Gli avori di Costanzo Cagnola

della Redazione di Antiqua

In una lettera inviata in data 30 marzo 2000 a Villa Cagnola, Gazzada (Va), la studiosa Susanne Merz di Monaco di Baviera, colà indirizzata dal dott. Claudio Salsi, allora direttore delle Civiche Raccolte del Castello Sforzesco di Milano, chiedeva notizie a proposito di alcuni pannelli intagliati in osso, provenienti dalla Bottega degli Embriach (nota 1) e conservati presso il Metropolitan Museum di New York, che dovevano essere appartenuti ai Cagnola (nota 2).
Più che una lettera, si trattava di un breve saggio contenente numerose informazioni.
I pannelli in questione sarebbero appartenuti alla collezione di Giovanni Battista Cagnola, che li avrebbe acquistati nel 1865 e, in seguito, a quella del figlio Costanzo, il quale li avrebbe alienati tra il 1899 e il 1912. Sempre secondo la Merz, i pannelli in questione avrebbero potuto, nel 1782, far parte di uno stipo (“portable library cabinet”), ma potrebbero essere stati modificati prima dell’acquisto di Giovanni Battista Cagnola oppure successivamente da lui o dalla sua famiglia.
La Merz chiedeva se c’erano fotografie o disegni dei pannelli degli Embriachi, oppure di qualche ambiente di palazzo Cagnola in via Cusani a Milano, qualora fosse stata l’abitazione di Giovanni Battista e Costanzo Cagnola, nel quale avrebbero potuto essere collocati.
Scusandosi per la cattiva qualità, allegava le fotocopie di due pannelli [Figure 1 e 2] che avrebbero potuto essere in relazione con quelli dei Cagnola e da ultimo, rimarcando di non avere trovato alcuna traccia delle collezioni di palazzo Cagnola a Milano nelle due monografie del 1998 e 1999 dedicate alla collezione Cagnola di Gazzada (nota 3), chiedeva di poter essere messa in contatto con alcuni discendenti dei Cagnola.

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Figure 1 e 2. Immagini dei ritagli allegati da Susanne Merz alla sua lettera del 30 marzo 2000.

All’epoca Susanne Merz stava preparando la sua tesi di dottorato sulla bottega degli Embriachi e in special modo su alcuni oggetti del Metropolitan Museum di New York (MET) e presentava referenze importanti come quella di Charles T. Little, curatore del settore arte medioevale del MET, nonché della professoressa Barbara Schellewald dell’Università di Bonn.
La risposta che ricevette da Villa Cagnola, spedita in data 14 aprile dello stesso anno, fu poco incoraggiante, ossia che non erano state reperite notizie su Giovanni Battista e Costanzo Cagnola, probabilmente membri di una famiglia omonima.
In realtà, il legame di parentela esiste.
Giovanni Battista Cagnola era figlio di primo letto di Giuseppe Cagnola e della contessa Parravacini; egli sposa la nobildonna Rosa Gamberini e dall’unione nascono tre figli, dei quali due, Beppe [?] e Costanza, morirono fanciulli (nota 4).
L’unico figlio superstite dovrebbe quindi essere Costanzo (nota 5), il quale sarebbe nato a Milano attorno al 1867 e morto a Varese nel 1925 (nota 6).
Nell’archivio di Villa Cagnola a Gazzada si conserva una sua lettera del 10 luglio 1894 indirizzata allo “zio” Guido, da cui si evince che Costanzo faceva la spola tra Torino – dove era prossimo a laurearsi non sappiamo in quale materia – e Milano dove curava probabilmente l’amministrazione della casa e i possedimenti del padre (nota 7).
In una lettera datata 17 novembre 1913, inviata a Guido Cagnola da Parigi, Costanzo dice allo zio (che si era offerto di aiutarlo) di aver trovato la somma di 30.000 lire per rimborsare un prestito avuto su pegno di alcuni oggetti (evidentemente di valore molto superiore). Dice anche che gli antiquari parigini non erano propensi a concedere prestiti, ma disposti a sborsare cifre molto alte, ovviamente a fronte di oggetti di valore ben superiore. Infine, parla di un avorio che “se Morgan non fosse morto avrei ricavato da lui certamente almeno £ 50.000” (nota 8).

