Gerardo De Simone, Il Beato Angelico a Roma 1445-1455, Olschki, Firenze 2017, 360 pagine formato 30,5 x22, euro 140,00.
Difficile fare di questo libro una sintesi migliore di quella di Alessandro Zuccari nella prefazione.
E’ comunque un libro che non si può spiegare, se non a prezzo di troppe semplificazioni; é un libro che va letto da parte di chi nutre un interesse specifico per la materia.
Qui forse è il suo maggior limite: non è un libro per tutti. Sia per l’argomento, tratta dei soggiorni romani del Beato Angelico nell’arco di soli dieci anni (1445-1455), sia per la densità dei contenuti e per l’analisi assai circostanziata, cui contribuisce, con numerose citazioni, una nutrita serie di riferimenti alla letteratura.
Proviamo comunque a illustrare un indice variegato che inizia con un inquadramento storico della Roma di papa Eugenio IV, di papa Niccolo V e di Leon Battista Alberti.
Prosegue col perduto ciclo di affreschi per la cappella del Sacramento in Vaticano, a proposito del quale si discute degli aspetti legati alla sua derivazione, almeno in parte, da alcuni disegni su pergamena purpurea attribuiti all’Angelico, suddivisi tra il Museo Boijmans di Rotterdam e il Fogg Art Museum di Cambridge.
Sempre nell’ambito dei cicli vaticani, seguono quelli della Cappella Maggiore di San Pietro e dello Studio di Niccolò V, entrambe perduti, e quello della Cappella Nicolina, l’unico a essersi conservato.
Quello dedicato agli affreschi della Cappella Nicolina è il capitolo più corposo e più difficilmente sintetizzabile. Di particolare interesse appare la sezione dedicata alle architetture dipinte in cui convivono elementi classicistici e gotici, di matrice in parte romana e in parte toscana.
Non meno nutrito è l’ultimo capitolo che tratta dei dipinti in Santa Maria sopra Minerva, qui definitivamente attribuiti all’Angelico.
Si propone infatti l’autografia angelicana per la Madonna con Bambino della Cappella Frangipane e si sottolinea la sua fortuna come prototipo per altre versioni dello stesso soggetto. Stessa sorte di prototipo per la Madonna della Febbre, oggi al Museo del Tesoro di San Pietro inserita in un’edicola di Donatello, per la quale l’attribuzione all’Angelico è ancora dubbia.
Si ritiene eseguito dallo stesso Angelico, sempre in Santa Maria sopra Minerva, un ciclo di affreschi, anch’esso perduto, raffigurante le Meditationes del cardinale Torquemada, di cui l’edizione a stampa del 1467 costituisce il primo libro illustrato mai stampato in Italia.
Da questi affreschi, che comprendevano anche ampi brani di testo, sono state tratte (e non viceversa) diverse opere su carta sia miniate sia a stampa.
Sulla base del confronto, a nostro avviso non sempre del tutto convincente, tra alcune di queste opere su carta (un codice miniato del 1463 circa e l’edizione stampata da Ulrich Han nel 1467) e diverse opere certe dell’Angelico, l’autore giunge alla conclusione che sia proprio l’Angelico l’autore degli affreschi della Minerva; secondo lui, data la mole di citazioni, nessun pittore poteva avere una conoscenza così capillare dei lavori disseminati dall’Angelico, se non l’Angelico stesso.
Giunti alla fine di questa nostra disamina, inevitabilmente lacunosa, resta da far notare, se mai ce ne fosse bisogno, la completezza degli apparati costituiti da una ponderosa bibliografia e dall’indice analitico e la bellezza delle immagini, 144 tavole a colori e 188 figure in bianco e nero, ottimamente stampate su carta patinata.
Resta ancora da chiedersi se per un testo così specialistico, destinato presumibilmente a un pubblico di studiosi, fosse necessaria un’edizione così sontuosa e relativamente dispendiosa, forse più giustificabile per una monografia “definitiva” sull’intera opera di Beato Angelico, meno per uno studio “di percorso” che, per dirla con l’autore “ambisce a colmare – in modo parziale ça va sans dire – una lacuna bibliografica e ad offrirsi come base per ricerche e approfondimenti ulteriori”.
Per questo mi ero preparato a una requisitoria che sarebbe suonata inutilmente moralistica.
Se De Simone ha avuto la possibilità di pubblicare un libro così bello, anche grazie a un generoso contributo di un ente prestigioso … beato lui, Beato l’Angelico e beati noi.