Gli hausmaler su porcellana: un fenomeno complesso e ancora poco conosciuto.
Parte IV. La Boemia e la Slesia. Bayreuth e i suoi molti interrogativi
di Alessandro Biancalana
Avvolte in gran parte in un alone di mistero sono le vicende della vita di Ignaz Bottengruber (nota 1), uno dei primi e sicuramente tra i più importanti hausmaler su porcellana: cattolico (nota 2), forse figlio di un barbiere di Freistadt (nota 3).Nel 1720 Bottengruber, o Pottengruber, o Battengruben, o Pootendorfer e addirittura Buttengremer come risulta in alcuni documenti della sua parrocchia, dovrebbe risiedere a Breslau, oggi Wroclaw, in Slesia, anche se le varianti del suo nome non sono riportate negli elenchi dei cittadini dal 1715 al 1740 (nota 4). Accolgo la grafia Bottengruber in ossequio alle firme da lui lasciate sugli oggetti decorati. Il primo documento che ce ne riferisce è del novembre 1720 quando si sposa con Maria Eleonora Preiss (nota 5), figlia di un sarto; nel 1721, l’8 di ottobre, nella chiesa di Nostra Signora sulla Sabbia, nella stessa strada dove forse si trovava la sua bottega, Ignaz, “ein Mahler auf dem Sandt” (pittore dalla Sabbia), vi battezza il figlio Johannes Cristophorus Franciscus. Un nuovo accenno al suo nome è del 1723 e risulta dai racconti del cronista di quella città, il dottor Johann Christian Kundmann (1684-1751) (nota 6), che lo reputa superiore ad una altro famoso hausmaler in attività a Breslau, Ignaz Preissler (1676-1741), del quale parlerò più avanti: “… darauf in Bresslau erstlich Herr Preussler nur grau in grau oder schwarze Gemahlde gemacht, ietzo aber verrichtet dieses Herr Pottengruber mit allen bunten Farben, und zwar in solcher Perfection, als es sonst niemals allhier geschehen worden” (nota 7). La stessa affermazione viene ripetuta da Kundmann nel 1736 e ancora nel 1741.
Gli spostamenti di Bottengruber si determinano, ancora una volta, come pure il suo nome, in base alle firme, alle date e al luogo presenti su un certo numero di sue realizzazioni. Attorno al 1730, dunque, sembra essere andato a Vienna e da quel momento dipingerà quasi soltanto su manufatti della manifattura Du Paquier (nota 8), che pur erano stati utilizzati anche in precedenza insieme a quelli di Meissen [Figura 1] e cinesi.
Figura 1. Coppia di fiaschette, Manifattura di Meissen, 1720-25, decoro di Ignaz Bottengruber, 1730 circa. Collezione privata.
Pare che a Breslau, sempre usando come fonte le cronache di Kundmann, fino al 1740 non esistesse un luogo dove si potesse comprare la porcellana di “Dresden“, Meissen cioè, bianca o difettata (nota 9).
Venne addirittura ipotizzato da Pazaurek che il viaggio a Vienna fosse coinciso con la necessità di acquistare porcellana bianca, dal momento che era sempre più difficile avere quella di Meissen dopo le decise limitazioni poste in essere dal 1720 (nota 10) e che, quindi, la permanenza di Bottengruber nella capitale austriaca si potesse essere protratta solo per poco tempo (nota 11).
Per altro, anche eventuali rapporti con la manifattura Du Paquier durante il suo soggiorno a Vienna, sempre che ve ne siano stati di ufficiali, non sono per niente chiari. Nulla risulta di Bottengruber tra il 1730 ed il 1736. E se fosse rimasto a Vienna per decorare porcellane Du Paquier in manifattura? Nulla abbiamo che possa confermare, o smentire, questa ipotesi. Il Falke, comunque, molti anni or sono aveva ipotizzato che Bottengruber fosse stato addirittura capo decoratore della manifattura Du Paquier (nota 12).
Nel 1736 l’artista è segnalato nuovamente a Breslau, come riporta l’anno successivo il cronista Kundmann nel suo Rariora naturae et artis, e da quel momento non se ne hanno più notizie.
La presenza al Metropolitan Museum of Art di New York di un piatto in porcellana di Meissen (inv. n. 59.208.205) databile attorno al 1740, con decoro ripreso da Gottfried Bernhard Goetz (1708-1774), che presenta le iniziali “IAB” miniate sotto il cartiglio raffigurante il continente “America” [Figura 2], nonché una caffettiera e un boccale con la firma “Bottengruber” all’interno della decorazione, databili sempre verso il 1740, hanno fatto presupporre una estensione della attività di Bottengruber anche dopo il 1736.
Figura 2. Piatto, Manifattura di Meissen, 1735-40, decoro di Johannes Bottengruber (?), 1740 circa. Metropolitan Museum of Art, New York.
Tuttavia, vista una certa distanza dal tipico stile di Ignaz, altri autori hanno ritenuto che potesse trattarsi anche di opere del figlio Johannes, del quale però assolutamente nulla sappiamo a parte la data del battesimo.
Ultimamente si è anche presupposto di anticipare la datazione di questi oggetti senza riscontri certi, o di attribuirli a qualche artista della sua bottega, oggi non identificato, che dovrebbe avere come iniziali “ IAB“, appunto.
A sostegno del fatto che Bottengruber potesse essere ancora in attività nel 1740 vi è solo la citata indicazione del Kundmann che risale al 1741.
Definito dalle cronache dell’epoca come miniaturista e acquarellista, pare anche che l’artista abbia eseguito su avorio quattro miniature, già allo Schlesischen Museum di Breslau, con scene mitologiche che ci vengono riportate come riprese da modelli propri di François Boucher (1703-1770) e, quindi, a parte l’estraneità di fonti rococò nell’opera di Bottengruber, sulla qual cosa meriterebbe fare qualche ulteriore considerazione, dovrebbero appartenere comunque all’ultima parte della sua produzione (nota 13). Si rileva che dapprincipio abbia decorato solo in monocromo grigio, nero e violetto, per passare poi all’utilizzo di colori più vivaci come il rosso rubino [Figura 3 e 3a].
Figure 3 e 3a. Becher con piattino, Manifattura Du Paquier 1725, decoro di Ignaz Bottengruber 1730 (firmato). MAK Vienna
Non sappiamo se Bottengruber sia stato allievo di Christian Johann Bendeler, o Bendler (1668-1728), il più noto e stimato dei paesaggisti che lavoravano in quegli anni a Breslau, ma il fermento in Slesia per la pittura di stampo barocco era notevole. Ad esempio, lo stile di Jan Kryštof Handke (1694-1774), che partecipò alle decorazioni dell’Aula Leopoldina dell’Accademia Gesuita di Breslau inaugurata nel 1732, ricorda anche nei contenuti quelli propri di Bottengruber, specie nel legame con la mitologia.
Non ci si deve dimenticare, inoltre, che è possibile che intorno al 1700 possa essere stato attivo a Breslau l’hausmaler su vetro e maiolica di Francoforte, Hanau e probabilmente Delt e successivamente forse porcellana, nonché incisore, Johann Ludwig Faber di Norimberga (1660 – post 1720 circa), del quale parlerò più avanti; le sue decorazioni in schwarzlot in ogni caso, i suoi paesaggi e le scene mitologiche e di caccia potrebbero essere state presenti nella formazione anche di Bottengruber, oltre ad aver avuto un’influenza decisiva su Ignaz Preissler (1676-1741).
Un elemento che caratterizza l’attività a Breslau di Bottengruber è l’aver lavorato per molti anni, forse anche prima del 1726 (nota 14), quasi esclusivamente per il dottor Johannes Georgius Pauli (+ 1736), medico, grande erudito e collezionista, come riporta sempre il cronista Kundmann, non solo come pittore su porcellana, ma anche come artista a tutto tondo. Nel 1726, infatti, Kundmann nel suo Promtuarium rerum naturalium et artificialium Vratislaviense cita nella sezione Picturae della collezione del dottor Pauli l’album con immagini ad acquarello di uccelli che vivono in Slesia eseguito da Bottengruber “Aviarium Silesiae ad naturalem sere similitudinem expressum, colore aqueo” e, subito dopo, “Diversa instructa vasorum porcellaniorum eleganter pictorum & encausticorum a Bottengrubero” (nota 15). Ciò dimostra l’impiego dell’artista nel campo della decorazione della porcellana probabilmente anche prima del 1726 e la sua importanza come pittore, come già evidenziato nel passato da altri autori (nota 16), per il fatto che tali decori siano elencati tra i dipinti. Stante le non brillanti condizioni economiche della famiglia dell’artista, la fonte finanziaria degli acquisti per le realizzazioni di Bottengruber doveva dunque riferirsi probabilmente proprio al suo protettore.
Il dottor Pauli, che si dilettava anche di alchimia, inventò una cura “universale” che, però, costò la vita a molti dei suoi pazienti che la avevano sperimentata; fuggito da Breslau a Danzica e assunto un falso nome, alla sua morte lasciò scritto che la sua grande collezione dovesse essere venduta per ripianare i suoi ingenti debiti, tranne alcuni libri lasciati al suo unico figlio.
Anche nella grande raccolta del dottor Pauli, dispersa alla sua morte, il tema mitologico è tra quelli preminenti e potrebbe essere stato proprio il committente ad influenzare le prime realizzazioni di Bottengruber. Il suo stile è decisamente particolare: dipinte su tutta la superficie dell’oggetto o entro cartelle, prevalgono le scene mitologiche, appunto, spesso bacchiche, figure di putti, soldati e battaglie tra trofei militari (nota 17), molto spesso contornate da ampie volute e nastri. Più raramente appaiono rappresentazioni religiose, come quella della tazza con il martirio di san Paolo, già collezione von Dallwitz, in monocromo rosso, a lui attribuita (nota 18).
