Giove incoronato dalle Ore
della Redazione di Antiqua (*)
La placchetta raffigura Giove assiso nell’atto di porgere la coppa a Ganimede inginocchiato. Lo incoronano le Ore e lo circondano Giunone, Ebe e l’aquila; la schiera degli dei, tra i quali si identificano Minerva ed Ercole, è disposta a corona sullo sfondo; il cielo è indicato dalla fascia zodiacale [Figura 1].
Figura 1. Giuseppe Ferraris, Giove incoronato dalle Ore, placchetta in metallo a patina bruna, cm. 16,5 x 10, posta all’interno della sua cornice originale (cm. 20 x 13) in ciliegio con profili ebanizzati (Milano, collezione privata, già galleria l’Acanto di Castel Goffredo, Mn).
Alla base si legge: “CLEMENTI PRINCIPI METTERNICH AEQUISSIMO BONAR. ARTIUM EXISTIMATORI” (al molto equo principe Clemente di Metternich estimatore delle belle arti), ossia una dedica al principe di Metternich (1773-1859), uomo di stato austriaco, uno dei maggiori esponenti del conservatorismo e dominatore politico del congresso di Vienna del 1815. Di lui si racconta che l’odio nutrito verso il liberalismo francese gli facesse dire che, se avesse avuto un fratello, lo avrebbe chiamato “cugino”.
In una seconda riga è riportato: “ANDR. APPIANI PINX IOSEPHUS FERRARIUS CAELATOR D.D.D.” (Andrea Appiani dipinse_Giuseppe Ferraris scultore_diede in dono e dedicò).
Sappiamo quindi subito che il soggetto rappresentato è un’invenzione di Andrea Appiani (1754-1817), forse il più celebre esponente della pittura neoclassica in Italia. La placchetta costituisce, appunto, la traduzione diligente e minuziosa dell’Olimpo di Andrea Appiani, dipinto intorno al 1806 [Figura 2].
Figura 2. Andrea Appiani, Olimpo (1806 circa), dipinto su tela, Milano, Pinacoteca di Brera.
Nel 1814 questo dipinto venne acquistato dalla Pinacoteca di Brera, dove fu esposto nella stanza allestita per le opere dell’artista e dove si trova ancora attualmente (sala XXXVII). Un identico soggetto, dipinto a grisaille dall’Appiani attorno al 1810, compariva come lunetta sovrapporta, in uno degli ambienti di Palazzo Reale a Milano. L’opera, ora distrutta, è documentata da una fotografia di inizio [Figura 3].
Figura 3. Andrea Appiani, Olimpo (1810 circa), sovrapporta a grisaille (perduto), già Milano, Palazzo Reale Novecento (E. Colle-F. Mazzocca (a cura di), Il palazzo Reale di Milano, Skirà, Milano 2001, p. 141).
Quanto all’autore della placchetta, Giuseppe Ferraris (Torino,1791-1869) è un medaglista e incisore ben nota ai collezionisti della monetazione di Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II.
Figlio di un impiegato all’ambasciata austriaca a Torino, si trasferito con la famiglia a Milano, dove lavora come apprendista presso Luigi Manfredini [Leggi], studiando contestualmente presso l’Accademia di Belle Arti di Brera.
Assunto come incisore alla Zecca di Torino, prende successivamente il posto di Amedeo Lavy come capo incisore della stessa Zecca.
Giuseppe Ferraris è anche l’autore di un rilievo in gesso (cm. 13,5 x 24,5) con lo stesso soggetto posto all’interno di una lunetta, che si trova presso l’Accademia Albertina di Torino [Figura 4].
Figura 4. Giuseppe Ferraris, Giove incoronato dalle Ore, ante 1835, rilievo in gesso (cm. 13,5 x 24,5), Torino, Accademia Albertina.
Su targhetta di carta applicata nel margine inferiore si legge l’scrizione a penna con inchiostro bruno: A. APPIANI DIP. (a sinistra) e G. FERRARIS F. (a destra). Sappiamo che questo rilievo in gesso è un dono fatto da Ferraris all’Accademia nel 1835.
Presso l’Accademia Albertina si conserva anche una placchetta in metallo, appartenente alla stessa serie di quella in questione, anch’essa donata dall’autore all’Accademia nel 1840 (Dalmasso, Galante Garrone, Romano, a cura di, Le arti del disegno all’Accademia Albertina, Editris, Torino 1995). Una terza versione nota della placchetta si trova presso l’antiquario Carlo Lazzarini di Torino.
Quelle in gesso e metallo di Ferraris non sono le uniche versioni dell’idea di Andrea Appiani realizzate in materiali diversi. Un’incisioni tratta dell’Olimpo di Appiani è stata infatti realizzata da Angelo Gravagni (Cremona 1790-1880 ca.). Di lui e dei suoi rapporti con l’Appiani riferisce lo studioso cremonese Grasselli nel 1828, a proposito di un’incisione raffigurante il Redentore tratta dal Beccaccino, “che veduto dal pittor delle grazie il fu celebre cav. Andrea Appiani tanta produsse in lui meraviglia, per cui non sapeva cessare di rimirarlo” (G. Grasselli, Abecedario biografico dei pittori, scultori ed architetti cremonesi, Milano 1828 p. 141).
(*) Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Antiqua nel settembre 2012 a firma Corrado Dupré (nome di fantasia).
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