Gli hausmaler su porcellana: un fenomeno complesso e ancora poco conosciuto. Parte VI. Meissen e Dresda prima e dopo Johann Gregorius Höroldt. I monogrammisti, i laboratori di Regensburg e Ingolstadt e gli hausmaler più tardi. L’Olanda e l’Inghilterra. Brevi sviluppi ottocenteschi.
di Alessandro Biancalana
Siamo arrivati all’ultimo di questi appuntamenti, ma non ci siamo di certo dimenticati uno dei più grandi pittori su porcellana che, all’inizio della sua carriera e per qualche tempo nei primi momenti della sua permanenza alla manifattura di Meissen, ha operato con un suo proprio laboratorio. Mi riferisco a Johann Gregorius Höroldt (1696-1775), nato a Jena in Turingia, evangelico e poi forse convertitosi al cattolicesimo [Figura 1, nota 1].
Figura 1. Parure di vasi in porcellana di Meissen, 1725-1730, probabilmente Johann Gregorius Höroldt. The I. Paul Getty Museum, Los Angeles, inv. n. 83.DE.334.
Divenuto pittore su porcellana e anche esperto nella preparazione dei colori presso la manifattura Du Paquier a Vienna, città dove precedentemente pare si fosse formato come decoratore di carta da parati e disegnatore di arazzi, potrebbe essere stato allievo di Conrad Hunger (nota 2).
A Vienna Höroldt conosce sicuramente l’arcanista Samuel Stölzel (1685-1737) dopo la fuga di questi da Meissen nel 1719 e, probabilmente, viene presentato a Meissen proprio da Stölzel al suo ritorno in Sassonia, già nel 1720, dopo la sfortunata esperienza viennese. Precedentemente però, Höroldt è segnalato dal marzo al novembre 1718 come “Mahler zu Strassburg”, ossia pittore a Strasburgo (nota 3), dove proprio in quegli anni Charles-François Hannong (1669-1739), insieme a Johann Heinrich Wachenfeld (1694-1726), stava conducendo interessanti esperimenti sulla produzione della porcellana.
Come presentazione e prova delle sue capacità, il pittore porta alla Königlich-Polnische und Kürfurstlich-Sächsisische Porzellan-Manufaktur di Meissen, questo il nome esatto della fabbrica, un gruppo di oggetti in porcellana Du Paquier forse proprio da lui decorati in blu sotto vernice e rosso porpora sopra smalto (nota 4). Come è noto, a Meissen vi erano molti problemi per stabilizzare il colore blu derivante dal cobalto, cosa che riuscì solo nel tardo 1720 grazie all’utilizzo di nuovi pigmenti (nota 5), forse indicati anche dal giovane Höroldt e frutto delle esperienze alla manifattura Du Paquier.
Giunto a Meissen il 14 aprile 1720, viene accolto subito in manifattura, forse con l’idea di far aiutare Johann Georg Mehlhorn il Vecchio (1671 ca-1735), in difficoltà con la stabilizzazione del colore blu, o Johann Gottfried Meerheim il Vecchio, ma non risulta che il suo rapporto di lavoro fosse diretto e che la sua attività avvenisse nel cuore della fortezza di Albrechtsburg, sede della fabbrica.
A Höroldt viene concesso di avere una sua bottega (all’inizio due stanze) e di assumere altri lavoranti, prima uno solo e poi un numero maggiore, tutti pagati da lui; a lui vengono consegnati pezzi bianchi con difetti più o meno rilevanti perché li dipinga e li riconsegni in manifattura: tale rapporto era definito “accordirekt”, oggi si direbbe “vereinbart” (accordo sottoposto a condizioni), quasi una sorta di cottimo (nota 6), dal quale il pittore avrebbe ricevuto fin da subito compensi elevati e in costante aumento.
La manifattura forniva la porcellana bianca di diverse scelte, il materiale per il forno e per produrre i colori e acquistava i manufatti decorati. Nel 1722 Höroldt viene definito come pittore, ma i pagamenti vengono sempre effettuati in base al lavoro svolto che doveva essere annotato in un registro.
Questa situazione perdura forse addirittura per una decina di anni, fin quando l’artista nel 1731 viene messo a capo di tutti i decoratori della manifattura di Meissen (nota 7).
Tuttavia, già nel 1722 Höroldt aveva messo a punto un nuovo tipo di cottura e consegnato nello stesso anno, o nel 1723, un servito destinato al Re, decorato con personaggi della Commedia in policromia [Figura 2] – recante come marca in blu sotto smalto la sigla “M.P.M.”, Meißen Porzellan Manufaktur, e “K.P.M.”, Königliche Porzellan Manufaktur (nota 8) – e dal dicembre 1724 era stato nominato Pittore di Corte (nota 9).
Figura 2. Teiera in porcellana di Meissen, 1722-1723. marca “M.P.M.”, attribuita a Johann Gregorius Höroldt. The Dixon Galleries and Garden, Menphis, inv. n. 85.35 a/b.
Da sottolineare che, stranamente, alla fine del 1722 la Kommission, ossia la Commmissione Direttiva della manifattura, segnalava che le decorazioni fuori fabbrica eseguite da Höroldt erano da considerare contrarie ai regolamenti della manifattura stessa (nota 10).
La grande importanza di Höroldt per la porcellana europea è dettata, oltre che dalle sue grandi capacità pittoriche che si sono mantenute inalterate nel tempo, dall’aver, da un lato, costantemente ampliato la gamma dei colori a smalto che sono ancora in parte le vernici di base (se ne contarono ben sedici nuove tra il 1723 e il 1731) utilizzate per decorare la porcellana della fabbrica sassone oggi, dall’altro, di aver introdotto a Meissen nel 1720 l’uso delle incisioni come fonte iconografica (nota 11).
Egli ha inoltre codificato una serie di ornati, principalmente quelli definiti “Kauffartheiszenen” (scene di mercanti e di porto) e altri da suoi disegni di ambientazioni cinesi, rivisitate in modi europei da far utilizzare anche agli altri artisti presenti a Meissen. Questi ultimi sono oggi raccolti nel Codice Schulz, che porta il nome del loro riscopritore Georg Wilhelm Schulz (1873-1945) e conservati al Grassi Museum für Angewandte Kunst a Lipsia [Figura 3].
Figura 3. Teiera in porcellana di Meissen 1723-1724, probabilmente Johann Gregorius Höroldt. Mercato antiquario.
Höroldt ci ha lasciato la sua firma su alcuni oggetti [Figura 4], tra i quali una teiera e una caffettiera databili tra il 1723 e il 1725 e alcuni grandi vasi del 1726 e 1727 (nota 12); manufatti questi che risalgono al periodo nel quale probabilmente ancora utilizzava a pieno ritmo il suo workshop.
Figura 4. Sigla di Johann Gregorius Höroldt.
Particolare è una vicenda che si lega al nome di Höroldt e che potrebbe essere indicativa della sua situazione lavorativa sufficientemente slegata da compiti rigidi (nota 13): il pittore sposa, dietro la spinta, quasi un’imposizione, della Kommission, il 26 novembre 1725 nella cattedrale di Meissen Rachel Eleonore Keil (1686-1765), unica figlia dell’oste della locanda di Meissen Gottfried Keil (+1732) e della sua seconda consorte Beate Christina Malsius, o Malsicks (+1739). A Höroldt è attribuita quasi con certezza una serie di oggetti, boccali e becher con coperchio, dedicati ai membri della famiglia della moglie Rachel Eleonore. Il primo in ordine di data, oggi al British Museum a Londra (inv. n. Franks 63), è un boccale destinato a Georg Ernst Keil ed è il più problematico: mostra una figura cinese di grandi dimensioni in campo libero che entro uno scudo porta scritto “Georg / Ernst / Keil / Meißen am / 6. July / 1724” [Figure 5 e 5a].
Figure 5a / 5b. Boccale in porcellana di Meissen 1720 circa, attribuibile a Johann Gregorius Höroldt. British Museum, Londra.
