I Giustiniani e l’associazione con la manifattura Migliuolo (1810-1818)

di Gianni Giancane

Scarne e frammentarie notizie caratterizzano la produzione della fabbrica Migliuolo, praticamente assenti nelle fasi iniziali di attività.
Citata appena dal Mosca (Mosca 1963, pag. 146 e 158), ignorata dal Rotili e ripresa dalla Putaturo Murano (Rotili con aggiornamento di Putaturo Murano 1981, pag. 114), la manifattura dei fratelli Migliuolo viene considerata con doverosa attenzione dal lavoro del Donatone (G. Donatone, 1991, pag. 73-74 e 77-81) cui dobbiamo una maggior quantità di notizie a partire dal 1809.
I primi dati certi riferiscono della partecipazione dei fratelli Domenico e Raffaele Migliuolo all’Esposizione dei Prodotti delle Manifatture del Regno nel 1809.
In realtà, da una ricerca specifica effettuata dallo scrivente, potrebbe essere già attivo a Napoli – il condizionale è d’obbligo – negli ultimi anni del XVIII secolo, tal Vincenzo Migliuolo come appare in alcuni documenti che appartengono all’Archivio Storico del Banco di Napoli (2 piovoso – 25 pratile 1799. La Repubblica Napoletana …) (nota 1).
Tra tali documenti si legge: “Banco di S. Giacomo. Polizza di 63 ducati e 80 grana emessa, nell’aprile 1799, da Maria Beatrice Mendozza a favore del cittadino Vincenzo Migliuolo e cioè 50 ducati in conto di un servizio per tavola di terraglia e 13 ducati e 80 grana per 18 giarre con piattini da sorbetto, compreso l’aggio del 50 per cento.”.
Ora se il Vincenzo sia effettivamente un fabbricante di terraglie o un semplice venditore e/o intermediario, o ancora un semplice omonimo, è tutto da dimostrare.
Personalmente ritengo, in attesa di ulteriori, necessari e approfonditi studi archivistici e collegati, che il Migliuolo di cui sopra possa essere più che altro un produttore e, se tale, potrebbe essere in relazione diretta con i più noti Domenico e Raffaele quali ipotetici discendenti.
Tornando all’Esposizione del 1809, pur non conseguendo riconoscimenti ufficiali (nota 2), i Migliuolo si impongono all’oculata attenzione dei Giustiniani, tant’è che nel successivo anno presentano, per la prima volta consociati, nuove terraglie.
Non disponendo al momento di ulteriori e verificati dati, resta pertanto il 1810, come appena accennato, l’anno di inizio dell’attività congiunta delle manifatture Migliuolo e Giustiniani.
Entrambi gli opifici sono situati in Via Marinella a pochi numeri civici di distanza e nell’Esposizione del 1810 sono premiati con una medaglia di bronzo presentando manufatti ceramici inconfondibilmente marcati FMGN che il Donatone interpreta univocamente “Fabbrica Migliuolo Giustiniani Napoli” (Donatone, 1991, pag. 73, 78).
Tale marchio, in tutti i pezzi fino ad oggi rinvenuti, risulta sempre risulta incusso nella pasta con le quattro iniziali disposte in sequenza orizzontale, eventualmente separate da puntini, o con le tre prime lettere sempre in sequenza e la N di Napoli sottostante la M centrale.
Il sodalizio permette la realizzazione di opere, concentrate nella produzione vascolare, superbe sia nel corpo ceramico, con terraglie di qualità sopraffina, sia nell’impianto stilistico-decorativo prediligendo i temi neoclassici e mitologici, le vedute di paesaggio e monumentali, le scene popolari e i costumi del Regno, i motivi naturalistici fito e zoomorfi, sempre aggraziati, mai banali, formalmente espressivi, normalmente eleganti.
Celeberrimo è il grande servizio definito Charlesworth, perché appartenuto all’omonima collezione, passato già in asta a Roma nel 1901 ed ivi disperso (Donatone, 1991, pag.43) (nota 3), formato da 230 pezzi in terraglia policroma (scodelle, zuppiere, ciotole, salsiere, fruttiere, piatti, ed altro ancora, marcati FMGN) di eccezionale bellezza estetica e strutturale [Figura 1] e del quale “…la delicata e vivida policromia degli smalti riflette ancora un’aura di fine Settecento dando luogo ad una delle più squisite opere della terraglia napoletana…” (Donatone, 1991, pag. 80).

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Figura 1. Zuppiera (fronte e retro) facente parte del prestigioso servizio Charlesworth, dipinta con scene popolari napoletane (Fonte: Donatone 1991, tav. 8c e 8d).

