Dipinti minori al Kunstmuseum di Basilea
della Redazione di Antiqua
Il Kunstmuseum di Basilea contiene numerosi capolavori di pittura e di scultura di ogni epoca, ma anche tra le opere cosiddette minori troviamo varie occasioni di riflessione con riferimento all’arte italiana.
Prendiamo ad esempio un dipinto a tempera su tavola di Francesco di Simone da Santacroce raffigurante la Resurrezione [Figura 1].
Francesco di Simone da Santacroce, Resurrezione, tempera su tavola (pioppo), Basilea, Kunstmuseum, inv. N. 537.
L’autore nacque a San Pellegrino Terme (Bg) tra il 1470 e il 1475 e morì 1508 a Venezia dove si era trasferito con la famiglia e dove svolse tutta la sua attività, pur mantenendo legami con la città d’origine, come testimoniano diverse opere sparse in territorio bergamasco. Frequentò la bottega di Giovanni Bellini e fu titolare di una propria bottega nella quale si affermarono numerosi pittori.
La visione del dipinto del Kunstmuseum suscita inevitabilmente il ricordo di Piero della Francesca e della sua Resurrezione che si conserva nel Museo Civico di Sansepolcro con particolare riferimento all’invenzione del piede appoggiato sul bordo del sepolcro per uscire di slancio [Figura 2].
Figura 2. Piero della Francesca (1416-1492), Resurrezione (1450-1463), Sansepolcro (Ar), Museo Civico.
Nella tempera di Francesco di Santacroce il piede d’appoggio è il destro, la bandiera é retta dalla mano sinistra, mentre la destra è benedicente; lo sfondo é diverso – sulla sinistra si erge una città fortificata – e anche gli armigeri addormentati sono solo due e assumono diverse posizioni.
Maggiori affinità si possono riscontrare nella Resurrezione dipinta nel 1447 per il refettorio del monastero di Sant’Appollonia a Firenze da Andrea del Castagno e ripresa dallo stesso Piero [Figura 3].
Figura 3. Andrea di Bartolo di Bargilla, detto del Castagno (1421-1457), Resurrezione (1447), Firenze, Museo del Cenacolo di sant’Apollonia.
Non pare sussistano dubbi circa il fatto che sia stati i due toscani a influenzare il pittore bergamasco. C’è semmai da chiedersi come l’influsso si sia esercitato, dal momento che quest’ultimo pare si sia mosso solo tra Venezia e Bergamo.
Andrea del Castagno si reca a Venezia dal 1442 al 1444, mentre, come è noto, Piero ha viaggiato in numerose città italiane, ma non si è mai spinto oltre Ferrara. Il suo solo legame con Venezia è costituito dall’alunnato presso il pittore veneziano Domenico Veneziano (1410-1461) che però si svolge a Firenze in compagnia proprio di Andrea.
A Francesco da Santacroce, la lezione potrebbe forse essere pervenuta dalle tracce del passaggio veneziano di Andrea del Castagno oppure da Ferrara dove Piero della Francesca si reca attorno al 1449, ma soprattutto dove lo stesso Andrea del Castagno esercita una forte influenza sulla scuola locale.
Ben più sorprendente appare la relazione tra un altro dipinto del Künstmuzeum, un olio su tela di Jörg Breu il vecchio (circa 1475/80-1537) raffigurante le storie di Sansone [Figura 4] e alcuni dettagli degli affreschi di Giulio Romano per la Sala dei Giganti di Palazzo Te a Mantova [Figura 5].
Figura 4. Jörg Breu, La storia di sansone, olio su tela, 1525-1530, Basilea, Kunstmuseum, inv. N. 133.
Figura 5. Giulio Romano, Sala dei Giganti (particolare), 1532-1535, affresco, Mantova, Palazzo Te.
Come è noto, la Gigantomachia di Giulio Romano rappresenta un passo che troviamo nel Libro I (vv. 151-162) delle Metamorfosi di Ovidio in cui i Giganti ammassano alcuni monti per raggiungere l’Olimpo, ma Zeus li fa cadere travolgendoli. Di colonne e murature non si parla.
Guardando gli affreschi di Mantova, laddove si vedono i Giganti travolti da enormi colonne, vengono in mente proprio i Filistei sulla cui testa Sansone fa crollare il Tempio immolandosi a sua volta. Eppure, l’unico riferimento “biblico” che gli studiosi di quest’opera evocano è il crollo della torre di Babele che Dio provoca per punire gli uomini della loro superbia nei suoi confronti.
Sicuramente Giulio Romano realizza un’opera senza precedenti, ma viene da pensare che la storia di Sansone non fosse del tutto estranea alla sua ispirazione.
Jörg Breu il vecchio era nativo di Augusta (Augsburg), ma venne in Italia nel 1508 una prima volta e nel 1514 effettuò il suo secondo viaggio italiano. Subito dopo dipinse un affresco raffigurante Sansone sulla facciata del Municipio della sua città natale. Non siamo riusciti a trovare immagini di quest’opera, né notizie più circostanziate; possiamo immaginare che sia andato perduto, dal momento che l’attuale Municipio (Rathhaus) di Ausburg fu eretto tra il 1615 e il 1620.
Secondo alcune fonti (sapere.it ad vocem), le reminiscenze dell’ultimo viaggio italiano di Breu sarebbero ravvisabili proprio del Sansone del Kunstmuseum di Basilea, sulla cui relazione con quello della Rathaus di Augsburg non è possibile esprimersi.
Tuttavia, se la cronologia riportata dalla didascalia che data il dipinto di Breu al 1525-1530 è corretta – e se si accettasse una relazione iconografica tra quest’opera e gli affreschi mantovani – sarebbe l’artista tedesco a precedere Giulio Romano i cui Giganti di Palazzo Te sono databile tra il 1532 e il 1535.
Si noti, per altro, che nel dipinto del Kunstmuseum la distruzione del tempio si vede sullo sfondo a destra, mentre il groviglio di corpi in primo piano, che tanto ricorda Giulio Romano, è sì quello dei Filistei, ma in questo caso abbattuti dai tremendi colpi loro inferti da Sansone con una mascella d’asino, vicenda che, secondo il racconto biblico, precede tutte le altre, compreso il taglio proditorio dei capelli di Sansone operato da Dalila.
Per completezza, segnaliamo che di Jörg Breu il vecchio è nota un’altra versione “più tradizionale” a stampa del Sansone che distrugge il tempio, un’incisione pubblicata ad Augusta dallo stampatore Heinrich Stainer [Figura 6], che forse potrebbe aver contribuito alla diffusione di questa iconografia.
Figura 6. Jörg Breu, Sansone distrugge i pilastri del tempio, incisione, Augsburg inizi XVI secolo, editore Heinrich Stainer.
Gennaio 2023
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