Non sappiamo nulla di questo Keil, non risultando tra i parenti conosciuti della moglie di Höroldt; unica molto flebile traccia può essere individuata in un omonimo giudice di pace e avvocato a Gotha (nota 14), ma potrebbe trattarsi solo di un’omonimia. Interessante notare che il nome di questo Georg Ernst appare come: “Georg / Ernst / Keil / Meißen den / 9 Juli / 1724”, nel solito scudo in un boccale di fattura molto particolare, già nella collezione del conte Hofrats Gustav von Gerhardt di Budapest, del quale non conosco l’attuale ubicazione. Un terzo boccale, infine, che porta l’iscrizione “G.E. Keil / Meißen / 1726” graffita su una colonna della composizione, è oggi al Museo dell’Hermitage a San Pietroburgo (inv. n. 16059). Un becher con coperchio, esitato nel 2015 dalla Casa d’Aste Lempertz a Colonia (nota 15) con una tipologia decorativa simile a quella del primo manufatto del 1724, che però presenta le figure asiatiche di grandi dimensioni entro cartelle, è senza ombra di dubbio dedicato alla moglie (nota 16) “Rahel Eleonor Höroldt / d. 26 Nov. / 1725”, riportando la data delle nozze e il suo nome in uno scudo tenuto in mano dalla figura femminile. A completare questo gruppo familiare si riscontrano altri due boccali: uno dedicato alla suocera che porta l’iscrizione “Beate / Chriftina / Keilen / Den 16. Sep / 1726” [Figure 6 e 6a], già Collezione Baronessa Hammerstein, poi Collezione Margarethe Knapp (1878-1949) e Franz Oppenheimer (1871-1950) e un altro, immediatamente successivo, oggi nel Museo della David Collection a Copenhagen (inv. n. 16/1977), che porta la dedica al suocero con la scritta “Gottfried / Keil / Anno 1726 / d. 1 dec.” (nota 17).
Figure 6 e 6a. Becher in porcellana di Meissen, 1725 circa, attribuibile a Johann Gregorius Höroldt. Mercato antiquario.
Da notare che anche altri due figli di Gottfied Kiel, probabilmente nati dalla prima moglie, Carl Heinrich (1699-1773) e Johann Gottlieb (1706 ca- post 1732), lavorano in manifattura e nel mese di aprile del 1731 risultano tra i collaboratori di Höroldt.
Il primo, soprannominato Keil il Cacciatore, dal novembre 1728 figura come esperto di colori e dal 1729 anche come controllore dei pittori; dal 1731 lo si ricorda anche come lucidatore dell’oro sui piatti e smaltatore; successivamente avrà ancora numerosi impegni di controllo, specie dei decoratori (nota 18).
Il secondo, in manifattura dal 1728 come Bundenbluhmen (pittore di mazzi di fiori), dal 1732 non è più citato tra i pittori.
Difficile pensare che uno dei manufatti sopracitati possa essere attribuito ad uno dei due fratelli Keil.
Fino all’arrivo di Höroldt non venivano eseguite decorazioni pittoriche a colori all’interno della manifattura, a eccezione forse di quella in blu. Successivamente, è naturale che sia fiorita tutta una serie di pittori che hanno operato ai confini tra l’ufficialità e la decorazione domestica, ma da non considerare probabilmente hausmaler in senso stretto.
La figura del sopracitato Johann Georg Mehlhorn il Vecchio (nota 19), ad esempio, è emblematica in questa ottica. Già nel 1709 a Meissen come Glasschneider (intagliatore di vetro), fu collaboratore di Johann Friedrich Böttger e poi affiancò anche Christoph Conrad Hunger nella creazione della pittoria in blu nel 1717. Viene definito nel 1720 Farbenlaboranten (lavorante ai colori) ed è da considerarsi uno dei primi pittori a cimentarsi con il colore blu sotto smalto a Meissen, risultando però solo saltuariamente impiegato nella manifattura, dalla quale venne definitivamente allontanato nel maggio 1730 per avere eseguito “pitture domestiche”.
Andò quindi da suo figlio Johann Gottlieb Mehlhorn (ante 1695-1769) in Olanda nell’estate del 1730. Rientrato a Dresda, vi morirà nel febbraio del 1735 (in carcere?). Non ricordo che Johann Georg ci abbia lasciato qualche manufatto firmato [Figura 7].
Figura 7. Becher e piattino in porcellana di Meissen, 1720 circa, attribuita a Johann Georg Mehlhorn (?). Mercato antiquario.
Il figlio Johann Gottlieb Mehlhorn, smaltatore e laccatore, lavorò come pittore nella fabbrica di maioliche di Zerbst dal novembre 1724 al 1733; dipinse vari soggetti, tra i quali fiori, rocce, uccelli, frutti, figure, architetture e paesaggi [Figura 8].
Figura 8. Caffettiera in porcellana di Meissen, 1725 circa, attribuita a Johann Gottlieb Mehlhorn (?). Mercato antiquario.
A questo artista, da considerarsi uno dei primi pittori a cimentarsi con il colore blu sotto smalto a Meissen, possono essere ricondotte alcune realizzazioni in stile Kakiemon eseguite a domicilio e, soprattutto, l’invenzione di due importanti decori in porcellana: è probabilmente stato l’inventore, forse già attorno al 1720, del decoro Zwiebelmuster (a cipolla), tanto comune e diffuso non solo a Meissen, ma anche in tutta l’area tedesca e riprodotto ancora oggi, e più tardi, a Copenhaghen, del Musselmalet, il decoro a motivi floreali stilizzati di ispirazione asiatica (nota 20).
Nel 1734 Johann Gottlieb Mehlhorn entra a Meissen, ma dal 1735 al 1749 fu imprigionato nel penitenziario di Waldheim perché accusato di voler portare assieme ad altri fuggiaschi dalla Sassonia l’arcanum a Bayreuth; quindi fu trasferito al carcere di Königstein da dove, nel 1750, riuscì a fuggire a Berlino attraverso Praga e Breslau. Dal 1752 circa visse a Copenaghen, dove, nel 1754, fu incaricato di impiantare una fabbrica di porcellana locale; nel 1757 ottenne il titolo di Hofporzellanmaker (produttore di porcellane di corte); nel 1762 lavorò nella fabbrica di maiolica di Kastrup e nel 1769 morì nella capitale danese.
Il fratello minore Johann Gottfried Mehlhorn (1696-1739), anch’egli laccatore, nel 1718 chiese di entrare a Meissen come pittore del blu cosa che avvenne fino al maggio 1721, forse inizialmente insieme a Höroldt, per esserne poi da questi completamente rimpiazzato. Dopo essere stato imprigionato a Waldheim tra il 1724 e il 1726, tra il 1727 e il 1728 torna tra i pittori del blu a Meissen, per essere nuovamente arrestato assieme al padre e al fratello nel 1735; morirà in carcere.
Molta confusione, a volte, addirittura sovrapposizione, è stata fatta tra i tre Mehlhorn, così come tra i tre Meerheim, o Mehrheim.
Johann Gottfried Meerheim il Vecchio (nota 21), pur essendo barbiere di professione si spacciava come arcanista e “Medicinae doctor”; segnalato a Meissen dal 1705 al 1735; nel 1711 effettua esperimenti del blu sotto smalto in un laboratorio della fortezza di Albrechtsburg, ma dal 1710 è stipendiato come amministrativo in manifattura in quanto tiene i libri contabili; nel 1717 torna a lavorare con Böttger nella preparazione del colore blu e rosso, poi è coinvolto in esperimenti alchemici che comprendevano anche la completa conoscenza dell’arcanum, tanto che lo stesso Böttger lo aveva indicato come suo successore. Dal 1719 al 1722 impianta un suo laboratorio attirando numerosi pittori con la possibilità di decorare manufatti di Meissen che spacciava di sua produzione e che rivendeva alla stessa manifattura. Vendeva anche pezzi bianchi dopo averli prelevati direttamente dal magazzino della fabbrica al quale aveva libero accesso.
Alla morte di Böttger assume incarichi importanti. Nel 1722 sperimenta una sorta di lacca color oro. Nel maggio 1735 si allontana da Dresda forse a seguito degli avvenimenti di Bayreuth, di cui diremo a breve (nota 22) e va a Potsdam insieme ad un certo Kirchner (nota 23) per fondare, grazie a nuove terre boeme, una fabbrica di porcellana dura. Nel 1736 pare giunga (o faccia lui giungere) a Meissen un campione di queste terre e per questo, probabilmente, anche se le notizie non sono chiare, ottiene un completo perdono dal re e il congelamento dei suoi ingenti debiti (nota 24).