Le fonti principali di Ignaz Bottengruber sono comunque numerose; si tratta di pittori e incisori come Jean Le Pautre (1618-1682), Paul Decker il Vecchio (1677-1713), Jean Audran (1667-1756), Daniel Marot il Vecchio (1661-1752), Jean Bérain (1640-1711), Georg Philipp Rugendas (1666-1742), Johann August Corvinus (1683-1738), Abraham III Drentwett (1647-1729), Maerten-Jacobsz van Veen, detto Heemskerk (1498-1574), Jeremias Wolff (1686-1724), nonchè Pieter Bruegel il Vecchio (1525 ca-1569), Hyeronimus Cock (1510-1570), Adrian Collaert (1560-1618), Philip Galle (1537-1612), Antonio Tempesta (1555-1630), Jan van der Straet, chiamato Stradanus (1523-1605) e Annibale Carracci (1560-1609).
Gli oggetti datati coprono uno spazio temporale non molto ampio, dal 1726 al 1730 e presentano, oltre alla data, alcune sigle, la firma e il luogo di esecuzione del decoro. Soffermandoci su alcuni oggetti firmati da Bottengruber, o quantomeno siglati, si possono preventivamente suddividere tra quelli di Breslau e quelli di Vienna. Tra i primi segnalo il piatto di una ecuelle in porcellana Du Paquier, già collezione Goldschmidt-Rothschildt e oggi al Metropolitan Museum of Art di New York (n. inv. 50.211.18), che presenta al centro in viola una scena di battaglia contornata da ampi fregi e trofei policromi; sotto la base del piatto in rosso la frase in corsivo “JB. f. Wrat: / 1726” [Figura 4].
Figure 4 e 4a. Piatto da ecuelle, Manifattura Du Paquier, 1720-25, decoro di Ignaz Bottengruber (firmato), 1726. Metropolitan Museum of Art, New York.
La stessa data si presenta in una tazza (senza segnatura) con piattino in porcellana Du Paquier con scene bacchiche e puttini che porta sotto la base del piattino “W / JB 1726”, oggi al Metropolitan Museum of Art di New York (inv. n. 1950.50.211.18), dove la “W” dovrebbe stare per Wroclaw [Figura 5].
Figura 5. Tazza con piattino, Manifattura Du Paquier, 1725 circa, decoro di Ignaz Bottengruber, 1726. Metropolitan Museum of Art, New York.
Per la lettera “W” rimando a quella analoga sotto un piattino in vetro lattimo attibuito alla bottega di Johann Friedrich Metzsch (1706-1767), del quale tratterò più avanti (nota 19), e anche a quella (non identificata) che si presenta su maioliche e Brauner Gut della fabbrica Knöller di Bayreuth.
Un piatto sempre della manifattura Du Paquier con un ricchissimo decoro policromo con al centro una scena mitologica, oggi allo Staatliche Museen zu Berlin, Kunstgewerbe Museum, riporta sempre nella parte sottostante “IAB f. Wrat: 1728”; un becher con piattino con scene bacchiche in monocromo porpora già al Museum fur Kunst und Gewerbe di Amburgo reca la dicitura “JB f. A [?] 1729 +” con qualche difficoltà di interpretazione di alcune lettere (nota 20); uno stupendo bowl in porcellana molto probabilmente di Du Paquier, conservato al MAK di Vienna (inv. n. Ke 6077), già collezione Vojtěch Lanna (1836–1909) di Praga, con una scena mitologica rappresentante il Trionfo di Bacco in policromia, tratta da una incisione di Johann Theodor de Bry (1528-1598) da un dipinto di Giulio Romano (1490-1546), presenta sotto la base la dicitura “JBottengruber Siles: / f: Viennae 1730” [Figura 6 e 6a, nota 21].
Figure 6 e 6a. Ciotola, Manifattura du Paquier, 1725 circa, decoro di Ignaz Bottengruber (firmato), 1730. MAK Vienna.
Numerose sono le attribuzioni a Bottengruber. Tra queste vorrei segnalare, ad esempio, una caffettiera in porcellana di Meissen conservata al Metropolitan Museum of Art di New York (inv. n. 50.211117 a/b) con cartigli in color seppia con raffigurazioni mitologiche, che riprende uno dei motivi cari a Bottengruber, quello delle rappresentazioni mitologiche monocrome entro una riserva racchiusa da nastri, volute e figure policrome [Figura 7].
Figura 7. Caffettiera, Manifattura di Meissen, 1725-30 circa, decoro attribuito a Ignaz Bottengruber 1730 circa. Metropolitan Museum of Art, New York.
È da segnalare l’ornato di parte di un servizio in porcellana di Meissen con scene di battaglie, oggi conservato al Metropolitan Museum of Art di New York (inv, n. 1964, 64.101.240) e databile 1720-25, che si avvicina però molto allo stile di Ignaz Preissler, al quale ritengo si possa effettivamente assegnare. Vi sono anche attribuzioni che lasciano qualche perplessità come quella di una cioccolatiera in porcellana di Meissen, conservata al MAK di Vienna (inv. n. Ke 7487 1-2), che presenta caratteristiche che la avvicinano maggiormente all’hausmaler Franz Ferdinad Mayer attivo attorno alla metà del secolo XVIII a Pressnitz in Boemia (oggi Přísečnice in Repubblica Ceca), del quale parlerò nel prossimo contributo. Lo stesso dicasi per altri pezzi senza firma come una tazza da tè al Stuttgarter Landes-Gewerbe Museum o, addirittura alcuni becher del periodo “punktzeit” (punto in mezzo alle else delle spade, 1763-1774) decorati in porpora entro riserve a rocaille già al Museum für Hamburgische Geschichte di Amburgo (nota 22). Analogamente è stata attribuita al pennello di Bottengruber, forse per qualche analogia con alcune sue sigle (nota 23), una tazza con piattino in porcellana Böttger di Meissen che presenta su entrambi, entro un riserva mistilinea, una scene di genere di gusto barocco in monocromo viola, ancora una volta nello stile di Franz Ferdinad Mayer; non solo l’impianto decorativo è lontano da quelli propri di Bottengruber e dei suoi allievi, ma seppur con leggere differenze sotto tazza e piattino sono presenti la data e una sigla, presumibilmente “Aö:1754 G. – meno probabilmente “AEö:1754 G.” – (nota 24), che riportano ad una datazione assai lontana da quelle certamente attribuibili a Bottengruber.
Se le lettere fossero “Ao”, dovrebbero determinare l’anno di esecuzione e la “G” l’iniziale dell’autore. Sugli oggetti che presentano questa sigla già si era soffermato a lungo il Pazaurek (nota 25), sottolineando che l’iniziale del nome di questo sconosciuto hausmaler monogrammista (nota 26) dovrebbe essere “G”, lettera che, però potrebbe significare con minori probabilità anche il luogo di realizzazione [Figure 8 e 8a].
Figure 8 e 8a. Tazza con piattino, Manifattura di Meissen 1725-30 circa, hausmaler non identificato 1754. Raccolta privata.
Si conoscono diversi manufatti che presentano questo monogramma: solo la data cambia e va dal 1741 al 1754, appunto, come pure la tipologia degli ornati, che però si presentano quasi esclusivamente in monocromo porpora e sempre con un fregio Laub und Bandelwerke del tutto simile tra loro. Con la data 1741 e la lettera “G” si ricordano una coppia di tazze piegate in cottura con fiori blu sotto smalto e viola sopra della Porzellansammlung a Dresda (nota 27); due tazze già collezione Albert Dasch di Teplitz raffiguranti paesaggi e cervi in porpora-viola recano la prima la sigla “Ao: 1744.G.” e la seconda “Ao: 1754.G.” (nota 28); un’altra tazza e piattino già collezione C. H. Fischer di Dresda con decoro ripetuto in maniera analoga senza nessuna sigla (nota 29).
Le stesse date si presentano in una tazza e piattino, già a Praga nella Collezione Lanna, con figure di genere sempre in porpora-violetto entro riserva mistilinea e la sigla e data “Ao: 1754. G.” (nota 30), facenti forse parte di un servizio oggi disperso [Figura 9]; ancora, una coppia analoga di tazze con piattino già Collezione Wolfgang von Dallwitz (1863–1928) a Berlino, rispettivamente siglate “Ao 1744G” e “Ao 1754G”.
Figura 9. Tazza con piattino, Manifattura Meissen 1725-30, hausmaler non identificato 1754. Mercato antiquario (già Collezione Lanna, Praga).
Da segnalare che vi sono altri manufatti che, pur presentando le stesse caratteristiche e la stessa mano dei precedenti, non hanno sigle o date, come una brocca già nel Berliner Schloss Museum che rappresenta le 4 stagioni (nota 31). L’unico nome conosciuto di hausmaler con l’iniziale “G” è quello di Johann Christoph Glaser (1684-post 1754), del quale parleremo più avanti e che si ricorda nell’unico pezzo che a lui si può ascrivere per le figure cinesi policrome di grandi dimensioni, tipiche della produzione di Bayreuth, ma non vi sono riscontri che possa trattarsi dell’hausmaler “G”.
Rilevo soltanto che in quegli anni operava a Bayreuth anche il pittore di maioliche Georg Friedrich Grebner (attivo 1718-1744), precedentemente in attività a Norimberga, ma le sue ricche decorazioni che riportano allo stile di Metzsch e che si possono riscontrare in un boccale (inv. n. I.965) e in una brocca (inv. n. I.746) in maiolica della fabbrica Knöller di Bayreuth, conservati al Grassi Museum a Lipsia, nulla hanno a che vedere con gli ornati del nostro fantomatico “G”. Il primo, poi, reca firma e data dell’autore “G F Grebner 1731 d. 10. Junij”; la medesima data e la sua firma “G. F. Grebner 1731” appaiono anche su una brocca già al Fränkisches Luitpold-Museum a Würzburg (nota 32).