Ne consegue, oltre ad un’immancabile pregevolezza stilistica del vasellame, un’espressione pittorica di grandissimo rilievo, che può trovare naturali radici solo nei maestri in qualche modo legati alla Real Fabbrica, le relazioni con la quale possano ritenersi “fluttuanti”.
E’ già difficile per gli studiosi fare dei nomi certificandone l’opera; noi in questa sede non possiamo che riportare, in mancanza di documentazione storica, la teorica ipotesi di Raffaele Giovine nelle sue primissime esperienze giovanili di miniaturista di scene popolari, come ipotizzato suggestivamente, a suo stesso dire, dal Donatone (Donatone 1991, pag. 80).
Più realisticamente altri pittori in quel periodo dipingono su terraglia o porcellana; si ricordano: Giuseppe Cioffi, Gennaro Cioffi, Salvatore De Mauro, Giuseppe Tallarino, licenziati dalla manifattura reale dopo il passaggio di quest’ultima nelle mani dello svizzero Poulard Prad avvenuto nel 1807 (Donatone 1991, pag.80), tutti dotati di indubbie qualità artistiche e possibili collaboratori dei Migliuolo Giustiniani.
Relativamente alla produzione plastica, a differenza di quella vascolare, la mancanza di firme o marchi, evento consueto nella realizzazione figurativa, non permette di attribuire con certezza talune opere ad una eventuale attività congiunta delle due manifatture, fermo restando che nel periodo considerato i Giustiniani producono statuette e gruppi scultorei, a loro riferiti o attribuibili con elevata attendibilità da accreditati pareri (Putaturo Murano in Rotili con aggiornamento di Putaturo Murano 1981, tav. X, XVII; Donatone, 1991, tav. 20 b, fig. 78, 132, 133).
Anche la produzione di riggiole in maiolica sembra sia proseguita in maniera autonoma (pur sempre con eccellenti risultati per entrambi gli opifici), visto il mancato reperimento, fino ad oggi e per diretta conoscenza, di mattonelle certificate con eventuale marchio FMGN o ad esso similare o riconducibile. Risultano invece normalmente presenti, in alcuni alvei specializzati del mercato antiquario e/o nelle collezioni pubbliche e private, riggiole marcate con la G di Giustiniani o la M di Migliuolo, o ancora con Giustiniani o Migliuolo per esteso, o altri “loghi” appartenenti alle due manifatture, tra le quali resta facilmente ipotizzabile, tuttavia, una più che probabile forma di collaborazione anche in questo specifico settore produttivo.

Pur avendo ottenuto lusinghieri risultati artistici e commerciali per otto anni, le due manifatture sciolgono la società, presentandosi separatamente all’Esposizione del 1818.
Non è dato sapere quali reali motivi abbiano indotto a tale decisione e le varie ipotesi possono sembrare solo speculative.
L’idea personale che ne traggo è che la scomparsa del famoso Nicola Giustiniani (1815) e l’ascesa ai vertici della manifattura del figlio Biagio, che da qualche anno ha già iniziato a prenderne le redini, hanno indotto quest’ultimo, figura di talentuosa virtuosità, a ripercorrere un percorso artistico separato, perché intenzionato a sperimentare e presentare nuovi materiali ceramici e nuovi temi decorativi quali le figure all’etrusca, quelle greco-sicule, e all’egizia [Figure 2 e 2 a].

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Figura 2. Tipico esempio di un piatto Giustiniani in “creta naturale” (terracotta), diametro cm. 21, dipinto a figure nere su fondo rosso, e pertanto alla cosiddetta maniera “greco-sicula” come riferisce il Liberatore (Liberatore, 1834, pag. 74). Splendido esempio di maestria tanto nella gestione dei colori (il nero, il rosso, il bianco, il fondo ocraceo), quanto nella rappresentazione distinta, ma armoniosa, della tesa e della campitura centrale con due figure dominanti in primo piano. Tra il terzo e il quarto decennio del XIX secolo.

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Figura 2 a. Marchio relativo al piatto della figura 2 con Giustiniani per esteso ed I., una giara, N. E’ questo uno dei marchi usati dalla manifattura.

Nel 1819, infatti, vengono esposti i primi manufatti “in creta naturale” ed in terraglia con il motivo delle figure all’etrusca che tanta fortuna apporterà ai Giustiniani per circa due decenni.
Nulla vieta di pensare altresì, che possano essere stati gli stessi Migliuolo a chiedere la scissione della società se colleghiamo una loro “espansione territoriale” dai locali ubicati al solo civico 10 di Via Marinella (1818), fino al numero 16 della stessa via, dato certificato per il 1822 (Donatone, 1991, pag. 73).