Si comprende come la collezione in mano di Costanzo Cagnola, sebbene continuamente minacciata dai creditori, fosse cospicua. Con particolare riferimento all’avorio appena citato, Bruzzese e Rotelli ricordano che Luca Beltrami (nota 9), nell’edizione Hoepli del 1895 de La Certosa di Pavia, segnalava delle “casse di avorio scolpito che un dì esistevano alla Certosa, ed oggi si conservano presso il Sig. G.B. Cagnola di Milano, adattate come decorazione di un gabinetto [nel senso di cabinet, ndr]”. Nella riedizione del 1906, viene indicato come proprietario Costanzo Cagnola e le “casse d’avorio” erano da riconoscere per Beltrami tra i lavori commissionati a Baldassarre degli Embriachi per la Certosa di Pavia” (nota 10).
Da tutto quanto precede, si può anche dedurre che, se stiamo parlando dello stesso oggetto, questo sarebbe stato ancora in possesso di Costanzo Cagnola sia nel 1906 che nel 1913, quindi non alienato tra il 1899 e il 1912 come sostenuto nella lettera dalla Merz.
Abbiamo provato in tutti i modo a stabilire un contatto con Susanne Merz, ma le ricerche, compreso quelle condotte presso il MET, si sono rivelate infruttuose, quindi non sappiamo che risultati abbiano prodotto i suoi studi. Non ci facciamo illusioni, ma se la Merz avesse l’opportunità di leggerci su Antiqua, vedrebbe soddisfatte, seppure fuori tempo massimo, alcune delle sue curiosità di allora.
Infine, per riscattarci della pessima qualità delle prime due immagini, pubblichiamo quella di un enorme pannello donato nel 1917 dal sopra citato J.P.Morgan allo stesso Metropolitan [Figura 3].
A.B.

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Figura 3. Baldassarre degli Embriachi, Pannello in osso, MET (Metropolitan Museum di New York), Inv. (Accession Number) 17.190.490a, b, dono di J.P.Morgan, 1917; scheda [Vedi] .

NOTE

[1] Si tratta dell’atelier che si affermò con maggiore originalità nell’arte dell’intaglio di materiali eburnei . La denominazione deriva dall’attribuzione a Baldassarre degli Embriachi del retablo della Certosa di Pavia e di due cofani per i quali, con atto del febbraio 1400, il priore si impegnava al pagamento di 1000 fiorini d’oro a“domino Baldesario de Ubriaghis”. Da ciò si è ipotizzata l’esistenza, in anni immediatamente precedenti il 1400, di una bottega legata al nome di questo personaggio. La Bottega, attiva a Firenze intorno al 1390, ha continuato l’attività a Venezia tra il 1392 e il 1395 per proseguire, dopo la morte di Baldassarre nel 1406, sotto la guida dei suoi eredi Antonio e Giovanni fino al 1431 [Vedi].

[2] I Cagnola di Gazzada, proprietari anche del palazzo di Milano in via Cusani, erano Giuseppe (1775-1856), il figlio Carlo (1828-1895), il figlio di quest’ultimo Guido (1861-1954) ultimo dei Cagnola con il quale si perfezione la donazione della Villa e della Collezione alla Santa Sede nel 1946.

[3] Boskovits Miclòs-Fossaluzza Giorgio, La collezione Cagnola. I dipinti, Nomos, Busto Arsizio (Va) 1998; AAVV, La collezione Cagnola. Le arti decorative, Nomos, Busto Arsizio (Va) 1999.

[4] Famiglia Cagnola, s.d., Archivio Villa Cagnola (AVC) Sezione Storica Casa Cagnola, Cart. 1 fasc.1.

[5] S. Bruzzese-W. Rotelli, Lettere a Guido Cagnola dal 1892 al 1954, Morcelliana, Brescia 2012, p.103 e ss.

[6] [Vedi].

[7] Bruzzese-Rotelli, cit.; AVC, Epistolario, cart. 3, fasc. 6.

[8] Sta parlando di John Pierpont Morgan, famoso banchiere e grande collezionista, morto proprio nel marzo 1913.

[9] Luca Beltrami (1854-1933), architetto, incisore, collezionista, storico dell’arte e altro; Silvia Paoli (a cura di), Luca Beltrami. 1854-1933. Storia, arte e architettura a Milano, Silvana ed. Cinisello B. (Mi), Milano 2014.

[10] Vedi ancora Bruzzese-Rotelli, cit. e la Bibliografia ivi indicata.

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, luglio 2014

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