Canterani intarsiati della seconda metà del XVII secolo. Parte I (Verona e dintorni)
di Andrea Bardelli
Dopo aver affrontato i cassoni [Leggi], proviamo ad addentrarci sul terreno ancora più sdrucciolevole dei cassettoni dello stesso genere, decorati con intarsi di tipo floreale, spesso stilizzati, all’interno dei quali compaiono talvolta piccole figure.
Come l’altra volta partiamo da alcuni punti fermi forniti dalla letteratura in argomento e mostriamo un cassettone che Clelia Alberici ha pubblicato nel 1980 nel suo volume sul mobile veneto come veronese (Alberici 1988, p. 126-127 n. 168) [Figura 1].
Figura 1. Cassettone intarsiato, Verona, seconda metà del XVII secolo (Alberici 1988, p. 126-127 n. 168).
Il mobile è in massello di noce con fronte suddivisa in quattro cassetti uguali di cui il primo ribaltabile a uso scrittoio con all’interno una doppia sequenza di quattro tiretti intarsiati; sotto il piano si rileva la presenza di dentelli “unghiati”, ossia scavati all’interno con un colpo di sgorbia. Ciascun cassetto è decorato da una successione di cartelle: una ottagonale al centro, due rettangolari ai lati e due “a mezzo ottagono” agli estremi; le cartelle sono intarsiate, in questo caso, con sottili motivi fitomorfi e le maniglie sono di tipo veneto.
I piedi sono semplici piedi a mensola, in altri casi sostituiti, come vedremo, da piedi variamente intagliati.
Nel 2000, Clara Santini pubblica come veronesi due cassettoni simili al precedente, ma con alcune varianti. Nel primo (Santini 2000, p. 61 n. 97) [Figura 2] il cassetto superiore non è ribaltabile, le cartelle rettangolari sui cassetti non sono intarsiate e al centro troviamo dei pomelli al posto delle maniglie; i dentelli sotto il piano sono privi di “unghiature” e l’ultimo tratto della fascia di base non è modanato, bensì piatto e filettato. Ma l’elemento che più lo caratterizza e distingue dal precedente è la forma del piede intagliato, costituito da una corolla da cui si dipartono delle volute vegetali.
Figura 2. Cassettone intarsiato, Verona, seconda metà del XVII secolo (Santini 2000, p. 61 n. 97).
Nel secondo (Santini 2000, p. 62 n. 99) [Figura 3], dall’immagine non è possibile rilevare il tipo di dentello, il primo cassetto è ribaltabile e, all’interno, troviamo due file sovrapposte di tre tiretti intarsiati; ritroviamo le maniglie, anche se di foggia più semplice. Le principali varianti, anche rispetto al cassettone precedente, sono costituite dal bordo anteriore del fianco decorato con la stessa fettuccia a tasselli chiaro-scuri che scontorna ciascun cassetto e le relative cartelle, da tre riserve intarsiate sulla fascia di base e, soprattutto, dalla ricca “bavaglia” intagliata che raccorda i piedi.
Figura 3. Cassettone intarsiato, Verona, seconda metà del XVII secolo (Santini 2000, p. 62 n. 99).
Su queste basi, è possibile attribuire allo stesso ambito un cassettone pubblicato da Lucien Zinutti nel 2011 (Zinutti 2011, p. 88) [Figura 4] e un cassettone passato in asta da Semenzato nel 1993 [Figura 5], dove sono variamente distribuite le caratteristiche finora rilevate, a parte il fatto che il mobile di Figura 4 è privo di dentelli sotto il bordo del piano e delle cartelle rettangolari sulla fronte dei cassetti (nota 1).
Figura 4. Cassettone intarsiato, Verona, seconda metà del XVII secolo, (Zinutti 2011, p. 88).
Figura 5. Cassettone intarsiato, Verona, seconda metà del XVII secolo, Semenzato maggio 1993 n. 242.