Non solo opere museali
Un’eclatante produzione di lusso non è l’unica prerogativa della produzione vascolare Migliuolo Giustiniani, affiancata immancabilmente da manufatti di semplice utilità, di stoviglieria proiettata all’uso quotidiano, la cui grazia e bellezza è affidata a pochi elementi compositi e/o decorativi quali greche, festoni, trafori, girali, elementi mitologici ed antropomorfi, sicuramente sobri ma elegantemente espressivi, che privilegiano l’armonia globale del pezzo lasciando quasi sempre “pulita” la campitura centrale del manufatto.
Con le ceramiche inedite, qui presentate, si vuole invece apportare un modesto ma rappresentativo contributo alla “linea di produzione” meno nobile, che ha comunque e non di meno caratterizzato le fabbriche oggetto di studio; intento motivato anche dalla non facile reperibilità, ai nostri giorni, di questo tipo di manufatti, facilmente soggetti ad usura proprio perché concretamente utilizzati e pertanto raramente giunti a noi integri e copiosi.
Iniziamo da due piatti ovali da portata, uno Giustiniani e l’altro Migliuolo Giustiniani, all’apparenza identici a parte le dimensioni [Figure 3, 3 a, 3 b e 3 c], per coglierne analogie e differenze.

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Figura 3. Due piatti ovali in terraglia: a destra, fabbrica Migliuolo Giustiniani, cm. 41 x 32, tra il 1810 e il 1818; a sinistra fabbrica Giustiniani, cm. 31,5 x 24,5, secondo-terzo decennio del XIX secolo.

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Figura 3 a. Motivo decorativo a palmette tripartite, più piccole e divergenti le due esterne, separate da quella centrale, più grande.

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Figura 3 b. Marchio con le iniziali ben leggibili: F.M.G.N. (Fabbrica Migliuolo Giustiniani Napoli), incusso al verso.

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Figura 3 c. Marchio G ( Fabbrica Giustiniani Napoli), incusso al verso.

I due piatti, dal profilo irregolare tipico della lavorazione manuale ed in ottimo stato di conservazione, presentano medesime caratteristiche composito-costruttive e decorative. In entrambi la tesa è scandita da ordini concentrici a doppio gradino, con differente rapporto angolare, il maggiore dei quali, quello più esterno, è impreziosito da una greca in rilievo, con motivo continuo del tipo a palmette, dipinta in blu tenue.
Cambia invece la cromia del corpo ceramico che appare decisamente biancastra nell’esemplare Giustiniani, tendete invece all’avorio chiaro in quello Migliuolo Giustiniani; ciò a conferma di una pasta ceramica e di uno smalto coprente (vetrina) normalmente soggetti a sottili variazioni, dovute tanto alla natura delle materie prime che nel tempo e all’occorrenza entravano nelle fabbriche, quanto a lievi differenze (anche occasionali, soprattutto per lo smalto) nei dosaggi normalmente utilizzati.
Il cretto nei due piatti segue le normali linee di frattura che bisogna aspettarsi in manufatto vecchio di duecento anni, confortandoci ulteriormente, se mai ce ne fosse bisogno, sull’originalità dei due pezzi. In particolare notiamo la crettatura che si interrompe a livello della greca in quanto i differenti pigmenti, il bianco del fondo e il blu della decorazione, apposto successivamente come evincibile dai forellini (bolle d’aria o inclusioni superficiali) dovuti alla ricottura, presentano diversi coefficienti di dilatazione termica e pertanto forniscono una diversa risposta alle sollecitazioni meccaniche.

Proseguiamo con una coppia di piatti tondi con bordo decorato con smalti policromi [Figure 4, 4 a e 4 b].

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Figura 4. Uno di una coppia di piatti tondi in terraglia, Ø cm 24, tra il 1810 e il 1818, Fabbrica Migliuolo Giustiniani Napoli.

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Figura 4 a. Marchio F.M.G.N. (Fabbrica Migliuolo Giustiniani Napoli), scandito su due righe, incusso al verso.

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Figura 4 b. Cromia degli smalti e della doratura sui filetti in uno dei due piatti.

