Bellerofonte o San Giorgio in Francesco di Giorgio Martini
di Attilio Troncavini
Francesco di Giorgio Martini (Siena 1439-1501) è stato pittore, architetto civile e militare, oltre che scultore in legno e in bronzo, attivo soprattutto a Siena, in Umbria e nelle Marche, ma presente anche a Roma, Lucca, Napoli, Milano, Pavia.
Suo maestro è stato il Vecchietta, ma lo si può considerare un seguace di Donatello, con esperienze per certi versi prossime a quelle di Pollaiolo.
A noi interessa in questa sede come autore di placchette e medaglista.
La letteratura in argomento è scarsa; ne troviamo traccia in un fascicolo (XVI-XVII) del 1939 di La Critica d’arte, in cui Carlo Ludovico Ragghianti parla della mostra di scultura italiana antica a Detroit (un testo ancora fondamentale per storia della scultura in Italia). In questo contributo, egli stralcia da uno studio (allora in preparazione) su Francesco di Giorgio una serie di bronzi erratici, tra i quali quattro placchette facenti parte di uno stesso complesso decorativo [Figure 1-4], forse le quattro borchie della coperta di un libro urbinate, che desideriamo ripresentare all’attenzione degli studiosi e degli appassionati. Si tratta di San Sebastiano, già Parigi, coll. Dreyfus, San Giovanni Battista, idem, San Girolamo, Berlino Kaiser Fredrich Museum e Sant’Antonio Abate, Vienna, coll. Lietchenstein.
Figure 1-4. Francesco di Giorgio, placchette in bronzo raffiguranti di San Sebastiano, già Parigi, coll. Dreyfus, San Giovanni Battista, idem, San Girolamo, Berlino Kaiser Fredrich Museum e Sant’Antonio Abate, Vienna, coll. Lietchenstein (Ragghianti, op. cit. Tav. 149, figg. 64, 65, 66, 67).
Nel 1966, a Francesco di Giorgio viene dedicata una monografia della serie I maestri della scultura della Fabbri (la numero 51 a cura di Corrado Maltese), da cui abbiamo tratto alcune delle notizie riportate in premessa.
Vi si pubblica (ill. IX) solo il recto di una medaglia di Federico da Montefeltro conservata a Londra presso il British Museum [Figura 5], informando che sul verso compare “un cavaliere nudo che si avventa su un drago” [Figura 6].
Figure 5 e 6. Francesco di Giorgio, Medaglia in bronzo raffigurante Federico da Montefeltro (recto), Bellerofonte e Chimera (verso), Londra, British Museum.
Ipotizzando che la scena del verso rappresentasse san Giorgio e il drago, la medaglia veniva datata al 1474, anno in cui venne conferito a Federico l’ordine della giarrettiera di cui il santo è patrono.
La figurazione del verso ebbe grande diffusione e se ne conoscono diverse copie, come il tondo in marmo di un portale del chiostro grande della Certosa di Pavia, dove Francesco si reca nel 1490.
L’immagine in questione, però, non mostra san Giorgio, bensì Bellerofonte che uccide Chimera, soggetto per il quale Francesco aveva un’evidente predilezione [Figura 7].
Figura 7. Francesco di Giorgio, placchetta in bronzo raffigurante Bellerofonte e Chimera, Berlino, Staatliche Museum. In esergo compare chiaramente la scritta CHIMERA.
Bellerofonte si chiamava Ipponoo (Bellerofonte, letteralmente “uccisore di Bellero”, era il soprannome che gli fu dato dopo che ebbe ucciso Bellero, re di Siracusa, oppure di Corinto) è un personaggio della mitologia greca, un eroe la cui impresa più grande fu quella di uccidere Chimera, un mostro che Omero descrisse con la testa di un leone, il corpo di una capra e la coda di serpente [Figura 8].
Figura 8. Bellerofonte e Chimera, dettaglio di una ceramica attica a figure rosse, 425-420 a.C., Atene, Museo Archeologico, Inv. 2179.
Esiodo e altri autori tragici hanno immaginato che l’eroe fosse seduto a cavallo di Pegaso, ma nell’Iliade di Omero (libro VI) viene raffigurato senza il celebre cavallo alato. Pindaro, nelle Olimpiche (la versione maggiormente nota), lo affianca nuovamente a Pegaso, assegnando a taluni personaggi nome diverso rispetto alle versioni dei suoi contemporanei (wikipedia, ad vocem).
La Chimera nasce quindi in ambito greco e si sviluppa presso gli etruschi; ricompare a Roma attorno al 200 d.C. come soggetto popolare in alcune rappresentazioni musive.
In epoca paleocristiana (300-700) è considerata una rappresentazione del demonio ed è quindi probabile che, in epoca successiva, l’iconografia di san Giorgio derivi proprio da quella di Bellerofonte e della Chimera, anche se il mostro ha l’aspetto di un rettile piuttosto che quello di un felino.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, ottobre 2010
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