Fino a questo punto siamo stati in grado di identificare una serie di cassettoni veronesi che hanno in comune il fatto di essere a quattro cassetti di cui il primo talvolta ribaltabile e di essere decorati con cartelle di forma ottagonale, talvolta intercalate da cartelle rettangolari; gli intarsi sono simili, ma variano sia per soggetto, sia per esecuzione più o meno filiforme; sotto il piano troviamo profili lisci, più spesso dentellati, talvolta “unghiati”; alcuni cassetti aprono con maniglie sagomate, altri con pomelli; abbiamo trovato piedi a mensola – che in qualche caso potrebbero essere frutto di una sostituzione – e piedi intagliati a corolla da cui si dipartono volute vegetali, talvolta raccordati da una “bavaglia”.
Possiamo a questo punto introdurre un cassettone [Figura 6], che si differenzia dai precedenti per due particolari: la forma ellittica e semi-ellittica delle riserve intarsiate sulla fronte dei cassetti e, soprattutto, per i piedi spesso definiti “a doppio arco” (oppure “a bifora”). Abbiamo trovato questi piedi nella maggior parte dei cassoni di cui si è discusso nell’articolo citato in premessa.
Figura 6. Cassettone intarsiato, Verona, seconda metà del XVII secolo, mercato antiquario.
Verona o Brescia
Nel 1969 Clelia Alberici, questa volta nel suo volume sul mobile lombardo, pubblica un cassettone già presentato in asta da Finarte nel 1964 e lo definisce bresciano (Alberici 1969, p.61) [Figura 7].
Figura 7. Cassettone intarsiato, Brescia (?), seconda metà del XVII secolo (Alberici 1969, p.61).
Il metodo che adottiamo – si sarà capito – è quello di sfruttare alcuni mobili “consacrati” dalla letteratura come capostipite a cui poggiare altri esemplari provenienti da mercato o conservati in collezioni private.
Notiamo, rispetto ai precedenti, che questo cassettone ha la fronte suddivisa in tre cassetti uguali e in un cassetto molto più piccolo che scorre sotto il piano, caratteristica riscontrabile nei mobili bresciani. Per altro, il decoro dei cassetti, in cui si intuisce la presenza di un suonatore di tromba all’interno dell’intrico di fogliame, è identico a quello del cassettone di Figura 4.
Il cassetto piccolo sotto il piano è decorato da tre riserve intarsiate, le stesse che troviamo sulla fascia di base del cassettone di Figura 3 e di altri, le maniglie sono di gusto veneto e i piedi sono del tipo “a doppio arco”, riscontrabili nel cassettone di Figura 6 e nella maggior parte dei cassoni pubblicati nell’articolo già citato che li riguarda. Questi piedi nel Bresciano non sono affatto sconosciuti, anche se compaiono prevalentemente sui mobili di ambito veronese e mantovano.
C’è quindi da chiedersi se, ai fini di definire la provenienza di questo mobile, sia da privilegiare l’aspetto morfologico che lo designerebbe come bresciano, oppure quello decorativo che lo connetterebbe a quelli veronesi finora esaminati.
A proposito di due cassettoni passati sul mercato [Figure 8 e 9], assai simili al mobile di Figura 7, ci poniamo gli stessi dubbi a soprattutto per quanto riguarda il secondo che ha dei piedi di foggia più marcatamente veneta. Detto per inciso, giusto per intorbidire le acque, nel primo cassettone, quello di Figura 8, la bocchetta al centro del cassetto basso è disposta in verticale come d’uso di ambito bergamasco (a meno che ciò non sia giustificato dallo spazio disponibile sulla fronte interna del cassetto medesimo).
Figura 8. Cassettone intarsiato, Brescia o Verona, seconda metà del XVII secolo, mercato antiquario.
Figura 9. Cassettone intarsiato, Brescia o Verona, fine del XVII secolo, Sotheby’s Firenze maggio 1983 n.1401.
Quasi certamente stiamo affrontando una questione oziosa, non solo perché Brescia faceva parte all’epoca del territorio veneto, ma anche perché la distanza geografica e culturale dei rispettivi territori è minima. Ciò ha indotto alcuni osservatori a coniare per questi mobili la definizione ecumenica di “Lago di Garda”.
