Due reliquari di Giovanni Albino Carabelli artefice del legno ticinese del Settecento

di Andrea Bardelli

In occasione della riuscita mostra intitolata Legni preziosi, svoltasi dall’ottobre 2016 al gennaio 2017 presso la Pinacoteca Züst di Rancate (Canton Ticino, Svizzera), è stato esposto un reliquiario proveniente dalla chiesa di Sant’Eusebio a Castel San Pietro (canton Ticino), eseguito nel 1732 da Giovanni Albino Carabelli [Figura 1].

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Figura 1. Carabelli Giovanni Albino, Reliquiario, 1732, Castel San Pietro, chiesa di Sant’Eusebio (foto di Ghigo Roli, 2013).

Essendo giunto in mostra in extremis, l’indispensabile catalogo edito in occasione dell’evento non contiene la scheda di questo reliquiario, ma ne parla Anastasia Gilardi nel capitolo dedicato al Settecento pubblicandone un’immagine in bianco e nero (nota 1).
Troviamo alcune notizie su Giovanni Albino Carabelli nel sito Artisti ticinesi in Europa XIII-XIX secolo [Vedi], curato da Ursula Stevens, la quale mette in rete notizie reperite nel corso di ricerche d’archivio.
Leggiamo che è nato nel 1692 (si intuisce a Castel San Pietro) e morto nel 1766. Dopo aver studiato a Roma, realizza sculture e ornamenti in legno per le chiese del Canton Ticino, tra cui la statua di S. Antonio [Figura 2] e il pulpito nella chiesa parrocchiale di Sant’Eusebio a Castel San Pietro (1755).

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Figura 2. Carabelli Giovanni Albino, Sant’Antonio, 1754, Castel San Pietro, chiesa di Sant’Eusebio.

La Stevens cita il Dizionario storico ragionato degli uomini illustri del Canton Ticino pubblicato nel 1807 da Gian Alfonso Oldelli, il quale riferiva che Giovanni Albino aveva lavorato per un certo tempo alla corte di Lisbona, “ma come nojavasi del far anticamera ritornossene alla patria”.
Nel citato catalogo della mostra Legni preziosi, Anastasia Gilardi indica il 1690 come anno di nascita, anticipa al 1754 l’esecuzione della statua di Sant’Antonio e non conferma l’esecuzione del pulpito per la parrocchiale di Castel San Pietro.
Giovanni Albino Carabelli era membro di una famiglia di artisti il cui capostipite è Antonio (1648-1694), stuccatore e padre di Giovanni Albino.
Dei due figli di Giovanni Albino, Giuseppe Carabelli, nato nel 1722, intraprende l’attività di intagliatore in legno a Milano. A Castel san Pietro esegue nel 1770 gli ornati della grande macchina dell’organo per la chiesa di Sant’Eusebio e nel 1771 l’intaglio dei confessionali (non più presenti); inoltre una bussola con una testa di leone, ancora oggi è di proprietà del Patriziato di Castel San Pietro. Muore 14.1.1803 in un ospedale di Milano e viene successivamente trasferito a Castel San Pietro (Stevens). L’altro figlio, il più noto Francesco Carabelli (1737-1798), partecipa come scultore al movimento neoclassico. Si veda l’albero genealogico (Figura qui sotto, fonte Stevens) e la voce contenuta nell’Enciclopedia Treccani.

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Figura. Albero genealogico della famiglia Carabelli (fonte Stevens)

Il reliquario in questione fa coppia con un secondo reliquiario (Figura 3), stesso autore, epoca e provenienza. Anche in questo caso la qualità di esecuzione è indubbia e rivela un notevole virtuosismo da parte di Giovanni Albino Carabelli, soprattutto nella realizzazione dei quattro angeli che assumono pose dinamiche, tipiche dello stile barocchetto. In assenza di altre opere che gli possono venir attribuite con certezza, a parte il Sant’Antonio di Ponte, è difficile poterne marcare lo stile, anche perché esso si rifà ai modelli coevi di scultura lignea e pittura.

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Figura 3. Carabelli Giovanni Albino, Reliquiario, 1732, Castel San Pietro, chiesa di Sant’Eusebio (foto di Ghigo Roli, 2013).

Vi sono però alcuni motivi di interesse, di carattere squisitamente stilistico, che val la pena di evidenziare. Mi riferisco al profilo della teca che contiene le reliquie, ai piedi a ricciolo e al bordo di base costituito da una sequenza di foglie d’alloro, tre dettagli riferibili con buona approssimazione ad ambiti territoriali specifici.
La sagoma della teca riproduce fedelmente quella delle tipiche formelle che decorano la fronte dei cassettoni, come pure, le ante di porte, armadi e credenze. Più in particolare, troviamo un riscontro abbastanza preciso nelle formelle di alcuni cassettoni prodotti nella zona del Lago Maggiore che subiscono in modo determinante gli influssi dell’ebanisteria piemontese (Figura 4).

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Figura 4. Canterano, Novara, inizi del XVIII secolo, mercato antiquario.

Si riscontra, più in generale, una fisionomia comune che accomuna, pur nelle differenze, i mobili prodotti nella cosiddetta zona dei Laghi, con particolare riferimento alle attuali province di Novara, Como, Lecco, Varese e di parte del Canton Ticino.
Il piede a ricciolo largo e appiattito è derivato dal barocco romano e non è tipicamente lombardo, tuttavia lo troviamo a sostegno di una cassettone (Figura 5) che proviene proprio dal Novarese, più precisamente da un’antica famiglia di Borgomanero (No).

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Figura 5. Canterano, Novara, inizi del XVIII secolo, collezione privata.

Il bordo intagliato a foglie d’alloro, invece, trova ampio impiego nell’ebanisteria bergamasca come elemento separatore tra i cassetti del tipici canterani (FIGURA 6, nota 2).

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Figura 6. Canterano (particolare), Bergamo, inizi del XVIII secolo, Finarte, dicembre 1991 n. 457.

Non deve però stupire che lo si trovi su un manufatto in terra ticinese poiché gli influssi dell’ebanisteria bergamasca, dotata all’epoca di forte personalità, si propagano in ambito comasco attraverso il Lecchese.
Da tutto quanto precede si desume che gli artefici del legno ticinesi, privi di un adeguato retroterra, facciano riferimento all’ebanisteria lombarda e che un artefice come il Carabelli sia aggiornato su quanto viene prodotto nella vastissima Diocesi di Como che a sua volta guarda inevitabilmente a Milano.

NOTE

[1] AAVV (a cura di E. Villata), Legni preziosi. Sculture, busti, reliquiari e tabernacoli dal Medioevo al Settecento nel Canton Ticino, p. 156-157.

[2] Troviamo lo stesso motivo nei cassettoni friulani e in qualche esemplare veneto, frutto di una corrispondenza, mai adeguatamente chiarita; ad esempio [Leggi].


L’autore ringrazia Anastasia Gilardi, storica dell’arte per avergli fornito immagini e indicazioni bibliografiche.

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, aprile 2018

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