I suoi figli sono David Conrad (1693- post 1735) e Johann Gotthelfd il Giovane, hausmaler a Dresda almeno fino al 1729 e del quale quasi nulla si sa.
David Conrad, invece, pittore a smalto, nel febbraio 1715 è già a Meissen ed è segnalato nella vetreria di Eidelbach dal 1716 al 1725. Nel 1718 affianca Böttger a Meissen, ma nel 1722 è accusato di dipingere a domicilio e nel 1723 si vanta per le sue grandi capacità nell’aver decorato fiori e soprattutto grandi stemmi nobiliari [Figura 9] come hausmaler e si dice disponibile a lavorare in manifattura creando con la sua inventiva, che diceva mancare in fabbrica, decorazioni sempre nuove a colori, anche in oro e argento. Da segnalare, però, che i primi e importanti servizi stemmati di Meissen risalgono ad alcuni anni prima, a partire dal 1714 circa. Aveva a Dresda una sua importante bottega e i suoi lavori arrivavano fino alla Boemia, a Tepliz, oggi Teplice in Repubblica Ceca (nota 25).
Figura 9. Teiera in porcellana di Meissen con stemmi di Ernesto Augusto di Braunschweig-Lüneburg e della moglie Sophia, Elettrice di Hannover 1714-15, già attribuita a David Conrad Meerheim (?). Mercato antiquario (già Collezione Hoffmeister).
Nel 1735 Johann Gottfried Meerheim il Vecchio dovrebbe aver partecipato a quella che si può definire la fallita congiura di Bayreuth (nota 26), alla quale prese parte anche Johann Antonn Ripp, o Rib (1710-1756), il quale, forse, ne era stato uno dei promotori.
Quest’ultimo era figlio di Johann Caspar Ripp (1681-1726), che dal 6 settembre 1720 al 14 aprile 1723 aveva lavorato come primo assistente pittore per i decori blu nel laboratorio di Höroldt (nota 27). Di questo suo lavoro a Meissen è possibile trovare qualche presunta traccia: l’arcanista David Köhler (1683-1723), stretto collaboratore di Böttger e responsabile dal febbraio 1720 del lavoro di risoluzione dei problemi del laboratorio del blu, presenta il 6 dicembre 1721 una grande ciotola decorata in blu sotto smalto che è possibile attribuire proprio a Ripp (nota 28): “6. Dez. 1721 D. 6. Dec. Zeigte Köhler eine große Schüßel, so dermaßen wohlgerathen, daß man dergleichen hieselbst noch nie gesehen:und wie ich von andern höre,so hat er deren noch dreye. Wozu er noch mehr große Stücke samlet und solche hernach zugleich offeriren will” (Köhler ha mostrato una ciotola grande, che è venuta così bene che non si è mai visto niente di simile qui: e come ho sentito da altri, ne ha ancora tre. Per cui mette insieme pezzi ancora più grandi e poi li vuole offrire contemporaneamente) [Figura 10].
Figura 10. Vaso in porcellana di Meissen 1722 circa, attribuito a Johann Caspar Ripp. Staatliche Kunstsammlungen im Zwinger, Dresda (inv. n. PE 2192).
A Meissen è inoltre segnalato forse un altro esponente della famiglia: un certo Carl August Meerheim, mercante di vetro a Dresda dal 1716 fino al 1747, per il quale non sono in grado di stabilire un legame con i precedenti, ma il rapporto tra David Conrad e la vetreria di Eidelbach potrebbe presupporlo.
Tra il 1724 e il 1725 i collaboratori di Höroldt molto probabilmente erano divenuti dodici, come segnala il Walcha: merita ricordarne i nomi (nota 29) e, in breve, le vicende delle loro vite. Non sono tutti pittori a domicilio, ma molti di essi, anche per situazione che si viveva saltuariamente alla manifattura di Meissen tra fughe, arresti, pentimenti e perdoni, lo diventano.
-Augustin Dietze, o Dieze (1695-1769); è a Meissen con varie interruzioni tra il 1723 (nota 30) e il 1768 (nota 31), prima come apprendista poi come pittore; i soggetti da lui preferiti sono i contadini olandesi, specie all’inizio della sua attività, le scenette di vita orientale, le figure e i fiori (?) indiani nel 1744. Pur essendo stato nel 1724 tra gli assistenti di Höroldt (nota 32), successivamente dovette avere forti contrasti con il pittore di Jena che lo denuncia perchè Dietze continuava a dipingere a casa dopo l’allontanamento dalla manifattura nel 1729; dal 1731 al 1733 Dietze non appare più nei registri della fabbrica sassone per riapparirvi nel settembre 1733 e, proprio in questo periodo, il Pazaurek lo considera ancora una volta come un pittore a domicilio (nota 33). Nel 1737 viene inquisito nuovamente per la sua attività di hausmaler, ma nel 1739-40 è tra i capi delle classi dei pittori. Nel 1744, infine, passa altri due giorni in carcere per aver dipinto a domicilio. Sono conosciuti alcuni pezzi che probabilmente portano la sua sigla, come un porta tè già nella Joseph Collection di Londra: “ADf” (forse per “Augustin Dietze fecit”?); altri gliene sono attribuiti, come due teiere in porcellana Böttger, una delle quali già nella Robert G. Vater Collection, con decoro policromo entro riserve floreali dorate di contadinelli olandesi, una delle sue tipicità (nota 34) e l’altra, molto simile, in raccolta privata [Figure 11a e 11b].
Figure 11a e 11b. Teiera in porcellana di Meissen 1720-25, attribuibile a Augustin Dietze. Raccolta privata.
-Joann Hanns Cristoph, o Christian, Amann, o Hahmann, o Haman (1703-post 1725); giovane pittore proveniente dalla manifattura di maiolica di Eggebrecht, risultava rissoso di carattere, tanto che lo stesso Höroldt dovette nel 1724 rimborsare danni da lui fatti in una rissa; dopo il 1725 non si nomina più (nota 35).
-Johann George Heintze, o Heinze, o Heintz (1707-post 1751); apprendista pittore a Meissen da giugno 1720 e primo tra i “ragazzi” di Höroldt, vi rimarrà fino al giugno 1725, quando venne ritenuto capace di dipingere autonomamente (nota 36); pittore di figure e paesaggi nel 1731 passa a cottimo nel libro paga della manifattura. Nel gennaio 1737 gli fu perquisita la casa e vennero riscontrati alcuni oggetti dipinti a domicilio. Nel 1739 è considerato con Dietze il miglior pittore dopo Höroldt. Inventa nel 1740 una nuova tipologia di ornamenti d’oro e un tipo di porpora che sostituirà il precedente e dal 1742 diviene responsabile di tutte le incisioni della manifattura. Il 14 marzo 1744 venne ancora sospettato di dipingere a domicilio. Minia battaglie, paesaggi, decorazioni alla Watteau, incide decorazioni in oro, scene di caccia [Figura 12].
Figura 12. Ciotola in porcellana di Meissen del servizio Christie-Miller 1735-1740, attribuito a Johann George Heintze / Christian Friedrich Herold / Bonaventura Gottlieb Häuer. Mercato antiquario.
Nel 1746 Heintze viene ancora denunciato per le pitture eseguite a casa e nel 1748 è incarcerato alla fortezza di Königstein, dove gli era concesso di dipingere piatti in porcellana per il suo mantenimento. A seguito di una malattia ritorna a casa dove, però, gli furono trovati di nuovo e sequestrati colori e pomi da mazza da smaltare e, quindi, torna in carcere. Fugge dalla prigione insieme a Mehlhorn, ma è nuovamente arrestato a Praga; scappa anche da qui e si rifugia a Breslau. Ottiene la grazia che non accetta e va poi a Berlino nel gennaio 1751 da dove scrive una lettera che porta come suo indirizzo quello di Wilhelm Caspar Wegely (1714-1764 circa), il proprietario della prima manifattura di porcellana dura a Berlino. Da questo momento non se ne hanno più notizie.
– Peter, o Petrus, Hohorst (1696-post 1729); pittore di maioliche a Braunschweig, nel 1725 entra tra gli apprendisti di Höroldt, forse come pittore del blu; dal 1730 il suo nome non appare più (nota 37).
–Johann Cristoph Horn (1692-1760); di origini berlinesi, prima di arrivare a Meissen fu apprendista nella manifattura di maiolica di Dresda, di proprietà di suo cognato, Peter Eggebrecht (1680-1738). È alla manifattura di Meissen dal 1720 e dal 1731 entra come pittore a cottimo in fabbrica; fu pittore di cineserie, fiori e anche del blu (nota 38).