Così viene definito, ad esempio, un cassettone a quattro cassetti uguali pubblicato nel 2005 in un volume sugli arredi del Seicento curato da vari autori (Arredi del Seicento, p. 256a) che presenta maniglie identiche a quelle del mobile di Figura 8 e piedi simili a quelli del mobile di Figura 9. Diversamente dagli esemplari finora considerati, in questo mobile le cartelle intarsiate sono tutte di forma rettangolare [Figura 10].
Figura 10. Cassettone intarsiato, Verona o Brescia, fine del XVII secolo (Arredi del Seicento, p. 256a).
Il concetto di “Lago di Garda” si può estendere anche ad alcune zone della provincia di Trento.
Per il tipo di piede a cipolla di gusto germanico, credo si possa considerare trentino un cassettone che si distingue dai precedenti, oltre che per i piedi, per la forma romboidale anziché rettangolare delle cartelle, ove presenti, sulla fronte dei cassetti [Figura 11, nota 2].
Figura 11. Cassettone intarsiato, Trento, fine del XVII secolo, mercato antiquario.
Sicuramente bresciano è un cassettone proveniente da una famiglia storica di Cedegolo, comune bresciano della Val Camonica [Figura 12].
Figura 12. Cassettone intarsiato, Brescia, fine del XVII secolo, collezione privata.
I cassetti sono tre secondo la tradizione bresciana più consolidata e tipicamente bresciani sono i piedi “a pera” che troviamo in molti mobili in stile Luigi XIV. Sulla fronte dei cassetti, in corrispondenza delle cartelle rettangolari che si alternano alle riserve intarsiate, si notano due formelle a rilievo in massello di noce, leggermente diamantate, in cui si innestano le maniglie. Quest’ultimo è un dettaglio riscontrabile anche a Bergamo e, in qualche misura, anche in Valtellina, ma della presenza di questa tipologia di mobili intarsiati in terra bergamasca ci occuperemo in una prossima occasione.
Sembra fatto apposta per smentire l’equivalenza tra tre cassetti (o tre cassetti “e mezzo”) e provenienza bresciana, questo cassettone prelevato da un antiquario in una dimora di Concesio, all’ingresso della Val Trompia in provincia di Brescia [Figura 13].
Figura 13. Cassettone intarsiato, Brescia, seconda metà del XVII secolo, mercato antiquario.
A parte il numero dei cassetti e la forma dei piedi, questo mobile è confrontabile con il precedente per il profilo a dentelli sotto il piano, la forma delle riserve e il carattere dell’intarsio floreale con piccole figure all’interno, nonché per le cartelle a rilievo su cui sono fissate le maniglie.
A ulteriore riprova che il numero dei cassetti è irrilevanti ai fini della provenienza, mostriamo un cassettone a tre cassetti che Clelia Santini pubblica come veronese (Santini 2000, p. 62 n. 98) [Figura 14]. Le cartelle intarsiate sono tutte di forma rettangolare come nel mobile di Figura 10 e i piedi, alquanto rozzi, potrebbero essere stati sostituiti ricalcando una forma di piede a mensola che si riscontra sia in Veneto, sia in Lombardia (vedi oltre Figura 18).
Figura 14. Cassettone intarsiato, Verona, seconda metà del XVII secolo (Santini 2000, p. 62 n. 98).
Analogamente, saremmo propensi a definire veronesi anche i due esemplari seguenti, caratterizzati da un intarsio in cui prevalgono nettamente le figure antropomorfe, in questo caso dei cavalieri che si affrontano [Figure 15 e 16]. Abbiamo già incontrato questi cavalieri in un cassone veronese intarsiato presentato nell’articolo citato all’inizio (ivi Figura 7).
Figura 15. Cassettone intarsiato, Verona, seconda metà del XVII secolo, Trieste Museo Civico Storia e Arte (Alberici 1980, p 127 n. 167, definito semplicemente veneto).
Figura 16. Cassettone intarsiato, Verona, seconda metà del XVII secolo, mercato antiquario.
