Cassa in noce di Gerolamo Stauris da Cremona
di Andrea Bardelli
Nel catalogo che accompagnava una vecchia asta di Semenzato nel giugno 1988 troviamo un lotto particolarmente interessante, contrassegnato dal n. 605: una “piccola cassapanca in noce con coperchio a cuspidatura tronca guarnita da filettature in acero con fasce sformellate e sculture di cariatidi che ne guarniscono le lesene, piedi ferini …” [Figura].
Gerolamo Stauris (qui attr.), Cassa in noce, Cremona 1596, Semenzato, giugno 1988 n. 605.
La descrizione “barocca”, come ancora d’uso negli anni Ottanta e leggibile solo in apnea, terminava con il dato più importante, una scritta “incussa sul dossale” che veniva riportata come segue: D 1596 DI GIUGNO W GIEmo STAro FECE W. Le misure della cassa sono contenute: 41x67x37, così come la stima, pari a lire 1.800.000-2.500.000.
Proviamo a decifrare la scritta. La lettera D, quasi certamente preceduta da una A (che presumo illeggibile piuttosto che ignorata dall’estensore della didascalia), sta per Anno Domini, ossia per l’anno del Signore 1596 che è sicuramente la data della sua esecuzione, meglio specificata dall’aggiunta del mese DI GIUGNO. La lettera W che compare anche alla fine della scritta non ha alcun significato ed è una forma di intercalare, una sorta di guarnizione che incornicia l’indicazione dell’artefice, ossia GIEmo STAro, che la FECE.
Possiamo facilmente presumere che GIEmo sia l’abbreviazione di Gierolamo (o Girolamo o Gerolamo), mentre per il cognome possiamo formulare l’ipotesi che STAro stia per Stauro.
Cerchiamo conferme per via indiretta attraverso alcune considerazioni di tipo stilistico.
Le lesene aggettanti sugli spigoli anteriori a forma di cariatide sono molto diffuse nei cassoni di provenienza cremonese. Non è detto che siano stati gli architetti e i marangoni cremonesi a inventarle, ma è certo che, nell’ambiente antiquario, questo stilema identifica il mobile come cremonese e dintorni.
Ed è proprio a Cremona che troviamo una famiglia di falegnami alla quale potrebbe essere appartenuto l’artefice della nostra cassa: i De Stauris o semplicemente Stauris.
Il più noto è Rinaldo Stauris di cui parla il Novati, uno studioso ottocentesco, in questi termini: “Ai nomi di questi intarsiatori (nota 1) se ne possono aggiungere altri poco noti ai critici, come Reinaldo de Stauris de Cremona, magister ah [sic] intaliis (Reg. Duc. 1461, n. 40, f. 57) e Baldino Surso, considerati dal Magenta [altro storico dell’arte della fine dell’Ottocento] due degli autori del coro di San Giovanni d’Asti (F. Novati, Alcuni documenti artistici cremonesi del secolo XV, Archivio Storico Lombardo, anno 1887 p. 155).
Rinaldo Stauris sarebbe quindi un intarsiatore, ma la sua figura meriterebbe un approfondimento, dal momento che altre fonti ce lo restituiscono come intagliatore oppure come scultore e autore di terracotte presso il cantiere della Certosa di Pavia e nella stessa Cremona.
Ma torniamo alla nostra cassa.
La presenza della famiglia Stauris a Cremona, quanto meno la sua origine, e il carattere “cremonese” della piccola cassa consente di prendere corpo all’ipotesi che Gerolamo Stauro o Stauris sia un membro della stessa famiglia (forse un nipote di Rinaldo ?).
I motivi di interesse legati alla cassa di Semenzato sono anche altri, principalmente la data, questa incontrovertibile. Sebbene datata alla fine del secolo, la piccola cassa è una preziosa testimone dell’ebanisteria cinquecentesca, mentre, assai spesso, mobili come questo vengono sbrigativamente assegnati al XVII secolo.
Nota
Vista la rarità della fonte e per meglio inserire Rinaldo De Stauris nel contesto artistico del suo tempo, riportiamo una sintesi completa del brano del Novati in cui si leggono i nomi degli artefici attivi a Cremona alla fine del XV secolo:
Un documento tratto dai Registri Ducali [di Cremona] del 1494 (Reg. Duc. n. 61, fol. 224, 17 maggio) documenta che il coro della Certosa di Asti – eseguito da Tommaso (del) Sacca coadiuvato dai figli Paolo e Imerio – è appunto databile al 1494 e non al 1480 come sostengono alcuni autori (Caffi). Questo lavoro precede i lavori “della stessa natura” eseguiti dagli stessi artefici per la chiesa di San Giovanni del Monte di Bologna, per la Certosa di Pavia, per i templi di San Francesco e san Sigismondo [il coro è dei Capra] in Cremona. Paolo (del) Sacca, nel 1521, esegue il coro di san Francesco a Cremona insieme a certo “Christoforus de Venetiis filius quondam magistri Antonii”, il quale sarebbe Cristoforo Mantello (Panni), noto per altre opere di tarsia. Ai nomi di questi intarsiatori se ne possono aggiungere altri poco noti ai critici, come Reinaldo de Stauris de Cremona, magister ah (sic) intaliis (Reg. Duc. 1461, n. 40, f. 57) e Baldino Surso, considerati (Magenta) due degli autori del coro di San Giovanni d’Asti.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, ottobre 2011
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