Cassettoni attribuiti a Gaspare Bassani

di Andrea Bardelli

Affronto una questione delicata che rischia di essere confinata nel novero di tediose e spesso rancorose dispute tra studiosi, quale non vuole affatto essere. Anzi, lo scopo di questo intervento è di sottolineare, a beneficio della ricerca stessa, alcune divergenze di metodo nel rispetto delle reciproche posizioni.
L’occasione è fornita da due interventi abbastanza recenti di Giuseppe Beretti concernenti una coppia di cassettoni presentati dalla casa d’aste il Ponte di Milano del 22 ottobre 2013 [Figura 1] e un cassettone presente sul mercato antiquario americano [Figura 2], entrambi pubblicati in due diverse riprese sul suo sito Laboratorio, nei quali i due mobili sono attribuiti senza esitazioni all’ebanista milanese Gaspare Bassani, alias il celebre monogrammista GBM (nota 1).

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Figura 1. Coppia di cassettoni, Lombardia, ultimo quarto del XVIII secolo, Il Ponte, Milano, asta del 22 ottobre 2013, lotto n. 71, provenienza: Rothschild asta Mentmore, Sotheby’s, maggio 1977, lotto n. 828.

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Figura 2. Cassettone, Lombardia, ultimo quarto del sec. XVIII (St. Louis, Missouri, USA, mercato antiquario).

Stimo Beretti, ma mi permetto di dissentire non tanto sulle sue conclusioni – potrebbe benissimo aver ragione – quanto sul metodo.
Sull’identità tra GBM e Gaspare Bassani, dandola per assai probabile ma non scontata, mi sono intrattenuto già in altre occasioni (nota 2), tentando di costruire attorno all’artefice un corpus di opere per lo più contrassegnate da alcuni motivi decorativi ricorrenti, segnatamente due grifoni affrontati.
Sebbene sia conscio che l’attività di GBM-Gaspare Bassani non si esaurisca in questa produzione un po’ monotona, mi sembra francamente discutibile il tentativo di allargarne ora, oltre misura, il catalogo.
Il principale motivo della mia discesa in campo sulla questione attributiva dei mobili presentati in premessa consiste nel fatto che il proprietario del cassettone statunitense (che non desidera essere nominato) mi aveva interpellato chiedendomi un parere. Mi ero espresso assegnando il mobile alla bottega di Maggiolini, avendo facilmente individuato alcuni decori utilizzati da Maggiolini in varie occasioni, specificandone però l’esecuzione a un’epoca successiva alla morte dell’ebanista, avvenuta nel 1814, quindi durante la gestione del figlio Giovanni Francesco, se non addirittura di quella di Cherubino Mezzanzanica.
Sono stato in ciò indotto sia dall’analisi costruttiva (la costruzione è piuttosto rozza se confrontata con quella impeccabile dei mobili Maggiolini di epoca più alta e di committenza altolocata), sia dal confronto con un mobile pubblicato da Beretti con un’attribuzione al Mezzanzanica (Beretti 1994 p. 214 n. 288).
E’ quindi con particolare attenzione e curiosità che mi sono accinto a verificare per quale motivo Beretti avesse pensato di assegnare lo stesso mobile, come già la coppia di cassettoni del Ponte, a Gaspare Bassani.
Dirò subito che, sempre seguendo il filo dell’analisi stilistica, si può affermare che chi ha eseguito i tre mobili in questione sia lo stesso ebanista o, quanto meno la stessa bottega. Mostro in proposito due immagini di dettaglio fornitemi dall’antiquario americano che possiede il mobili singolo [Figure 3 e 4].

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Figura 3. Confronto tra particolari dei cassettone di Figura 1 e di Figura 2.

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Figura 4. Altro confronto tra particolari dei cassettone di Figura 1 e di Figura 2 (rispettivamente a sinistra e a destra).