I piatti, ben conservati, più leggeri dei precedenti nel corpo ceramico e anch’essi con naturale crettatura, appaiono “snelli” ed eleganti, con bellissimo contrasto cromatico tra la campitura centrale (monocroma avorio) e la tesa decorata, in cui fini pennellate a smalti policromi, con i toni tenui del pulce, del rosso, del verde, del giallo e dell’azzurrino, vivacizzano un delicato susseguirsi di piccoli e più grandi fiori, racchiusi da tre ordini di cerchi concentrici rosso mattone. A differenza di quello esterno, evidente e deciso, i due cerchi interni, più delicati e che di fatto scandiscono il motivo floreale, sono ricoperti da sottile e aggraziata doratura che conferisce ulteriore luminosità ad un manufatto già di per sé “solare”.

Infine, tre pezzi di un servito [Figure 5, 6 e 6 bis] privo di decorazione, monocromo avorio, che la mancanza di un marchio non impedisce di assegnare con assoluta certezza alla manifattura Migliuolo Giustiniani.

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Figura 5. Coppia di fiamminghe ovali, cm. 28 x 23 e cestino, cm. 23 x 18 x 8 (h), in terraglia, traforati, monocromi avorio, privi di marchio, attribuibili alla manifattura Migliuolo Giustiniani tra il 1810 e il 1818.

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Figura 6. Parte inferiore del cestino con i differenti ordini di modanatura via via rastremati verso la base.

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Figura 6 bis. Dettaglio di una delle due figure muliebri applicate agli estremi dell’asse maggiore del cestino. Si noti la presenza dello smalto (vetrina) accumulato nei punti interni dell’intaglio.

Mi è capitato infatti qualche anno fa, in una mostra-mercato, di visionare un altro piatto ed un cestino ovale (dei quali non conosco l’attuale posizione) che presentavano identiche caratteristiche composito-costruttive dei nostri ed avevano entrambi il marchio incusso F.M.G.N. del tipo scandito su due righe, come nel caso dei piatti a fiori in precedenza descritti.
Il cestino presentato dallo scrivente, in ottimo stato di conservazione, manifesta le stesse dimensioni e struttura composita di quello riferito dal Donatone [Figura 7]: identici rapporti e proporzioni tra le sezioni costituenti; identici motivi d’intaglio e nelle stesse posizioni, eseguiti a mano con coltello sul corpo ceramico ancora umido (trafori); identica figura muliebre applicata ai bordi. Cambia solo la decorazione, nei nostri non presente.

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Figura 7. Parte di un servito marcato F.M.G.N. con scene delle “Vestiture del Regno” (fonte: Donatone 1991, tav. 67 con annessa didascalia), quale elemento di confronto con i nostri.

Anche per la coppia di fiamminghe, da sottoporre a doveroso e miglior restauro, vale quanto appena detto. Un ulteriore elemento validante è poi quello dello smalto. La vetrina che riveste il corpo ceramico, ben evidente nella figura 13 di un bel colore giallino-verdastro, densa e coprente, “stazionante” nei punti di intaglio come è corretto che sia, è caratteristica dei prodotti Migliuolo Giustiniani per comparazioni personalmente effettuate.

NOTE

[1] Le date si riferiscono al Calendario rivoluzionario usato dai rivoluzionari napoletani nel periodo storico della Repubblica Napoletana e rifacentesi alla più nota nomenclatura francese.

[2] In questo contesto sono i F.lli Del Vecchio, altra importante fabbrica napoletana di terraglie, ad essere insigniti di medaglia d’argento.

[3].
In realtà la vendita, o almeno una sua parte, avvenne a Napoli dal 28 gennaio al 6 febbraio 1901 a cura della Galleria Sangiorgi di Roma ed è altresì nota l’esistenza di un precedente catalogo d’asta edito a Napoli nel marzo del 1900. Su questi aspetti è in corso un approfondimento che sarà oggetto di un prossimo intervento su Antiqua.


Bibliografia citata
-Liberatore, Delle arti e Manifatture delle due Sicilie, in Annali Civili Del Regno Delle Due Sicilie, Napoli 1834.
-Luigi Mosca, Napoli e l’arte ceramica – Dal XIII al XX secolo, II Edizione, Fausto Fiorentino Editore, Napoli 1963.
-Mario Rotili, La Manifattura Giustiniani, con aggiornamento di Antonella Putaturo Murano, Edizioni scientifiche italiane, Ercolano 1981.
-Guido Donatone, La Terraglia Napoletana – (1782-1860), Grimaldi & C. Editori, Napoli 1991.
-2 piovoso – 25 pratile 1799. La Repubblica Napoletana tra bagliori rivoluzionari e riflussi quotidiani. Mostra documentaria dalle scritture dell’Archivio Storico del Banco di Napoli, Luciano Editore, Napoli 1999.

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, settembre 2015

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