–Bonaventura Gottlieb Hoyer, o Häuer, o Heyer (1709-1782); dipinse scene di porto, nelle quali si specializzerà, di caccia di paesaggi e temi araldici. Dal 1729 diviene insegnante di disegno e nel 1731 entra in manifattura tra i pittori a cottimo; nel marzo 1744 insieme ad altri dieci pittori è accusato di dipingere a domicilio (nota 39).
–Philipp Daniel Lippert (1702-1785); segnalato in manifattura dal 1725 fino al 1730, per essere poi nominato maestro di disegno alla Pagenakademie di Dresda. Fu grande collezionista di gemme antiche.
–Noa Ernst Petzoldt, o Betzoldt (1702-1785); è nel personale di manifattura dal 1724 e dal 1725 diviene collaboratore di Höroldt (nota 40); si ritiene che dapprincipio decorasse i fogliami di contorno alle pitture principali e, poi, eseguisse anche lavori di rifinitura su beccucci e manici.
–Philipp Ernst Schindler (1694-1765); lavora dal 1724 con Höroldt; fino al 1729 è supervisore dei pittori, ma dal 1731 al settembre 1733 non è più segnalato tra i lavoranti, per esserlo di nuovo nel 1734 quando viene nominato per aver dipinto l’immagine del Re. Miniaturista e decoratore di coperchi di tabacchiere, nel 1746 e 1747 esegue ancora numerose tabacchiere e un intero servizio miniato con decorazioni alla Watteau e storie da Ovidio e anche figure militari. Per gravi problemi di vista va in pensione nel 1751, anche, se, forse, riesce a dipingere ancora qualche manufatto (nota 41).
–Johann Ehrenfried Stadler, o Stadtler (1701-1741); lavora a Dresda nella fabbrica di maioliche del suo parente Peter Eggebrecht. Presentato all’Elettore di Sassonia Federico Augusto I (1670-1733) dal Re di Sardegna Vittorio Amedeo II (1666-1732), si sposta a Meissen attorno al 1723 a seguito delle insistenze di Höroldt, per il quale inizia a lavorare come collaboratore; appena giunto a Meissen predispone insieme al fratello Johann Christian (1695-post 1725) una fornace dove pare aver prodotto manufatti in maiolica. Dal 1731 lavora per la manifattura fino alla morte. È prevalentemente pittore di Indianische Blumen (fiori indiani) e di cineserie che presentano molto spesso rocce e prepotenti piante in fiore, con i volti e le mani delle persone solo delineate; il suo è uno stile molto personale, elaborato da una serie di incisioni “Neiuwe geinventeerde Sineesen”, pubblicate da Petrus Schenk il Giovane (1698-1775) intorno al 1720 ad Amsterdam. Le decorazioni attribuite a Stadler sono spesso eseguite con una tecnica chiamata Perlmutter (madreperla), che creava brillanti colori dai riflessi metallici, estremamente costosi perché contenenti oro (nota 42).
– Johann Carl Tuntzel (1710 circa – ante 1730); viene nominato tra gli apprendisti pittori per quattro volte dal 1725 fino al 1729 e successivamente non viene più ricordato (nota 43).
– Johann Friedrick Einrich (?) Wolff (1687 circa-1751), infine, è dal 1725 con Höroldt e l’anno successivo è al secondo posto tra i suoi apprendisti dopo Dietze. Ricordato per le sue “feine malerei japan figuren” (fini figure giapponesi). Il primo giugno 1731 fu assunto dalla manifattura come pittore a cottimo anche di uccelli e animali ed esegue anche modelli e disegni per i pittori. Dopo il 1748, insieme alla figlia alcolizzata, viene portato all’ospizio di Torgau in quanto preso dalla pazzia (nota 44).
Nel 1731, al momento della nomina di Höroldt a capo dei pittori, molti suoi collaboratori decoratori sono cambiati e il loro numero ha raggiunto quello ragguardevole di quaranta nel mese di aprile (nota 45). Tra questi si elencano: Johann (Christoph) Gottlieb Erbsmehl (1708-1741), apprendista dalla fine del 1722 e menzionato da Höroldt tra i pittori di figure e paesaggi dal 1725-26 fino al 1731, quando entrerà a cottimo in manifattura, e forse per questo motivo non indicato dal Walcha; Johann [Christian] Friedrich Herold (1700 ca-1779), pittore di cineserie, ma maggiormente conosciuto per le sue scene di porto e di mercanti; Johann Gottfried Klinger (1711-1781), uno dei primi e maggiori interpreti del decoro floreale europeo in chiaroscuro; l’amburghese Johann David Kretzschmar (1697-1765), pittore prevalentemente del blu (vegetali asiatici come crisantemi e fiori di loto) che non disdegnò nemmeno le policromie di tipologia orientale [Figura 13], che si siglava con una “K”; i due von Löwenfinck.
Figura 13. Sputacchiera in porcellana di Meissen 1735 circa, Johann David Kretzschmar. Mercato antiquario.
Sempre nell’ambito della manifattura di Meissen si colloca Josef o Johann Joseph Hackl (1710-1785) che nacque ad Augusta e si formò come scultore, tanto da essere definito come “Scultore di corte e modellatore” (nota 46). Lavorò a Praga dove conobbe l’architetto Gaetano Chiaveri (1689-1770) che lo portò a Dresda nel 1737 dove fu impegnato fino al 1741 sia nella decorazione di chiese sia in incarichi amministrativi. Ci ha lasciato la sua firma su alcuni pezzi di maiolica di Göggingen datati 1749 (nota 47). È quindi possibile che abbia acquistato porcellana bianca di Musem, Londra e la abbia decorata nello stile della bottega Seuter ad Augusta, dove è possibile che abbia anche lavorato. Alcune tazze con piattino, una al British Museum (inv. n. 1942, 00409.1) e le altre apparse sul mercato antiquario, portano sotto la base entro un cerchio forse la data “37” e il monogramma “JHC” (nota 48). Non c’è però accordo sulla paternità ad Hackl in quanto, pur in presenza di qualche differenza tra i vari manufatti, si è ipotizzato che l’autore di tutte le porcellane così siglate potesse essere Isaak Heinrich Hosennestel, marito di Sabina Auffenwerth (1706-1782), incisore e editore, che ad oggi non è documentato aver mai decorato porcellana. Rammento soltanto anche la similitudine della sigla “J.H.” presumibilmente lasciata su alcuni manufatti dal citato Jacob Helchis, con quella attribuita a Joseph Hackl [Figure 14 e 15].
Figura 14. Tazza con piattino in porcellana di Meissen 1720-1725, decorata da Johann Joseph Hackl. Mercato antiquario.
Figura 15. Sigla di Johann Joseph Hackl che compare sul fondo di una tazza e di un piattino sopra citati (del tutto simili a quelli di Figura 14). British Museum, Londra (inv. n. 1942, 0409.1).
Un altro nome noto è quello di Johann Andreas Bechdolff (1734-1807), originario di Bautzen in Sassonia, fu pittore alla manifattura di maioliche e porcellane Prahlsche a Ellwangen dal 1758 al 1761 e successivamente fino al 1764 in quella di maioliche di Schrezheim e poi attivo come smaltatore hausmaler a Ellwangen [Figura 16, nota 49].
Figura 16. Tabacchiera in metallo smaltato, Ellwagen, 1770 circa, Johann Andreas Bechdolff. Mercato antiquario.
Una tabacchiera in rame smaltato a lui attribuita, decorata a paesaggi con architetture del monastero benedettino di san Lamberto in Stiria e figure di santi e frati, è conservata al Museo Nazionale della Ceramica Duca di Martina, Villa La Floridiana (inv. n. 2779) a Napoli (nota 50). È possibile che abbia continuato a decorare anche dopo il 1764 maiolica di Schrezheim, come risulta da alcune attribuzioni al suo pennello successive a quella data, e forse anche porcellana.
Nelle varie collezioni private o nelle raccolte museali appaiono, o sono stati segnalati, manufatti che riportano nomi e/o riferimenti che non trovano altrove alcun riscontro.