Entrambi sono a tre cassetti scontornati dalla fettuccia con sottili tasselli chiaro-scuri e recano lo stesso tipo di maniglie; hanno piedi “a doppio arco” e lo spigolo anteriore del fianco è decorato con un listello modanato che abbiamo finora riscontrato solo nell’esemplare bresciano di Figura 12.
Il primo cassettone è arricchito da piccole cartelle intarsiate sulla fascia di base e sui piedi; il secondo da un profilo a dentelli “unghiati” sotto il piano e da un listello intarsiato a tasselli chiari-scuri che collega la cartella ellittica centrale alle due laterali, sull’area di battuta delle maniglie, un particolare che non abbiamo osservato in alcuno degli esemplari precedenti.
I piedi finora incontrati non esauriscono la gamma di quelli veronesi. Mostriamo in proposito un cassettone molto simile a quelli presentati nella Figura 1 e seguenti, che possiamo collocare nella Bassa Veronese proprio per la forma dei piedi [Figura 17]. Essi ricordano i piedi diffusi in Emilia, mentre non hanno riscontro nel Mantovano.
Figura 17. Cassettone intarsiato, Verona, seconda metà del XVII secolo, mercato antiquario.
Verona o Mantova
A questo punto, resta da dirimere la questione già adombrata nell’articolo sui cassoni: come distinguere i cassettoni veronesi da quelli mantovani.
Nel 1994, Graziano Manni pubblica un cassettone definendolo di ambito mantovano (Manni 1994 p. 31 n. 24) [Figura 18].
Figura 18. Cassettone intarsiato, Mantova (o Verona), seconda metà del XVII secolo (Manni 1994 p. 31 n. 24).
Il mobile presenta tre cassetti uguali scontornati dalla fettuccia con tasselli chiaro-scuri che delimita anche le cartelle ellittiche con intarsi floreali. I piedi sono del tipo a mensola con riccioli che si aprono simmetricamente sui lati (già richiamati a proposito del mobile di Figura 14).
Una particolarità è costituita dalla sequenza di dentelli sotto il piano che Manni definisce “a lunule”, considerandola tipica dell’ambiente mantovano; a questo tipo di dentelli abbiamo già fatto cenno nell’articolo sui cassoni intarsiati (vedi ivi nota 6) e riprenderemo la questione nella seconda parte di questo contributo, anticipando però che compaiono anche su cassettoni collocati tra Treviso e Belluno.
Tra Verona e Mantova potremmo collocare, in prima istanza, il cassettone seguente [Figura 19], dotato di tre cassetti uguali decorati con cartelle ellittiche e semi-ellittiche intarsiate, collegate da listelli simili a quelli riscontrati nel mobile di Figura 16, anche se lisci e non intarsiati. Memorizziamo definitivamente questo particolare che troveremo in mobili dello stesso genere, ma attribuibili ad altri ambiti. I piedi sono “a doppio arco” raccordati da una bavaglia intagliata che ricorda quella vista nel cassettone veronese di Figura 3.
Figura 19. Cassettone intarsiato, Verona o Mantova, seconda metà del XVII secolo, Finarte giugno 2000 n. 695.
Dirimente, ai fini della determinazione dell’esatta provenienza, sarebbe la rilevazione del legno di struttura, che, in questo caso, non è stato possibile accertare. Si tratterebbe di abete se il mobile fosse veronese, di pioppo se fosse mantovano (come abbiamo avuto già modo di affermare nell’articolo sui cassoni).
Per la cronaca, il cassettone di Figura 19 è passato in asta come emiliano. Vedremo come Mantova fa probabilmente da ponte per la diffusione di questi mobili in Emilia.
Alcune conclusioni riassuntive
Da quanto precede possiamo concludere che, ai fini di determinare l’esatta provenienza di un cassettone intarsiato del genere preso in esame, non sono determinanti: il numero dei cassetti (quattro, tre o tre e mezzo); il disegno dell’intarsio e il tipo di maniglia, fermo restando che, convenzionalmente, si ritiene la maniglia ad arco di gusto veneto, mentre il pomello è maggiormente diffuso in Lombardia. In ogni caso, la presenza del pomello non sposta automaticamente questa tipologia di mobili in Lombardia o, per meglio dire, nei territori “lombardi” dell’allora Repubblica Veneta.
