Fadda Elisabetta, Come in un rebus Correggio e la camera di San Paolo, Olschki, Firenze 2018, 108 pagine formato 24 x 17, euro 25,00.

Qualche piccolo refuso e qualche ripetizione non tolgono nulla a un libro tanto complesso quanto avvincente, che si apprezza ancora di più a una seconda lettura.
Il comune lettore fatica a cogliere nell’immediato tutti i riferimenti alle numerose fonti citate, spesso di tipo storico e letterario oltre che artistico, mettendo a nudo la difficoltà di penetrare un mondo estremamente colto, ma allo stesso tempo incline al divertimento.
Tra i testi letterari ricorrono di frequente l’Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, gli Hieroglyphica di Orapollo, gli Emblemata di Alciati e Il sogno di Scipione di Cicerone nel commento di Macrobio.
Nel libro si parla (ma non solo) degli affreschi di Correggio per il convento di San Paolo a Parma.
Sono molti gli enigmi che vengono risolti, a partire da quello che consente di comporre il nome della committente, la badessa Giovanna da Piacenza, partendo dai motti in greco e latino che compaiono in una serie di tarsie lignee.
Anche il significato profondo di alcuni dipinti oppure la proposta di identificazione di alcuni personaggi raffigurati, quando si tratta di ritratti, passa attraverso la soluzione di giochi d’intelligenza o la rivelazione di una complessa rete di rimandi.
Si tratta spesso di opere che si suppone possano essere messe in relazione al convento, oppure riconducibili all’entourage familiare della badessa, calate in un clima culturale intriso di amore per l’Antico e per i linguaggi simbolici.
Allo stesso tempo ci viene fornito il ritratto di una Parma intellettuale, popolata da filosofi, poeti e scrittori, ma anche da personaggi impegnati nelle dispute in campo politico e militare.
Pian piano si svela il senso dell’opera, quello di un sogno inteso come viaggio dell’anima, come metafora della scelta tra vizi e virtù, declinato figurativamente in senso educativo nei confronti delle monache in perfetta letizia.

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