Ad esempio, la dicitura “W. Heinemann pinx.” (nota 51) appare nel corpo di una grossa tazza da cioccolata, della quale non è riportata la manifattura, con figure di soldati, presentata in una delle aste tra il 1892 e il 1895 della collezione del Museums Christian Hammer di Stoccolma a Colonia nel 1893 (nota 52), della quale oggi non conosciamo l’ubicazione.
Un piatto con cesto di fiori policromi, anche questo non identificato, già nella collezione Max Strauss di Vienna, dispersa in quattro aste tra il 1921 e il 1926, portava un nome e una data “F.X. Heyss 1795” (nota 53).
Si rammenta anche il nome Schindele, analogo a quello del già citato Philipp Ernst Schindler, che appare in un decoro bianco e blu con volatili policromi e quello di Ge. Mackrates per un fornello da pipa datato 1799 ed esitato in asta nel 1920 a Monaco di Baviera (nota 54).
In due coppe floreali di bottega hausmaler in porcellana di Nymphenburg al British Museum (inv. n. Franks 191) è riportato in viola sotto la base di una il nome “Amberg” e la data “1774” e “Amb. 1774” sotto l’altra: non sappiamo se il riferimento sia alla cittadina tedesca di Amberg, appunto, dove si trovavano anche laboratori per la pittura di coppe turche prodotte a Nymphenburg, come penso, o all’autore della decorazione (nota 55). “Amberg”, è riporato anche su manufatti al Musée national de Céramique de Sèvres, su altro già al Berliner Schloßmuseum e anche su due brocche datate 1773 e 1774 (nota 56) della fabbrica di maiolica di Amberg (nota 57). Sempre al British Museum (inv. n. Franks 177) è conservata una tazza con piattino della manifattura di Berlino che riporta l’effigie di Federico il Grande di Prussia (1712-1786) e sul piattino il ricordo delle sue vittorie militari, che ci consegna tra l’altro la paternità della decorazione: “F. Berger fe.” [Figura 17, nota 58].
Figura 17. Tazza con piattino in porcellana di Berlino 1770 circa, firmata “F. Berger”. British Museum, Londra.
Potrebbe forse essere identificato con quel Johann Friedrich Berger (+1771), segnalato come pittore di fiori dal 1760 al 1771 alla manifattura di Fürstenberg, del quale è conosciuta una placca con un cesto di fiori policromi, conservata al Musée National de Céramique de Sèvres, recante la dicitura “fecit Johann Friedrich Boerger, Fürstenberg den 22 Dezember 1767” (nota 59).
Un tal Michael Quetscher firma nel 1779 un vassoio rettangolare policromo di manifattura non conosciuta con Amore e Psiche, già nella collezione Carl Baer (1855-1933) di Mannheim (nota 60).
“C. Egehardt F.” (nota 61) è la firma dell’autore di un piatto quadrato di manifattura non specificata (Suddeutsches Porzellan) con decorazione in schwarzlot di due viandanti (Landstreicher) dietro un albero su un pendio, già nella collezione Lanna di Praga (nota 62) e già a Stoccarda al Landesmuseum del Württemberg.
Il nome di un fantomatico P. H. Werner (nota 63) appare su un manufatto con la decorazione tratta da una incisione di Johann Esaias Nilson (1721-1788), già al Museo della città di Halle.
Faccio presente che un Johann Ludwig Werner, tedesco, è segnalato come staffierer (rifinitore) e pittore di figure alla manifattura di porcellane di Copenhagen tra il 1780 e il 1782 (nota 64).
Un accenno, infine, anche ai cosiddetti monogrammisti che hanno lasciato sugli oggetti solo sigle e null’altro: un “G. L /. / 1728 / 30. Dec:” che si presenta sotto un becher decorato con grandi figure asiatiche in viola, blu e oro, oggi al British Museum (inv n. 2000, 0702.1); “R.B. 1750” che si trova su tazza cinese da tè con un semplice fregio al Musée National de Céramique de Sèvres (nota 65); ancora “B.v.F.” sotto la base di una teiera bianca databile attorno al 1740 con fiori di pruno a rilievo della manifattura di Meissen, che presenta solo un ricco fregio dorato; “H.L.R.v.K.” sotto la base di un boccale con scene di battaglia in policromia entro una cartella finemente decorata, recentemente apparso sul mercato antiquario [Figure 18 e 18a].
Figure 18 e 18a. Boccale in porcellana di Meissen, 1735-1740; sigla del pittore “H.L.R.v.K.”. Mercato antiquario.
Si riscontrano poi divertenti particolarità, come ad esempio una sovra decorazione alla marca di fabbrica della manifattura di Meissen, eseguita in una tazza a ciotola ridecorata in oro su ornato “Fels und Vogel”, presumibilmente nella bottega Seuter ad Augusta [Figura 19].
Figura 19. Tazza in porcellana di Meissen 1730 circa, marca. Raccolta privata.
Ancora, un Johann Jakob Heinrich Haag, o Hagen (1770 ca-post 1832), figlio di Johann Karl – commerciante di porcellane a Norimberga o Regensburg, ma per altri autori pittore lui stesso – lavorava alla manifattura di Limbach nel 1790; nel 1791 è indicato come pittore di porcellane di Siegmundsburg (?), poi, a partire dal 1797 e fino al 1801, dipinge a Lichte-Wallendorf dove è definito pittore in policromia. Nel 1808 si definisce “Fabrikant, Kunstmaler und Einwohner in Ascherbach” (produttore, pittore e residente ad Ascherbach) ed è probabile che da questo momento abbia decorato in autonomia porcellana bianca forse proprio di Wallendorf (nota 66): è quindi possibile che, seppur limitatamente, si possa definire anche come un hausmaler. Di lui si ricordano due tazze con piattino della manifattura di Wallendorf, oggi al British Museum a Londra, inv. n. Franks 225, con la sua firma in oro sotto i piattini “J. Haag” [Figura 20].
Figura 20. Coppia di tazze con piattino in porcellana di Wallendorf, 1800 circa, Jakob Heinrich Haag. British Museum, Londra.
Una notazione è d’obbligo, anche se devo sottolineare una certa difficoltà nel ricostruire le vicende di questi artisti a causa, prevalentemente, dell’analogia, ma non esatta corrispondenza, dei loro nomi.
Un Georg Adam Hagen è segnalato come pittore alla fabbrica di maioliche di St. Georgen a Bayreuth dal 1733 al 1753, Johann Markus Hagen dal 1766 al 1803 e Johann Michael Hagen dal 1786 al 1790. Addirittura, un Karl Hagen (il padre di Johann Jakob?) è indicato come pittore di porcellane per il mercato turco a Passau nell’ultimo ventennio del secolo XVIII e individuato come figlio di Joseph Magnus Hagen, il nome del quale era già apparso nel 1765 alla manifattura di Nymphenburg (nota 67).
Tornando alla figura di Johann Jakob Heinrich Haag, mi è possibile allargare il ragionamento ad un’altra questione poco conosciuta: la decorazione e la conseguente autonoma commercializzazione al di fuori della manifattura di Nymphenburg delle così dette “coppette alla turca” [Figura 21, nota 68].
Figura 21. Coppetta alla turca in porcellana di Nymphenburg 1770 circa, decorazione esterna alla fabbrica. Mercato antiquario.
Se a Regensburg, almeno fin dal 1762, fiorivano queste particolari botteghe, tra le quali la principale pare sia stata la Wielandt’schen Porzellanmalergesellschaft, che faceva capo ai pittori Johann e suo figlio Franz Matthias Wieland, o Willand (segnalati tra 1762 e 1786), lo stesso accadeva lungo il Danubio, come a Amberg, a Passau, a Bamberga e a Ingolstadt.
Proprio Heinrich Haag pare poter avere appreso i suoi primi rudimenti in una bottega di pittura indipendente di Regensburg e, viste le sue origini, è del tutto plausibile. Ma tutta questa serie di attività e movimenti potrebbe essere collegata proprio a Bayreuth, snodo importantissimo per gli hausmaler, come si è avuto modo di vedere. Dal 1782, poi, i rapporti commerciali tra la fabbrica di porcellane di Wallendorf e i pittori di porcellane di Regensburg in particolare si consolidano definitivamente proprio attraverso la Wielandt’schen Porzellanmalergesellschaft alla quale viene fornito un numero considerevole di coppe bianche per il mercato turco e in questa sede decorate per essere poi spedite in Turchia.