Ritornando a Bottengruber, alcuni fatti fanno pensare che l’artista avesse una bottega, alla quale prima ho accennato. Tra i suoi allievi c’era forse anche di Jacob Helchis, del quale ho parlato nel mio precedente saggio [Leggi], ma si conosce il nome di almeno altri due pittori che spiccano per una particolarità che li accomuna (nota 33). Si tratta di Carl Ferdinand von Wolfsburg (1696-1764) e di Hans Gottlieb von Bressler (1705-1777), entrambi nobili che decoravano per diletto.
Il primo, avvocato con importanti cariche pubbliche a Breslau, pare sia morto in povertà; si è sposato due volte, la prima nel 1716 con Johanna Charlotte von Blankenstein e poi nel 1726 con Anna Barbara Schliebener von Schliebenheim, dalla quale ebbe cinque figli. Si ritiene abbia dipinto tra il 1729 ed il 1748 (nota 34), forse anche lui per il dottor Pauli, ma non in maniera esclusiva (nota 35); sembra abbia accompagnato a Vienna Ignaz Bottengruber nel 1730 per rimanere nella capitale austriaca fino all’anno successivo. Molto vicino allo stile del maestro, privilegiò le scene dionisiache dipinte in rosso ferro e viola e, rispetto a questi, si evidenziano bordi con fregi meno elaborati; verso il 1740 si avvicinò maggiormente allo stile e ai modelli della manifattura Du Paquier. Usò sia porcellana di Meissen che Du Paquier e ci ha lasciato numerose sue tracce: di lui rammento un boccale di Meissen, il più antico con la data, con un baccanale e firmato “CF de Wolfsbourg pinxit 1729” (nota 36), già allo Schlossmuseum a Berlino e probabilmente distrutto, un boccale sempre di porcellana Du Paquier con una scena bacchica con numerosi personaggi in rosso porpora oggi al Metropolitan Museum of Art di New York (inv. n. 54.147.91) con sotto la base la dicitura “Carolus Ferdinandus de Wolfsbourg. Eq. Sil. pinxit Viennae. 1731.” e un piatto Du Paquier con scena mitologica in viola, oggi conservato al Gardiner Museum di Toronto (inv. n. G 96.5.10), che porta sotto la base l’iscrizione “Carolus Ferdinandus de Wolfsbourg Eq: Sil: pinxit. 1733.” [Figure 10 e 10a].
Figure 10 e 10a. Piatto, Manifattura Du Paquier 1730, decoro di Carl Ferdinand von Wolfsburg 1733 (firmato). Gardiner Museum, Toronto.
Altri sono gli oggetti da lui eseguiti: gli ultimi risalgono al 1748 e si tratta di piatti araldici di Meissen (nota 37), già conservati nella Porzellansammlung di Dresda, ed uno oggi al Seattle Art Museum di Washington (inv. n. 69.202): riportano lo stemma della famiglia Benada, importanti mercanti della Slesia che assursero al rango nobiliare nel 1706, e la dicitura in francese “peint par Charles Ferdinand de Wolfsbourg a Breslau l’an 1748” [Figura 11].
Figura 11. Piatto, Manifattura di Meissen, 1740 circa, decoro di C. Ferdinand von Wolfsburg, 1748. Seattle Art Museum, Washington.
Esisteva anche un piatto con la stessa data e lo stemma Sandretzky esposto nel 1878 a Wrocław alla Prima Mostra dell’Artigianato Artistico della Slesia (I. Schlesische Kunstgewerbe ausstellung). Non sappiamo se si trovi in qualche raccolta, o sia andato distrutto.
Venne segnalata, però, anche una miniatura che raffigura un certo Johann Ledig, una volta conservata a Wrocław nello Schlesisches Museum für Kunstgewerbe und Altertümer e siglata “Charles Ferdinand de Wolfsburg Sac. Reg. Maj. Boruss. Concil. fecit 1756“, che posticiperebbe il periodo della sua attività, quale autore di miniature, acquarelli e dipinti su rame.
Molte di queste opere sono andate distrutte, come diverse porcellane, che oggi risultano conosciute solo perché citate in testi precedenti alla Seconda Guerra Mondiale (nota 38).
Il secondo fu Hans Gottlieb von Bressler, Borgomastro di Breslau dal 1766 fino alla morte; l’artista dipinse probabilmente solo per proprio diletto e per qualche amico. Anche se le scene rappresentate si discostano in qualche caso parzialmente da quelle del maestro Bottengruber, i colori e le impostazioni lo ricordano in maniera decisa. Alcune sue opere sono datate e siglate a partire dal 1732: la prima è un becher con manico della manifattura di Meissen con riprese in oro e una scena continua anche in color pulce di putti e architetture, che riporta sotto la base la sigla “H. G. / v. / B. / 1732” al Metropolitan Museum of Art di New York (inv. n. 50.211.242) [Figura 12 e 12a]; la seconda è una terrina successiva del 1734 (nota 39) in porcellana Du Paquier con scene agresti sempre in viola entro riserve, già allo Schloss Lauske di proprietà dei conti von Bressler a Oberlausitz, poi Collezione Untermyer ed ora al Metropolitan Museum of Art di New York (inv. n. 64.101.241a, b), che porta la sigla “H.G.v.B / 1734” analoga a quella della precedente tazza [Figure 13 e 13a].
Figure 12 e 12a. Becher, Manifattura di Meissen, 1725 circa, decoro di Hans Gottlieb von Bressler (firmato), 1732. Metropolitan Museum of Art, New York.
Figure 13 e 13a. Terrina, Manifattura Du Paquier, 1725-30, decoro di Hans Gottlieb von Bressler (firmato), 1734. Metropolitan Museum of Art, New York.
Altri manufatti sono attribuiti a von Bressler: al Victoria and Albert Museum a Londra è conservato un boccale attribuito a von Bressler con una scena mitologica di Apollo e Dafne tra amorini (inv. n. 484.1875) con ampi nastri e fregi che molto ricorda proprio lo stile di Bottengruber e che, quindi, potrebbe essere ascritto ai primi anni dell’esperienza pittorica del nobile boemo. Questo manufatto molto si avvicina nell’impostazione generale ad una tazza con piattino con scene di caccia già conservata nel castello Lauske della famiglia von Bressler e pubblicata nel 1925 da Pazaurek con la data del 1730 circa (nota 40). Vi è poi una serie di piatti in porcellana di Meissen, tre dei quali al MET di New York, un altro al Gadiner Museum a Toronto (inv. n. G83.1.738) e un altro che nel 1925 era ancora conservato dalla famiglia von Bressler come riportato dal Pazaurek (nota 41), che hanno come decorazione giochi di putti, o bimbi, derivati dalle acqueforti di Claudine Bouzonnet-Stella (1641-1697) dai disegni dello zio, il pittore lionese Jacques Stella (1596-1657), tratte da Les Jeux et les Plaisirs de l’Enfance, pubblicato a Parigi nel 1657; gli ornati ai bordi non risultano più così elaborati come quelli del maestro Bottengruber e, in alcuni casi, presentano vivaci e ampi tralci fioriti alla maniera di un altro importante hausmaler, Johann Friedrich Metzsch [Figure 14 e 14 a].
Figure 14 e 14a. Piatti, Manifattura di Meissen, 1740 circa, decoro attribuito a H. Gottlieb von Bressler, 1740 circa. Collocazioni diverse.
Anche alcuni manufatti con scene agresti in monocromo rosso porpora entro riserve si attribuiscono a von Bressler per le analogie che vi sono con la terrina data 1734 oggi al Metropolitan Museum of Art: un piatto, ad esempio, al Gardiner Museun a Toronto uno con scena pastorale e caprone (inv. n. G 83.1.737), uno ancora conservato nel 1925 dalla famiglia von Bressler, come riportato dal Pazaurek (nota 42), e una zuccheriera di produzione Du Paquier al Landesmuseum Württenberg Keramik Museum, Schloss Ludwigsburg sempre con armenti e scene bucoliche (inv. n. G 12,311). Sono tutto datati attorno al 1740 più che altro in base alla porcellana (1735 circa), ma non se ne può avere una conferma in quanto mancano sia le iniziali dell’autore che la data di esecuzione.
Un altro tra i principali hausmaler che ha operato a Breslau è Ignaz Preissler (nota 43), o anche Preißler o Preußler: nato a Friedrichswalde, oggi Bedřichovka, ai confini di Boemia e Slesia, ebbe due mogli ed un figlio, Ignaz, che pare si sia dedicato all’attività di sarto. In occasione del suo secondo matrimonio, quello con Zuzana Uhrbanovà nel settembre del 1731, Ignaz viene definito “Porcelan Mahler” (nota 44).
Ignaz era figlio di Daniel Preissler (1636-1733), a sua volta decoratore indipendente principalmente su vetro, ma poi anche forse su porcellana anche se non ci è pervunuto nulla da lui firmato o siglato, prima a Friedrichswalde in Slesia e successivamente a Kronštadt in Boemia dal 1676-77 (nota 45). Daniel, forse originario di Norimberga, dipingeva probabilmente in schwarzlot o rosso e oro anche se non si è in grado di stabilire se si avvicinasse maggiormente allo stile di Johann Schaper o a quello di Johann Ludwig Faber, come io ritengo. A lui si ricollegano una serie di lastre di vetro decorate dalla parte sottostante (Hinterglasmalerei), oggi conservate al Uměleckoprůmyslové Muzeum di Praga, tecnica di pittura su vetro nella quale proprio Daniel Preissler pare che fosse un maestro (nota 46).