Anche la forma del piede o la presenza o meno di una bavaglia non sono determinanti, salvo forse il caso del piede “a pera” tipicamente bresciano.
Prettamente bresciane, estensibili, come vedremo, ad altri ambiti limitrofi, sono le formelle diamantate in corrispondenza delle cartelle rettangolari che si alternano alle riserve intarsiate.
Il legno di struttura, invece, può fare invece la differenza: Verona e Trento usano l’abete con assi disposte in orizzontale sullo schienale, Mantova il pioppo con assi disposte sia in orizzontale, sia in verticale “all’emiliana”, Brescia usa abbastanza indifferentemente i due legni, talvolta anche combinandoli in uno stesso mobile.
Il riconoscimento dovrà avvenire quindi tenendo conto di vari elementi sia stilistici (forma e decoro), sia tecnici (la costruzione, appunto) e soprattutto stabilendo confronti con alcuni esemplari di provenienza “certa” che qui si è tentato di identificare.
Nel più volte citato articolo sui cassoni intarsiati, si parlava di “Verona come principale centro di diffusione di questa tipologia di mobili”, affermazione che ci sentiamo di confermare anche in questa occasione, riferendoci a una sorta di koinè culturale che accomuna territori diversi, non solo quelli che insistono sul Lago di Garda, ma anche altri come vedremo meglio nella seconda parte.
A proposito di Lago di Garda, vogliamo segnalare un libro di modelli per ricami intitolato Burato, pubblicato senza data poco prima del 1530 a Toscolano in provincia di Brescia da un certo Alessandro Paganino che si autodefinisce “benacenses” (ossia del Benaco, antico nome Garda).
Non vogliamo giungere a conclusioni affrettare, ma alcuni modelli ricordano molto da vicino il disegno degli intarsi che abbiamo riscontrato sui nostri cassettoni [Figura 20].
Figura 20. Modello per ricamo, tratto da Il Burato di Alessandro Paganino, Toscolano (Bs), 1530 circa (Disegni per merletti e ricami, Nuova S1, Bologna 2008, p. 274) (*).
(*) Il volume Disegni per Merletti, curato da Rosa Bianca Bellomo, raccoglie la copia dei libri di Modelli di Giovanni Ostaus, Alessandro Paganino, Giovanandrea Vavassori e Federico Vinciolo, pubblicati in anastatica da Elisa Ricci tra il 1909 e il 1910 [Leggi].
NOTE
[1] Il mobile che abbiamo inserito in nota [Figura A] è privo delle cartelle rettangolari sulla fronte del cassetto, come il cassettone di Figura 4, però ha lo stesso intarsio e gli stessi pedi del cassettone di Figura 5. Si distingue da entrambi e dagli altri mobili considerati in questo articolo per la fronte “spezzata” o fronte “rientrante” ampiamente diffusa in ambito veneto. Questa caratteristica potrebbe contribuire a una datazione leggermente più tarda (inizi XVIII secolo).
Figura A. Cassettone intarsiato, Verona, inizi del XVIII secolo, Christie’s 4 giugno 1991 n. 206 (ivi attribuito a Bergamo).
[2] Tuttavia, nulla di simile è stato riscontrato esaminando il volume di Umberto Raffaelli sui cassettoni trentini (Raffaelli 2001).
Bibliografia citata
-C. Alberici, Il mobile lombardo, Gorlich 1969 (De Agostini, 1996).
-C. Alberici, Il mobile veneto, Electa, Milano 1980.
-G. Manni, Antichi arredi in area padana, Artioli, Modena 1994.
-C. Santini, Mille mobili veneti II (Vr, Pd, Ro), Artioli, Modena 2000.
-U. Raffaelli, Arte e tradizione in Trentino. I cassettoni, Euroedit, Trento 2001.
-AAVV, Arredi del Seicento, B.ca Pop. Emilia R., Artioli Modena 2005.
-L. Zinutti, Il linguaggio del mobile antico, Devanzis, Treviso 2011.
Novembre 2022
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