragazzo gridando: Va’ a cercare le frecce! Se dirò al ragazzo: Guarda, le frecce sono più in qua da dove ti trovi, prendile!, allora vieni, perché tutto va bene per te; per la vita del Signore, non ci sarà niente di grave. 22 Se invece dirò al giovane: Guarda, le frecce sono più avanti di dove ti trovi!, allora va’ perché il Signore ti fa partire. 23 Riguardo alle parole che abbiamo detto io e tu, ecco è testimonio il Signore tra me e te per sempre (SAM. 1 – 20, 21, 22).
Si deve al prof. Edoardo Rossetti al prima intuizione, poi corroborata da ulteriori ricerche, che la scena in questione si riferisse all’episodio biblico di Davide e Giònata.

[10] Estratto da una comunicazione del prof. Antonio Sartori, già professore di Epigrafia Latina presso l’Università degli Studi di Milano (Dipartimento di Scienze dell’Antichità) che ringraziamo insieme alla prof.ssa Isabella Gualandri, già Università degli Studi di Milano (Dipartimento di Studi Letterari, Filologici e Linguistici).


Prima pubblicazione: Antiqua.mi, luglio 2010

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