Non sappiamo molto della gioventù di Ignaz: nel 1719 è a Breslau, come segnala il già noto cronista Johann Christian Kundmann che riporta che nel 1726 aveva lavorato per 7 anni esclusivamente per il collezionista dottor Ernst Benjamin von Löwenstadt und Ronneburg (+1729) eseguendo oltre 100 pezzi, per andare poi, alla morte del suo benefattore a Kronštadt, oggi Kunštát in Repubblica Ceca, nell’atelier personale per la decorazione di vetro e porcellana del principe Franz Karl Liebsteinsky von Kolowrat (1684-1753). Nel 1737 sempre Kundmann annota che, dopo la morte di von Löwenstadt, tutto il suo cabinet di porcellane decorate da “Preussler” sia stato venduto al conte Franz von Hatzfeld, Conciliatore Imperiale (1683-1738), e che queste poi siano andate in larga parte distrutte in un grande incendio del castello di Hatzfeld nel corso del diciottesimo secolo (nota 47).
Pare che Ignaz sia stato successivamente anche a Vienna, come già era accaduto a Bottengruber, senza però che io sia riuscito a trovare una traccia documentale di questo.
Ignaz decora sia il vetro che porcellana cinese ed europea di Meissen e di Du Paquier, prevalentemente in rosso, nero e con dorature [Figura 15], tanto che nel 1731 lo stesso Ignaz Preissler afferma di considerare, come il padre, la pittura monocroma in nero o rosso ferro “la forma più fine e sofisticata di decorazione“. Utilizza anche il viola, però, come si rileva in due occasioni nel Libro dei Conti in data 21.7.1730 e 17.10.1732, dove sono menzionati “1 Tee Krugel Purpur gemahlt, 1 Zuker Buchsen a 8 Pecherl Purpur gemahlt” (1 tazza da tè dipinta viola, 1 contenitore per lo zucchero e 8 tazze dipinte in viola) (nota 48) e anche il rosso ferro e il celeste come in una teiera con scena fluviale [Figura 16] con manico e beccuccio a testa di serpe lumeggiati in nero, oggi al Victoria and Albert Museum a Londra (inv. n. C 75&A-1939).
Figura 15. Teiera, Manifattura di Meissen, 1720 circa, decoro attribuito a Ignaz Preissler, 1725 circa. National Museum of American History, Washington.
Figura 16. Teiera, Manifattura di Meissen,1725 circa, decoro attribuito a Ignaz Preissler, 1730 circa. V&A Museum, Londra.
Le decorazioni sono per lo più a cineserie (“Indijanische Figuren und landschaften), ma si riscontrano anche raffigurazioni definite “Poetische Mühesame” (soggetti allegorici complessi). Non voglio dimenticare il fatto che anche un fratello minore di Ignaz, Florián Preissler (nota 49), battezzato nel 1681, secondo alcuni autori è addirittura da individuare in quel “Herr Preußler” che ha trascorso alcuni anni a lavorare per il dottor Ernst Benjamin von Löwenstadt a Wroclaw (nota 50) e che pare fosse un hausmaler. Un altro artista, Tobiáš Hanuš (1695-1733), o Hannusch (nota 51), con il quale Ignaz scambia alcune lettere, è pure rammentato come pittore di porcellane nella personale bottega del conte von Kolowrat a Reichenau, oggi Rychnov, a circa 30 chilometri da Kronštadt (nota 52) ed è probabilmente quello stesso Tobias Reichenauer, definito “porcellinmaler” e citato da altri autori (nota 53); molto interessante è una di queste missive nella quale Preissler riferisce di aver sentito che l’oro usato a Vienna fosse migliore di quello di Breslau, ma che lui non aveva usato altro che quello (nota 54).
É quindi molto probabile che ci si trovi di fronte proprio ad una bottega, nella quale Ignaz Preissler era il cardine e l’elemento più rappresentativo.
La fama raggiunta da Preissler, comunque, doveva essere notevole, dal momento che già nel 1721 tredici pezzi riconducibili all’hausmaler andarono ad accrescere la collezione di Augusto il Forte di Sassonia e Polonia (1670-1733) ed altri quattro l’anno successivo, come riportato nel “Inventarium über das Palais zu Alt-Dresden Anno 1721” nel capitolo intitolato “Weiss Sächsische Porcelain” (nota 55): “N.7. 3. Stk. extra feine runde am Rand vergoldete Chocolate Tassen u. Schaalen, darauff mit einer rothen Couleur sauber en Crotesque gemahlet ist; Diese Arbeit is in Pöhmen gefertiget worden, und jede Tasse und Schaale ist von differenter Zeichnung. Zwey Tassen darvon sind schadhafft, jede aber 3. Z. tieffund 272. in diam. eine Schaale aber 3A. Z. t i e f f 5. Z. in diam. / N.8. 3. Stk. dergl. Chocolate Tassen u. Schaalen, so mit schwarzer Farbe en Crotesque gemahlet sind, es sind alle von differenter Zeichnung und jede Tasse 3. Z. tieff. 272. Z. in diam. eine Schale aber 74. Z. tieff. 5. Z. in diam. Hierzu gehöret ein auswendig brauner Spiel Napff darauff Neptunus mit allerhandt Nayaden und Tritonen, sehr sauber schwarz und goldt Gemahlet ist, inwendig ist fein schwarz Crotesque Arbeit. 3. Z. tieff. 672. Z. in diam.” (N.7. 3 pezzi di coppe e ciotole rotonde finissime dorate sul bordo da cioccolato, di colore rosso chiaro a grottesche. Questo lavoro è stato realizzato a Pöhmen e ogni tazza e ciotola sono di diversi disegni. Due coppe sono danneggiate, …… / N.8. 3 pezzi di tazze e ciotole da cioccolato simili, di colore nero a grottesche, sono tutti di disegni diversi ……… Nettuno con tutti i tipi di nayadi e tritoni, dipinto molto bene in nero e oro, all’interno vi è un fine lavoro a grottesche in nero. …..”). Questi oggetti sono ancora oggi conservati alla Porzellansammlung di Dresda) (nota 56).
Grande è il numero di manufatti che si possono riportare a Ignaz Preissler o, quantomeno, alla sua bottega, anche se non si conoscono oggetti da lui firmati.
A lui viene attribuita la maggioranza delle decorazioni in linea con quello che si presume possa essere stato il suo stile, legato ai modi dei primi hausmaler di Norimberga, come i citati Johann Schaper e Johann Ludwig Faber – quest’ultimo hausmaler su vetro, maiolica di Francoforte, Hanau e probabilmente Delt e successivamente forse porcellana, nonché incisore – dai quali il padre Daniel aveva preso i primi rudimenti, trasmessi poi al figlio Ignaz.
In ogni caso, i paesaggi e le scene mitologiche e di caccia e di soldati con trofei militari di Faber [Figura 17] hanno avuto un’influenza decisiva su Ignaz Preissler [Figura 18].
Figura 17. Boccale, 1700 circa, maiolica di Hanau, decoro di Johann Ludwig Faber. Metropolitan Museum of Art, New York.
Figura 18. Boccale, Manifattura Meissen, 1725 circa, decoro attribuito a Ignaz Preissler, 1725 circa. Mercato antiquario.
Faber, figlio dell’omonimo Johann Ludwig (1635-1678), lui stesso forse allievo di Johann Schäper, più anziano di lui, viene citato una prima volta nel 1678 insieme al pittore e smaltatore su vetro Georg Guttemberg (+1686). Maestro nell’uso dello schwarzlot, pare aver lasciato Norimberga attorno al 1693 (nota 57), quando viene definito come “außerwärts” (al di fuori del paese), per spostarsi in Slesia e in Boemia almeno fino al 1720. Le sue fonti iconografiche si devono ritrovare nelle opere di Matthaus Merian (1593-1650), Israel Silvestre (1621-1691), Crispijn de Passe il Vecchio (1564-1637), Johann Theodor de Bry (1561-1623), Daniel Meisner (1585-1625) e Melchior Kusel (1626-1684). Ricordo tra i suoi manufatti firmati o siglati (nota 58), un bicchiere in vetro datato 1680 con il monogramma ” I.J.F.f “, oggi al Victoria and Albert Museum di Londra (inv. n. 244&A – 1872) con gli stemmi di Wolf Christoph Praun (+1700) e Anna Catharina Harsdörfer (1638-98) di Norimberga, sposatisi nel 1665.
Tornando a Ignaz Preissler, tra gli oggetti che a lui si possono attribuire, voglio citare parte di un servizio da tè, una garniture da camino e un bicchiere in vetro che rappresentano in schwarzlot e oro scene della Guerra di Successione Spagnola (nota 59), combattuta tra il 1701 ed il 1714 tra le varie potenze europee. Si tratta di sette porcellane e un vetro, dei quali tre tazze sono conservate al Metropolitan Museum of Art di New York (Rogers Found, inv. n. 1940, 40.65.4 – Gift of Irwin Untermyer, inv, n. 1964, 64.101.239 – Gift of Irwin Untermyer, inv. n. 1964, 64.101.237) [Figura 19], la teiera, precedentemente nella collezione Hermann Emden ad Amburgo, è poi passata in una raccolta statunitense, una coppia di vasi sempre al Metropolitan Museum of Art di New York (Gift of Irwin Untermyer, inv. n. 1964, 64.101.146,145) e altra coppia al The Art Institute di Chicago (inv, n. 1984.8oa-b, 81a-b), mentre il bicchiere è al The Corning Museum of Glass di New York (inv. n. 51.3.121).
Figura 19. Tazza, Manifattura di Meissen, 1720 circa, decoro di Ignaz Preissler, 1730 circa (scene della Guerra di Successione Spagnola). Metropolitan Museum of Art, New York.
Le fonti iconografiche si devono far risalire sia alle incisioni di Sébastien Le Clerc (1637-1714), tratte da cartoni per arazzi celebrativi delle battaglie di Luigi XIV di Francia (1638-1715), per altro mai eseguiti, di Jan van Huchtenbergh (1647-1733) e pubblicate a L’Aia nel 1725, sia all’opera di Jeremias Wolff (1686-1724) Repraesentati Belli, ob successionem in Regno Hispanico. . . , considerata la più grande opera elogiativa della Guerra, eseguita dopo il 1714, prendendo spunto proprio dalle stampe del Le Clerc.
