Cassettone neoclassico genovese … o milanese
di Andrea Bardelli
In occasione di un’asta Wannenes svoltasi a Genova il 15 maggio scorso, è stato presentato un cassettone neoclassico di notevole interesse ai fini di stabilire se sia stato realizzato a Genova o a Milano [Figura 1].
Figura 1. Cassettone impiallacciato e intarsiato, Lombardia (?) fine XVIII secolo, Wannenes, Genova 15 maggio 2018 n. 619.
Molto è stato scritto sugli influssi che il grande intarsiatore lombardo Giuseppe Maggiolini avrebbe esercitato sull’ebanisteria genovese, sia attraverso l’esempio diretto in occasione di una sua permanenza a Genova, sia indirettamente facendo circolare disegni e fornendo mobili all’aristocrazia genovese che fungevano da modello (nota 1).
Nella scheda in catalogo il mobile viene giustamente messo in stretta relazione con un cassettone pubblicato da Lodovivo Caumont Caimi nel volume del 1995 sull’ebanisteria genovese del Settecento [Figura 2].
Figura 2. Cassettone impiallacciato e intarsiato, Lombardia (?) fine XVIII secolo (L. Caumont Caimi, L’ebanisteria genovese del Settecento, PPS, Parma 1995, p.290 n. 246).
Il riferimento è impeccabile e viene fatta notare “la ripartizione geometrica nel primo cassetto, dove nella riserva centrale alloggia un decoro floreale stilizzato e tripartito, caratteristica comune che, forse, può considerarsi come il ‘marchio’ di fabbrica della bottega”.
Il redattore della scheda, tuttavia, pur facendo a sua volta rimarcare l’influenza di Maggiolini e del suo repertorio sul mobile genovese, non se la sente nella didascalia sintetica di attribuire il mobile a Genova.
Va detto subito che il cassettone presentato da Wannenes ha tutte le caratteristiche morfologiche e decorative del mobile neoclassico lombardo e penso che sarebbe stato definito come tale senza il precedente costituito dal cassettone pubblicato da Caumont Caimi, studioso esperto e prudente.
Ho sempre pensato che quest’ultimo mobile fosse lombardo e non genovese.
Non citando alcun documento, credo che Caumont Caimi, ai fini di attribuirlo a Genova, si sia basato sul fatto di averlo reperito in qualche palazzo o presso qualche famiglia genovese.
Alcune cose non convincono.
La prima è che il cassettone appare spaesato tra la maggior parte degli altri mobili neoclassici pubblicati da Caumont Caimi, i quali hanno caratteristiche che mai permetterebbero di prenderli per lombardi, quanto piuttosto di gusto “franco-piemontese”; mobili dello stesso genere sono pubblicati nel già citato volume di Gonzales Palacios.
La seconda è che Caumont Caimi, dopo aver scritto che “Il ricco repertorio decorativo utilizzato per gli intarsi riprende alcuni elementi presenti negli analoghi mobili intarsiati di altre regioni” afferma che essi sono “disposti secondo uno schema prettamente locale”, cosa che non mi sembra di poter riscontrare facendo dei confronti con altri mobili neoclassici genovesi, compresi quelli pubblicai nello stesso volume.
Infine, a proposito del cassettone pubblicato al n. 248, Caumont Caimi scrive: “Alcune caratteristiche tecniche della costruzione della cassa del mobile e particolari come i montanti leggermente sporgenti rispetto al corpo, permettono di individuarlo come opera di produzione genovese”.
Non posso dire nulla circa le tecniche di costruzione che non vengono spiegate, ma quanto ai “montanti leggermente sporgenti rispetto al corpo”, se ho ben interpretato, posso dire che non si tratta di una caratteristica prettamente genovese, anzi il mobile lombardo la condivide ampiamente.
A supporto del carattere lombardo dei due cassettoni, quello proposto da Wannenes e quello pubblicato da Caumont Caimi, mostro un bel cassettone apparso sul mercato antiquario con un’attribuzione alla Bottega Maggiolini [Figura 3] che con i due mobili fin’ora esaminati ha in comune, in particolare, sia il decoro intarsiato a piccole foglie continue tra piano e cassetto superiore, sia il profilo a campanule che si rincorrono tra quest’ultimo e quello sottostante [Figura 3 bis, nota 2].
Figure 3 bis. Giuseppe Maggiolini (attr.), cassettone, mercato antiquario (Palazzo Torlo).
Figura 3 bis. Particolare della Figura 3.
Il dubbio che il cassettone presentato da Wannenes sia lombardo e non genovese pare condiviso all’interno della casa d’aste, poiché non si esita a definire genovesi due comodini che formano il lotto successivo (n. 620) [Figure 4 e 5], nonostante un apparato decorativo decisamente “maggioliniano”.
Figura 4 e 5. Comodini impiallacciati e intarsiati, Genova, XVIII-XX secolo, asta Wannenes, Genova 15 maggio 2018 n. 620.
Il secondo dei due è stato pubblicato come genovese da Gonzales Palacios che ci dice essere proveniente dal Castello di Arenzano, immagino alludendo al palazzo dei marchesi Pallavicino (nota 3).
Sono diversi i motivi per i quali mi sento di condividere, relativamente ai due comodini, l’indicazione di appartenenza geografica a Genova.Il comodino lombardo è raramente a gamba alta; prevale il modello con gambe corte che sorreggono un corpo dotato di un’unica grande anta con sovrastante tiretto.
