Acquasantiere e placchetta con Resurrezione
di Attilio Troncavini
È di recente apparsa in una collezione privata milanese una coppia di acquasantiere in metallo sbalzato, databili alla metà del Settecento circa e raffiguranti una Resurrezione [Figura 1].
Figura 1. Coppia di acquasantiere in metallo sbalzato, Veneto (?), metà circa del XVIII secolo, Milano, collezione privata.
Si vede il Cristo, al centro della parte superiore della scena, mentre sale al cielo circondato da angeli generando una luce abbagliante che sorprende e terrorizza tre soldati che tentano di ripararsi con lo scudo o con le braccia.
Troviamo un’identica rappresentazione in una placchetta in bronzo, passata in asta presso Finarte-Semenzato nel novembre 2002 [Figura 2], che ha sempre destato il nostro interesse, risultando alquanto rara.
Figura 2. Resurrezione, placchetta in bronzo, cm. 10 x 8, Veneto (?), XVII secolo (?), Finarte-Semenzato, novembre 2002 n. 578.
L’iconografia del Cristo trionfante sulla morte che si eleva dal sepolcro in un tripudio di luci che accecano i soldati messi di guardia è per altro assai diffusa.
Una delle più antiche rappresentazioni di questo soggetto, nei termini in cui l’abbiamo descritto, va fatta risalire a Giulio Romano, dal quale Giovanni Battista Scultori trae un’incisione nel 1537 [Figura 3, nota 1].
Figura 3. Giovanni Battista Scultori (da Giulio Romano), Resurrezione, incisione, San Francisco, Fine Art Museum [Vedi].
La diffusione delle immagini della Resurrezione e la loro applicazione nelle arti decorative si deve anche alle illustrazioni ideate per le varie edizioni del Messale dei Romani (Missale Romanum) in cui compaiono, in genere, tre tavole (Annunciazione, Crocifissione, Resurrezione) e un frontespizio. Citiamo, ad esempio, una rappresentazione della Resurrezione eseguita da Giorgio Ghisi [Figura 4], il quale avrebbe tratto da suoi disegni quattro incisioni, tra cui questa, realizzate presumibilmente tra il 1578 e il 1582 per il Messale destinato alla basilica di Santa Barbara di Mantova, pubblicato in prima edizione nella stessa città nel novembre del 1583 con dedica a papa Gregorio XIII (nota 2).
Figura 4. Giorgio Ghisi, Resurrezione, 1578-1582, incisione [Vedi].
Il riferimento più preciso, almeno per quanto riguarda la parte sinistra della scena, lo troviamo però in un dipinto eseguito da Annibale Carracci nel 1593 che si conserva al Louvre [Figura 5].
A parte l’atmosfera generale della scena, la trascrizione del soldato in primo piano in basso a sinistra è pressoché puntuale [Figure a e b].
Figura 5. Annibale Carracci, Resurrezione, 1593, olio su tela, Parigi, Louvre.
Confronto tra un particolare di Figura 5 (a) e di Figura 1 (b).
Sarebbe imprudente restringere a un ambito specifico la provenienza della coppia di acquasantiere, così come della placchetta. Per entrambe ci collochiamo ormai in epoche in cui la circolazione delle stampe metteva a disposizione gli stessi soggetti praticamente ovunque.
Per le acquasantiere il disegno barocchetto al quale sono improntati i manufatti non pone dubbi circa la loro datazione alla metà circa del XVIII secolo. Che l’immagine fosse attuale in pieno Settecento, lo dimostra una versione quasi del tutto simile, anche se in controparte, pubblicata nel 1768 a Venezia come illustrazione di un Missale Romanum presso l’editore veneziano Nicolò Pezzana [Figura 6, nota 4].
Figura 6. B. Falconi, Resurrezione, incisione (illustrazione per un Missale Romanum), Nicolò Pezzana, Venezia 1769.
Nel caso della placchetta, invece, è interessante notare come solo i riferimenti iconografici rendano plausibile una datazione al XVII secolo, se non oltre, per un oggetto che per forma e impostazione, saremmo stati tentati di ritenere molto più antico.
NOTE
[1]
In realtà, il tema del Cristo che risorge mettendo lo scompiglio tra gli armigeri che fanno da guardia al sepolcro può essere fatto risalire a Raffaello, il quale nel dipinto oggi a San Paolo del Brasile (1501-1502) supera le precedenti versioni sue e del Perugino in cui il Cristo è in elevazione, ma gli armigeri appaiono addormentati. Il passaggio da un Cristo che si eleva, ma compassato, a un Cristo che si colloca all’interno di uno scoppio di luce che produce nelle guardie un effetto scomposto, si ha con il polittico di Issenheim di Matthias Grünewald (1512-16), ma è con il polittico Averoldi di Tiziano (1520) che si vede il Cristo svettare con posa dinamica.
Sull’iconografia della Resurrezione del XIV, XV e XVI secolo [Vedi].
[2] Questa iconografia della Resurrezione si diffonde anche attraverso la sua rappresentazione all’interno dei Misteri Gloriosi del Rosario dal tardo Cinquecento in poi. Si vedano le numerose edizioni dei testi illustrati sul Rosario di Luis de Granada, come quella pubblicata nel 1578 a Venezia per i tipi di Giovanni Verisco “e compagni” (Vanoli Paolo, in AAVV, Confraternite, fede e opere in Lombardia dal Medioevo al Rinascimento, Scalpendi, Milano 2011, p. 85 e ss., cat. 40).
[3] È probabile che l’incisione si stata eseguita da un certo B. Falconi, il quale firma la calcografia (bulino) con S. Pietro tra le allegorie della Fede e la Chiesa sul frontespizio dell’edizione del 1769 di un messale, presumibilmente lo stesso, presso il medesimo editore Pezzana a Venezia, inventariato tra i beni storici e artistici della diocesi di Bergamo [Vedi].
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, Aprile 2017
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