Piacenza, Cremona o … Meda. Parte I
di Andrea Bardelli
Il problema che ci accingiamo ad esaminare oggi rischia di non trovare una soluzione, come si sarebbe auspicato, ma di generare nuovi interrogativi. Desideriamo occuparci di una certa tipologia di mobili “lombardi”, databili al terzo quarto del Settecento, che la ribalta qui illustrata [Figura 1] ben rappresenta.
Figura 1. Cassettone a ribalta, Lombardia, 1760-80 circa, Finarte 8 giugno 2005 n. 268.
Si tratta di un mobile con un impianto formale e decorativo tipicamente “lombardo”, ma ci attrae la forma insolita del piede che riscontriamo in genere nei mobili piemontesi (nota 1).
L’ebanisteria piemontese esercita un influsso percepibile in ambito piacentino e, più in generale, in ampie aree della Lombardia occidentale (Cremona, Pavia, Lodi). Non sappiamo se questi influssi siano penetrati da Sud oppure da Nord attraverso il Novarese.
La forma del piede, che ovviamente non esaurisce la casistica nei territori sopra menzionati, è abbastanza emblematica. Ad essa si associano però motivi decorativi non di derivazione piemontese, bensì riconoscibili nella produzione lignea della Lombardia occidentale, come piccoli inserti geometrici che si rincorrono e l’accostamento di legni chiari e scuri.
Si è soliti datare questi mobili al terzo quarto del Settecento poiché associano forme barocchette a decori geometrici che preludono al neoclassicismo.
Quanto sopra apparirà più chiaro osservando altre due ribalte che mostrano lo stesso movimento del corpo a urna che include la ribalta vera e propria e piedi di forma molto simile [Figure 2 e 3].
Figura 2. Cassettone a ribalta, Lombardia, 1760-80 circa, già Palazzo Mondolfo Labadini, Semenzato-Nuova Geri, novembre 1988 n. 615.
Figura 3. Cassettone a ribalta, Lombardia (o Piacenza), 1760-80 circa, Sotheby’s, Milano 18 giugno 2003 n.225.
Diversamente dalla prima, questi due ribalte presentano la fronte scandita da riquadrature, due per cassetto, ai lati dell’ovale centrale e una “bavaglia” centinata che raccorda le gambe anteriori.
Non è possibile stabilire se provengano dalla stessa bottega, ma spero si concordi sul fatto che la familiarità tra i tre mobili è innegabile.
La didascalia che accompagna la ribalta messa in asta da Sotheby’s contiene due importanti elementi di riflessione. Il primo è una possibile estensione a Piacenza dell’ambito di attribuzione, condivisibile alla luce di quanto sopra sostenuto (nota 2), il secondo è un riferimento a una “ribalta simile, firmata Francesco Cassina in Meda datata 1779”. Si tratta di un mobile noto alla critica, immortalato da Clelia Alberici nella sua indispensabile monografia sul mobile lombardo [Figura 4, nota 3].
Figura 4. Francesco Cassina, cassettone a ribalta, Meda (MB), 1779 (Alberici, op. cit., p. 106).
Il riferimento appare del tutto corretto perché sia la forma del mobile, sia la disposizione dell’impiallacciatura rientrano nella tipologia sopra identificata.
Meda ?
Si comprende che, per quanto elastici, sia difficile collegare la Lombardia occidentale con la zona a nord di Milano, proiettata verso i Laghi, il Varesotto e il Comasco, e tanto meno Meda con il Piemonte.
Aspettiamo a tirare le conclusioni e passiamo a considerare un cassettone [Figura 5] che presenta un piede abbastanza simile a quello della ribalta in Figura 3, con la quale condivide il motivo della profilatura con alternanza di legni chiari-scuri.
Figura 5. Cassettone, Lombardia, 1770-80 circa (Finarte).
Può essere utile segnalare, anche se l’argomento non è decisivo, che tra le immagini relative alla medesima asta (Archivio Antiqua) compaiono alcuni altri mobili di chiara origine piacentina, con i quali il presente mobile potrebbe condividere la provenienza.
Rispetto alle ribalte viste finora, si nota il motivo floreale intarsiato alle due estremità di ciascuno dei sei cassetti.
Cassettoni di questo genere appaiono abbastanza di frequente sul mercato con attribuzioni piuttosto generiche alla Lombardia o all’Emilia [Figura 6].
Figura 6. Cassettone, Lombardia, fine XVIII secolo, mercato antiquario (Archivio Antiqua).
Ritroviamo un motivo simile intarsiato su un cassettone piacentino [Figura 7] che si presenta in tardo stile Luigi XVI a dispetto delle maniglie di foggia anteriore (residuo del passato oppure, verosimilmente, frutto di un intervento postumo).
Figura 7. Cassettone, Piacenza, inizi del XIX secolo (Longevi-Pighi, op. cit., n. 239).
Come giustificare allora un cassettone già presentato su Antiqua [Figura 8, nota 4], eseguito da certo Vermondo Cimnaghi nel 1788 a Meda?
Figura 8. Vermondo Cimnaghi Vermondo, cassettone, Meda (MB), 1788.
E’ pur vero che alcuni centri della Brianza, territorio a nord di Milano di cui fa parte Meda, si trasformano a fine Settecento in uno dei più rinomati distretti dediti alla produzione di mobili, capaci quindi di attrarre idee, modelli e gli stessi artigiani provenienti da altre realtà.
Tuttavia questa strana commistione tra modelli lombardo-piemontesi-piacentini e “brianzoli” sembra preesistente, come dimostrerebbero le ribalte prese in esame.
Si verrebbe allora indotti a credere che sia arduo tentare di identificare in Lombardia delle realtà produttive che abbiano peculiarità morfologiche e decorative tali da renderle facilmente identificabili.
Due possibilità: o gli stilemi circolavano da Nord a Sud e da Est a Ovest, veicolati da maestranze girovaghe o dalla semplice diffusione di modelli a mezzo di disegni, oppure dobbiamo parlare di una sorta di koiné in cui le diversità sfumano all’interno di un linguaggio sostanzialmente comune.
NOTE
[1] Si rimanda all’articolo sui cassettone piemontesi della prima metà del Settecento [Leggi] con particolare riferimento alla foto 6 e all’articolo Trumeau di Filippo Giacomo Berino (maggio 2019) [Leggi ].
[2] Sul mobile piacentino vedi l’unico testo monografico sull’argomento: C. Longevi-S. Pighi, Il mobile piacentino, Tipleco, Piacenza 2003.
[3] C. Alberici, Il mobile lombardo, Gorlich 1969 (De Agostini, 1996), p. 106. Sulla famiglia degli ebanisti Cassina ci intratterremo in un prossimo articolo.
[4] Un cassettone neoclassico firmato Cimnaghi (giugno 2012) [Leggi].
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, marzo 2017
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