Formella in gesso della decollazione del Battista
della Redazione di Antiqua
L’oggetto che ci apprestiamo a esaminare è una formella in gesso di grande formato raffigurante alcuni personaggi attorno a un tavolo, all’interno di un ambiente molto stilizzato sulla cui sommità compare una sequenza di tetti e comignoli [Figura 1].
Figura 1. Decollazione di San Giovanni Battista, gesso, cm. 51 x 53, fine XIX secolo, collezione privata.
Osservando meglio quella che sembra una scema idilliaca, immersa in una atmosfera di fiaba di sapore medievale, si scopre che essa rappresenta i momenti successivi alla decollazione di san Giovanni Battista, il cui capo viene presentato ai personaggi centrali; quello al centro è quasi certamente Erode, mentre non sembra di poter riconoscere Erodiade in uno dei due che gli stanno accanto che appaiono di sesso maschile. In basso a sinistra della scena compare Salomé che forma un anello nel vortice della danza., piegata su se stessa come una contorsionista. La figura che presenta la testa del Battista, forse un servitore, ricompare sulla destra nell’atto di abbandonare la scena.
Si tratta di una copia in gesso a grandezza naturale di una delle formelle bronzee della chiesa di san Zeno a Verona [FIGURA 2 e 2 bis].
Figure 2 e 2 bis. Portale, bronzo, XII secolo, Verona, Cattedrale di San Zeno e particolare della formella raffigurante la Decollazione di San Giovanni Battista.
In particolare, è la formella centrale di uno dei più straordinari episodi di scultura medioevale in cui servitore diventa il collegamento tra formelle diverse: esso parte da quella di destra dove si appena consumata la decapitazione del Battista, attraversando la cornice entra nella nostra e termina in quella laterale dove Erode, resosi finalmente conto del dramma che si è appena consumato, viene assalito dal rimorso. Pare che le formelle appartengano alla mano di tre scultori in epoche diverse. L’autore di quelle più antiche, tra le quali rientra la nostra, sarebbe un certo Stefano Lagerino di cui si hanno scarsissime notizie. La datazione comunemente accettata è l’inizi XII secolo perché pare che tutte risultassero compiute nel 1138.
Per quanto riguarda il nostro calco, non si tratta quindi di un’opera originale, dotata di un proprio valore artistico, ma prima di liquidarla come una copia senza valore, è opportuno fare una riflessione sulle circostanze che possono averla prodotta e quindi sull’epoca.
Se osserviamo da vicino il manufatto, notiamo in alto a destra che il calco ha riprodotto l’esatta configurazione della formella originale in bronzo, con tanto di chiodi e venature del legno sottostante.
Ora è chiaro che questo calco è stato eseguito con le formelle di bronzo in opera e non può in alcun modo trattarsi di un’operazione effettuata al di fuori del controllo delle autorità che governavano la chiesa. Una prima ipotesi è che il calco sia stato eseguito nel corso di qualche intervento di restauro. Gli ultimi restauri risalgono agli anni Ottanta del Novecento, è quindi improbabile che il nostro gesso possa essere stato realizzato in quell’occasione e sia pervenuto a soggetti privati, senza contare che gli stessi ne possono testimoniare il possesso da più di una generazione.
La seconda ipotesi, che è quella che ci sentiamo di sottoscrivere è che la realizzazione del calco sia maturato nell’ambito di quell’intensa attività di esecuzione di copie per fini didattici che si svolge verso la fine dell’Ottocento, nell’ambito dell’applicazione delle arti all’industria. Queste copie erano destinate quindi alle scuole d’arti e mestieri.
Meno plausibile, viste le sue caratteristiche, è che la formella sia stata riprodotta a scopo decorativo, più o meno nella stessa epoca quando torna in auge il gusto medioevale, con finalità commerciali da qualche impresa specializzata.
In tutti i casi, comunque, il calco dovrebbe risalire al 1880-90, quando era ancora possibile ottenere dalle Soprintendenze l’autorizzazione alla formatura in gesso di opere d’arte per la loro riproduzione a scopi didattici o commerciali. Detto per inciso, è proprio in quest’epoca che si sono potute formare, soprattutto in ambito privato, alcune gipsoteche, prima che i divieti diventassero stringenti.
Il più accreditato ad essere l’artefice di questa formella è il veronese Giacomo Bonizzato di cui si hanno notizie in una pubblicazione relativa all’Esposizione Generale di Torino 1898, dove a pagina 2, nella Sezione XVI, Prodotti di più industrie, ecc., sotto la voce “Lavori da decoratore; disegni e modelli d’arte applicata all’industria” compare Bonizzato Giacomo per aver preso un diploma con medaglia d’argento. In un Catalogo non meglio identificabile (p. 48, al n. 460) segnalato presso il Museo di palazzo Madama a Torino (collocato nella sala B), compare: Chiesa di S. Zeno in Verona – Riproduzione in gesso di uno degli specchi di una delle valve della porta (Bonizzato Giacomo, Vr)” (nota).
Al Victoria & Albert Museum di Londra si conserva un calco in gesso (plaster cast) dell’anta di sinistra della porta della basilica di San Zeno eseguita nel 1904 dallo stesso Giacomo Bonizzato nel 1904 [Figura 3].
Figura 3. Bonizzato Giacomo, anta sinistra cattedrale di San Zeno a Verona, calco in gesso, cm. 328 x 178, 1904, Londra, Victoria & Albert Museum, inv. REPRO.1904-54 (non esposto) [Vedi].
Più precisamente, il calco è stato esposto alla Italian Exhibition tenutasi in quello stesso anno a Londra, Earls Court, e ivi acquistata dal Museo direttamente dal Bonizzato per 1.600 lire.
Come si può vedere dal confronto con la Figura 1, la disposizione delle formelle ha subito qualche modifica.
Altri esempi
La riproduzione delle formelle della porta di San Zeno è proseguita a lungo, probabilmente avvalendosi di stampi.
Negli anni Sessanta del Novecento vi si cimenta, ad esempio, lo scultore veronese Gino Bogoni (Verona 1921-1990) [Figure 4 e 4 bis per confronto]; la Gipsoteca Mondazzi di Torino ha tutt’oggi in catalogo la riproduzione di diverse formelle tra cui la nostra [Vedi].
Figure 4 e 4 bis. Gino Bogoni, formella della basilica di San Zeno a Verona, gesso patinato, 24 x 46, 1960 circa, a confronto con la formella originale in bronzo.
Bisogna quindi saper distinguere tra riproduzioni di epoche diverse in base all’esame dello stato di vetustà e dalla storia di ogni singolo oggetto che è possibile ricostruire.
Sul mercato antiquario sono comparsi diversi calchi delle formelle di san Zeno, in qualche caso “al naturale”, altre volte patinate “finto bronzo”, con quotazioni piuttosto contenute [Figura 5].
Figura 5. Decollazione di San Giovanni Battista, gesso, Casa d’aste Il Ponte di Milano 17 maggio 2010 n. 2049, stima euro 120-130, aggiudicazione euro 100.
NOTA
Le fonti, già disponibili in rete non sono più reperibili.
Questo articolo costituisce l’approfondimento di un articolo già pubblicato sulla Rivista Cose Belle Antiche e moderne n. 36 dell’ottobre 2012.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, maggio 2018
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