Come non segnalare, ad esempio, anche la bellissima brocca (forse una bottiglia da vino ripresa da modelli cinesi del periodo Kang-shi) con il versatoio a forma di drago a cineserie in schwarzlot [Figura 20], oggi conservata al Liechtenstein Museum a Vienna (inv. n. PO2137): sempre un drago, poi, appare su una bottiglia, questa volta in porcellana cinese, con decorazione sempre in schwarzlot al British Museum di Londra (inv. n. Franks, 948).
Figura 20. Brocca, Manifattura di Meissen, 1720 circa, decoro di Ignaz Preissler, 1725 circa. Liechtenstein Museum, Vienna.
Il Museo di Villa Cagnola conserva un importante gruppo di cinque becher e sei piattini di porcellana, marca della Dinastia Quing, Periodo Kang-shi [Figura 21], che presentano una ricca decorazione con figure asiatiche in rosso ferro e bordi in blu (inv. n. 441) ed hanno una perfetta corrispondenza con analogo manufatto conservato a Praga all’Uměleckoprůmyslové Muzeum (inv. n. 18971 a/b) ed altro recentemente apparso sul mercato antiquario (nota 60).
Figura 21. Gruppo di becher e piattini, porcellana cinese, 1700 circa, decoro di Ignaz Preissler, 1725 circa. Villa Cagnola, Gazzada Schianno.
Vengono attribuiti al pennello di Ignaz Preissler anche alcuni manufatti decorati a cineserie in schwarzlot e oro, tra i quali, appunto, anche alcune tazze a coppetta in porcellana Böttger della manifattura di Meissen con l’interno completamente dorato ed un fregio molto particolare al piede [Figura 22].
Figura 22. Tazza con piattino, Manifattura di Meissen, 1715-20, decoro attribuito a Ignaz Preissler, 1720-25. Mercato antiquario.
Tra i pezzi decorati in monocromo rosso e tocchi di azzurro desidero evidenziare pure una teiera in porcellana di Meissen con scene di porto e velieri, già nella Arhnold Collection (inv. n. 2001.468), nonché una splendida ciotola che raffigura il castello dell’Elettore del Brandeburgo sulla Sprea a Berlino, ripresa da una incisione di Johannes Teyler (1648-1709) eseguita ad Amsterdam nel 1683 (nota 61). Degni di nota, infine, sono una serie di 16 piccoli piattini [Figura 23] in porcellana Du Paquier decorati in schwarzlot con raffigurazioni di nani, oggi in collezione privata (nota 62).
Figura 23. Coppia di piattini, Manifattura Du Paquier, 1725-30, decoro di Ignaz Preissler, 1730 circa. Collezione privata.
Interessante in argomento è un piccolo boccale policromo con una ricca fascia dorata recentemente apparso sul mercato antiquario con un decoro molto particolare: una figura di nano su due parti e un medaglione centrale con Mercurio. L’impostazione della decorazione è tipica da hausmaler, ma ad oggi non sono in grado di attribuirlo a nessuno di quelli conosciuti [Figure 24, 24a e 24b].
Figure 24, 24a e 24b. Boccale, Manifattura di Meissen, 1740-45, decoro di hausmaler sconosciuto, 1750 circa. Mercato antiquario.
Loro fonte iconografica principale è Jacques Callot (1592-1635); i suoi Balli di Sfessania eseguiti verso il 1623 e pubblicati in numerose edizioni risultano un misto, forse, tra la fervida immaginazione dell’artista e le tradizioni teatrali. Proprio al Callot si devono riferire i caramogi, le piccole figure di nani molto in voga nelle corti europee sei-settecentesche. Queste tipologie di sculture vennero ideate tra il 1723 ed il 1728 per la manifattura di Meissen con molta probabilità dallo scultore, modellatore e formatore Georg Fritzsche il Vecchio (1698-1756) con le conseguenti prime realizzazioni in porcellana bianca verso il 1725. Tali modelli traggono puntuale spunto da due opere del Callot: la prima è Il Callotto resuscitato (Neu eingerichtes Zwerchen Cabinet), edito una prima volta nel 1706 con le incisioni di Johann Andreas Pfeffel il Vecchio (1674-1748), poi successivamente stampato ad Amsterdam da Wilhelm Engelbert Koning (attivo 1721) e ad Augusta nel 1716 con pochissime differenze tra le due edizioni; infine, ancora ad Amsterdam nel 1720 con nuove illustrazioni. Numerosi gli incisori chiamati a collaborare nelle varie edizioni: presumibilmente Elias Baeck e Martin Engelbrecht nell’edizione di Augsburg, Fopje Folkema (1690-1752) e la sorella Anna Folkema (1695-1768), Joost van Sasse (1684-1755).
La seconda opera di riferimento è Varie figure di Gobbi di Jacopo Callotto fatto in Firenza l’anno 1616, edito una prima volta a Nancy nel 1622.
Interessante segnalare alcuni oggetti in monocromo nero e rosso ferro-viola con scene mitologiche, come una caffettiera già Collezione Werner Jahn (nota 63), che vengono attribuiti genericamente ad hausmaler di Breslau perché, pur presentando caratteristiche simili a quelle degli ornati riferibili a Preissler, non ne hanno la stessa incisività; alla luce, pertanto, della presenza di una bottega è possibile che possano ascriversi ad altri artisti sempre nell’ambito dei Preissler [Figura 25].
Figura 25. Caffettiera, Manifattura di Meissen, 1730 circa, decoro eseguito a Breslau 1730-40 (?). Mercato antiquario (già Collezione Werner Jahn).
Più volte in queste pagine abbiamo avuto modo di parlare di Bayreuth; la città fu snodo importante per i traffici e i collegamenti con l’Alto Palatinato boemo e Praga: a partire dal 1735 visse con il margravio Friedrich von Brandemburg – Bayreuth (1711-1763) un momento di grande fermento artistico e culturale, favorito anche dalla sua prima moglie, Wilhelmine di Prussia (1709-1758), probabilmente la sorella preferita di Federico II Hohenzollern, detto il Grande (1712-1786) e amica anche di Voltaire, pseudonimo di François-Marie Arouet (1694-1778), nonché molto legata al mondo asiatico. Tale attività si esprime anche nella creazione nel 1742 di una università, l’attuale Università di Erlangen, e nel 1752 di una Accademia d’Arte.
Bayreuth appare più volte nelle vicende degli hausmaler: già abbiamo visto che molti pittori su porcellana lavorano, pur se di passaggio, a Bayreuth, come Adam Friedrich von Löwenfinck nel 1736-7, Joseph Philipp Dannhöfer dal 1736 al 1744, Christian Daniel Busch tra il 1749 ed il 1750. In città, già nel 1714, venivano prodotti manufatti ceramici nella fabbrica fondata nel sobborgo di St. Georg am See da Johann Georg Knöller (1678-1739), forse in collaborazione con il pittore Johann Kaspar Ripp, o Rib (1681-1726), già decoratore di maioliche ad Hanau (nota Nota 64), al quale è stata a suo tempo attribuita una piastrella con decoro floreale con la firma “Rib 1714” (nota 65); il figlio di Kaspar, Johann Antonn Ripp, sarà attivo a Bayreuth tra il 1733 ed il 1738 sia come pittore del blu sia del Brauner Bayreuther Gut, a creare il quale forse partecipò anche l’arcanista Samuel Kempe (nota 66), già responsabile dei forni e della composizione della pasta nella fabbrica di Neustadt e segnalato prima a Meissen fino al 1713, poi a Berlino, a Plaue sull’Havel, dove fonda una nuova manifattura (nota 67) grazie al furto perpetrato a Meissen di una cospicua quantità di pasta già pronta (nota 68), e, infine, a Bayreuth.
A caratterizzare la produzione di Bayreuth almeno per i primi anni sono le decorazioni floreali, araldiche e con scenette di vita orientale in monocromo blu, in bilico tra gli influssi delle imperanti decorazioni “alla Berain” e quelli dei manufatti in bianco e blu prodotti a Delft. Sempre nel periodo Knöller, probabilmente dal 1724, data presente su una brocca conservata all’Hessisches Landesmuseum a Darmstadt, si iniziò a sfornare un materiale bruno (nota 69) molto simile nell’aspetto a quello prodotto a Meissen nei primissimi anni da Johann Friedrich Böttger (1682-1719) che veniva decorato in oro o argento con prevalenti scene di vita asiatica, tanto che la manifattura di Bayreuth veniva definita “braune Fabrik” [Figura 26].
Figura 26. Teiera, Manifattura Knöller a Bayreuth, 1730-40, Brauner Gut. Collezione privata.
Anche il termine “Bayreuther porzellan“, della quale già si parlava almeno dal 1730, appare precisamente dettagliato nel 1738 in un inventario del castello di Monbijou a Berlino (nota 70), il palazzo di città della famiglia Hoenzollern dove anche la Margravina Wilhelmine di Prussia aveva vissuto da giovane, gravemente danneggiato durante la II Guerra Mondiale e raso al suolo nel 1959. Strano pensare che a Berlino non si riuscisse a differenziare la porcellana da altri prodotti ceramici e si definisse “porzellan” un materiale che in realtà non lo era. Una notazione estremamente interessante è quella riportata da alcuni studiosi che affermano che dal 1744 circa alcuni hausmaler di Bayreuth utilizzano una porcellana bianca, piuttosto imperfetta e dalle sfumature grigio-grigiastre dello smalto (nota 71) che, a quanto pare, veniva prodotta nella stessa fabbrica di maioliche di Bayreuth, ma è spesso considerata erroneamente anche come porcellana cinese per l’esportazione (nota 72).