Ma perché Gaspare Bassani ?
A sostegno della sua tesi, relativamente alla coppia di mobili passati in asta da Il Ponte, Beretti cita in vario ordine la coppia di cassettoni della Raccolta d’Arte del Comune di Monza, da lui attribuita a GBM-Gaspare Bassani, un’angoliera che si conserva a Brighton nel Museo di Preston Manor, un secretaire in collezione privata, nonché il celebre tavolino reso noto da Gonzàles Palacios, eseguito da Gaspare Bassano per i Meli Lupi di Soragna, ora in una collezione privata a Bagnolo Mella in provincia di Brescia.
I mobili di Monza non sono firmati e la firma pubblicata appartiene a un altro mobile (vedi Beretti 2005, p. 93). L’attribuzione a Gaspare Bassani avviene in base al “confronto stilistico e tecnico esecutivo, dei fusti come pure degli specimen d’intarsio, con altri mobili siglati GBM …”.
Su questi aspetti tecnici ci riserviamo di ritornare perché, a prima vista, non riusciamo a cogliere alcun nesso tra le due coppie di cassettoni, così come tra la coppia dell’asta milanese e gli altri mobili citati, ossia l’angoliera di Brighton e il secretaire, questi sì siglati GBM, e il tavolino già a Soragna firmato per esteso e datato 1789 (nota 3).

Veniamo ora al cassettone “americano”.
Beretti riprende alcune osservazioni svolte nella scheda relativa alla coppia di cassettoni appena discussa, arricchendole però di alcuni confronti più pertinenti al cassettone in questione.
Il primo è a un tavolino eseguito dalla bottega di Maggiolini per un esponente della famiglia Borromeo che presenta lo stesso motivo intarsiato sulla fronte del cassetto sotto il piano [Figura 5, nota 4].

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Figura 5. Bottega Maggiolini (attr.), tavolino, Milano, collezione privata (particolare).

Con l’occasione mostro l’immagine di un tavolino apparentemente identico, forse lo stesso o un suo pendant, incluso nella vendita all’asta degli arredi del Museo Mylius nel febbraio-marzo del 1929 a Milano [Figura 6].

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Figura 6. Bottega Maggiolini (attr.), tavolino, catalogo vendita all’asta del Museo Mylius, Milano febbraio-marzo 1929, lotto n. 124 a.

Gli altri mobili citati da Beretti sono due secretaire che propongono il motivo della “veduta con rovine antiche” campeggiante al centro della fronte del cassettone attualmente sul mercato antiquario americano [Figura 7], uno conservato presso il Museo d’Arte di Stupinigi (To), eseguito nel maggio 1790 per l’Arciduchessa Beatrice d’Este e l’altro in collezione privata milanese (1790 ca.), entrambi attribuiti senza riserve alla bottega di Giuseppe Maggiolini (nota 5).

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Figura 7. Particolare del cassettone di Figura 2.

Proviamo a trarre alcune conclusioni.
Nessuno dei mobili citati come termine di confronto sembrano suffragare l’ipotesi che i cassettoni in discorso si possano attribuire “con sicurezza” a Gaspare Bassani, anzi gli indizi pare riconducano a Giuseppe Maggiolini e alla sua bottega.
Devono essere di questo parere anche gli estensori delle schede relative ad alcuni mobili passati in asta in tempi relativamente recenti: la coppia di cassettoni presentati a Milano da Cambi nel 2014 [Figura 8] che possono essere messi a confronto con i cassettoni de Il Ponte e la coppia in asta da Pandolfini nel 2015 che presenta sulla fascia del cassetto sotto il piano lo stesso decoro riscontrabile nel cassettone statunitense [Figura 9].

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Figura 8. Giuseppe Maggiolini (attr.), coppia di cassettoni e coppia di comodini “en suite”, Cambi, Milano asta del 18 novembre 2014, lotto n. 148.