A Genova il comodino a gamba alta è di norma; invece del tiretto, troviamo però assai spesso un vano a giorno, per cui lo stesso Gonzales Palacios, a proposito del comodino in discorso, si premura di far notare che “… un tiretto sotto il piano di appoggio [é] insolito a Genova”.
Un altro elemento tipicamente genovese è il piano in marmo incassato all’interno di un bordo su tre lati. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, l’eccezione – che speriamo confermi la regola – è costituita da due comodini apparsi di recente sul mercato antiquario, eseguiti da Giuseppe Maggiolini per le nozze avvenute nel 1787 tra il marchese Giorgio Pio Pallavicini Trivulzio e Anna, figlia del conte Antonio Besozzi Figliodoni [Figura 6].
Figura 6. Giuseppe Maggiolini, comodini impiallacciati e intarsiati, mercato antiquario (Piva & C.); una bella scheda redatta da Giuseppe Beretti è stata distribuita in occasione di AMART, Milano 9-13 maggio 2018.
Infine, se è vero che gli intarsi sono di gusto decisamente lombardo per quanto riguarda la fronte del tiretto, dell’anta e delle gambe, non lo è per nulla la decorazione delle lesene a imitazione di colonne scanalate e rudentate, secondo un gusto di marca francese che troviamo, oltre che a Genova, in Piemonte e a Napoli.
Possiamo quindi concordare che i due comodini proposti da Wannenes siano genovesi.
Ma allora, se questi due comodini sono genovesi, perché non potrebbe esserlo un insolito tavolino [Figue 7 e 7 bis] apparso nella mostra su Maggiolini tenutasi a Parabiago nel 2014?
Figure 7 e 7 bis. Bottega Maggiolini, tavolino, inizi del XIX secolo, Parabiago (Mi), collezione privata (Giuseppe Maggiolini un virtuoso dell’intarsio e la sua bottega di Parabiago, a cura di E. Colle, catalogo mostra Parabiago 20.9-9.11.2014 p. 98).
Questo mobile, nell’occasione attribuito alla bottega di Maggiolini, non solo presenta sulle gambe lo stesso decoro intarsiato che vediamo su quelle dei comodini, ma al centro della “mazzetta”, ossia il dado che collega le gambe alla strozzatura, prima del loro innesto nella fascia, vediamo un decoro intarsiato, spesso definito “a rosetta”, che troviamo prevalentemente intagliato, più raramente intarsiato, nella mazzetta dei sedili neoclassici genovesi [Figura 8].
Figura 8. Poltrona, Genova, fine XVIII secolo, Genova, Palazzo Reale.
Si noti, tuttavia, non tanto e non solo il decoro intarsiato a piccole foglie continue sul bordo del piano, lo stesso che troviamo rovesciato nella stessa posizione in entrambe i cassettoni “lombardi” sopra esaminati, ma anche, sempre con riferimento ai medesimi cassettoni, l’idea della ripartizione geometrica del cassetto con un “decoro floreale stilizzato e tripartito” nella riserva centrale (qui allargata).
Un tavolino pressoché identico, ma in una versione con il piano in marmo delle Alpi “a incasso”, era già stato pubblicato da Andrea Disertori e Anna Maria Necchi Disertori nel loro volume sul mobile lombardo del 1992 con un riferimento a Maggiolini (nota 4).
Nello stesso volume, viene pubblicato un comodino a gamba alta, dotato di tiretto sotto il piano e anta scorrevole a coulisse, che presenta un intarsio molto raffinato, ma altresì una gamba che per forma e decoro è facilmente assimilabile a quella dei due tavolini e dei comodini proposti da Wannenes [Figura 9].
Figura 9. Giuseppe Maggiolini, comodino, collezione Guido Lamperti (A.Disertori-A.M.Necchi, op. cit., p. 241).
Il comodino viene segnalato nella collezione dell’antiquario Guido Lamperti di Carate Brianza (Mb) come firmato “Giuseppe Maggiolini”, circostanza che non possiamo mettere in discussione fino a prova contraria.
Il ragionamento, che pure è stato utile sviluppare, ci porta a rimettere tutto in discussione.
In conclusione, possiamo pensare a mobili eseguiti da artefici lombardi per una committenza genovese, oppure da mobili fortemente ispirati all’ebanisteria lombarda realizzati a Genova da artigiani genovesi o lombardi, ma in qualche caso anche a mobili lombardi che abbiano tratto dall’ebanisteria genovese spunti quali il marmo incassato su tre lati.
NOTE
[1] “Resta per ora molto difficile indicare quale sia la portata dell’arrivo del Maggiolini a Genova e se il suo soggiorno nella Superba ebbe qualche conseguenza sull’ebanisteria locale” (Gonzales Palacios A., Il mobile in Liguria, Genova 1996, p. 289).
[2] Con il cassettone pubblicato da Caumont Caimi, esso condivide anche un decoro intarsiato con elementi fogliati, disposto nell’uno nella parte inferiore dell’ultimo cassetto, nell’altro sulla fronte del cassetto sotto il piano.
[3] A.Gonzales Palacios A., op. cit., p. 285 n. 337.
[4] A.Disertori-A.M.Necchi Disertori, Il mobile lombardo, De Vecchi, Milano 1992, p. 134.
Ringrazio Manuela Sconti Carbone per lo scambio di idee nell’ambito di proficue discussioni avute sull’argomento.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, giugno 2018
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