Da Capodimonte a Napoli … passando per la Germania. Parte II
di Gianni Giancane
La chiusura della Real Fabbrica e le complesse problematiche politico-sociali in ambito napoletano indussero diversi artisti, già dal secondo decennio dell’Ottocento, a cimentarsi non tanto con la raffinata porcellana (prodotta ancora e a fatica sino alla fine degli anni Trenta), quanto con la “meno nobile ceramica”, più vicina alle esigenze specifiche del momento (l’ascesa di un’abbiente borghesia per esempio) e di mercato. Sorsero così diverse e importanti manifatture: i Migliolo, i Colonnese, i Del Vecchio e i Giustiniani, impegnate tutte alla realizzazione di opere di utilizzo quotidiano, dalle stoviglierie alle non meno interessanti riggiole.
Verso la metà dell’Ottocento la chiusura anche di questi opifici e l’avvento dell’Unità d’Italia, con le inevitabili contraddizioni che non risparmiarono nemmeno le arti minori, sancirono definitivamente la fine di un ciclo produttivo, durato più di un secolo.
Ma nel secondo Ottocento altre importanti fabbriche apparvero sulla scena napoletana: Mollica, Cacciapuoti, i f.lli Mosca, Delange, Campagna, alcune di esse attive anche per gran parte del Novecento, avviando una produzione ceramica mirata alla riscoperta della tradizione, ma anche ad una sorta di rinascita. Iniziò infatti a comparire, una diversa tipologia di prodotto, essenzialmente decorativo (si pensi ai piatti a muro per esempio) con stilemi basati non tanto sul gusto dei Revival neogotici o neorinascimentali come avveniva nel nord Italia, quanto sulla ricerca di “eventi” legati al Naturalismo e alle sue forme, ben proiettate all’incipiente Liberty. Ed è proprio questo il filone che porterà alcuni decenni dopo, verso i cosiddetti e famosi “fiori di Capodimonte”, tutt’oggi in produzione in ambito partenopeo, argomento tra l’altro della prossima “puntata”.
Cosa accade in Italia …
Certo la porcellana napoletana settecentesca, gli ambienti di produzione e la loro storia, sia che si trattasse di Capodimonte o di Napoli, avevano lasciato il segno. La prima ad approfittarne fu la prestigiosa manifattura Ginori, per mano di Carlo Leopoldo (molto legato alla città partenopea così come lo era stato il padre Lorenzo) che acquistò già nel 1821 gli stampi di Capodimonte e della Real Fabbrica Ferdinandea, comprensivi del diritto ad utilizzare come marchio la N coronata. Il marchio, tuttavia, fu utilizzato dalla casa fiorentina sulle porcellane solo dal 1840 fino agli inizi del Novecento e, ad un attento esame, appare significativamente diverso.
… e in Europa.
Ma ben pensarono anche diverse fabbriche europee, e tedesche in particolare, ad avviare verso la fine del XIX secolo una nutrita produzione di oggetti (soprattutto statuine) e ninnoli vari su cui apponevano come marchio una N coronata, di chiara estrazione “ferdinandea”.
In Germania, oltre Potschappel e Dresda in Sassonia, la regione della Turingia, con le sue numerosissime fabbriche sparse nei vari centri, divenne il maggior produttore di tali suppellettili, soprattutto a Rudolstadt, dove si iniziò a produrre una notevole quantità di statuine e gruppi scultorei sui quali spesso si apponeva, oltre a marchi diversi, quello inconfondibile di una N coronata stampata o a volte dipinta in blu.
Tale marchio è stato la causa di numerosissime sbagliate e/o false attribuzioni ad un improponibile Capodimonte o talvolta a prodotti realizzati dalla Ginori nella seconda metà dell’Ottocento.
Su tutte merita una menzione particolare la manifattura di Ernst Bohne.
Questi era un decoratore di porcellane che avviò una sua fornace nel 1850; dal 1856, alla sua morte, la manifattura prese la denominazione di Ernst Bohne Söhne (figli) fino al 1919 quando la fabbrica fu venduta ai fratelli Heubach da Lichte che la fecero funzionare fino al 1930 come un ramo della loro produzione. Solo nel 1937, Albert Stahl, Fritz Hamel e Mr. Liebman riaprirono la fabbrica sotto il nome di Albert Stahl & Co. (ex Ernst Bohne Söhne) [Figure 1-3].
Figure 1. Allegoria delle quattro stagioni, porcellana dipinta a mano, Turingia (prob. Rudolstadt, manifattura Ernst Bohne Söhne), fine XIX inizi XX secolo, Lecce, collezione privata.
Figura 1 bis. Marchio: N coronata in blu apposta a stampa (su ciascuna statuina); accanto numero del modello incusso nella pasta.
Figura 2. Busto di vecchia con copricapo, porcellana bianca, Turingia, Rudolstadt, manifattura Ernst Bohne Söhne, fine XIX, Lecce, collezione privata.
Figura 2 bis. Marchio: N coronata dipinta a mano in blu cobalto. Tale marchio può essere confuso con quello utilizzato da Ginori intorno alla metà dell’Ottocento su alcune porcellane.
Figura 3. Coppia di piccoli clochards, porcellana dipinta a mano, Turingia, Rudolstadt, manifattura Ernst Bohne Söhne, secondo-terzo decennio del XX secolo, Lecce, collezione privata.
Figura 3 bis. Marchio: N coronata stampata; marchio poco leggibile perché già “sbiadito” in fase di apposizione.
Tralasciando gli sviluppi relativi agli ulteriori cambi di gestione avvenuti nella seconda metà del XX secolo, sottolineiamo che nel periodo che va dalla fine dell’Ottocento al 1937 si concentra la maggior parte della produzione, in particolare statuine, spesso di pregevole fattura in stile Capodimonte (!), sulla quale compare il marchio oggetto della nostra argomentazione, una N sormontata da corona.
Conclusioni
In fase di acquisto o di studio di porcellane marcate con la N coronata occorre accettare l’idea che non può assolutamente trattarsi di opere settecentesche attribuibili a Capodimonte (per quanto detto nel precedente articolo Da Capodimonte a Napoli … Parte I (dicembre 2011) [Leggi], e difficilmente a manufatti della Real Fabbrica, molto, ma molto rari, nei normali canali del mercato antiquario.
Spesso, quando non supportate da adeguata preparazione, veloci attribuzioni di paternità possono portare infatti l’incauto acquirente verso false chimere e tramutarsi nel tempo in cocenti delusioni.
A tale proposito si consiglia sempre di osservare un oggetto prima nella sua globalità (materiale utilizzato, modellato, effetto plastico, decorazioni, tutti elementi che dovranno risultare compatibili e coevi con il periodo ipotizzato) e solo in ultima, ma importante analisi, studiarne il marchio.
Nel caso della N coronata spesso ci troveremo, in presenza di porcellane realizzate tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo, ad una produzione tedesca più che italiana, come si è detto sopra, produzione che giustamente “valutata” potrà entrare in una collezione con dignità e più che buona “reputazione”.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, febbraio 2012
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A seguito di questo articolo:
Da Capodimonte a Napoli … e ritorno (passando per la Germania). Parte III (aprile 2012) [Leggi].