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Figura 9. Giuseppe Maggiolini (attr.), coppia di cassettoni, Pandolfini, asta del 1 ottobre 2015 lotto n. 5)

Ci si deve chiedere, a questo punto, se non siano tutti mobili di Bassani.
Riferimenti a parte, l’argomentazione svolta da Beretti secondo il quale tutti i mobili da lui considerati si avvalgono di disegni impiegati da Maggiolini e che Bassani è uscito da quella bottega portando forse con se “clandestinamente” alcuni di essi appare piuttosto debole.
Si assiste qui a un paradosso: il riscontro sui mobili di motivi intarsiati maggioliniani, invece di portarci alla bottega del maestro, dovrebbe indurci a pensare a un epigono come Bassani.
Ma questo non è l’argomento principale che sostiene la tesi di Beretti, peccato che non lo espliciti.
Si è già fatto cenno sopra ai motivi espressi da Beretti a proposito dell’attribuzione a Gaspare Bassano della coppia di cassettoni ora a Monza: “confronto stilistico e tecnico esecutivo ….”.
Più o meno lo stesso concetto è stato esposto dallo stesso Beretti in una comunicazione fattami in risposta a una mia richiesta di chiarimenti circa la stessa questione sollevata in questa sede. Scrive Beretti:
Io su Gaspare Bassani e sulla sua bottega ho le idee piuttosto chiare … visto che è da venticinque anni che i suoi … mobili passano per il laboratorio. Sono mobili … tecnicamente scontati e riconoscibilissimi. Siccome sono frutto del lavoro di una bottega a lungo attiva, il cui unico merito fu di avere un taglio commerciale, hanno livelli qualitativi differenti. E questo per un non addetto ai lavori, ossia per qualcuno che non ci metta le mani, è l’unico aspetto che rende la discontinua produzione a volte difficile da riconoscere” (nota 6).
C’è da credergli, ma finché questi aspetti tecnici non saranno divulgati e argomentati presso studiosi e addetti ai lavori, le attribuzioni di mobili a Gaspare Bassani appaiono scientificamente inconsistenti.
Affidandoci agli strumenti di analisi critica più tradizionali, non possiamo che sperare nella comparsa di un mobile confrontabile con quelli qui considerati siglato GBM o firmato Bassani.

NOTE

[1] Vedi rispettivamente http://www.laboratorioberetti.eu/ricerche/due-commodes-di-gaspare-bassani/ e http://www.laboratorioberetti.eu/ricerche/una-commode-di-gaspare-bassani-con-un-capriccio-architettonico/

[2] Si rimanda all’articolo L’ebanista milanese che si sigla GBM (luglio 2011) [Leggi]; cfr. anche: A. Bardelli, Tra Milano e Parabiago alcune figure di ebanisti sulla scia di Maggiolini: GBM, Francesco Preda e Giuseppe Moroni, in Giuseppe Maggiolini un virtuoso dell’intarsio e la sua bottega a Parabiago a cura di Enrico Colle, Parabiago (Mi) 2014.

[3] Per varie ragioni, non ultima una ragione di spazio, non pubblichiamo le immagini dei mobili citati, ma forniamo qui di seguito i riferimenti per poterli rintracciare ed effettuare i necessari confronti:
coppia cassettoni Monza: Beretti 2005, p. 92,
angoliera Brighton: Gonzàles Palacios 1993, Vol. I p. 346-347, Vol. II figg. 617-618,
secretaire in collezione privata: Gonzàles Palacios 1993, Vol. I p. 346, Vol. II fig. 619-620-621,
tavolino già Soragna: Beretti 2005 p. 106 e ss; Gonzàles Palacios 1986, Vol. I p. 255, Vol. II figg. 552-554.

[4] Vedi Beretti 2005 p. 56-63.

[5] Si veda rispettivamente Beretti 1994 p. 106-113 e Beretti 2005 p. 70-79.

[6] Mail in data 17 gennaio 2015.


Bibliografia citata
-A.G. Palàcios, Il tempio del gusto (Il Granducato di Toscana e gli Stati Settentrionali), Longanesi, Milano 1986.
-A.G.Palacios, II gusto dei principi, arte di corte del XVII e del XVIII secolo, Longanesi (coll. I Marmi), 2 vol., Milano 1993.
-G.Beretti, Giuseppe Maggiolini, Malavasi, Milano 1994.
-G.Beretti, Laboratorio (Contributi alla storia del mobile neoclassico milanese), Inlimine, Milano 2005.

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, marzo 2017

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