Quando Knöller morì, alla direzione della fabbrica subentrarono prima Adolf Fränkel (+1747) e poi Johann Veit Schreck nel 1745. Quando Adolf Fränkel mancò, la sua vedova si legò con Johann Georg Pfeiffer (+1767), unico proprietario poi dal 1760 al 1767, data della sua morte. Dopo alterne vicende, non sempre favorevoli, la manifattura venne nazionalizzata nel 1835. Un gran numero di pezzi prodotti a Bayreuth presentano la marca che include per lo più il luogo di produzione, le iniziali dei proprietari della fabbrica e qualche volta le iniziali del decoratore: la prima lettera è la “B” e sta per Bayreuth; la seconda lettera per il proprietario – quindi, “B.K.” per Johann Georg Knöller, “B.F.S.” per Adolf Fränkel e Johann Veit Schreck (1745-1747), “B.P.F.” per Johann Georg Pfeiffer e la vedova Fränkel (1747-1760), “B.P.” per Georg Pfeiffer (1761-1767) e per i suoi eredi (1767-1788); la terza per il pittore, come ad esempio la lettera “C” per Johann Clarner e la “O” per Johann Martin Anton Oswald dal 1767 al 1788.
I principali pittori in attività sono stati Johann Kaspar Ripp dal 1714-1717, il già citato Johann Clarner (che sigla “B.K./C.” = “Bayreuth. Knoeller. / Clarner.”) dal 1731 al 1748, Joseph Philipp Dannhöffer dal 1737 al 1744, Johann Christoph Jucht (del quale parleremo più avanti nel 1740), Johann Martin Anton Oswald che sigla “O” in nero dal 1767 al 1788, Georg Friedrich Grebner nel 1731 e Johann Georg Fliegel nel 1769. Si trovano anche altre sigle come “W”, “WT”, “IVF” che non si sono ancora assegnate a qualche decoratore.
Nelle botteghe hausmaler di Bayreuth si assiste poi ad una variazione della tipica decorazione in schwarzlot e che si potrebbe definire “a inchiostro indiano” o “a nero di china“.
Il fenomeno si presenta con cromie in nero o viola molto scuro e la caratteristica di linee nette a delimitare le figure e i paesaggi (nota 73). Non si è ancora in grado di attribuire ad uno o più decoratori questa tecnica, anche se si è voluto vedere la mano di Johann Friedrich Metzsch (1706-1766) senza riscontri certi. Ne abbiamo alcuni esempi, come una tazza da brodo Du Paquier [Figura 27], conservata all’Iparművészeti Múzeum di Budapest (inv. n. 53.3965.1-2) e il becher in porcellana di Meissen [Figura 28] oggi al Metropolitan Museum of Art di New York (inv. n. 1974.356.386). A caratterizzare entrambi gli oggetti e a renderli differenti rispetto ad altri con decorazioni similari è la greca dorata al bordo della tazza da brodo e all’interno del bordo del becher, che riporta a decorazioni analoghe eseguite anche da Metzsch.
Figura 27. Ecuelle, Manifattura Du Paquier, 1725-30 circa, decorata a Bayreuth, 1735 circa. Iparművészeti Múzeum, Budapest.
Figura 28. Becher, Manifattura di Meissen, 1725-30 circa, decorato a Bayreuth, 1735 circa. Metropolitan Museum of Art, New York.
É proprio il già citato Johann Friedrich Metzsch, o Metsch, a risultare tra gli artisti di maggior spessore a Bayreuth tra hausmaler, pittori di passaggio e botteghe indipendenti varie [Figura 29].
Figura 29. Sigla di Johann Friedrich Metzsch.
Forse prussiano, è segnalato a Dresda nel 1731 dove è indicato come doratore e smaltatore, ma è anche definito orefice nel dicembre 1731. Pare non avesse voluto lavorare all’interno della manifattura, ma richiedesse soltanto di poter disporre di porcellana non decorata a buon mercato (nota 74). Nel dicembre 1732 il pittore ricevette dal magazzino della manifattura un servizio completo di porcellana Böttger da tè “zu einer Probe mit Vergolden und Aufmahlung bunder Farben” (per un campione con doratura e ripresa di colori brillanti) forse da decorare per il re, al quale il Metzsch avrebbe voluto presentarlo addirittura di persona (nota 75), ma non sappiamo se ciò avvenne effettivamente, anche se la cosa appare improbabile.
Sembra che abbia poi tentato di “rubare” senza successo alcuni dipendenti dalla manifattura sassone, come il pittore di fiori Markus Thausend (1705 ca-1740) e i tre (?) figli di Johann Georg Mehlhorm (1671 ca -1735) per andare a Bayreuth a produrre porcellana dura (nota 76). Lo stesso Metzsch sarà a Bayreuth dal 1735 al 1751 circa: è probabile che nel 1740 fosse pittore di corte in Brandeburgo (nota 77) e, forse, potrebbe aver lavorato dal 1744 anche all’interno della fabbrica di maiolica e del Brauner Gut.
Si sposterà successivamente nel 1751, per rimanervi fino al 1766, alla manifattura di porcellane di Fürstenberg dove si affiancò a Johann Heinrich Eisenträger (1730-1788), presente in fabbrica dal 1754 e poi a Kassel dal 1768 (nota 78), prevalentemente come pittore di paesaggi ideali e battaglie “en Camaïeu” (nota 79). Andrà, infine, nella manifattura di maioliche a Braunschweig (nota 80), città nella quale forse mantenne anche una bottega per dipingere ancora autonomamente porcellana.
Le sue decorazioni, eseguite prevalentemente su porcellana Böttger di Meissen e su quella di Vienna del Du Paquier, ma anche, più raramente, su porcellana cinese e forse su vetro lattimo, si presentano spesso con elaborate bordature ad arabeschi dorati [Figura 30].
Figura 30. Tazza e piattino, Manifattura di Meissen, 1735 circa, decoro di Johann Friedrich Metzsch, 1735-40 circa. Metropolitan Museum of Art, New York.
Tralci policromi con frutta e fiori fanno da contorno a cartigli entro i quali le rappresentazioni sono di varie tipologie: paesaggi, navi, meno frequentemente la figura umana; è possibile che abbia decorato anche figure di cinesi sul tipo Höroldt in quanto gli stessi si trovano ripetuti su manufatti di Fürstenberg.
Non mancano però le realizzazioni con pittura continua su tutto il corpo del manufatto, come, per esempio, sul becher in porcellana di Meissen con scene di porto e cortigiani, forse tratte da Melchior Küsel (1626-1684) da un’opera di Johann Wilhelm Baur (1607-1640), conservato al British Museum di Londra (inv. n. Franks 146), che presenta, sotto la base anche sigla e data: “Metzsch / 1748 / Bayr.” [Figure 31, 31a e 31b].
Figure 31, 31a e 31b. Becher, Manifattura Meissen 1735-40, decoro di Johann Friedrich Metzsch (firmato), 1748. British Museum, Londra.
Si conoscono altri oggetti firmati o siglati da Metzsch e tutti risalgono al periodo tra il 1744 e il 1748 e tutti portano come luogo di esecuzione la città di Bayreuth. Di produzione cinese è un bowl, oggi al Victoria and Albert Museum di Londra (inv. n. C.98-1930 V&A), sempre a scene di porto derivanti dalla stessa fonte del becher del British, che sotto la base riporta in oro la dicitura “F. M. / Bayreuth / 1744“.
Tra le molte attribuzioni alla sua mano segnalo una teiera, già Collezione Alexander e Ilse Tafel a Mannheim [Figura 32], e un piattino [Figura 33] conservato al Metropolitan Museum of Art di New York (inv. n. 1974.356.382), entrambi in porcellana Böttger di Meissen, con figure sormontate da un nastro che contiene un motto in latino e contornate da un fregio con motivi floreali, vasi e cornucopie.
Figura 32. Teiera, Manifattura di Meissen, 1720-25, decoro attribuito a Johann Friedrich Metzsch, 1735 circa. Raccolta privata (già Collezione Alexander e Ilse Tafel, Mannheim).
Figura 33. Piattino, Manifattura di Meissen, 1720-25, decoro attribuito a Johann Friedrich Metzsch, 1735 circa. Metropolitan Museum of Art, New York.
Prive di data e di luogo di esecuzione sono due tazze con piattino decorate con figura di putto policromo entro una riserva molto elaborata, che riporta a quelle proprie di Bottengruber e della sua bottega, e quindi, forse, precedenti. Il Pazaurek afferma invece che sono in porcellana di Bayreuth, databili attorno al 1750; una era già a Stoccarda al Landes-Gewerbe Museum (nota 81) e l’altra, già nella collezione del consigliere medico ebreo dottor Wilhelm Dosquet (1858-1939) di Berlino, fu messa in asta da Falke nel 1941 (nota 82). Tutti i pezzi presentano il monogramma “J.F.M.”.
Anche il Gardiner Museum a Toronto conserva una tazza con piattino con la sola sigla di Metzsch con putti entro una riserva contornati da una elaboratissima cornice policroma (nota 83).
Anche una tazza con piattino, datata 1740-50, con scene mitologiche in vetro lattimo, ad ulteriore dimostrazione che a Bayreuth si riuscisse a decorare tutto ciò che fosse bianco, oggi al British Museum (inv. n. 1963,0404.1), viene attribuita alla bottega di Metzsch, probabilmente per la tipologia dei contorni delle riserve, che si presentano con tralci floreali, vasi di fiori, cornucopie, e per i colori utilizzati. All’interno dell’ornato della tazza è presente la sigla “D.B.”, mentre sotto il piattino si nota forse la lettera “W”, sigle queste che non presentano alcun collegamento con l’hausmaler in attività a Bayreuth [Figure 34 e 34a]. Potrebbe trattarsi di un altro pittore ad oggi ancora non identificato che operava nella bottega Metzsch o che ne seguiva i modelli decorativi.
Figure 34 e 34a. Piattino in vetro lattimo, attribuito alla bottega di Johann Friedrich Metzsch (?). British Museum, Londra.