Intorno al 1790, poi, si miniano anche porcellane bianche di Ansbach (nota 69). Lo stesso Franz Matthias Wieland fondò nel 1803 a Ingolstadt insieme a Anton Deischl (1762-1842 circa) e Philipp Schwarz (1770-1846) una fabbrica per decorare le porcellane “turche”: la società “Türchenbocher Fabrikanten” che impiegava venti persone (nota 70).
Mi domando: in queste numerose botteghe, per alcune delle quali non si conosce nemmeno la data di inizio dell’attività, si dipingeva solo questo tipo di tazze, oppure venivano eseguiti anche altri ornati su tipologie e produzioni diverse di manufatti, aprendo, se così fosse, la strada a una rivalutazione e a nuove possibili attribuzioni di decorazioni a domicilio, visto anche un possibile collegamento con Bayreuth attraverso la famiglia Hagen e/o Haag?
Un approfondimento in merito credo sarà necessario in un successivo momento.
Il fenomeno dei pittori a domicilio tende a diminuire nell’Ottocento con la sempre maggiore industrializzazione e diffusione della porcellana. Ma non cessa del tutto, specie a Dresda e Lipsia. Ancora una volta la porcellana di Meissen, oltre a quella di Berlino e francese di Nast (nota 71), viene utilizzata da Samuel Mohn (1762-1815) dal 1803 e da suo figlio Gottlob Samuel Mohn (1789-1825), prevalentemente pittore su vetro, autore a Vienna di figure dipinte in silhouette [Figure 22 e 22a, nota 72].
Figure 22 e 22a. Tazza e piattino in porcellana di Meissen 1809, firmata e datata da Samuel Mohn. Raccolta privata.
Samuel Mohn, autodidatta, decora anch’egli per lo più vetro dove usa smalti particolari; probabilmente dal 1806 vive a Dresda dove è segnalato anche nel 1809; da lui firmate si ricordano alcune tazze con paesaggi, figure allegoriche e visi in sagome entro medaglioni – i disegni dei quali potrebbero essere del figlio Gottlob – ma anche intere vetrate.
Anche successivamente si riscontrano manufatti certamente decorati nel corso del secolo XIX fuori manifatture.
A Dresda e a Lipsia, appunto, si possono rintracciare anche alcuni autori: Christian Gotthilf Strasberger (1770-1841) e il fratello Ernst Wilhelm Strasberger (1796-1866), Karl Foedisch (1829-1862) e Enrich Christian Friedrich Foedisch (attivo tra il 1753 e il 1756) e Georgi Traugott (1783-1838), ritrattista di buon livello (nota 73).
Lo stesso accadrà anche a Breslau, Berlino, Vienna. Si trovano anche numerosi manufatti con decorazioni certamente eseguite a domicilio nel corso del secolo XIX, come, solo per esempio, un piatto in porcellana di Meissen con il famoso e già citato decoro Zwiebelmuster (a cipolla) sovra decorato [Figura 23] e una caffettiera della stessa fabbrica databile tra la metà dell’Ottocento e il primo quarto del XX secolo con una poco elaborata scena di commercianti in un porto, il famoso Kauffahrtei [Figura 24].
Figura 23. Piatto in porcellana di Meissen, decorazione secolo XIX forse hausmaler. Mercato antiquario.
Figura 24. Caffettiera in porcellana di Meissen, II metà secolo XIX. Raccolta privata.
Ripercorrere brevemente le vicende di Fidelle François Joseph Duvivier (1740-1817) permette di iniziare ad approfondire il fenomeno degli artisti itineranti e pittori a domicilio in Olanda prima e in Inghilterra poi (nota 74). Originario di Tournai, dal 1766 al 1768 è alla manifattura di maioliche di Sceaux, dove risulta aver dipinto anche porcellana di Mennecy. Lasciata la Francia, si fermerà a Londra per qualche tempo dove probabilmente eseguirà qualche decorazione indipendente; firma poi un contratto di 4 anni con la manifattura di William Duesbury (1725-1786) a Derby e, dopo la scadenza, risulta aver decorato porcellana di Worcester nell’atelier di James Giles junior (1718-1780). Si rammenta di questo periodo una teiera da lui firmata e datata 1772. Ritorna a Sceaux prima del febbraio 1775, per andare attorno al 1780 in Olanda a Loosdrecht e Den Haag, dove ha decorato prevalentemente porcellana di Ansbach e qualche oggetto di Tournai. Dal 1785 al 1790 sarà di nuovo in Inghilterra, nello Staffordshire, per lavorare prevalentemente per la manifattura di New Hall. Nel 1792 il Duvivier è ricordato per la decorazione di un paio di serviti della manifattura di Caughley. Nel 1796 parte per l’America dove sembra abbia tentato di allestire uno spettacolo di “Galantee Shew”, cioè della Lanterna Magica. Questo suo interesse per il peep show si era palesato anche per la decorazione di questo tema su due manufatti di Loosdrecht, un piatto e un vassoio (nota 75). Duvivier si dedicò soprattutto alla pittura di paesaggi campestri popolati da personaggi in viola o delicati colori pastello, alle attività di giovani contadinelli e a miniare ricchi volatili policromi. [Figura 25].
Figura 25. Teiera in porcellana di New Hall, 1785 circa, Fidelle François Joseph Duvivier. Raccolta privata.
L’Olanda
Il fenomeno degli hausmaler in Olanda, presente fin dai primi anni del Settecento, in questa sede sarà soltanto accennato. Venne utilizzata porcellana asiatica, ma anche quella di Böttger e di Du Paquier e, successivamente, quella di altre manifatture. A causa delle importazioni effettuate dalla Compagnia delle Indie (300.000 manufatti annui attorno al 1640), i decori eseguiti nelle Indie Orientali, specie in bianco e blu, furono fatti propri della produzione ceramica olandese, in particolare a Delft. Qui, verso il 1660, anche a causa della diminuzione delle importazioni, si iniziò a produrre in bianco e blu manufatti con decorazioni bibliche o mitologiche legate all’incisione barocca europea e fregi tipicamente asiatici; addirittura, le birrerie vennero smantellate per far posto a fabbriche ceramiche (nota 76).
Ma, tra la fine del secolo XVII e l’inizio del successivo anche la porcellana bianca di origine asiatica, cinese e giapponese, venne decorata nelle botteghe olandesi con i colori Kakiemon e motivi policromi tipicamente orientali, riprendendo l’impostazione che già Meissen aveva dato alla propria produzione. Tra i primi oggetti così prodotti si deve annoverare una tazza blanc de Chine accompagnata da un piattino giapponese, entrambi decorati in Olanda attorno al 1700 con lo stemma di Federico IV di Danimarca (1671-1730), incoronato nel 1699, oggi conservati al castello di Rosemborg (inv. n. DKK 23.1492 a.b. 23.1491).
Sono numerosi gli artisti che nella maiolica di Delft si cimentarono sulle nuove tipologie in bianco e blu per passare poi alla policromia, ad esempio: Jeremias Godtling (1640-1703 ca), Jan Verhaast (1694-1740), oppure Gerrit van der Kaade, o Kade, del quale sappiamo che il 17 ottobre 1705 pagò una tassa a Delft per aprire un negozio di vendita per le porcellane orientali (nota 77). A lui si attribuisce anche la decorazione di porcellana Böttger di Meissen. Caratteristici sono i suoi fondi ricoperti da corolle di fiori appena accennate e riserve con scene asiatiche [Figura 26].
Figura 26. Teiera in porcellana di Meissen, 1720 circa, attribuita a Gerrit van der Kaade. Mercato antiquario.
Anche le decorazioni Kakiemon, come accennato, divengono patrimonio dei pittori a domicilio olandesi ed esempi ve ne sono in musei e raccolte private: un bowl in porcellana Du Paquier al Gardiner Museum a Toronto con decorazione floreale (inv. n. G83.1.818), una teiera in porcellana Böttger al British Museum di Londra (inv. n. 1930,1015.1.CR) e la relativa caffettiera, o lattiera, sempre con ornato floreale, in una raccolta privata [Figura 27], un becher con piattino in porcellana cinese e decoro policromo con la storia di Sima Guang al MET di New York (inv. n. 1995.268.98, 99) [Figura 28].
Figura 27. Teiera in porcellana di Meissen, 1720 circa, decorazione eseguita in Olanda 1725 circa. British Museum, Londra.
