Elena De Filippis (a cura di), Gaudenzio Ferrari. La crocifissione del Sacro Monte di Varallo, Umberto Allemandi, Torino 2006, 264 pagine formato 21 x 30,5, euro 30,00.

Ci si dovrebbe accostare alla Cappella della Crocifissione di Gaudenzio Ferrari con lo stesso senso religioso che animava i pellegrini venuti a visitare il Sacro Monte di Varallo la durante il Cinquecento e nei secoli successivi. Si rischia, altrimenti, di trovarsi di fronte a una sorta di “presepone”, un po’ ingenuo, prima che un’attenta lettura ci permetta di apprezzarne tutte le qualità formali. Eppure, la Cappella della Crocifissione, ricevette la visita di illustri personaggi, non solo appartenenti alla corte degli Sforza, nel cui ambito fu eretta, ma anche di alcuni tra i maggiori intellettuali dell’epoca i quali, nei loro scritti, le hanno attribuito consensi entusiasti.
Siamo attorno al 1520 quando Gaudenzio Ferrari, uno dei protagonisti del Rinascimento tra Lombardia e Piemonte, termina la Cappella che illustra la scena della Crocifissione di Cristo. Questo che viene considerato il suo capolavoro s’inserisce nel complesso del Sacro Monte di Varallo (VC), dove Gaudenzio opera in diversi momenti della sua carriera artistica.
La Cappella appare come un singolare teatro sacro, con sculture a grandezza naturale in terracotta policroma e in legno che raccontano la scena principale e personaggi dipinti sulle pareti che completano la narrazione. Questa rappresentazione trasforma “il visitatore stesso in un astante tra gli astanti, con un gioco di connessioni mai tentato prima”.
Il bel volume edito da Allemandi, redatto da un gruppo di studiosi e curato da Elena De Filippis, affronta da più punti di vista l’esame delle opere d’arte contenute nella Cappella e la sua storia, dopo un restauro protrattosi per un decennio (1993-2003), cui è dedicata la seconda parte del volume. Si tratta di un lavoro utile agli specialisti che vi troveranno spunti inediti e confronti interessanti, ma in grado di fornire anche ad un pubblico più vasto la possibilità di conoscere un complesso oggi inserito fra i beni tutelati dall’Unesco.
Un testo fondamentale – cui contribuisce un eccezionale apparato fotografico – per un’opera che non cessa di stupire se, dopo le pagine indimenticabili dedicatale da Giovanni Testori, Vittorio Sgarbi ha avuto modo di definirla “la Sistina del Piemonte”.

29 Marzo 2007

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