Anche durante la sua permanenza alla manifattura di Fürstenberg si ritrovano elementi delle sue passate esperienze come i paesaggi monocromi entro riserve contornate da vegetali, come quello in rosso arancio, miniato su una stupenda zuppiera [Figura 35] della Collezione Reichmann presso il Museum für Kunst und Gewerbe di Amburgo (nota 84) o quello analogo su una caffettiera apparsa qualche anno fa sul mercato antiquario [Figura 36, nota 85].
Figura 35. Zuppiera, Manifattura Fürstenberg, 1760 circa, Johann Friedrich Metzsch (?). Museum für Kunst und Gewerbe, Amburgo.
Figura 36. Caffettiera, Manifattura Fürstenberg 1760 circa, Johann Friedrich Metzsch (?). Mercato antiquario.
Metzsch potrebbe aver decorato anche a Fürstenberg figure cinesi molto in voga tra gli hausmaler di Bayreuth, dal momento che si riscontrano esempi di questa tipologia in questa fabbrica anche fino al 1770 inoltrato (nota 86), come la tazza con la marca della manifattura e un piattino, quest’ultimo in porcellana Böttger e assegnato alla bottega dei Seuter (nota 87), decorato con cineserie in oro graffito, già collezione Hans Syz a Westport (nota 88). Si aggiungono una teiera che presenta sotto smalto la marca di manifattura [Figura 37] e una lattiera (non marcata) in porcellana di Fürstenberg, già collezione Alexander e Ilse Tafel a Mannheim.
Figura 37. Teiera, Manifattura Fürstenberg, 1755 circa, Johann Friedrich Metzsch (?). Raccolta privata (già Collezione Alexander e Ilse Tafel, Mannheim).
A lui stesso o al suo ambito sono stati nel tempo attribuiti molti manufatti e sempre a lui sono stati accostati altri artisti, come, ad esempio, Rudolf Christoph von Drechsel. Vi sono anche stati, probabilmente, altri pittori attivi nella sua bottega, come Johann Christoph Jucht, o Juchd, Ferdinand Teutscher e il pittore e pseudo arcanista Johann Cristoph Glaser (1684-1753 circa) (nota 89), i quali contribuiscono a creare non poche difficoltà di attribuzione. Non dimentichiamo che a Bayreuth, a partire dall’arrivo di Adam Friedrich von Löwenfinck e Joseph Philipp Dannhöfer nel 1736 circa, si iniziano a decorare figure di cinesi sempre abbastanza simili e che saranno eseguite almeno per un trentennio [Figura 38].
Figura 38. Ciotola, Manifattura di Meissen, 1730 circa, decorata a Bayreuth 1735-40, Johann Friedrich Metzsch (?). Raccolta privata.
Johann Christopher Jucht, attivo tra il 1736 e il 1761, forse anche fino al 1782, è a Bayreuth dal 1736 e attorno al 1740 è pittore della locale manifattura. Oltre che porcellana di Meissen con cineserie, paesaggi e scene di genere entro cartigli nello stile di Metzsch, egli dipingeva anche mobili. Viene definito tra il 1743 e il 1757 “Hof Porcellain Mahler” (nota 90). A lui sono attribuite numerose decorazioni di pannelli a cineserie nell’Alte Schloß Eremitage a Bayreuth (nota 91), volute dalla già citata margravina Wilhelmine di Prussia. Anche per Jucht vi sono difficoltà attributive e spesso vi è confusione con von Drechsel (nota 92), oltre che con Metzsch.
Di lui ricordo due becher: il primo in porcellana di Meissen con una scena di porto continua in rosso violaceo oggi al British Museum (inv. n. Franks 147) firmato “Bayreuth, fec: Jucht” [Figure 39 e 39a], che ricorda il sopra citato becher del British Museum dipinto nel 1748 proprio da Metzsch (nota 93), e un altro, molto simile anch’esso firmato “Bayreuth. Fec: Jucht“, al Bayerisches Nationalmuseum di Monaco di Baviera dal 1911 (inv. n. 11/302) (nota 94).
Figure 39 e 39a. Becher, Manifattura di Meissen, 1725-30, decorato da Christoph Jucht (firmato). British Museum, Londra.
Ferdinand Teutscher opera a Bayreuth fino al 1747 nella bottega di Metzsch quando si trasferirà Vienna, dove è segnalato nella Manifattura Imperiale fino al 1749 (nota 95) in qualità di “buntmaler” (nota 96). Si ricorda come uno specialista per le “hollandischen Figuren” e per le scene di porto. Ad oggi non vi sono altre notizie sulla sua vita o carriera e nemmeno manufatti a lui assegnabili con certezza.
Johann Cristoph Glaser (nota 97), pittore su vetro e porcellana, originario di Lauscha in Turingia. Si sposa nel 1712 con Barbara Wanderer e tra il 1738 e il 1740 si reca a Ilmenau nella manifattura di maioliche in qualità di arcanista (nota 98); nel 1742 è presso la fabbrica di maiolica di Bayreuth (nota 99), dove frequenta anche la bottega di Johann Friedrich Metzsch (nota 100). Dal 1745 al 1753 è a Fürstenberg (nota 101) chiamato nel 1744 dal Duca Carlo I di Braunschweig-Wolfenbüttel (1713-1780) per produrre la porcellana, appunto. Il contatto si concretizza solo nel 1747 dopo un incontro con il Forst und Oberjägermeister (Maestro di foresta e di caccia) Johann Georg von Langen (1699-1766), al quale pare che il Glaser abbia presentato manufatti di Meissen spacciandoli per propri, forse da lui stesso decorati a Bayreuth.
Venne così aperta la manifattura di Fürstenberg che tuttavia, nonostante faticosi tentativi, non riuscì a produrre la porcellana fino al 1750. Dal momento che i risultati non furono consoni alle aspettative, nel 1753 Glaser venne licenziato. Si recò quindi a Braunschweig almeno dal 3 dicembre 1753 e fino all’anno successivo; nulla si sa delle sue successive vicende. A lui vengono attribuite una tazza con pigne di uva e tralci a rilievo (inv. n. 271) e un piattino con figura cinese policroma di grandi dimensioni non particolarmente dettagliata e con il medesimo rilievo nella parte inferiore del bordo (inv. n. 1794): entrambi sono con la marca della manifattura di Fürstenberg e sono conservati nel Museum im Schloss Porzellanmanufaktur di Fürstenberg [Figure 40 e 40a].
Figure 40 e 40a. Piattino, Manifattura Fürstenberg 1753 circa, decoro attribuito a Johann Cristoph Glaser. Museum im Schloss Porzellanmanufaktur, Fürstenberg.
Vengono legati ad una possibile esecuzione nella sua bottega a Braunschweig tra il 1753 ed il 1754 per la presenza della marca, apposta a partire dal 1753 circa, ma, in mancanza di documenti che ne attestino la paternità, potrebbe anche trattarsi di opera di Johann Friedrich Metzsch, pure lui a Fürstenberg in questi stessi anni.
Solo per curiosità segnalo una lattiera con fiori di pruno a rilievo della manifattura di Meissen, sempre con una figura cinese policroma di grandi dimensioni e di ottima qualità passata in asta numerosi anni fa (nota 102), che sta a dimostrare quanto ancora si potrebbe approfondire questa specifica tipologia decorativa propria della manifattura ufficiale di Meissen, ma anche di numerosi hausmaler.
Anche il nobile Rudolf Christoph von Drechsel potrebbe essere stato un possibile allievo di Metzsch a Bayreuth, o soltanto un estimatore di Metzsch o di Jucht.
Kaiserlicher Kammerherr (Ciambellano del Kaiser) e hausmaler dilettante (nota 103), la sua vita artistica è quasi completamente sconosciuta, ma si ha qualche traccia della sua opera. Anche Otto von Falke nel 1925 lo ritiene un hausmaler e lo inserisce tra gli artisti importanti (nota 104).
Una tazza a ciotola da tè e un piattino di porcellana cinese conservate a Francoforte sul Meno nel Museum für Angewandte Kunst sono ornate con scene di porto molto simili a quelle dei due becher in rosso-viola del British Museum firmati uno da Metzsch e l’altro da Jucht, dei quali già ho parlato, e sono stati dipinti proprio da von Drechsel per la presenza della sua firma “de Drechsel 1744”; anche se questa circostanza fu posta in discussione, ritenendola solo un segno di proprietà, nel 1934 da Honey (nota 105). Un piattino simile, ma senza segnature, sempre di porcellana cinese, è recentemente apparso sul mercato antiquario [Figura 41].
Figura 41. Piattino, porcellana cinese, decoro attribuito a Rudolf Christoph von Drechsel, 1745 circa. Mercato antiquario.
In un servizio in porcellana cinese (?) nella collezione Darmstädter (nota 106) era presente una ciotola con bordature estremamente elaborate, specialmente sulla parte esterna, composte da pesci, muscoli, serpenti, uccelli, coralli e palmette e lo stesso tipo di pittura con scene di porto e architetture della tazza da tè e del piattino di Francoforte; essa presenta la medesima iscrizione in oro “de Drechsel 1744“, ma sempre l’Honey la attribuisce a Metzsch per i motivi sopraindicati e, probabilmente, perché l’iscrizione risulta sopra smalto (nota 107). Non abbiamo notizia dove questi oggetti oggi siano, ma un servizio da tè e caffè in porcellana cinese senza marche o segnature con le medesime scene, del quale non si conosce l’attuale collocazione, è stato venduto da Christie’s il 7 febbraio 1977 (nota 108), con attribuzione presunta a Metzsch.
Per concludere, non si può certo disconoscere che la città di Bayreuth ci presenta ancora oggi numerosi interrogativi: la produzione di una porcellana dura che si confonde facilmente con quella cinese di minor qualità accanto alla maiolica e al Brauner Gut; un vorticoso passaggio di artisti, facilitato da un momento culturale favorevole, ma anche dalla presenza di una sorta di spaccio di porcellana di Meissen difettata; una forte caratterizzazione su alcune, poche, decorazioni che si ripetono in forme abbastanza simili, fonte quindi, di complicate questioni attributive.