Figura 28. Becher con piattino in porcellana cinese, 1700 circa, decorazione eseguita in Olanda 1720-1725. MET, New York.
Il gusto per la porcellana delle Indie Orientali giunge in Olanda anche grazie al matrimonio di due principesse della famiglia Orange-Nassau con due nobili tedeschi: Albertina Agnese (1634-1696) che si sposa con il cugino Guglielmo Federico di Nassau-Dietz (1613-1664) e Luisa Enrichetta (1627-1667) con Federico Guglielmo, Grande Elettore del Brandeburgo (1620-1688) ed è palesato per entrambe le coppie dalla realizzazione nelle loro dimore di stanze delle porcellane dove esporre le proprie preziose collezioni. Furono tuttavia le scelte di Augusto il Forte a orientare il gusto delle decorazioni a tema orientale anche sulle porcellane europee sicuramente fino al 1730. Tale retaggio sarà presente in Europa, esclusa forse la Francia, per tutto il secolo XVIII, ma non va dimenticato, quanto meno, il passaggio di alcuni importanti artisti in Olanda, come i due Mehlhorn, in fuga da Meissen.
Il nome di un altro autore olandese si può trovare sotto la base di un piccolo vaso con coperchio in porcellana di Meissen, prodotto tra il 1715 e 1725, recentemente posto in asta da Bonham’s a Londra, su cui compare scritto in nero è scritto: “MLuosing. / 1725.”.
Il suo decoro floreale d’ispirazione asiatica è estremamente essenziale e non perfettamente in linea con quelli che saranno i canoni più tipici degli hausmaler olandesi che spiccano per la grande abbondanza di elementi decorativi e una estrema semplicità nei tratti.
La sigla “N.B.” appare una volta in un boccale a scene asiatiche policrome della manifattura di Meissen.
Sono stati evidenziati (nota 78) due gruppi di oggetti interessanti originari della manifattura di Höchst decorati in Olanda: il primo in grisaille con pochi tocchi di colore rosa con scene bibliche [Figura 29], l’altro policromo con scene asiatiche e di vita familiare [Figura 30]. La maggior parte degli oggetti presenta le lettere “IH” incusse come marca di fabbrica.
Le grisalle sono state avvicinate a Pleun Pira (1734-1799), un decoratore di ceramiche di Delft che era diventato cittadino di Amsterdam nel 1757 e che ha usato questa tecnica (nota 79).
Figura 29. Teiera in porcellana di Höchst, 1755-1760, marca “I.H..” incussa, decorazione attribuita a Pleun Pira. Raccolta privata.
Figura 30. Porta tè in porcella di Höchst, 1755-1760, marca “I.H.” incussa, decorazione eseguita in Olanda. Raccolta privata.
Pleun Pira visse e lavorò nel Roeterseiland, una parte industriale della città dove c’erano piccole fornaci, come decoratore di porcellane sia asiatiche (ne sono conosciute due firmate), sia europee, forse anche della manifattura di Weesp, verso il 1761 [Figura 31].
Figura 31. Piattino in porcellana cinese, attribuito a Plaun Pira, metà del XVIII secolo. Mercato antiquario.
Un accenno, infine, anche al fenomeno degli Amsterdams Bont: è questo il nome dato a un gruppo di oggetti di vasellame in porcellana cinese o giapponese dipinto in blu sottosmalto a Jingdezhen o Arita e decorato con smalti policromi nei Paesi Bassi, sia rielaborando l’impianto originario che rispettandolo. Questo tipo di decorazione appare per la prima volta intorno al 1700 e continua per gran parte del XVIII secolo. Probabilmente è stato fatto privatamente da individui per generare un reddito extra. Pare che questa attività si concentrasse a Delft, Makkum e Harlingen, forse in misura inferiore a Rotterdam e anche ad Amsterdam. Pochissimi sono i pezzi che portano una data. [Figura 32].
Figura 32. Coppia di piatti in porcellana cinese, metà secolo XVIII, decorazione Amsterdams Bont. Mercato antiquario.
L’Inghilterra
In Inghilterra il fenomeno delle decorazioni al di fuori delle fabbriche si mostra in modi simili a quelli dell’Olanda, forse anche qui per l’esistenza di grandi quantitativi di porcellana asiatica e ancor più per la presenza di numerosi centri dove la produzione ceramica era florida.
Londra era il mercato più importante per le porcellane di importazione e mantenne inalterata nel tempo e fiorente l’industria della decorazione hausmaler anche per l’incremento di valore che queste porcellane acquistavano; spesso i decoratori vendevano direttamente ai commercianti e non al pubblico (nota 80).
In città si trovavano porcellane sia asiatiche, sia europee e si aprono piccole attività dove per lo più operava un maestro e pochi apprendisti, due o tre al massimo, come quella di James Giles; tali pittori vengono denominati Chinapainters.
Si possono identificare tre periodi nella decorazione delle ceramiche a domicilio in Inghilterra: un primo, tra il 1700 e il 1745 circa; il secondo dal 1745 al 1770; infine, l’ultimo dal 1770 al 1800 ed oltre.
Nel primo periodo le decorazioni sono molto simili a quelle eseguite in Olanda, tanto che risulta spesso assai difficile distinguerne la provenienza. Alcuni autori ritengono che sia possibile che buona parte delle produzioni miniate prima della metà del XVIII secolo su manufatti asiatici possa essere stata eseguita in Inghilterra e non nei Paesi Bassi (nota 81).
Vengono utilizzati prevalentemente sia vetri che porcellane cinesi Dehua, il Blanc de Chine, le così dette Batavian, quelle Jingdezhen cioè, le bianche e blu, nonché le produzioni inglesi. Le tipologie copiate più comuni sono la Kakiemon, la Imari e le Famiglie Verde e Rosa.
Gli artisti più rappresentativi sono Thomas Campman (+1770), Charles Bacon (attivo 1733-1770), James Giles senior (+1741), Thomas Hughes II (1715-1787), pittore e forse primo “enameller” su porcellana inglese (nota 82), i fratelli Elers, John Philip (1664-?) e David (1656-1742), argentieri olandesi di Utrecht che arrivarono in Inghilterra dopo il 1685, fermandosi a Londra tra il 1690 e il 1700 e trasformandosi in ceramisti. I fratelli Elers furono importanti innovatori, realizzando nuovi impasti nella ceramica dello Staffordshire, dove si decoravano i così detti manufatti saltglazed [Figura 33].
Figura 33. Caffettiera in porcellana di Vauxhall, decoro Elers. Victoria and Albert Museum, Londra (inv. n. C.133&A-1938).
Dal 1745 al 1770 i principali interpreti furono: James Giles junior [Figura 34], John Rowley, apprendista del Giles nel 1758, John Bolton, prima decoratore nella fabbrica di Vauxhall e poi a Kentish Town nel 1755-56, Jeffreyes Hammet O’Neale (1734-1801), miniaturista e disegnatore irlandese, a Chelsea dal 1752 al 1756 (nota 83), a Londra in una bottega di decorazione in Oxford Road nel 1763, a Worcester dal 1768 al 1770; tipici i suoi paesaggi rurali monocromi con rovine (nota 84) e personaggi e ambienti della favola classica (nota 85).
Figura 34. Teiera in porcellana di Worcester, manifattura dr. Hall, 1765 circa, decoro James Giles junior. MET, New York (inv, n. 12448.058).
Per quanto concerne gli ornati, i decori Imari, Kakiemon e Famiglia Rosa permangono e appaiono fiori e paesaggi europei e si utilizza anche il transfer print. Le porcellane usate, oltre a quelle cinesi, sono in genere quelle inglesi e, occasionalmente, manufatti di Derby, Bow, St. James, Meissen e Sèvres [Figura 35].
Figura 35. Ciotola in porcellana cinese, 1760-1770 circa, decorata a Londra. Mercato antiquario.
In quello che abbiamo indicato come terzo periodo, nel corso del quale diminuisce molto l’importazione delle porcellane continentali, specie francesi, emergono alcuni Chinapainters come Zachariah Boreman (1738-1810), che lavorò prima nella manifattura di Chelsea e nel 1781 si trasferì a Derby; nel 1794 iniziò la sua attività di decoratore indipendente a Londra.
William Absolon (1751-1815), prima commerciante di porcellane e vetri, nel 1790 aprì un suo laboratorio di decorazione dove venivano dipinte porcellane inglesi, specie di Wedgwood, con tipologie legate alla vita quotidiana delle sue zone.
Anche Thomas Baxter (1782-1821), disegnatore, incisore e pittore di porcellane lavorò a Londra fino al 1814 quando si trasferì a Worcester; tra il 1816 e il 1819 fu alla fabbrica di Swansea, dopodiché fece ritorno a Worcester; dipinse principalmente figure umane, spesso a tema classico.
William Billingsley (1758–1828) dipinse quasi esclusivamente porcellana inglese di varie fabbriche; fu anche pittore ufficiale in alcune manifatture, come Derby, Worcester dal 1808 al 1813, Nantgarw dal 1814 al 1817 e Coalport fino alla morte, sempre, però senza lasciare la decorazione indipendente; i fiori furono il suo cavallo di battaglia all’inizio della carriera per divenire poi uno dei più validi rappresentanti dello stile inglese romantico [Figura 36].
Meno evidenti sono le traccie di Thomas Hughes III (1742-1799 circa), che probabilmente andò a Worcester nel 1794.
Figura 36. Coppia di tazze con piattino in porcellana di Derby, 1790 circa, decoro di Zachariah Boreman (paesaggi) e di William Billingsley (floreale). Mercato antiquario.
Da queste poche righe ben si capisce che in Inghilterra, e particolarmente a Londra, il movimento dei pittori a domicilio, seppur con aspetti di fondo ben diversi da quelli del continente, era particolarmente vivace e articolato. Sull’argomento si renderanno necessari ulteriori approfondimenti.
L’Ottocento
Nel corso di questo secolo, in altre località europee come Parigi e Napoli si assiste al nascere e fiorire di veri e propri atelier di pittura, capaci di produzioni di altissimo livello qualitativo.
Nel 1806 solo a Parigi si contano 33 tra manifatture e laboratori di decorazione (nota 86).
A Napoli, si segnalano inizialmente, tra gli altri, i laboratori di Giuseppe e Gennaro Cioffi, di Raffaele Jovine e di Francesco Landolfi [Figura 37]. Dopo il 1840, fioriscono numerose altre piccole botteghe di decoratori, i nomi dei quali, come correttamente dichiarava Angela Carola-Perrotti, sono quasi del tutto sconosciuti: Sebastiano Cipolla, Pasquale Brandi, i tre De Simone, Pasquale Spina e altri ancora (nota 87).
Figura 37. Tazze e piattini in porcellana francese, 1820-25, decorazione atelier Francesco Landolfi. Mercato antiquario.
Ma questa è ancora tutta un’altra storia del mondo della porcellana da affrontare in una prossima occasione.
NOTE
[1] Johann Gregorius Höroldt 1996.
[2] MRAZEK / NEUWIRTH 1970, p. 39.
[3] KOCH 1738, p. 183.
[4] STURM-BEDNARCZYK 1994, pp. 26-27, tavv. 2-3-4.
[5] Triumph of the Blue Swords 2010, p. 22.
[6] RUCKERT 1990, p. 158.
[7] Lessmann Johanna 2009, in Fired by Passion, p. 416.
[8] Johann Gregorius Höroldt 1996, pp. 42-51, cat. n. 13-23.
[9] SEYFFARTH 1981, p. 19.
[10] RUCKERT 1990, p. 159.
[11] ibidem, p. 159.
[12] JEDDING.1974, pp. II/78-79.
[13] Fa pensare, per certi aspetti, alla definizione che Carlo Ginori diede del pittore Giuseppe Romei alla manifattura di Doccia: “incerto e per comodo”.
[14] RUDOLPHI senza data, p. 329.
[15] LEMPERTZ 2015, lotto 618.
[16] Johann Gregorius Höroldt 1996, pp. 146-147, tav. 117.
[17] ibidem, pp. 188-89, tav. 141.
[18] RUCKERT 1990, p. 164.
[19] ibidem, p. 176.
[20] LUBKE 2015, II.
[21] RUCKERT 1990, p. 51.
[22] PAZAUREK 1971 (rist.), I, p. 254.
[23] Non sappiamo se costui fosse in qualche modo legato ai fratelli modellatori e scultori Johann Gottlieb Kirchner (1706-1768) e Johann Christian Kirchner (1691-1732), questi per altro già morto al tempo del viaggio.
[24] RUCKERT 1990, p. 51.
[25] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 318.
[26] RUCKERT 1990, p. 176.
[27] WALCHA 1960, pp. 22-23.
[28] BOLTZ / MEINZ 1996.
[29] WALCHA 1973, p. 41.
[30] JEDDING 1974, p. II/46.
[31] RUCKERT 1990, p. 142.
[32] WALCHA 1981, p. 58.
[33] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 284.
[34] STAHLBUSCH 2009, p. 38, tav. 28.
[35] RUCKERT 1990, p. 153.
[36] ibidem, pp. 155-156.
[37] ibidem 1990, p. 161.
[38] RUCKERT 1990, p. 161 / JEDDING 1974, p. II/80.
[39] RUCKERT 1990, p. 152.
[40] ibidem, p. 182.
[41] RUCKERT 1990, pp. 189-190.
[42] den BLAUWEEN 2000, pp. 37-39, p. 65, p. 83, p. 92.
[43] RUCKERT 1990, p. 198.
[44] ibidem, p. 203.
[45] DUCRET 1962, p. 49.
[46] DAWSON 1985, pp. 34-35, cat. 21.
[47] RIESEBIETER 1921.
[48] DUCRET 1948, p. 12, tavv. 4-5.
[49] JEDDING 1974, p. II/11.
[50] Galanterie 1997, pp, 99-100, cat. 1.77.
[51] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 374.
[52] J. M. EBERLE / H. LEMPERTZ SÖHNE 1893, p. 28, lotto 336.
[53] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 374.
[54] HUGO HELBING GALERIE1920, lotto 703.
[55] HOFFMAN 1923, II, p.665, tav. 460, nn. 14-16.
[56] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 380.
[57] STÖHR 1920, p. 197.
[58] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 449, fig. 392.
[59] JEDDING 1974, p. II/12.
[60] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 374.
[61] ibidem, p. 375, fig. 350.
[62] RUDOLPH LEPKE’S 1909, p. 176, lotto 1691.
[63] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 375.
[64] JEDDING 1974, p. II/126.
[65] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 374.
[66] HAAG 2017.
[67] HOFFMAN 1923, II, p. 661.
[68] ibidem, p. 655, tav. 456.
[69] ibidem, p. 660.
[70] ibidem, pp. 663-664.
[71] PAZAUREK 1971 (rist.), II, pp. 470-471, tav. 400.
[72] NETZER 2012, pp. 215-233.
[73] PAZAUREK 1971 (rist.), II, p. 474.
[74] JACOB-HANSON 2016A / JACOB-HANSON 2016B, pp. 45-53.
[75] JACOB-HANSON 2006, pp. 168–177.
[76] ESPIR 2005, p. 32.
[77] ibidem, p. 41.
[78] TAFEL 2010, pp. 59-62.
[79] ESPIR 2005, p. 178 e segg., tavv. 29-30.
[80] ROGER MASSEY 2004A.
[81] ESPIR 2005, pp. 204-213.
[82] ROGER MASSEY 2004B.
[83] Jeffreyes Hammet O’Neale 2010.
[84] English Porcelain 2003, pp. 14-15.
[85] ESPIR 2005, p. 233.
[86] FOUREST (a cura di) 1970.
[87] CAROLA-PERROTTI 1990, pp. 71-109.
Musei
Berliner Schloßmuseum, Berlino (non più esistente)
British Museum, Londra
Castello di Rosemborg
Gardiner Museum, Toronto
Grassi Museum für Angewandte Kunst, Lipsia
Landesmuseum Württemberg, Stoccarda
Metropolitan Museum of Art, MET, New York
Musée national de Céramique de Sèvres, Sèvres
Museo della città di Halle, Halle
Museo dell’Hermitage, San Pietroburgo
Museo Nazionale della Ceramica Duca di Martina, Villa La Floridiana, Napoli
Museums Christian Hammer, Stoccolma
Staatliche Kunstsammlungen im Zwinger, Dresda
The David Collection, Copenhagen
The Dixon Galleries and Garden, Menphis
The I. Paul Getty Museum, Los Angeles
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Maggio 2022
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