Tutto questo dovrebbe aprire la strada ad approfondimenti documentali mirati per tentare di snodare questa intricata matassa.
NOTE
[1] CASSIDY-GEIGER 1998.
[2] PAZAUREK 1902, p. 130.
[3] PAZAUREK 1971 (rist.), p. 165.
[4] PAZAUREK 1902, p. 134.
[5] PAZAUREK 1971 (rist.), p. 165.
[6] ibidem, p. 164
[7] CASSIDY GEIGER 1998, p. 245 e p. 258, nota 1. Trad: … poi a Bresslau, prima di tutto, Herr Preussler realizzava dipinti in pittura grigia o nera, ma poi Herr Pottengruber lo ha fatto con tutti i colori vivaci, e con una tale perfezione che non è mai stata fatta qui prima da nessun’altra parte”).
[8] Sebastian Kuhn, The Hausmaler, in Fired by Passion, 2009, I, pp. 536-537.
[9] WALCHA 1981, pp. 124-125.
[10] HAYWARD 1952, p. 145.
[11] PAZAUREK 1902, p. 136.
[12] FALKE 1887, p. 19.
[13[
PAZAUREK 1971 (rist.), I, pp. 164-165; le miniature furono attribuite a Bottengruber per la prima volta nel 1853 nel catalogo della Galleria della Breslauer Standehause
[14] Ibidem, p. 167.
[15] CASSIDY-GEIGER 1998, p. 245.
[16] CASSIDY-GEIGER 1998, p. 259.
[17] Sebastian Kuhn, The Hausmaler, in Fired by Passion, 2009, I, p. 530.
[18] PAZAUREK 1971 (rist.), I, p. 188, tav. 156.
[19] Si veda la Figura 33a.
[20] ibidem, p. 171, tav. 137.
[21] Sebastian Kuhn, The Hausmaler, in Fired by Passion, 2009, I, p. 536, tav. 6:31.
[22] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 373.
[23] Si riscontra qualche somiglianza con la dicitura del becher già al Museum für Kunst und Gewerbe di Amburgo.
[24] La lettera “A” è di difficile interpretazione.
[25] PAZAUREK 1971 (rist.), II, pp. 373-374.
[26] Esistono altri monogrammisti ai quali accennerò in un successivo contributo.
[27] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 373.
[28] RUDOLPH LEPKE’S 1913, p. 35, lotti 205-206, tav. 24.
[29] GALERIE HUGO HELBING 1918, p. 39, lotto 426, tav. 61.
[30] RUDOLPH LEPKE’S 1909, p. 169, lotto 1590, tav. 103.
[31] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 373.
[32] STÖHR 1920, p. 175, tav. 87.
[33] ZERNIK 2016, pp. 21-22.
[34] JEDDING 1971, p. II/189.
[35] Sebastian Kuhn, The Hausmaler, in Fired by Passion, 2009, I, p. 537.
[36] PAZAUREK 1971 (rist.), II, pp. 194-195, figg. 158-159.
[37] PAZAUREK 1971 (rist.), II, pp. 200-201, fig. 164.
[38] ZERNIK 2016, p. 21.
[39] JEDDING 1971, p. II/24.
[40] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 206, fig. 170.
[41] PAZAUREK 1971 (rist.), II, tav. 18.
[42] PAZAUREK 1971 (rist.), II, tav. 18.
[43] Daniel a Ignác Preisslerové 2009.
[44] Jaroslav Šula, Daniel and Ignaz Preissler, bohemian baroque glass and porcelain painters and their families, in Daniel a Ignác Preisslerové 2009, p. 33.
[45] JEDDING 1971, p. II/142.
[46] Si trattava di dipingere sul retro della lastra di vetro, passare poi una mano di colore rosso ed infine una lamina d’oro sempre sul retro della lastra stessa.
[47] CASSIDY-GEIGER 1987, pp. 35-52.
[48] Daniel a Ignác Preisslerové 2009, p. 212, tav. 98.
[49] Daniel a Ignác Preisslerové 2009, p. 98.
[50] Jaroslav Šula, Daniel and Ignaz Preissler, bohemian baroque glass and porcelain painters and their families, in Daniel a Ignác Preisslerové 2009, p. 33.
[51] CASSIDY-GEIGER 1987, p. 36.
[52] Errol Manners, Ceramics and Works of Art 18.8.2018, rare-ceramics.com.
[53] PAZAUREK 1971 (rist.), I, p. 248.
[54] Daniel a Ignác Preisslerové 2009, p. 99.
[55] CASSIDY-GEIGER 1987, pp. 35-36.
[56] Böttgersteinzeug 1969, p. 36.
[57] JEDDING 1971, pp. II/53-54.
[58] PAZAUREK 1971 (rist.), I, pp. 27-36.
[59] CASSIDY GEIGER 1989, pp. 239-254.
[60] SOTHEBY’S NEW YORK 2019, lotto 468.
[61] CAMBI GENOVA 2019, lotto 94.
[62] Daniel a Ignác Preisslerové 2009, pp. 174-177, cat. 63.
[63] LEMPERTZ 1989, lotto 36.
[64] HOFFMAN 1928, p. 25, tav. I.
[65] DUCRET 1962, p. 364.
[66] ZIMMERMANN 1908, pp. 602-619.
[67] Si trattava di manufatti con un impasto bruno-rossastro assai simili a quelli prodotti da Böttger. Si veda THE METROPOLITAN MUSEUM OF ART 1977, p. 13, cat. 249.
[68] VENTURA 2016, pp. 132-141.
[69] Argilla rossa macinata molto fine ricoperta da uno smalto marrone che la avvicina alla maiolica più che al gres del tipo di Meissen.
[70[
HOFFMAN 1928, p. 38.
[71] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 255.
[72] JEDDING 1974, P. II/11.
[73] Sebastian Kuhn, The Hausmaler, in Fired by Passion, 2009, I, pp. 543-544.
[74] PAZAUREK 1971 (rist.), I, p. 254.
[75] RUCKERT 1990, p.178.
[76] PAZAUREK 1971 (rist.), I, p. 254.
[77] MILLER / ZIFFER 1994, p. 186.
[78] Una sua scodella dipinta con paesaggio acquatico, oggi allo Staatlichen Kunst Sammlungen di Kassel, databile attorno al 1770 è siglata con il monogramma “J.H.E.“. Ha dipinto anche ritratti su porcellana e alcuni acquarelli.
[79] UNTERBERG 2010, pp. 108-131.
[80] JEDDING 1974, p. II/118.
[81] PAZAUREK 1971 (rist.), II, tav. 21.
[82] HANS W. LANGE 1941, lotto 616.] [83] CHILTON 1987, p. 27, tav. 9.
[84] VON HALFF METTERNICH / MEINZ 2004, I, p. 162, cat. 121.
[85] LEMPERTZ 2014, lotto 692.
[86] DUCRET 1965, II, pp. 221-228, tavv. 263-273.
[87] HANS SYZ / J. JEFFERSON MILLER II / RAINER RUCKERT 1979, I, pp. 500-501, cat. 339.
[88] DUCRET 1965, II, tav. 266.
[89] DUCRET 1965, II, pp. 221-223.
[90] HONEY 1954 (rist.). p. 154.
[91] KRIST / IBY 2015, p. 67.
[92] EMPERTZ 2017, lotto 1445.
[93] DAWSON 1985, pp. 32-33, cat. 20.
[94] JEDDING 1974/III, p. 206, tav. 599.
[95] JEDDING 1974/II, p. 168.
[96] MRAZEK / NEUWIRTH s.d., p. 50.
[97] DUCRET 1965, II, pp. 221-223.
[98] STÖHR 1920, p. 413.
[99] HOFMANN 1932, p. 76.
[100] STÖHR 1920, p. 413.
[101] JEDDING 1974/II, p. 62.
[102] CHRISTIE, MANSON & WOODS LTD 1977 B, lotto 105.
[103] JEDDING 1974/II, p. 48.
[104] RUDOLPH LEPKE’S 1925, p. 4.
[105] HONEY 1954 (rist.), p. 157.
[106] RUDOLPH LEPKE’S 1925, lotti 421-428.
[107] HONEY 1954 (rist.), p. 157.
[108] CHRISTIE, MANSON & WOODS LTD 1977 A, lotto 220.
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Alte Schloß Eremitage, Bayreuth
British Museum, Londra
Fränkisches Luitpold-Museum, Würzburg
Gardiner Museum, Toronto
Grassi Museum, Lipsia
Staatliche Museen zu Berlin, Kunstgewerbe Museum, Berlino
Hessisches Landesmuseum, Darmstadt
Iparművészeti Múzeum, Budapest
Landesmuseum Württenberg Keramik Museum Schloss Ludwigsburg, Ludwigsburg
Liechtenstein Nuseum, Vienna
Metropolitan Museum of Art, New York
MAK. Vienna
Monbijou, Berlino
Museum für Angewandte Kunst, Francoforte sul Meno
Museum für Kunst und Gewerbe, Amburgo
Museum für Hamburgische Geschicht, Amburgo
Museum im Schloss Porzellanmanufaktur, Furstenberg
Museo di Villa Cagnola, Gazzada Schianno
Porzellansammlung. Dresda
Schlesischen Museum, Breslau
Schlesisches Museum für Kunstgewerbe und Altertümer, Wroclaw
Schloss Lauske, Oberlausitz
Schlossmuseum, Berlino
Seattle Art Museum, Seattle
Staatlichen Kunst Sammlungen, Kassel
Stuttgarter Landes-Gewerbe Museum, Stoccarda
The Art Institute, Chicago
The Corning Museum of Glass, New York
Uměleckoprůmyslové Muzeum, Praga
Victoria and Albert Museum, Londra
Ottobre 2021
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